La dispersione implicita: colpa dei docenti?
Una recente discussione qui sul forum mi ha fatto chiedere quanto importante sia la dispersione in Italia.
Ebbene, secondo l'INVALSI la dispersione in Italia si attesta ad un'allarmante quota superiore al 20%, di cui quella esplicita si attesta attorno al 13%.
Ciò significa che il 7% dei ragazzi italiani ha un diploma che è letteralmente un "pezzo di carta" privo di alcun valore, perché non rispecchia minimamente quelle che sono le loro competenze: tra i dispersi, uno su tre è implicito, una fetta non indifferente, e che deve farci riflettere.
Riflettendo su questi numeri credo proprio che la colpa sia di noi docenti: facendo dei conti a spanne, su una classe di 25 alunni, stiamo parlando di due ragazzi. Due ragazzi che noi docenti mandiamo nelle classi successive, anche senza riorientamento, perché magari si impegnano tanto e ce la mettono tutta, pur non raggiungendo i risultati richiesti. Guarda un po', nella mia bassa statistica mediamente sono proprio due-tre a classe quelli interessati da questo fenomeno, proprio circa quanto la quota di dispersione implicita.
Ormai, fermiamo solo i casi disperati, con tantissime insufficienze, o insufficienze molto molto gravi.
Non credo che sia la strategia giusta, se questo significa diplomare ragazzi senza le competenze necessarie: davvero sarebbe "meno giusto" fermarli un anno in più, o cercare di ri-orientarli? Non significherebbe fare loro del bene fargli avere un diploma realmente spendibile?
Del resto, la nascita delle lauree ad orientamento professionale per svolgere professioni che fino a qualche anno fa facevano i diplomati non è un caso: il diploma, oggi, non vale più niente. E la colpa, in parte, credo sia anche nostra.
Forse, è vero, un ragazzo bocciato rischia di abbandonare precocemente gli studi, andando ad alimentare la dispersione esplicita. Ma è meglio regalargli un diploma alimentando la dispersione implicita? Non potrebbe l'assenza del diploma farlo studiare quando sarà adulto e più consapevole, magari nei corsi serali o negli IeFP?
La questione, mi rendo conto, è estremamente complessa, forse sto vaneggiando, forse sono troppo scoraggiato, ma quel dato mi ha davvero fatto salire lo sconforto: la scuola fallisce nel suo intento se un ragazzo su cinque non raggiunge gli obiettivi minimi per una cittadinanza consapevole... ancora peggio se uno su tre di questi è messo nelle condizioni di non potersene nemmeno accorgere!
Ebbene, secondo l'INVALSI la dispersione in Italia si attesta ad un'allarmante quota superiore al 20%, di cui quella esplicita si attesta attorno al 13%.
Ciò significa che il 7% dei ragazzi italiani ha un diploma che è letteralmente un "pezzo di carta" privo di alcun valore, perché non rispecchia minimamente quelle che sono le loro competenze: tra i dispersi, uno su tre è implicito, una fetta non indifferente, e che deve farci riflettere.
Riflettendo su questi numeri credo proprio che la colpa sia di noi docenti: facendo dei conti a spanne, su una classe di 25 alunni, stiamo parlando di due ragazzi. Due ragazzi che noi docenti mandiamo nelle classi successive, anche senza riorientamento, perché magari si impegnano tanto e ce la mettono tutta, pur non raggiungendo i risultati richiesti. Guarda un po', nella mia bassa statistica mediamente sono proprio due-tre a classe quelli interessati da questo fenomeno, proprio circa quanto la quota di dispersione implicita.
Ormai, fermiamo solo i casi disperati, con tantissime insufficienze, o insufficienze molto molto gravi.
Non credo che sia la strategia giusta, se questo significa diplomare ragazzi senza le competenze necessarie: davvero sarebbe "meno giusto" fermarli un anno in più, o cercare di ri-orientarli? Non significherebbe fare loro del bene fargli avere un diploma realmente spendibile?
Del resto, la nascita delle lauree ad orientamento professionale per svolgere professioni che fino a qualche anno fa facevano i diplomati non è un caso: il diploma, oggi, non vale più niente. E la colpa, in parte, credo sia anche nostra.
Forse, è vero, un ragazzo bocciato rischia di abbandonare precocemente gli studi, andando ad alimentare la dispersione esplicita. Ma è meglio regalargli un diploma alimentando la dispersione implicita? Non potrebbe l'assenza del diploma farlo studiare quando sarà adulto e più consapevole, magari nei corsi serali o negli IeFP?
