La dispersione implicita: colpa dei docenti?
Una recente discussione qui sul forum mi ha fatto chiedere quanto importante sia la dispersione in Italia.
Ebbene, secondo l'INVALSI la dispersione in Italia si attesta ad un'allarmante quota superiore al 20%, di cui quella esplicita si attesta attorno al 13%.
Ciò significa che il 7% dei ragazzi italiani ha un diploma che è letteralmente un "pezzo di carta" privo di alcun valore, perché non rispecchia minimamente quelle che sono le loro competenze: tra i dispersi, uno su tre è implicito, una fetta non indifferente, e che deve farci riflettere.
Riflettendo su questi numeri credo proprio che la colpa sia di noi docenti: facendo dei conti a spanne, su una classe di 25 alunni, stiamo parlando di due ragazzi. Due ragazzi che noi docenti mandiamo nelle classi successive, anche senza riorientamento, perché magari si impegnano tanto e ce la mettono tutta, pur non raggiungendo i risultati richiesti. Guarda un po', nella mia bassa statistica mediamente sono proprio due-tre a classe quelli interessati da questo fenomeno, proprio circa quanto la quota di dispersione implicita.
Ormai, fermiamo solo i casi disperati, con tantissime insufficienze, o insufficienze molto molto gravi.
Non credo che sia la strategia giusta, se questo significa diplomare ragazzi senza le competenze necessarie: davvero sarebbe "meno giusto" fermarli un anno in più, o cercare di ri-orientarli? Non significherebbe fare loro del bene fargli avere un diploma realmente spendibile?
Del resto, la nascita delle lauree ad orientamento professionale per svolgere professioni che fino a qualche anno fa facevano i diplomati non è un caso: il diploma, oggi, non vale più niente. E la colpa, in parte, credo sia anche nostra.
Forse, è vero, un ragazzo bocciato rischia di abbandonare precocemente gli studi, andando ad alimentare la dispersione esplicita. Ma è meglio regalargli un diploma alimentando la dispersione implicita? Non potrebbe l'assenza del diploma farlo studiare quando sarà adulto e più consapevole, magari nei corsi serali o negli IeFP?
La questione, mi rendo conto, è estremamente complessa, forse sto vaneggiando, forse sono troppo scoraggiato, ma quel dato mi ha davvero fatto salire lo sconforto: la scuola fallisce nel suo intento se un ragazzo su cinque non raggiunge gli obiettivi minimi per una cittadinanza consapevole... ancora peggio se uno su tre di questi è messo nelle condizioni di non potersene nemmeno accorgere!
Ebbene, secondo l'INVALSI la dispersione in Italia si attesta ad un'allarmante quota superiore al 20%, di cui quella esplicita si attesta attorno al 13%.
Ciò significa che il 7% dei ragazzi italiani ha un diploma che è letteralmente un "pezzo di carta" privo di alcun valore, perché non rispecchia minimamente quelle che sono le loro competenze: tra i dispersi, uno su tre è implicito, una fetta non indifferente, e che deve farci riflettere.
Riflettendo su questi numeri credo proprio che la colpa sia di noi docenti: facendo dei conti a spanne, su una classe di 25 alunni, stiamo parlando di due ragazzi. Due ragazzi che noi docenti mandiamo nelle classi successive, anche senza riorientamento, perché magari si impegnano tanto e ce la mettono tutta, pur non raggiungendo i risultati richiesti. Guarda un po', nella mia bassa statistica mediamente sono proprio due-tre a classe quelli interessati da questo fenomeno, proprio circa quanto la quota di dispersione implicita.
Ormai, fermiamo solo i casi disperati, con tantissime insufficienze, o insufficienze molto molto gravi.
Non credo che sia la strategia giusta, se questo significa diplomare ragazzi senza le competenze necessarie: davvero sarebbe "meno giusto" fermarli un anno in più, o cercare di ri-orientarli? Non significherebbe fare loro del bene fargli avere un diploma realmente spendibile?
Del resto, la nascita delle lauree ad orientamento professionale per svolgere professioni che fino a qualche anno fa facevano i diplomati non è un caso: il diploma, oggi, non vale più niente. E la colpa, in parte, credo sia anche nostra.
