Domanda di teoria sull'immagine

luca0087-votailprof
Ciao, vorrei riproporre un dubbio per cui non ho avuto aiuto, forse ho peccato di rendere lo scritto troppo lungo e volevo provare a ripostare, togliendo dal principio alcune domande e lasciandone UNA.

Vorrei basarmi su un esempio, una applicazione lineare, ma il dubbio è teorico e non di un esercizio.

Io so che per definizione
data $f: V->W$ ad esempio come matrice $L=((2,4),(1,2))$ (nel nostro caso avremo gli insiemi $V=RR^2=W$)
l'immagine è l'insieme così definito: $Im(f):={w in W : ∃v in V t.c f(v)=w}$

Mi trovo subito con una domanda, quando si vuole trovare l'immagine di L si procede così:

si prende un vettore qualsiasi di $R^2$ cioè $x in V$ (scrivo V perché più facile distinguere dominio e codominio così, invece di chiamarlo $RR^2$) e si applica $L$ a $x$: Lx, ottengo facendo i conti: $w:=(2x_1+4x_2,x_1+2x_2)$ e quindi si dice che $Im(L)={(2x_1+4x_2,x_1+2x_2) : x_1, x_2 in RR}$.

Ora, a me sembra di aver fatto questo procedimento:
- ho preso un qualunque (per ogni) vettore di V $v=x=(x1,x2)$
- ho trovato che $L(x)=w in W$.

Ma questo procedimento sfrutta un per ogni x e non un esiste x=(x1,x2) come richiede la definizione data; ho appunto usato un per ogni $vecx$ e mostro che ho un w da questo x tale che L(x)=w. Ma la definizione non chiede questo! Non capisco quindi come far tornare le cose.

Spero in qualche aiuto e ringrazio molto.

Risposte
megas_archon
"Martino":
Non so cosa rispondere :( dopo paginate di discussione siamo ritornati all'inizio, ci rinuncio.
Hai avuto un minuscolo assaggio del motivo per cui a un certo punto io ho iniziato a mangiare la faccia alle persone.

kaiz
"Martino":
Non so cosa rispondere :( dopo paginate di discussione siamo ritornati all'inizio, ci rinuncio.

Ma erano pagine in cui si era parlato d'altro :? . Ti giuro che mi sono letto tutto e io non credo proprio di aver letto una risposta a questa domanda. Mi puoi gentilmente segnalare il post dove la spieghi?
L'unico post che vedo è quello dell'OP che a un certo punto ha detto di essersi capito, e ha fatto una spiegazione iper arzigogolata che ha capito solo lui (non me ne voglia, senza offesa ma credo sia uno studente come me e i pensieri di una matricola non sono sempre lineari :-D e infatti da esterno non si è capito un tubo del suo ragionamento)

L'unica risposta che ha avuto senso era
"Martino":
Il motivo è che i due insiemi

${w in W\ :\ ∃v in V\ t.c.\ f(v)=w}$

${f(v)\ :\ v in V}$

sono uguali tra loro.


a cui ho semplicemente replicato che ho capito la dimostrazione della doppia inclusione, ma non capisco perché risponda alla domanda, dato che
Il punto è che si interpreta ${f(v) : v∈V}$ come: "un elemento è in B se e solo se sarà del tipo f(v) per qualche v∈V" cioè "un elemento è in B se e solo se sarà del tipo f(v) t.c esiste v∈V".
(Per qualche è un esiste)

E io ci vedo comunque un esiste non un per ogni :(.
e ripeto nessuno l'ha mai detto in questa discussione, sarò scemo ma io non l'ho visto scritto. :oops:


Mi sembrava di esser stato chiaro nel mio espormi, non volevo farmi sfottere[nota]
Hai avuto un minuscolo assaggio del motivo per cui a un certo punto io ho iniziato a mangiare la faccia alle persone.
come ho detto non sarò intelligente, ma volevo solo uscire dalla mia ignoranza in questa piccola parte di sapere. Non mi pare di aver detto che voglio aver ragione a tutti i costi, stavo solo chiedendo una spiegazione alle parole scritte. Non sto asserendo che il sole gira attorno alla terra e voglio convincerti di esser nel giusto. Secondo me a loro dovresti mangiare la faccia, non agli scemi che sanno di esser scemi e chinano il capo. Ma fai come ti pare.[/nota] o far incazzare nessuno :lol:

Comunque sono sincero, non volevo far polemica. E' una domanda che mi pongo da tempo e finalmente potevo avere risposta... ma a quanto pare non la troverò qui sul forum.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Se prendiamo un qualsiasi $x in V$, l'elemento $w = f(x) in W$ sta in $B$? Cioè esiste $v in V$ tale che $w=f(v)$? Sì, basta prendere $v=x$.