La questione, mi rendo conto, è estremamente complessa, forse sto vaneggiando, forse sono troppo scoraggiato, ma quel dato mi ha davvero fatto salire lo sconforto: la scuola fallisce nel suo intento se un ragazzo su cinque non raggiunge gli obiettivi minimi per una cittadinanza consapevole... ancora peggio se uno su tre di questi è messo nelle condizioni di non potersene nemmeno accorgere!
Risposte
[ot]
Non giudico nulla infatti, ma di casi di persone che hanno un ISEE tale da avere borsa e alloggio all'università, pur con casa di proprietà e (modestissimi e malpagati) lavoro ne ho conosciuti. A giudicare ci pensa chi scrive i requisiti e assegna le risorse, sono pagati per quello, io posso solo limitarmi a prendere atto di queste scelte.
Direi comunque che si può scorporare questa parte di discussione in altro, se lo ritieni opportuno, magari in Generale.[/ot]
"gabriella127":
E non puoi giudicare di persone e vicende che non conosci.
Non giudico nulla infatti, ma di casi di persone che hanno un ISEE tale da avere borsa e alloggio all'università, pur con casa di proprietà e (modestissimi e malpagati) lavoro ne ho conosciuti. A giudicare ci pensa chi scrive i requisiti e assegna le risorse, sono pagati per quello, io posso solo limitarmi a prendere atto di queste scelte.
Direi comunque che si può scorporare questa parte di discussione in altro, se lo ritieni opportuno, magari in Generale.[/ot]
[ot]Se ti interessa continuare e eventualmente allargare la discussione, possiamo scorporare in Generale, dimmi tu.[/ot]
[ot]
Io personalmente non ho altro da aggiungere. Per me possiamo tornare in discussione.[/ot]
"gabriella127":
Se ti interessa continuare e eventualmente allargare la discussione, possiamo scorporare in Generale, dimmi tu.
Io personalmente non ho altro da aggiungere. Per me possiamo tornare in discussione.[/ot]
"giuliofis":
Per quanto riguarda i dottorati:
[/quote]
"giuliofis":
Anche qui, dipende che lavoro fai...[/quote]
"giuliofis":[/quote]
Il problema dei dottori di ricerca è quello che dice Gabriella:
[quote="gabriella127"]Qui i dottori di ricerca sono trattati male, si sa. Un mio amico, Phd in fisica matematica, anni di ricerca in Inghilterra, qui niente, le aziende lo schifavano (spesso non vogliono i dottori di ricerca perché la loro preparazione è sovradimensionata al ruolo che offrono)
Il problema dei dottori di ricerca è che servono se c'è qualcuno -in qualsiasi ambito- che si prende la briga di fare ricerca, i.e. di innovare.
Ma il nostro tessuto produttivo (privato e statale[nota]Nella scuola si potrebbe fare tanta innovazione, ad esempio; solo che dove li prendi i soldi? Ed anche coi soldi che ci sono, molti dirigenti preferiscono assegnarli a progetti di ç@%%0, tipo "Lavoro del futuro: il pilota di droni", "Il mito nella cultura classica" o "Canto gregoriano" in un liceo scientifico tradizionale...
Ma anche nell'amministrazione pubblica si potrebbe fare tanto... Perché stiamo davvero inguaiati.[/nota]) sotto questo punto di vista è abbastanza refrattario. Probabilmente perché la gran parte di imprenditori e dei gestori non ha i titoli culturali e l'intelligenza per comprendere cosa sia meglio fare e quando.
"giuliofis":
[quote="gugo82"]Il problema è che c'è un'ampia fetta di docenti che fa parte di una generazione che non riesce a fare i conti con la modernità. Gente che si oppone a tutto ciò che non collima col proprio modello di scuola, che è quello che loro hanno vissuto 40 anni fa e -consciamente o meno- ripropongono in maniera inalterata oggi...
Questa è sicuramente una parte del problema (a cui si aggiungono Indicazioni Nazionali e Linee Guida che sono state emanate nel 2010, ma sembrano emanate nel 1910).[/quote]
Spezzo una lancia in favore delle Indicazioni e del discorso sulle competenze.
Lette dal punto di vista di un dottore di ricerca, entrambe gridano "vogliamo che i ragazzi siano in grado di fare ricerca -nel loro piccolo- in autonomia alla fine della scuola"... E questo è corretto e splendido, solo che è completamente starato rispetto al contesto, rispetto alla mentalità della maggior parte dei docenti (che non hanno idea di cosa significhi fare ricerca, quindi non sa cosa farsene delle IN e delle competenze) e della maggior parte degli imprenditori (che non ha idea di cosa serva fare ricerca).
"giuliofis":[/quote]
Ma il promuovere tutti, anche chi ha gravi insufficienze nelle materie d'indirizzo, credo proprio che peggiori ulteriormente le cose. Studiare non solo non piace, ma nemmeno serve più ad evitare di perdere l'anno: quindi perché farlo senza la spinta di cui scrivi dopo (e che riporto)?