Forse, è vero, un ragazzo bocciato rischia di abbandonare precocemente gli studi, andando ad alimentare la dispersione esplicita. Ma è meglio regalargli un diploma alimentando la dispersione implicita? Non potrebbe l'assenza del diploma farlo studiare quando sarà adulto e più consapevole, magari nei corsi serali o negli IeFP?
La questione, mi rendo conto, è estremamente complessa, forse sto vaneggiando, forse sono troppo scoraggiato, ma quel dato mi ha davvero fatto salire lo sconforto: la scuola fallisce nel suo intento se un ragazzo su cinque non raggiunge gli obiettivi minimi per una cittadinanza consapevole... ancora peggio se uno su tre di questi è messo nelle condizioni di non potersene nemmeno accorgere!
Risposte
Ciao Giulio
Capisco lo sconforto
Capisco anche che il diploma non abbia valore
Tieni presente però che alcuni studenti ottengono dal sistema educativo quanto promesso: una formazione completa. Il fatto che abbiano lo stesso pezzo di carta di altri che quella formazione non l hanno raggiunta é l aspetto che ti preoccupa?
Capisco lo sconforto
Capisco anche che il diploma non abbia valore
Tieni presente però che alcuni studenti ottengono dal sistema educativo quanto promesso: una formazione completa. Il fatto che abbiano lo stesso pezzo di carta di altri che quella formazione non l hanno raggiunta é l aspetto che ti preoccupa?
"gio73":
Tieni presente però che alcuni studenti ottengono dal sistema educativo quanto promesso: una formazione completa.
Non è di questi ragazzi di cui vorrei parlare, per loro il sistema funziona ed è bene così. E, a essere onesti, è la maggioranza (non troppo grande, ma comunque maggioranza).
"gio73":
Il fatto che abbiano lo stesso pezzo di carta di altri che quella formazione non l hanno raggiunta é l aspetto che ti preoccupa?
Non proprio, l'aspetto che mi preoccupa è che ci siano ragazzi che hanno un diploma senza avere le competenze che quel diploma dovrebbe certificare: che fine faranno nella società? Non hanno competenze per esercitare pienamente la loro cittadinanza, e non hanno le competenze per poterlo capire.
Temo che la dispersione implicita sia decisamente peggiore di quella esplicita: se il diploma non ce l'hai lo sai che da adulto dovrai rimboccarti le maniche, perché il segnale ti è stato dato; se invece ce l'hai, il fatto che la società ti prenda a schiaffi potresti non riuscire a imputarlo alla sua vuotezza e alla tua mancanza di competenze.
Spero di essermi spiegato ora, è difficile esprimere a parole una sottigliezza, che peraltro non sono nemmeno sicuro di avere chiara io...
"gio73":
Capisco anche che il diploma non abbia valore
Non ce l'ha (più) perché non è (più) garanzia di competenze raggiunte, credo.
Non dare per scontato che le ragazze e i ragazzi che a fine liceo hanno le competenze matematiche della terza media siano destinati a fallire. Spesso trovano il loro posto nel mondo senza difficoltà.
Le competenze matematiche previste dal liceo sono necessarie in pochi contesti.
Proviamo a elencare qualche mestiere?
Le competenze matematiche previste dal liceo sono necessarie in pochi contesti.
Proviamo a elencare qualche mestiere?
"gio73":
Non dare per scontato che le ragazze e i ragazzi che a fine liceo hanno le competenze matematiche della terza media siano destinati a fallire. Spesso trovano il loro posto nel mondo senza difficoltà.
Le competenze matematiche previste dal liceo sono necessarie in pochi contesti.
Proviamo a elencare qualche mestiere?
I dispersi impliciti hanno le competenze di terza media in italiano, matematica e inglese, ovvero sono sotto l'obbligo scolastico. Non solo in matematica.
Ma se davvero non servono per esprimere una cittadinanza consapevole, a che serve l'obbligo scolastico fino a 16 anni? Dove sarebbe il problema nella dispersione scolastica? Se non servono, non è un problema.