Ora, tutto questo vale per un $x$ qualsiasi, e quindi vale per ogni $x in V$.

kaiz
Ti ringrazio per esser stato gentile con me nel rispondermi. E' chiaro quello che hai scritto.
Purtroppo in precedenza mi ero intestardito a capire "un elemento è in B se e solo se sarà del tipo f(v) per qualche v∈V" e cercavo in ogni modo di far comparire un per ogni "un elemento è in B se e solo se sarà del tipo f(v) per ogni v∈V" non accorgendomi che non era questa la strada corretta. Ma potevo semplicemente dimostrarmi che con "l'esiste/per qualche" si verificava il valere per qualsiasi v, proprio come hai fatto tu. Non ci avevo pensato.


Nel corso della lettura di questo 3D ho letto con interesse questo:

$A={w∈W : ∃v∈V t.c. f(v)=w}$ si legge
a)"un elemento b è in A se e solo se esiste v tale che b=f(v)"

mentre scrivere: $A={f(v) : v∈V}$ vuol dire due cose assieme:
1) Per ogni b∈A esiste v∈V tale che b=f(v)
2) Per ogni v∈V si ha f(v)∈A

Si dimostri che le due formulazioni sono equivalenti: a <=> 1+2
di cui avete parlato e mi è anche chiara la dimostrazione esposta (di cui prendo solo la parte di mio interesse per la domanda):
Dimostraz.:
a implica 2
Prendo un qualsiasi $v in V$ e definisco $b=f(v)$, questo è fattibile per definizione di funzione che copre tutto il suo dominio che garantisce esista per ogni v un b di questo tipo. Sfrutto a questo punto la a) nella sua implicazione (<=) la quale mi garantisce che $b in A$ da cui $b=f(v)∈A$
notavo una cosa interessante. O almeno per me, ma sicuramente è una scemenza e l'utente mi mangerà la faccia :oops:.

La lettura numerata da voi come 2), della $A={f(v):v∈V}$ è valida solo se parliamo di funzioni.

Premessa: una funzione è una relazione $f$ tale che valga $forall v in V ∃!w in W : (v,w) in f$, dato che w dipende solo dalla relazione $f$ e $a$ in modo unico, allora ci permette di riscrivere: $forall v in V ∃!w in W : w=f(v)$

Considerazione (forse) interessante: se immagino ora di prendere una relazione $f$[nota]ora f è una relazione non una funzione, e come tale non tutto il dominio è necessariamente coperto[/nota], quindi scelgo la relazione f come quel sottoinsieme del prodotto cartesiano che rispetti la condizione: $∃v : ∃!w t.c. (v,w) in f$ di nuovo l'unicità di $w$ ci permette di scrivere
$∃v : ∃!w : w=f(v)$

A questo punto posso definire l'insieme A e posso scriverlo senza grandi problemi come $A={f(v):v∈V}={w∈W : ∃v∈V t.c. f(v)=w}$ (d'altra parte è ovvio dato che è implicito che esiste v, per come ho preso f).

OSS: si nota però che ora la scrittura $A={f(v):v∈V}$ non è più possibile leggerla come 2) Per ogni $v∈V$ si ha $f(v)∈B$.
Infatti nella dimostrazione del quote non mi è più possibile definire per ogni $v$ una $b=f(v)$ (questo perché una relazione non copre per forza tutto il suo dominio e mi basta esista una v del dominio, non tutte le v).

Quello che volevo notare con questo discorso è che la scrittura $A={f(v):v∈V}$ è molto generale e vale anche per relazioni del tipo da me indicato, per cui sicuramente "esiste un v", tuttavia la lettura 2) con il per ogni è possibile solo e soltanto se parliamo di $f$ che siano funzioni e non generiche relazioni.

Voglio cioè far notare che "per ogni v∈V si ha f(v)∈B" non è tanto una proprietà della scrittura {f(v):v∈V} quanto piuttosto dovuto alla proprietà di una funzione di coprire tutto il dominio.