[quote="gugo82"]Ha funzionato perché ai loro genitori ed alle loro famiglie importava qualcosa -anche se non sempre sapevano bene come e perché- della loro istruzione ed avevano possibilità di farli studiare. Ha funzionato per la paura di un brutto voto, che comportava il lisciabusso di papà e la perculata dal cugino bravo a scuola. Ha funzionato perché non c'erano altri canali che offrivano alcun tipo di formazione. Etc...
Ecco: a che serve studiare?
Alla fine si gira sempre attorno a questa questione qui... Quello che stai velatamente proponendo è che se noi bocciassimo di più, puff! Magia! Gli studenti tornerebbero a studiare.
Quindi studierebbero per non essere bocciati, continuando a non assegnare alcun senso a ciò che studiano, cioè evadendo dal problema e diventando la copia spiccicata di quella generazione (quella dei boomers, precedente alla mia) che sta portando tutto a catafascio.
Bella soluzione, complimenti.
Credo che questo modo di pensare risalga a molto prima del 1910... Direi alla Restaurazione, così a occhio.
"giuliofis":
[quote="gabriella127"]Come possono ragazzi di famiglie modeste capire il 'valore dello studio' se sanno che non potranno nemmeno permettersi l'iuniversità, e il loro diploma probabilmente non servirà a niente?
Certo, c'è il valore astratto, culturale, ma non si può pretendere che i ragazzini vivano tutti sull'empireo della Cultura.
E come ci siamo arrivati alla vuotezza di significato del diploma? Come ho già scritto, credo anche (ovviamente non solo) promuovendo chi non dovrebbe essere promosso, consegnandogli un diploma davvero inutile.
Io adesso ne ho uno in quinta che non capisco come possano avercelo portato: non sa nulla di nulla, lo sto portando avanti a suon di 2 e non fa nulla, né a casa né a scuola, viene un giorno sì e uno no, salta compiti di continuo, e così mi disse il suo precedente docente faceva pure negli anni passati. Davvero gli hanno fatto del bene a mandarlo avanti? A me, sinceramente, non sembra.[/quote]
Prova a porti queste domande: perché ora il diploma ti sembra privo di significato? E come la pensavi quando eri tu uno studente? E cosa pensi pensassero di te (generazionalmente parlando) e del tuo diploma i tuoi decenti?
Inoltre[nota]Queste domande te le pongo solo perché mi pare di ricordare che insegni; in caso contrario, lascia stare.[/nota], cosa fai tu per assegnare un significato (culturale, ovviamente) al diploma? Quello che fai per assegnargli un significato è condiviso dai tuoi colleghi? E quello che fai lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?
"gugo82":
Ma il nostro tessuto produttivo questo punto di vista è abbastanza refrattario. Probabilmente perché la gran parte di imprenditori e dei gestori non ha i titoli culturali e l'intelligenza per comprendere cosa sia meglio fare e quando.
Probabilmente c'è un fatto anche culturale, ma il problema in Italia è la dimensione media dell'impresa, c'è troppa piccola impresa e poca grande impresa, e nella piccola impresa ricerca non si fa.
[ot]
Ah, questa mi mancava... Dai la colpa a me che ho scelto un lavoro non rispettante il mio livello di preparazione. Bello, davvero. Grazie.[/quote]
E chi ha parlato di "colpa"? Il livello della retribuzione dipende dal lavoro che fai, non dalla qualifica che hai. Se io andassi a fare il collaboratore scolastico, in quanto laureato mi dovrebbe spettare lo stipendio dei docenti laureati? E perché mai?
Anche qui, dipende che lavoro fai...[/quote]
Lavora in un Centro Ricerca e non fa certo la segretaria (o qualche altro lavoro da laureata... Ma santoiddio, che ç@%%@7@ hai scritto sopra?!?!).[/quote]
Ok, lavora in un centro di ricerca. E quindi? Con quale mansione? Perché il solo possedere un titolo EQF8 dovrebbe automaticamente darle diritto ad uno stipendio superiore a qualsiasi altro dipendente diplomato, indipendentemente dalla mansione svolta e dall'anzianità di servizio?
È vero. Nella vecchia azienda dove lavoravo i capi erano tutti con dottorato, perché facevano innovazione.[/ot]
Ovvio che no. Ma se non c'è lo spauracchio della bocciatura in caso di obiettivi non raggiunti, difficilmente un quindicenne sentirà lo stimolo nel raggiungerli: del resto, non può piacere tutto a tutti. Senza questa premessa, nulla può funzionare.