Poi, per carità, per affettare il prosciutto alla COOP ti basta saper leggere (neanche tanto fluentemente) i nomi dei prosciutti e dei tasti sulla bilancia, per cui la seconda elementare è sufficiente, ma non credo sia un granché come argomentazione.
In sostanza, non c'è solo il lavoro come cassiere all'Iper o di operaio al tornio, c'è anche tutto il contorno di vita civica e politica.
La scuola dovrebbe servire proprio per innalzare il livello sociale delle famiglie, non per "massì dai, tanto va al tornio, a che gli serve saper interpretare un testo!".
Scusami Gio, ma il minimizzare il problema mi fa tanta paura.
"giuliofis":
a che serve l'obbligo scolastico fino a 16 anni?
https://youtu.be/yeF_o1Ss1NQ
Direttamente dagli anni '80 la risposta di
Sir humphrey " a mantenere i ragazzi fuori dal mercato del lavoro e i numeri della disoccupazione un po' più bassi"
"gio73":
a mantenere i ragazzi fuori della strada
Questo può starci. Ma siamo sempre lì: "massì dai, tanto poi va al tornio..."
E non potremmo pretendere che l'obbligo scolastico serva anche per dare quelle minime basi per comprendere il mondo che ci circonda e interagirci?
"gio73":
e i numeri della disoccupazione un po' più bassi
Questo no. La disoccupazione la combatti se dai competenze, perché per affettare il prosciutto alla COOP il diploma (qualunque diploma) non serve, serve saper fare le fette spesse o sottili in base a come te le chiedono. E ad affettare le mortadelle ci vanno anche le persone con la terza media (se ce l'hanno), ma forse per i nostri ragazzi meno fortunati dovremmo poter sperare in un futuro con un lavoro un po' più appagante e qualificato, non arrenderci togliendogli le opportunità di formazione.
Il problema è che la scuola non è l'unico agente della formazione, ma è l'unico che ha una forma strutturata; quindi sembra sia l'unico agente che possa prendersi la responsabilità di questi numeri...
Sarebbe interessante capire quanto il tasso di dispersione implicita sia influenzato da altro, come ad esempio un contesto economico/sociale/culturale sfavorevole/poco stimolante, una sbagliata scelta della scuola di secondo grado, etc...
Sarebbe interessante capire quanto il tasso di dispersione implicita sia influenzato da altro, come ad esempio un contesto economico/sociale/culturale sfavorevole/poco stimolante, una sbagliata scelta della scuola di secondo grado, etc...
L'INVALSI fa anche questo: i risultati ottenuti suddivisi per fasce di popolazione sono agghiaccianti, l'anno scorso seguii tutta la presentazione, praticamente la scuola oggi non riesce più a fungere da ascensore sociale.
Ma sinceramente non vedo come potrebbe se rinuncia a chiedere risultati: chi non ha una famiglia alle spalle che lo sprona a studiare e gli fa capire il valore dello studio, a che pro dovrebbe studiare se tanto si passa comunque?
Ma sinceramente non vedo come potrebbe se rinuncia a chiedere risultati: chi non ha una famiglia alle spalle che lo sprona a studiare e gli fa capire il valore dello studio, a che pro dovrebbe studiare se tanto si passa comunque?
"giuliofis":
L'INVALSI fa anche questo: i risultati ottenuti suddivisi per fasce di popolazione sono agghiaccianti, l'anno scorso seguii tutta la presentazione, praticamente la scuola oggi non riesce più a fungere da ascensore sociale.
Da mo'... Altro che 'oggi'!
Sono già 25/30 anni che la scuola 'non riesce più a fungere da ascensore sociale': affinché un ascensore funzioni c'è bisogno che al disopra ci sia qualche piano; ma al momento al disopra -qui in Italia- non c'è nulla.
"giuliofis":
Ma sinceramente non vedo come potrebbe se rinuncia a chiedere risultati: chi non ha una famiglia alle spalle che lo sprona a studiare e gli fa capire il valore dello studio, a che pro dovrebbe studiare se tanto si passa comunque?