Mi sembra corretto vero?

Come vedete su queste cose ci ho ragionato molto, e utilizzo il forum solo con lo scopo (magari vano) di migliorarmi e non di trovare la risposta pronta. Finora, sebbene da poco qui, ho trovato ottimi spunti e mi spiace aver creato turbamento con il messaggio precedente.
Saluto così tutti i partecipanti a questa conversazione.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Sì quello che dici è corretto, ma osserva che qui stiamo parlando di funzioni fin dall'inizio dell'argomento.

Se invece della funzione $f$ hai un'arbitraria relazione $R subseteq V xx W$, le cose cambiano. L'immagine di $R$ è (che io sappia) di solito definita come l'insieme dei $w in W$ tali che esiste $v in V$ tale che $(v,w) in R$, e naturalmente qui non è detto che ogni $v in V$ appaia come prima componente di un elemento di $R$.

Chiamando $P$ (come "prima componente") l'insieme dei $v in V$ tali che esiste $w in W$ tale che $(v,w) in R$ e chiamando $S$ (come "seconda componente") l'insieme dei $w in W$ tali che esiste $v in V$ tale che $(v,w) in R$ (cioè $S$ è l'immagine di $R$), possiamo dire che per ogni $v in P$ e per ogni $w in W$ tale che $(v,w) in R$ abbiamo $w in S$. Inoltre $R subseteq P xx S$ e in generale $P ne V$. Tuttavia, se $R$ è una funzione, allora $P=V$.

PS. Non ti preoccupare, non hai creato nessun turbamento.

kaiz
Sì quello che dici è corretto, ma osserva che qui stiamo parlando di funzioni fin dall'inizio dell'argomento.

Certamente, quello era chiaro. il mio era solo un ragionamento ulteriore su questi fatti, per quanto riguarda le funzioni non ci sono dubbi. Era solo una domanda più generica interpellando le relazioni.

Volevo con il mio ragionamento notare che $A={f(v):v∈V}$ è possibile leggerlo come "per ogni v∈V si ha f(v)∈A", proprio grazie alla proprietà di f di essere funzione (che quindi copriva tutto l'insieme di partenza/dominio). Nulla più :D.

Tutto il resto che dici mi è MOLTO chiaro e direi che ho capito tutto.

Solo una piccola domanda per chiudere felicemente l'argomento:
come scrivi tu l'immagine di R relazione, io l'ho chiamata f ma era un nome arbitrario e non voleva in alcun modo richiamare le funzioni, è definita come l'insieme dei w∈W tali che esiste v∈V tale che (v,w)∈R.
Chiarito ciò, analogamente a una funzione che è definita come una relazione che rispetta la proprietà $∀v∈V∃!w∈W : (v,w)∈f$
io posso decidere di dire che ho una relazione che rispetta $∃v:∃!w : (v,w)∈R$, giusto?
Perché mi pare corretto ma non ero certissimo di questo "passaggio mentale" però mi interessava farlo per poter definire, grazie al fatto che w dipende solo dalla relazione "R" e da "a" in modo unico $∃v:∃!w : w=R(v)$.
Definire una relazione di questo tipo mi era in particolare comodo perché mi permetteva di scrivere al pari delle funzioni l'insieme $A={R(v):v∈V}$ e fare le osservazioni di cui sopra per cui in questo caso non si aveva il "per ogni".


PS. Non ti preoccupare, non hai creato nessun turbamento.
ti ringrazio di nuovo e scusate se sono stato rompiballe, ma era una domanda che mi ero posto e ritrovandola mi era tornata alla mente. Direi che finalmente dopo mesi rimasta nel cassetto l'ho eviscerata a dovere :-D.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
"kaiz":
analogamente a una funzione che è definita come una relazione che rispetta la proprietà $∀v∈V∃!w∈W : (v,w)∈f$
io posso decidere di dire che ho una relazione che rispetta $∃v:∃!w : (v,w)∈R$, giusto?
Perché mi pare corretto ma non ero certissimo di questo "passaggio mentale" però mi interessava farlo per poter definire, grazie al fatto che w dipende solo dalla relazione "R" e da "a" in modo unico $∃v:∃!w : w=R(v)$.
Definire una relazione di questo tipo mi era in particolare comodo perché mi permetteva di scrivere al pari delle funzioni l'insieme $A={R(v):v∈V}$ e fare le osservazioni di cui sopra per cui in questo caso non si aveva il "per ogni".
Qui non capisco. L'ipotesi di cui parli