Questo è un altro problema. E anche se spezzi lance a favore delle IN, i contenuti che propongono sono praticamente gli stessi dei programmi di un secolo fa, e le parti innovative sono immerse in un tale mare magnum di cose, praticamente lo scibile umano alla portata di quell'età, che difficilmente vengono messe in atto. Questo è un grosso problema, sì, ma è un problema aggiuntivo alla mancata corrispondenza tra titolo di studio ottenuto e competenze acquisite.
(Ho scritto di avere un ragazzo in quinta a cui mi tocca dare 2 a raffica: sarebbe difficile farlo se non insegnassi...)
Non è a me che il diploma sembra privo di significato. Si sono istituite le LP-01, LP-02 e LP-03 proprio perché il diploma è oggi privo di significato. Quando ero studente io, poi, la discesa era già iniziata, mi sono diplomato da poco.
Quello che faccio io è troppo poco. Vorrei poter fare di più, ma lavoro in un liceo scientifico e ho quel macigno di seconda prova ministeriale che ruba un sacco di tempo ad altre attività che vorrei fare, e non riesco a fare.
"gugo82":
[quote="giuliofis"]
Però che tu abbia un dottorato è irrilevante se fai un lavoro da laureato...
Ah, questa mi mancava... Dai la colpa a me che ho scelto un lavoro non rispettante il mio livello di preparazione. Bello, davvero. Grazie.[/quote]
E chi ha parlato di "colpa"? Il livello della retribuzione dipende dal lavoro che fai, non dalla qualifica che hai. Se io andassi a fare il collaboratore scolastico, in quanto laureato mi dovrebbe spettare lo stipendio dei docenti laureati? E perché mai?
"gugo82":
[quote="giuliofis"][quote="gugo82"]Mia moglie lavora in azienda, ha il dottorato di ricerca ed è pagata meno di colleghi (certo più anziani) con il diploma.
Anche qui, dipende che lavoro fai...[/quote]
Lavora in un Centro Ricerca e non fa certo la segretaria (o qualche altro lavoro da laureata... Ma santoiddio, che ç@%%@7@ hai scritto sopra?!?!).[/quote]
Ok, lavora in un centro di ricerca. E quindi? Con quale mansione? Perché il solo possedere un titolo EQF8 dovrebbe automaticamente darle diritto ad uno stipendio superiore a qualsiasi altro dipendente diplomato, indipendentemente dalla mansione svolta e dall'anzianità di servizio?
"gugo82":
Il problema dei dottori di ricerca è che servono se c'è qualcuno -in qualsiasi ambito- che si prende la briga di fare ricerca, i.e. di innovare.
È vero. Nella vecchia azienda dove lavoravo i capi erano tutti con dottorato, perché facevano innovazione.[/ot]
"gugo82":
Ecco: a che serve studiare?
Alla fine si gira sempre attorno a questa questione qui... Quello che stai velatamente proponendo è che se noi bocciassimo di più, puff! Magia! Gli studenti tornerebbero a studiare.
Ovvio che no. Ma se non c'è lo spauracchio della bocciatura in caso di obiettivi non raggiunti, difficilmente un quindicenne sentirà lo stimolo nel raggiungerli: del resto, non può piacere tutto a tutti. Senza questa premessa, nulla può funzionare.
"gugo82":
Quindi studierebbero per non essere bocciati, continuando a non assegnare alcun senso a ciò che studiano, cioè evadendo dal problema e diventando la copia spiccicata di quella generazione (quella dei boomers, precedente alla mia) che sta portando tutto a catafascio.
Bella soluzione, complimenti.
Credo che questo modo di pensare risalga a molto prima del 1910... Direi alla Restaurazione, così a occhio.
Questo è un altro problema. E anche se spezzi lance a favore delle IN, i contenuti che propongono sono praticamente gli stessi dei programmi di un secolo fa, e le parti innovative sono immerse in un tale mare magnum di cose, praticamente lo scibile umano alla portata di quell'età, che difficilmente vengono messe in atto. Questo è un grosso problema, sì, ma è un problema aggiuntivo alla mancata corrispondenza tra titolo di studio ottenuto e competenze acquisite.
"gugo82":
Queste domande te le pongo solo perché mi pare di ricordare che insegni
Prova a porti queste domande: perché ora il diploma ti sembra privo di significato? E come la pensavi quando eri tu uno studente? E cosa pensi pensassero di te (generazionalmente parlando) e del tuo diploma i tuoi decenti?
(Ho scritto di avere un ragazzo in quinta a cui mi tocca dare 2 a raffica: sarebbe difficile farlo se non insegnassi...)
Non è a me che il diploma sembra privo di significato. Si sono istituite le LP-01, LP-02 e LP-03 proprio perché il diploma è oggi privo di significato. Quando ero studente io, poi, la discesa era già iniziata, mi sono diplomato da poco.