Il problema è che c'è un'ampia fetta di docenti che fa parte di una generazione che non riesce a fare i conti con la modernità. Gente che si oppone a tutto ciò che non collima col proprio modello di scuola, che è quello che loro hanno vissuto 40 anni fa e -consciamente o meno- ripropongono in maniera inalterata oggi... Per poi scoprire che non funziona e trarre da questo fatto due importanti conclusioni: 1) per me ha funzionato perché noi eravamo ligi al sacro dovere dello studio[nota]Non è vero. Ha funzionato perché ai loro genitori ed alle loro famiglie importava qualcosa -anche se non sempre sapevano bene come e perché- della loro istruzione ed avevano possibilità di farli studiare. Ha funzionato per la paura di un brutto voto, che comportava il lisciabusso di papà e la perculata dal cugino bravo a scuola. Ha funzionato perché non c'erano altri canali che offrivano alcun tipo di formazione. Etc...[/nota] e 2) queste moderne sono generazioni di inetti.[nota]Non è vero. Solo hanno competenze molto differenti da quelle che avevano i docenti alla loro età; tanto differenti da non essere nemmeno riconosciute come tali.[/nota]
Entrambe queste conclusioni impattano negativamente sul modo di insegnare e quindi producono quello che si vede: stuoli di ragazzi non motivati che partecipano alla scuola come ad un rito domenicale del quale non se ne sente la necessità né se ne percepisce l'utilità; stuoli di docenti che non riescono a valutare serenamente i propri studenti.
Ha ragione gugo, l'ascensore sociale non c'è, e per lo più l'università è ancora classista, chi non ha una famiglia alle spalle che si può permettere di mantenerlo ha enormi difficoltà, le borse di studio fanno ridere.
Non so com'è adesso, ma anche le borse Erasmus fanno ridere, cifre piccolissime, per cui di fatto è la famiglia che ti paga gli studi all'estero.
Conosco una persona, una mia giovane amica, che non poteva essere mantenuta dalla famiglia, per laurearsi in matematica ha fatto sacrifici enormi, lavorando e studiando. Per fare la magistrale è riuscita a vincere una borsa di studio in Inghilterra e ha studiato lì pagata. Ma sono casi quasi eroici. E tornata qui non trova lavoro.
E' incredibile che questo tema non sia mai stato affrontato nel dibattito pubblico, i discorsi sui giovani mi paiono solo chiacchiere, ma quel che è peggio, chiacchiere fatte male.
E idem per il lavoro. Qui i dottori di ricerca sono trattati male, si sa. Un mio amico, Phd in fisica matematica, anni di ricerca in Inghilterra, qui niente, le aziende lo schifavano (spesso non vogliono i dottori di ricerca perché la loro preparazione è sovradimensionata al ruolo che offrono), solo ora, a 39, anni ha avuto un contratto con una università del nord.
Come possono ragazzi di famiglie modeste capire il 'valore dello studio' se sanno che non potranno nemmeno permettersi l'iuniversità, e il loro diploma probabilmente non servirà a niente?
Certo, c'è il valore astratto, culturale, ma non si può pretendere che i ragazzini vivano tutti sull'empireo della Cultura.
Non so com'è adesso, ma anche le borse Erasmus fanno ridere, cifre piccolissime, per cui di fatto è la famiglia che ti paga gli studi all'estero.
Conosco una persona, una mia giovane amica, che non poteva essere mantenuta dalla famiglia, per laurearsi in matematica ha fatto sacrifici enormi, lavorando e studiando. Per fare la magistrale è riuscita a vincere una borsa di studio in Inghilterra e ha studiato lì pagata. Ma sono casi quasi eroici. E tornata qui non trova lavoro.
E' incredibile che questo tema non sia mai stato affrontato nel dibattito pubblico, i discorsi sui giovani mi paiono solo chiacchiere, ma quel che è peggio, chiacchiere fatte male.
E idem per il lavoro. Qui i dottori di ricerca sono trattati male, si sa. Un mio amico, Phd in fisica matematica, anni di ricerca in Inghilterra, qui niente, le aziende lo schifavano (spesso non vogliono i dottori di ricerca perché la loro preparazione è sovradimensionata al ruolo che offrono), solo ora, a 39, anni ha avuto un contratto con una università del nord.
Come possono ragazzi di famiglie modeste capire il 'valore dello studio' se sanno che non potranno nemmeno permettersi l'iuniversità, e il loro diploma probabilmente non servirà a niente?