(*) $∃v:∃!w : (v,w)∈R$

è debolissima e non ti permette di trattare $R$ come una funzione. L'ipotesi (*) sta solo dicendo che esiste un certo $v$ tale per cui esiste un unico $w$ con $(v,w) in R$. Ipotesi debolissima, capisci? Usando questa ipotesi puoi parlare di $R(v)$ per questo elemento $v$ particolare ma non per tutti gli altri elementi.

Per poter scrivere $R(v)$ per un qualsiasi $v in V$ ti serve che $R$ sia una funzione.

kaiz
Nono aspetta, non volevo dire che $R(v)$ fosse una funzione. L'esatto contrario: volevo che l'oggetto $(v,w)$ appartenente a una relazione $(v,w)∈R$ avesse l'elemento $w$ che potesse unicamente dipendere da $v$ e dalla relazione stessa. Dato che ho una dipendenza unica da R e da v posso definire una notazione $R(v)=w$[nota]questo perché in algebra ricordo che mi era stato spiegato dal Prof. che la notazione f(a)=b per le funzioni era possibile proprio per via del fatto che c'era questa unicità[/nota] che non è certo una funzione sotto l'ipotesi (*)! Vuole solo significare che $R(v)$ determina in modo unico un $w$ però con la proprietà di non coprire tutto il dominio $V$. Cioè quello che volevo fare era avere un oggetto $R(v)$ tale che non per ogni $vin V$ avesse una immagine. Ora proprio per questa debolezza dell'ipotesi che chiami (*) io posso definire R(v)=w solo per certi v. E in questo modo curiosamente notavo che $A={R(v):v∈V}$ si poteva ancora scrivere, ma non poteva più leggersi come "per ogni", venendo proprio a mancare di alcuni $v$ coperti nel dominio.

In definitiva la mia idea malata era solo poter notare che $A={R(v):v∈V}$ non poteva leggersi come "per ogni" nel momento in cui R(v) non era una funzione, proprio per la mancanza della copertura di tutto il dominio di una eventuale R(v) siffatta.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Ma se $R(v)$ non è definito per ogni $v in V$ allora non ha senso scrivere ${R(v)\ :\ v in V}$.

megas_archon
Ancora non riesco a capire perché introduciate questi "per ogni" surrettizi quando parlate dell'immagine di una funzione. Non è scorretto, ma è del tutto fuorviante per la maniera intuitiva di presentare il quantificatore universale \(\forall\). Renderlo preciso si può, ma è molto fuorviante a sua volta, e finisce per essere tautologico...

kaiz
"Martino":
Ma se $R(v)$ non è definito per ogni $v in V$ allora non ha senso scrivere ${R(v)\ :\ v in V}$.

Ah,ok. Perché il senso che volevo dare al discorso era questo:

$B={R(v) : v∈V}$ lo leggo sempre e comunque come "gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$"

Solo che c'erano due casistiche nella mia mente:

- Nel caso di funzioni:
$forall x in V$ per definizione posso scrivere l'elemento $f(x)$. Ora mi chiedo se l'elemento $f(x)inB$?
la risposta è sì perché gli elementi di $B$ sono gli $f(v)$ tali che esiste[nota]ossia: songo gli f(v) per qualche $v in V$[/nota] un $v in V$, e quindi è vero che f(x) sta in B perché basta prendere $v=x$ e dato che per ogni x scrivo f(x), allora f(x) è tale che esiste x inV[nota]che è proprio la richiesta per stare in B[/nota]. Quindi in questo caso $B$ è anche l'insieme degli $f(x)$ per ogni $x inV$.


- Nel caso delle relazioni non vale più il "per ogni" v, ma continua a valere l'esiste, poiché:
non è più possibile scrivere per ogni $x$ il mio $R(x)$
quindi l'insieme $B={R(v) : v∈V}$ è sempre l'insieme degli $R(v)$ tali per cui esiste $v in V$ (questo vale anche per le relazioni), tuttavia non avendo più la possibilità di scrivere per ogni $x$ un relativo $R(x)$, non vale più il "per ogni" come sopra: cioè, in modo evidente, B così scritto non è l'insieme degli $R(x)$ per ogni $x∈V$.