"gugo82":
cosa fai tu per assegnare un significato (culturale, ovviamente) al diploma? Quello che fai per assegnargli un significato è condiviso dai tuoi colleghi? E quello che fai lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?
Quello che faccio io è troppo poco. Vorrei poter fare di più, ma lavoro in un liceo scientifico e ho quel macigno di seconda prova ministeriale che ruba un sacco di tempo ad altre attività che vorrei fare, e non riesco a fare.
Giulio, ma ti rendi conto che non rispondi a domande di senso?
Quelle sono la prima cosa a cui un insegnante dovrebbe voler rispondere, perché se lui trova un senso, allora è più semplice che lo riesca a comunicare ai propri studenti.
Dici che il diploma non ha senso (come titolo culturale) perché ci sono i corsi di laurea professionalizzanti... Ma scherzi?
La presenza di un corso di formazione superiore non leva nulla al senso del tuo lavoro, né a quello dell'impegno dei tuoi studenti. Sono due cose differenti ed uno è propedeutico all'altro.
Ancora, la mia domanda non è "quanto fai" né "come giudichi quanto fai" e nemmeno "vorresti fare di più".
E da nessuna parte ti ho chiesto di addurre giustificazioni per quello che fai, quindi il pippone sulla seconda prova ministeriale e sul "ma io non ci ho il tempo!" lascialo stare: è fuori tema e fa troppo docente boomer per uscire dalle tue dita di docente giovane.
Ripeto: "Fai qualcosa per assegnare un significato culturale al diploma? Se sì, quello che fai è condiviso dai tuoi colleghi? E lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?"
P.S.: In tutta onestà, la parte del ragazzo che prende costantemente 2 l'avevo rimossa.
E, comunque, lasciagli prendere pure 2: anche Beethoven è diventato Beethoven.
P.S.S.: Lo "spauracchio" lascialo perdere: quello serve nei campi, per allontanare le cornacchie.
Quelle sono la prima cosa a cui un insegnante dovrebbe voler rispondere, perché se lui trova un senso, allora è più semplice che lo riesca a comunicare ai propri studenti.
Dici che il diploma non ha senso (come titolo culturale) perché ci sono i corsi di laurea professionalizzanti... Ma scherzi?
La presenza di un corso di formazione superiore non leva nulla al senso del tuo lavoro, né a quello dell'impegno dei tuoi studenti. Sono due cose differenti ed uno è propedeutico all'altro.
Ancora, la mia domanda non è "quanto fai" né "come giudichi quanto fai" e nemmeno "vorresti fare di più".
E da nessuna parte ti ho chiesto di addurre giustificazioni per quello che fai, quindi il pippone sulla seconda prova ministeriale e sul "ma io non ci ho il tempo!" lascialo stare: è fuori tema e fa troppo docente boomer per uscire dalle tue dita di docente giovane.
Ripeto: "Fai qualcosa per assegnare un significato culturale al diploma? Se sì, quello che fai è condiviso dai tuoi colleghi? E lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?"
P.S.: In tutta onestà, la parte del ragazzo che prende costantemente 2 l'avevo rimossa.
E, comunque, lasciagli prendere pure 2: anche Beethoven è diventato Beethoven.
P.S.S.: Lo "spauracchio" lascialo perdere: quello serve nei campi, per allontanare le cornacchie.
"gugo82":
Dici che il diploma non ha senso (come titolo culturale) perché ci sono i corsi di laurea professionalizzanti... Ma scherzi?
La presenza di un corso di formazione superiore non leva nulla al senso del tuo lavoro, né a quello dell'impegno dei tuoi studenti. Sono due cose differenti ed uno è propedeutico all'altro.
No gugo, fino al 2024 si può accedere ad alcune professioni col diploma di scuola secondaria, mentre dal 2025 no, servirà una specifica laurea LP nata proprio per supplire le mancate competenze che il diploma non dà più. Questo è il senso delle lauree professionalizzanti, è una vera e propria sostituzione ai requisiti di accesso.
Ovviamente non è il diploma liceale ad aver perso senso (perché non ce l'ha mai avuto: il liceo proietta all'università), sono soprattutto i diplomi tecnici e professionali ad averli persi, al punto che tra un paio d'anni il diploma tecnico non sarà più sufficiente per fare, ad esempio, il geometra.
"gugo82":
Giulio, ma ti rendi conto che non rispondi a domande di senso?
Quelle sono la prima cosa a cui un insegnante dovrebbe voler rispondere, perché se lui trova un senso, allora è più semplice che lo riesca a comunicare ai propri studenti.
Ancora, la mia domanda non è "quanto fai" né "come giudichi quanto fai" e nemmeno "vorresti fare di più".