Certo, c'è il valore astratto, culturale, ma non si può pretendere che i ragazzini vivano tutti sull'empireo della Cultura.
Per quanto riguarda i dottorati:
Questa è sicuramente una parte del problema (a cui si aggiungono Indicazioni Nazionali e Linee Guida che sono state emanate nel 2010, ma sembrano emanate nel 1910). Ma il promuovere tutti, anche chi ha gravi insufficienze nelle materie d'indirizzo, credo proprio che peggiori ulteriormente le cose. Studiare non solo non piace, ma nemmeno serve più ad evitare di perdere l'anno: quindi perché farlo senza la spinta di cui scrivi dopo (e che riporto)?
E come ci siamo arrivati alla vuotezza di significato del diploma? Come ho già scritto, credo anche (ovviamente non solo) promuovendo chi non dovrebbe essere promosso, consegnandogli un diploma davvero inutile.
Io adesso ne ho uno in quinta che non capisco come possano avercelo portato: non sa nulla di nulla, lo sto portando avanti a suon di 2 e non fa nulla, né a casa né a scuola, viene un giorno sì e uno no, salta compiti di continuo, e così mi disse il suo precedente docente faceva pure negli anni passati. Davvero gli hanno fatto del bene a mandarlo avanti? A me, sinceramente, non sembra.
Io su questo non sono d'accordo. Le borse di studio che ho visto dare io, anche a miei amici, coprivano interamente le rette universitarie, davano contributi significati per gli alloggi e/o addirittura una casa dello studente. Vengono date in base all'ISEE e per mantenerle l'unica condizione è che non bisogna essere eccessivamente fuori corso.
"gugo82":
Il problema è che c'è un'ampia fetta di docenti che fa parte di una generazione che non riesce a fare i conti con la modernità. Gente che si oppone a tutto ciò che non collima col proprio modello di scuola, che è quello che loro hanno vissuto 40 anni fa e -consciamente o meno- ripropongono in maniera inalterata oggi...
Questa è sicuramente una parte del problema (a cui si aggiungono Indicazioni Nazionali e Linee Guida che sono state emanate nel 2010, ma sembrano emanate nel 1910). Ma il promuovere tutti, anche chi ha gravi insufficienze nelle materie d'indirizzo, credo proprio che peggiori ulteriormente le cose. Studiare non solo non piace, ma nemmeno serve più ad evitare di perdere l'anno: quindi perché farlo senza la spinta di cui scrivi dopo (e che riporto)?
"gugo82":
Ha funzionato perché ai loro genitori ed alle loro famiglie importava qualcosa -anche se non sempre sapevano bene come e perché- della loro istruzione ed avevano possibilità di farli studiare. Ha funzionato per la paura di un brutto voto, che comportava il lisciabusso di papà e la perculata dal cugino bravo a scuola. Ha funzionato perché non c'erano altri canali che offrivano alcun tipo di formazione. Etc...
"gabriella127":
Come possono ragazzi di famiglie modeste capire il 'valore dello studio' se sanno che non potranno nemmeno permettersi l'iuniversità, e il loro diploma probabilmente non servirà a niente?
Certo, c'è il valore astratto, culturale, ma non si può pretendere che i ragazzini vivano tutti sull'empireo della Cultura.
E come ci siamo arrivati alla vuotezza di significato del diploma? Come ho già scritto, credo anche (ovviamente non solo) promuovendo chi non dovrebbe essere promosso, consegnandogli un diploma davvero inutile.
Io adesso ne ho uno in quinta che non capisco come possano avercelo portato: non sa nulla di nulla, lo sto portando avanti a suon di 2 e non fa nulla, né a casa né a scuola, viene un giorno sì e uno no, salta compiti di continuo, e così mi disse il suo precedente docente faceva pure negli anni passati. Davvero gli hanno fatto del bene a mandarlo avanti? A me, sinceramente, non sembra.
"gabriella127":
Ha ragione gugo, l'ascensore sociale non c'è, e per lo più l'università è ancora classista, chi non ha una famiglia alle spalle che si può permettere di mantenerlo ha enormi difficoltà, le borse di studio fanno ridere.
