Metodo ditattico e psicologia della matematica

Daniele Florian
Provo ad esporre una serie di dubbi che sto riscontrando ultimamente nello studio della matematica, probabilmente sarò confuso ma perchè ancora non ho bene le idee chiare.

Il problema è sorto quando mi sono trovato, per l ennesima volta, a riscontrare quanto al variare del libro di testo variasse non solo il modo di esposizione dei concetti ma anche le definizioni stesse degli oggetti, seppur alla fine il risultato post-capitolo restasse invariato.
Ad esempio (sennò davvero non ci capiamo) le forme differenziali sono un esempio eclatante di oggetto matematico che "non-si-sa-mai-come-definirlo", e ogni libro lo inroduce in un modo diverso ("una scrittura del tipo...", tramite applicazioni multilineari, generalizzando il concetto di differenziale, ecc...) e questo può creare confusione in uno studente che si approccia al problema.
Questa difficoltà però sorge perchè non siamo sinceri rispetto a quello che è davvero il processo di creazione matematica.
Mi spiego.
Nel cercare la definizione di "superficie differenziabile" il matematico dell epoca non è partito da un livello teorico e astratto bensì ha raggiunto la definizione finale cercando il modo di descrivere un certo oggetto che già conosceva tramite gli ingredienti formali che la matematica precedente gli dava a disposizione.
Ciò che intendo dire è che se la didattica della matematica, anche a livello universitario (soprattutto), spiegasse i passaggi logici che hanno portato ad assumere una certa definizione si eviterebbero un sacco di misconcetti legati ad essi.
In fondo la bellezza della matematica è proprio questa, cioè stupirsi di come definendo i vettori tangenti tramite vettori derivati di germi di funzioni si catturino esattamente le proprietà volute dal concetto di vettore tangente.
Un esempio che mi viene in mente, e che è perfettamente calzante, è la storia della compattezza, passando per la definizione obsoleta di compattezza per successioni e poi per la necessità di formulare una definizione di compattezza che sopravvivesse al prodotto più che numerabile di compatti.
Tornando al caso delle forme differenziali, una volta capito che le forme sono "funzioni che oltre ad assumere un valore devono assumere un orientazione perchè prima o poi vanno inegrate", si deve passare al tentativo di descrivere tali proprietà tramite i concetti già conosciuti della matematica. Regalando a gratis questi passaggi l apprendimento è quasi inutile, e talvolta è difficile capire il significato di "dimostrare che..."

Nulla, volevo solo condividere con voi un paio di pensieri a caso, ah, e poi voglio anche chiedervi una cosa.
Conoscete testi che possano aiutare in questo metodo?
Mi spiego.
Recentemente ho letto che molti delle strutture algebriche (come i moduli se non sbaglio, ma potrei dire un eresia) sono stati formulati nel tentativo di dimostare (senza risultato) l ipotesi di Fermat da matematici dell 800...
esiste un testo, una dispensa, qualcosa, che spieghi l origine *concettuale* degli oggetti matematici? ovvero che spieghi cosa passava nella testa di gauss quando ha inventato certa roba, o come un certo problema ha portato alla formulazione di un certo concetto che se te l sbattono in faccia tu diresti "e quindi?"

Spero di essermi capito.
Scusate il delirio.

Risposte
gugo82
I libri sono scritti così come sono scritti per pura volontà di sintesi e di ordine logico.
Se si dovesse perdere tempo dietro alla storia di ogni concetto, il corso di Analisi I vedrebbe la fine dopo un paio d'anni (se non di più).

Per chi ha, come il sottoscritto, la curiosità di conoscere la storia dei concetti matematici, o anche delle notazioni, esistono molti celebri trattati in merito: ad esempio, il Boyer, il Kline, il Cajori, etc... Ma tali testi sono delle letture collaterali alla formazione tecnica ed i loro argomenti non possono essere immersi nei corsi o nei testi tecnici, se non come approfondimento.

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