E da nessuna parte ti ho chiesto di addurre giustificazioni per quello che fai, quindi il pippone sulla seconda prova ministeriale e sul "ma io non ci ho il tempo!" lascialo stare: è fuori tema e fa troppo docente boomer per uscire dalle tue dita di docente giovane.
Ripeto: "Fai qualcosa per assegnare un significato culturale al diploma? Se sì, quello che fai è condiviso dai tuoi colleghi? E lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?"
Se per te "fa boomer" "non avere tempo" ok, ma fosse per me toglierei dai miei programmi svolti (anzi, proprio dalle programmazioni di inizio anno) un sacco di cose (relatività, equazioni differenziali, fisica nucleare, mesi e mesi di coniche...) per fare spazio a cose molto più attuali, applicative e che permetterebbero di dare molto più senso allo studio (in primis la statistica). Ma purtroppo non scelgo io le prove ministeriali, e se devo scegliere di tagliare qualcosa taglio le cose che meno frequentemente capitano nella prova. Non so quanto tu abbia insegnato al secondo biennio e quinto anno del liceo scientifico, ma sono necessità reali.
Quindi sì, ti ripeto che faccio meno di quel che vorrei fare. Lo condivido quel poco che si può? Certamente. Che ne pensano gli alunni? Dipende, alcuni sono interessati e vorrebbero sempre e solo fare cose "di senso", altri preferiscono cose più standard perché meno impegnative. È condiviso dai colleghi? Poco, sono in un dipartimento molto vecchio, dove anche i problemi di realtà e la modellistica sono visti male. Le famiglie? Dipende, alcune non capiscono ma si fidano, altre ritengono lo studio inutile.
"gugo82":
P.S.: In tutta onestà, la parte del ragazzo che prende costantemente 2 l'avevo rimossa.
E, comunque, lasciagli prendere pure 2: anche Beethoven è diventato Beethoven.
E quale sarebbe il senso di diplomare al liceo scientifico qualcuno con 2 in tutte le materie d'indirizzo, e 5 in tutte le altre (eccetto scienze motorie)? Dici che promuoverlo lo stesso aumenterà le possibilità che sbocci nel novello Beethoven?
Non voglio entrare nel discorso perché avete tutti ragione, ma poi, magari in un caso particolare, torto.
Ma, un consiglio a giuliofis
Taglia sulle coniche, molte cose le puoi recuperare in seguito prendendole in generale con le funzioni.
Ma, un consiglio a giuliofis
Taglia sulle coniche, molte cose le puoi recuperare in seguito prendendole in generale con le funzioni.
"@melia":
Taglia sulle coniche, molte cose le puoi recuperare in seguito prendendole in generale con le funzioni.
Non decido da solo, la decisione è dipartimentale... Già taglio tutto il cap. 9 del Bergamini blu, e questo mi permette di affrontare qualche applicazione alla realtà, alla fisica, allo sport, ma fosse per me taglierei un sacco di altre cose per fare dignitosamente la statistica. Due anni fa, complice anche il Covid, non ho terminato neppure i capitoli su esponenziali e logaritmi, figurati se potevo inserire la statistica.
Credo che nel mondo moderno sia decisamente più importante studiare e conoscere la statistica che le coniche.
"giuliofis":
[quote="@melia"]Taglia sulle coniche, molte cose le puoi recuperare in seguito prendendole in generale con le funzioni.
Non decido da solo, la decisione è dipartimentale... Già taglio tutto il cap. 9 del Bergamini blu, e questo mi permette di affrontare qualche applicazione alla realtà, alla fisica, allo sport, ma fosse per me taglierei un sacco di altre cose per fare dignitosamente la statistica. Due anni fa, complice anche il Covid, non ho terminato neppure i capitoli su esponenziali e logaritmi, figurati se potevo inserire la statistica.
Credo che nel mondo moderno sia decisamente più importante studiare e conoscere la statistica che le coniche.[/quote]
No, no, giuliofis: sulla didattica decidi tu.
Quelle dipartimentali sono solo indicazioni, cui il docente deve, in linea di massima, attenersi.
Ma le decisioni di ultima istanza spettano a te, che stai in aula con i tuoi studenti tutti i santi giorni, ne conosci lo spirito e le curiosità e puoi usarle per disegnare il percorso migliore per il loro apprendimento.

Se credi che sia necessario affrontare un argomento piuttosto che un altro, hai tutta la libertà di farlo e di farlo come tu ritieni più opportuno.
P.S.: E che diavolo è il cap. 9 del Bergamini? Possibile che tu debba citare il capitolo di un testo (come se fosse universalmente noto) piuttosto che l'argomento di cui tratta?