Io su questo non sono d'accordo. Le borse di studio che ho visto dare io, anche a miei amici, coprivano interamente le rette universitarie, davano contributi significati per gli alloggi e/o addirittura una casa dello studente. Vengono date in base all'ISEE e per mantenerle l'unica condizione è che non bisogna essere eccessivamente fuori corso.
Le borse di studio non coprono una marea di casi. Questa mia amica non poteva avere niente, perché la madre, che non la manteneva, aveva un a casa grande in periferia di Roma. E non poteva mettersi come autosufficiente perché guadagnava troppo poco. Case degli studenti, almeno qui a Roma, sono pochissime, mai conosciuto un ragazzo che ci sta, eppure ho passato anni in università varie. Mai conosciuto un non benestante che ha fatto l'Erasmus.
Mai conosciuto, tranne questa ragazza, uno studente non spesato dalla famiglia.
Mai conosciuto, tranne questa ragazza, uno studente non spesato dalla famiglia.
"gabriella127":
Questa mia amica non poteva avere niente, perché la madre, che non la manteneva, aveva un a casa grande in periferia di Roma. E non poteva mettersi come autosufficiente perché guadagnava troppo poco.
Non capisco la situazione. Questa tua amica veniva quindi da una famiglia non in condizioni pessime economicamente (se hai una casa grande...) ma con cui era in rapporti così pessimi che non la aiutavano a campare?
Esatto, i genitori, piuttosto strani, non la mantenevano, erano in cattivi rapporti con lei, nel senso che non le davano nemmenon 5 uro al mese.
La madre non era benestante, aveva non molto, ma per vicende varie aveva questa casa. E questa casa faceva balzare in alto l'Isee, per cui la mia amica non poteva avere borse o niente.
Al contrario, ho conosciuto genitori molto modesti economicamente che hanno fatto grandi sacrifici per far studiare i figli.
La madre non era benestante, aveva non molto, ma per vicende varie aveva questa casa. E questa casa faceva balzare in alto l'Isee, per cui la mia amica non poteva avere borse o niente.
Al contrario, ho conosciuto genitori molto modesti economicamente che hanno fatto grandi sacrifici per far studiare i figli.
"gabriella127":
Esatto, i genitori, piuttosto strani, non la mantenevano, erano in cattivi rapporti con lei, nel senso che non le davano nemmenon 5 uro al mese.
Mantenere i figli fino all'indipendenza economica è un dovere dei genitori, non possono sottrarsene perché "strani". Non si può pretendere che lo Stato elargisca borse di studio perché i genitori si rifiutano di mantenere i figli, altrimenti anche Berlusconi potrebbe rifiutarsi e gli studi dei figli dovrebbe accollarseli la collettività!
Sarà brutto, ma la tua amica poteva agire per vie legali (come è già successo) e costringere la mamma a sostenerla, perché è un suo dovere.
"gabriella127":
La madre non era benestante, aveva non molto, ma per vicende varie aveva questa casa. E questa casa faceva balzare in alto l'Isee, per cui la mia amica non poteva avere borse o niente.
Una casa, abbi pazienza, è molto più che "non molto": ti permette di non pagare un affitto o un mutuo, o se è una seconda casa di affittarla. È una grande fortuna, altroché!
Giulio, non è pensabile che un figlio faccia causa a un genitore, sono casi particolari e estremi, ma può essere qualcosa di devastante. E poi la causa finisce quando il figlio ha quarant'anni.
La casa la madre ce la aveva per motivi familiari, ci abitava con gli altri figli, ma aveva pochi soldi, non so quanto in grado di mantenerla da sola, visto che il marito era ormai sparito da anni.
Ma poi non è rilevante la vicenda particolare, è per dire che senza soldi della famiglia alle spalle è difficile fare l'università. Ti ripeto, io ho conosciuto una quantità enorme di studenti, sempre aiutati dai genitori.
Esisterà in Italia uno studente che si paga l'università da solo con borse di studio, ma questa rara avis non l'ho mai vista.