Mi sembrava un ragionamento che filava, per quello ero ahimè convinto della correttezza. Cercherò ora di capire dove sta la magagna grazie alle tue dritte.

Invece dire che: se $R(v)$ non è definito per ogni $v in V$ allora non ha senso scrivere $B={R(v)\ :\ v in V}$ mi sembrava pari ad asserire che la notazione di B scritta in quel modo andava sempre letta come "gli B sono gli $R(v)$ per ogni $v in V$". E dato che il per ogni non può qui sussistere con le relazioni non andava più bene questa notazione.

Comunque ora so che questo ragionamento che mi ero fatto è sbagliato.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Io la scrittura ${f(v)\ :\ v in V}$ l'ho sempre letta come "l'insieme dei $f(v)$ al variare di $v in V$ in tutti i modi possibili". Quindi se ci sono dei valori che si vogliono escludere questi vanno esclusi per imposizione.

Quindi per esempio scrivere ${sqrt(x)\ :\ x in RR}$ non ha senso, bisogna semmai scrivere ${sqrt(x)\ :\ x in RR,\ x ge 0}$.

Un altro esempio: nessuno scriverebbe ${1/x\ :\ x in RR}$. Semmai bisogna scrivere ${1/x\ :\ x in RR,\ x ne 0}$.

Vedi anche qui.

Tu hai già incontrato dei casi (in libri o articoli) in cui era sottinteso che per esempio quando si scrive ${f(x)\ :\ x in X}$ alcuni valori di $x in X$ vanno esclusi? (Io no)

megas_archon
"gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$"
Questo non significa nulla: "gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ per cui esiste un $v in V$"... tale che cosa?

Studente Anonimo
Studente Anonimo
"megas_archon":
"gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$"
Questo non significa nulla: "gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ per cui esiste un $v in V$"... tale che cosa?

Forse intende
${w\ :\ EE v in V\ :\ w=R(v)}$

kaiz
Io la scrittura ${f(v) : v∈V}$ l'ho sempre letta come "l'insieme dei f(v) al variare di v∈V in tutti i modi possibili"
sì, un punto dubbio che mi porta inesorabilmente fuori strada credo di averlo finalmente visto, ed è proprio questo da te indicato. Non mi è cioè chiaro come vada letto a livello di quantificatori il termine "al variare" perché mi sembrava un "per qualche" ossia f(v) per cui esiste v∈V. E interpretandolo come esiste nascevano i dubbi di cui sopra.
Invece mi pare e ti chiedo, va letto come "per ogni"? Perché se così fosse sarebbe evidente dove sbagliavo.

"megas_archon":
"gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$"
Questo non significa nulla: "gli elementi di $B$ sono gli $R(v)$ per cui esiste un $v in V$"... tale che cosa?
questo è il secondo punti su cui storcevo il naso ma non sapevo bene come rendere l'idea che avevo.

sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$ mi sembrava identico a dire: sono gli $R(v)$ tali per cui esiste un $v in V$, o ancora: sono gli $R(v)$ per cui esiste un $v in V$.

E credo di non afferrare come usare il "tale che", mi sembrava tutto sommato corretto ma capisco dalla tua risposta che è errato il mio uso. Ma perché?

Direi che capite queste due cose il resto mi torna tutto, è proprio un problema di interpretazione della scrittura ora.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
"kaiz":
sono gli $R(v)$ tali che esiste un $v in V$ mi sembrava identico a dire: sono gli $R(v)$ tali per cui esiste un $v in V$, o ancora: sono gli $R(v)$ per cui esiste un $v in V$.
Nessuna di queste formulazioni ha senso, cosa significa "$R(v)$ tale che esiste $v in V$"? Poi se metti "tale che", "tale per cui" o simili non cambia niente.

kaiz
Nessuna di queste formulazioni ha senso, cosa significa "R(v) tale che esiste v∈V"? Poi se metti "tale che", "tale per cui" o simili non cambia niente.