"giuliofis":
[quote="gugo82"]Dici che il diploma non ha senso (come titolo culturale) perché ci sono i corsi di laurea professionalizzanti... Ma scherzi?
La presenza di un corso di formazione superiore non leva nulla al senso del tuo lavoro, né a quello dell'impegno dei tuoi studenti. Sono due cose differenti ed uno è propedeutico all'altro.
No gugo, fino al 2024 si può accedere ad alcune professioni col diploma di scuola secondaria, mentre dal 2025 no, servirà una specifica laurea LP nata proprio per supplire le mancate competenze che il diploma non dà più. Questo è il senso delle lauree professionalizzanti, è una vera e propria sostituzione ai requisiti di accesso.
Ovviamente non è il diploma liceale ad aver perso senso (perché non ce l'ha mai avuto: il liceo proietta all'università), sono soprattutto i diplomi tecnici e professionali ad averli persi, al punto che tra un paio d'anni il diploma tecnico non sarà più sufficiente per fare, ad esempio, il geometra.[/quote]
"Competenze che la scuola non dà più"?
Non è che anche per fare il geometra oggi servono competenze più avanzate di quelle richieste 50 anni fa? Competenze che non si riescono a formare solo in cinque anni di istruzione superiore, ma ne servono almeno altri tre?
"giuliofis":
[quote="gugo82"]Giulio, ma ti rendi conto che non rispondi a domande di senso?
Quelle sono la prima cosa a cui un insegnante dovrebbe voler rispondere, perché se lui trova un senso, allora è più semplice che lo riesca a comunicare ai propri studenti.
Ancora, la mia domanda non è "quanto fai" né "come giudichi quanto fai" e nemmeno "vorresti fare di più".
E da nessuna parte ti ho chiesto di addurre giustificazioni per quello che fai, quindi il pippone sulla seconda prova ministeriale e sul "ma io non ci ho il tempo!" lascialo stare: è fuori tema e fa troppo docente boomer per uscire dalle tue dita di docente giovane.
Ripeto: "Fai qualcosa per assegnare un significato culturale al diploma? Se sì, quello che fai è condiviso dai tuoi colleghi? E lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?"
Se per te "fa boomer" "non avere tempo" ok, ma fosse per me toglierei dai miei programmi svolti (anzi, proprio dalle programmazioni di inizio anno) un sacco di cose (relatività, equazioni differenziali, fisica nucleare, mesi e mesi di coniche...) per fare spazio a cose molto più attuali, applicative e che permetterebbero di dare molto più senso allo studio (in primis la statistica). Ma purtroppo non scelgo io le prove ministeriali, e se devo scegliere di tagliare qualcosa taglio le cose che meno frequentemente capitano nella prova. Non so quanto tu abbia insegnato al secondo biennio e quinto anno del liceo scientifico, ma sono necessità reali.
Quindi sì, ti ripeto che faccio meno di quel che vorrei fare. Lo condivido quel poco che si può? Certamente. Che ne pensano gli alunni? Dipende, alcuni sono interessati e vorrebbero sempre e solo fare cose "di senso", altri preferiscono cose più standard perché meno impegnative. È condiviso dai colleghi? Poco, sono in un dipartimento molto vecchio, dove anche i problemi di realtà e la modellistica sono visti male. Le famiglie? Dipende, alcune non capiscono ma si fidano, altre ritengono lo studio inutile.[/quote]
Siamo nella stessa barca.
Il mio dipartimento (Matematica biennio in un liceo scientifico) fino all'anno scorso constava di sette elementi, sei oltre me, di cui tre sono andati in pensione l'anno scorso. Io sono quello più giovane e più formato scientificamente del gruppo; i colleghi hanno più esperienza.
Nemmeno io sono molto propenso alla modellistica, perché non è il mio campo; piuttosto, cerco di virare verso il lato più concettuale della materia, come si fa Matematica, come e perché certe cose voglio farle andare in un certo modo e non in un altro, etc... Che poi sbaglino qualche calcolo o qualche prodotto notevole, passi.
Per quanto riguarda gli argomenti delle programmazioni, per come stanno adesso le cose, anch'io butterei a mare la parte di Calcolo che riguarda le EDO (tanto, non è che ha molto senso farla all'acqua di rose... Detto da uno che si è sempre occupato di equazioni differenziali) e la parte di Fisica Moderna... Anche se non è proprio ciò che voglio esprimere veramente.
Lo dico bene: io vorrei affrontare (anzi, vorrei che i colleghi potessero affrontare) queste tematiche durante il quinto anno; tuttavia, per farlo in maniera sensata, occorrerebbe spostare verso il basso (i.e., dal secondo biennio al primo biennio ed, a cascata, dal primo biennio alle scuole medie) almeno un paio di cosette ogni anno.