La casa la madre ce la aveva per motivi familiari, ci abitava con gli altri figli, ma aveva pochi soldi, non so quanto in grado di mantenerla da sola, visto che il marito era ormai sparito da anni.
Ma poi non è rilevante la vicenda particolare, è per dire che senza soldi della famiglia alle spalle è difficile fare l'università. Ti ripeto, io ho conosciuto una quantità enorme di studenti, sempre aiutati dai genitori.
Esisterà in Italia uno studente che si paga l'università da solo con borse di studio, ma questa rara avis non l'ho mai vista.
Metto in spoiler perché non è in tema con la discussione.
[ot]La vicenda non è inventata, e l'ho seguita da vicino, pure gli aspetti burocratici. L'ISSE ha un sacco di distorsioni.
Ad esempio una casa a Roma vale tot, una casa uguale in un altro posto, ha un altro valore.
Ma comunque non c'entra con il tema.
Mi fa piacere che in Toscana ci sia gente che studia con vitto, alloggio, tasse e libri pagati dalle borse di studio, ma io non ne conosco.
Che si debba dire che chi non ha soldi non ha problemi a fare l'università senza aiuto dei genitori, mi sembra un po' fuori dal mondo.[/ot]
Ad esempio una casa a Roma vale tot, una casa uguale in un altro posto, ha un altro valore.
Ma comunque non c'entra con il tema.
Mi fa piacere che in Toscana ci sia gente che studia con vitto, alloggio, tasse e libri pagati dalle borse di studio, ma io non ne conosco.
Che si debba dire che chi non ha soldi non ha problemi a fare l'università senza aiuto dei genitori, mi sembra un po' fuori dal mondo.[/ot]
[ot]
Sicuramente non è perfetto.
Non avere problemi è eccessivo. Però andrebbe un attimo rivisto il concetto di "non avere soldi": un mio conoscente si lamentava che era povero ma non aveva diritto alla borsa, per cui il mondo era brutto e cattivo. Poi vai a chiedergli come sta la sua famiglia e, poverini, sono poveri in canna, infatti avevano solo una barca quando molti suoi compaesani ne avevano anche più di una!
Le risorse della collettività non sono infinite, bisogna anche avere dei criteri di priorità: avere una casa di proprietà ti colloca parecchio più su di chi non ha neppure quella, e sono tanti.[/ot]
"gabriella127":
L'ISSE ha un sacco di distorsioni.
Ad esempio una casa a Roma vale tot, una casa uguale in un altro posto, ha un altro valore.
Sicuramente non è perfetto.
"gabriella127":
Che si debba dire che chi non ha soldi non ha problemi a fare l'università senza aiuto dei genitori, mi sembra un po' fuori dal mondo.
Non avere problemi è eccessivo. Però andrebbe un attimo rivisto il concetto di "non avere soldi": un mio conoscente si lamentava che era povero ma non aveva diritto alla borsa, per cui il mondo era brutto e cattivo. Poi vai a chiedergli come sta la sua famiglia e, poverini, sono poveri in canna, infatti avevano solo una barca quando molti suoi compaesani ne avevano anche più di una!
Le risorse della collettività non sono infinite, bisogna anche avere dei criteri di priorità: avere una casa di proprietà ti colloca parecchio più su di chi non ha neppure quella, e sono tanti.[/ot]
[ot]Le risorse della collettività vanno date con equità, e soprattutto, tutti devono essere messi nelle stesse condizioni di partenza, e questo non mi sembra avvenire nel diritto allo studio.
Se poi un non povero si lamenta di essere povero, e vabbe', è un altro discorso.
Comunque, io non posso stare a raccontarti la storia di queste persone, sono fatti privati, ma sappi che sia madre che uno dei due figli erano disoccupati, con alle spalle lavori modesti, e tutto quello che avevano era questa casa. E non puoi giudicare di persone e vicende che non conosci.[/ot]
Se poi un non povero si lamenta di essere povero, e vabbe', è un altro discorso.
Comunque, io non posso stare a raccontarti la storia di queste persone, sono fatti privati, ma sappi che sia madre che uno dei due figli erano disoccupati, con alle spalle lavori modesti, e tutto quello che avevano era questa casa. E non puoi giudicare di persone e vicende che non conosci.[/ot]