Oddio, temo di essermi intortato allora.
[edit]
Scrivendo e controscrivendo questo messaggio penso 100 volte, forse ho capito le vostre correzioni; proviamo se riesco a spiegarmi:

Prendiamo le funzioni e quindi le f(v), mi sembrava sensato poter definire un insieme di questo tipo: "l'insieme degli f(v) tali che esiste v∈V" tuttavia dopo molte rielaborazioni che mi avete stimolato mi sembra in effetti insensata come proposizione, nel senso che dice che quell'insieme è l'insieme degli oggetti f(v) tali che esiste un elemento v in V. Quindi è l'insieme di f(v) tale che l'insieme V non sia vuoto (in un certo senso, dato che richiedo l'esistenza di un v al suo interno), insomma una proposizione insensata.

Il mio errore di fondo era che leggevo la frase: l'insieme delle f(v) tali che "esiste v in V" come: l'insieme delle f(v) "che avevano tale v che stava in V". Ma è errato, non dice questo.
[/edit]


$___________________________________________$

Mentre per la prima domanda:
Io la scrittura {f(v):v∈V} l'ho sempre letta come "l'insieme dei f(v) al variare di v∈V in tutti i modi possibili"
è corretto almeno qui quello che avevo capito? ossia dire che "al variare" è un "per ogni"? Spero almeno questo sia corretto :oops:. Credo mi lasci con l'amaro in bocca non aver capito questo "al variare" come renderlo come quantificatore, perché inizialmente mi sembrava un esiste (cioè un "per qualche"), poi un per ogni. E quindi non ho capito come renderlo in modo corretto e unico. Io credo molti dubbi nascano da qui, non aver capito con quale quantificatore tradurre il linguaggio naturale (certe volte trovo scritto per qualche altre volte al variare), oltre a quanto scritto nel punto precedente di questo messaggio.

megas_archon
Ho l'impressione che non ti sia chiaro

- cos'è un insieme
- cos'è una funzione
- come si scrivono semplici formule nel linguaggio della teoria degli insiemi.

(Non che la prima cosa sia chiara a molti...)

Ripartiamo dall'inizio: tu vuoi scrivere in maniera semi-formale cosa sia l'immagine di una funzione; innanzitutto deve esserti chiaro cosa sia la cosa che vuoi descrivere, cioè: spiega in parole semplici cos'è l'immagine di una funzione \(f : X\to Y\).
Scrivilo proprio, fallo in un commento qui sotto.

Dopo, possiamo preoccuparci di scrivere la definizione formalizzata; spero ti accorgerai presto che, e del perché, "l'insieme degli f(v) tali che esiste v∈V" non è la risposta (tra l'altro, nuovamente, non significa nulla, nel senso che non è nemmeno un'espressione ben formata, per il modo in cui i quantificatori sono costruiti.

Studente Anonimo
Studente Anonimo
Premesso che per ogni $x in V$ l'elemento $f(x)$ appartiene a ${f(v) : v in V}$,

"kaiz":
Io la scrittura {f(v):v∈V} l'ho sempre letta come "l'insieme dei f(v) al variare di v∈V in tutti i modi possibili"
è corretto almeno qui quello che avevo capito? ossia dire che "al variare" è un "per ogni"?
No, io non leggerei ${f(v) : v in V}$ come "$f(v)$ per ogni $v in V$", invece lo leggo come "$f(v)$ tale che $v in V$", dove però "$v in V$" è una caratterizzazione, definisce gli elementi dell'insieme. Cioè per capirci meglio:

${f(v) : v in V} = {w : EE v in V : w=f(v)}$

La seconda scrittura è più chiara. Quando scriviamo per esempio $A={w : EE v in V : w=f(v)}$ vogliamo dire che gli elementi $w$ di $A$ sono caratterizzati dal predicato che segue, cioè dal fatto che $EE v in V : w=f(v)$. In altre parole

$w in A$ se e solo se esiste $v in V$ tale che $w=f(v)$.

Se la vedi così, il tuo "per ogni" ti viene fuori gratis, perché se prendi un qualsiasi $x in V$ l'elemento $w=f(x)$ appartiene ad $A$ perché esiste certamente un $v in V$ tale che $w=f(v)$, basta scegliere $v=x$. Questo dimostra che $f(x) in A$ per ogni $x in V$. Inoltre ogni elemento di $A$ è del tipo $f(v)$ per qualche $v in V$. (Comunque a me sembra di ripetere sempre le stesse cose, non so quanto sia utile.)

ghira1
Magari kaiz preferisce il quasi assurdo:

$\bigcup_{v\in V} {f(v)}$

?

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