Il punto è che questa voglia di "fare posto" alla fine del liceo spostando verso il basso alcuni argomenti cozza contro lo sviluppo cognitivo degli studenti, i quali alle scuole inferiori non sono ancora in grado di ragionare in astratto (alcuni non ci arrivano nemmeno a metà seconda...

Quindi non se ne esce così.
Quello che si dovrebbe fare è rimodulare l'insegnamento per rendere evidenti i principi ed il ragionamento su cui la Matematica si basa. Dopodiché, le commissioni del Ministero che si occupano di redigere le prove d'esame dovrebbero finalmente prendere atto delle Indicazioni Nazionali e dello sviluppo della didattica della Matematica e proporre prove adatte alla nuova impostazione metodologica, piuttosto che copie semplificate di robe che si facevano uguali trent'anni fa.
"giuliofis":
[quote="gugo82"]P.S.: In tutta onestà, la parte del ragazzo che prende costantemente 2 l'avevo rimossa.
E, comunque, lasciagli prendere pure 2: anche Beethoven è diventato Beethoven.
E quale sarebbe il senso di diplomare al liceo scientifico qualcuno con 2 in tutte le materie d'indirizzo, e 5 in tutte le altre (eccetto scienze motorie)? Dici che promuoverlo lo stesso aumenterà le possibilità che sbocci nel novello Beethoven?[/quote]
Dico che se un ragazzo prende quei voti in quinta (o, comunque, al triennio) viene da una realtà difficile o sta passando un periodo non felice della propria vita, oppure è stato orientato male in ingresso/durante il biennio, ovvero è maturato abbastanza da aver capito che quello che la scuola gli propone è lontano da quello che lui vuole essere o fare in futuro.
Parlategli e cercate di capire cosa succede, perché affibbiargli tutti 2 e 5 o non ammetterlo all'esame non deve essere una soluzione accettabile per voi docenti.
"gugo82":
Quelle dipartimentali sono solo indicazioni, cui il docente deve, in linea di massima, attenersi.
Certamente, ma la linea che cerchiamo di darci è proprio quella di mantenersi su un percorso comune, perché la continuità didattica su tutto il quinquennio è un miraggio. Anzi, lo è anche al triennio, riusciamo a garantirla solo negli ultimi due anni. Mantenendo il percorso il più omogeneo possibile il cambio (inevitabile) di docenza è meno traumatico per noi e per loro. E, sinceramente, sono pienamente d'accordo con questo principio e voglio continuare a seguire la linea comune, che è un compromesso tra più visioni.
Anche perché entro cinque anni un terzo del dipartimento va in pensione...
"gugo82":
Dopodiché, le commissioni del Ministero che si occupano di redigere le prove d'esame dovrebbero finalmente prendere atto delle Indicazioni Nazionali e dello sviluppo della didattica della Matematica e proporre prove adatte alla nuova impostazione metodologica, piuttosto che copie semplificate di robe che si facevano uguali trent'anni fa.
Per me il problema è tutto qui. Bellissima sulla carta la libertà d'insegnamento, ma questa cozza brutalmente con il fatto di cui scrivi.
"gugo82":
Parlategli e cercate di capire cosa succede, perché affibbiargli tutti 2 e 5 o non ammetterlo all'esame non deve essere una soluzione accettabile per voi docenti.
Ci si è già provato, e ci hanno già provato. Non sono accettabili né la via della non ammissione, né la via di consegnare un diploma vuoto, bisognerà scegliere la strada che faccia meno danni a livello educativo. Probabilmente voterò per la non ammissione, per cercare di spezzare il filo del "tutto è concesso, nulla è dovuto in cambio", ma mancano ancora diversi mesi e magari le cose cambiano.
"gugo82":
Quello che si dovrebbe fare è rimodulare l'insegnamento per rendere evidenti i principi ed il ragionamento su cui la Matematica si basa
In questa direzione, secondo me, si muove molto molto bene il nuovo Matematica in Movimento della Guidone, edito da Pearson. La parte teorica la trovo la migliore in circolazione, se non hai già il volume ti consiglio tantissimo di fartelo dare. Purtroppo la parte degli esercizi lascia un po' a desiderare, per cui nel mio dipartimento l'hanno bocciato...

"gugo82":
P.S.: E che diavolo è il cap. 9 del Bergamini? Possibile che tu debba citare il capitolo di un testo (come se fosse universalmente noto) piuttosto che l'argomento di cui tratta?
Stavamo parlando di coniche... il capitolo si chiama "coniche" e tratta le coniche, sinceramente mi sembrava ovvio.
I vari Bergamini sono comunque i libri di testo più adottati in assoluto.