La dispersione implicita: colpa dei docenti?

12provaCiao
Una recente discussione qui sul forum mi ha fatto chiedere quanto importante sia la dispersione in Italia.
Ebbene, secondo l'INVALSI la dispersione in Italia si attesta ad un'allarmante quota superiore al 20%, di cui quella esplicita si attesta attorno al 13%.
Ciò significa che il 7% dei ragazzi italiani ha un diploma che è letteralmente un "pezzo di carta" privo di alcun valore, perché non rispecchia minimamente quelle che sono le loro competenze: tra i dispersi, uno su tre è implicito, una fetta non indifferente, e che deve farci riflettere.
Riflettendo su questi numeri credo proprio che la colpa sia di noi docenti: facendo dei conti a spanne, su una classe di 25 alunni, stiamo parlando di due ragazzi. Due ragazzi che noi docenti mandiamo nelle classi successive, anche senza riorientamento, perché magari si impegnano tanto e ce la mettono tutta, pur non raggiungendo i risultati richiesti. Guarda un po', nella mia bassa statistica mediamente sono proprio due-tre a classe quelli interessati da questo fenomeno, proprio circa quanto la quota di dispersione implicita.
Ormai, fermiamo solo i casi disperati, con tantissime insufficienze, o insufficienze molto molto gravi.
Non credo che sia la strategia giusta, se questo significa diplomare ragazzi senza le competenze necessarie: davvero sarebbe "meno giusto" fermarli un anno in più, o cercare di ri-orientarli? Non significherebbe fare loro del bene fargli avere un diploma realmente spendibile?
Del resto, la nascita delle lauree ad orientamento professionale per svolgere professioni che fino a qualche anno fa facevano i diplomati non è un caso: il diploma, oggi, non vale più niente. E la colpa, in parte, credo sia anche nostra.
Forse, è vero, un ragazzo bocciato rischia di abbandonare precocemente gli studi, andando ad alimentare la dispersione esplicita. Ma è meglio regalargli un diploma alimentando la dispersione implicita? Non potrebbe l'assenza del diploma farlo studiare quando sarà adulto e più consapevole, magari nei corsi serali o negli IeFP?
La questione, mi rendo conto, è estremamente complessa, forse sto vaneggiando, forse sono troppo scoraggiato, ma quel dato mi ha davvero fatto salire lo sconforto: la scuola fallisce nel suo intento se un ragazzo su cinque non raggiunge gli obiettivi minimi per una cittadinanza consapevole... ancora peggio se uno su tre di questi è messo nelle condizioni di non potersene nemmeno accorgere!

Risposte
12provaCiao
[ot]
"gabriella127":
E non puoi giudicare di persone e vicende che non conosci.

Non giudico nulla infatti, ma di casi di persone che hanno un ISEE tale da avere borsa e alloggio all'università, pur con casa di proprietà e (modestissimi e malpagati) lavoro ne ho conosciuti. A giudicare ci pensa chi scrive i requisiti e assegna le risorse, sono pagati per quello, io posso solo limitarmi a prendere atto di queste scelte.
Direi comunque che si può scorporare questa parte di discussione in altro, se lo ritieni opportuno, magari in Generale.[/ot]

gabriella127
[ot]Se ti interessa continuare e eventualmente allargare la discussione, possiamo scorporare in Generale, dimmi tu.[/ot]

12provaCiao
[ot]
"gabriella127":
Se ti interessa continuare e eventualmente allargare la discussione, possiamo scorporare in Generale, dimmi tu.

Io personalmente non ho altro da aggiungere. Per me possiamo tornare in discussione.[/ot]

gugo82
"giuliofis":
Per quanto riguarda i dottorati:

Però che tu abbia un dottorato è irrilevante se fai un lavoro da laureato...
[/quote]


"giuliofis":

Anche qui, dipende che lavoro fai...[/quote]


"giuliofis":
Il problema dei dottori di ricerca è quello che dice Gabriella:
[quote="gabriella127"]Qui i dottori di ricerca sono trattati male, si sa. Un mio amico, Phd in fisica matematica, anni di ricerca in Inghilterra, qui niente, le aziende lo schifavano (spesso non vogliono i dottori di ricerca perché la loro preparazione è sovradimensionata al ruolo che offrono)
[/quote]
Il problema dei dottori di ricerca è che servono se c'è qualcuno -in qualsiasi ambito- che si prende la briga di fare ricerca, i.e. di innovare.
Ma il nostro tessuto produttivo (privato e statale[nota]Nella scuola si potrebbe fare tanta innovazione, ad esempio; solo che dove li prendi i soldi? Ed anche coi soldi che ci sono, molti dirigenti preferiscono assegnarli a progetti di ç@%%0, tipo "Lavoro del futuro: il pilota di droni", "Il mito nella cultura classica" o "Canto gregoriano" in un liceo scientifico tradizionale... :roll:
Ma anche nell'amministrazione pubblica si potrebbe fare tanto... Perché stiamo davvero inguaiati.[/nota]) sotto questo punto di vista è abbastanza refrattario. Probabilmente perché la gran parte di imprenditori e dei gestori non ha i titoli culturali e l'intelligenza per comprendere cosa sia meglio fare e quando.

"giuliofis":
[quote="gugo82"]Il problema è che c'è un'ampia fetta di docenti che fa parte di una generazione che non riesce a fare i conti con la modernità. Gente che si oppone a tutto ciò che non collima col proprio modello di scuola, che è quello che loro hanno vissuto 40 anni fa e -consciamente o meno- ripropongono in maniera inalterata oggi...

Questa è sicuramente una parte del problema (a cui si aggiungono Indicazioni Nazionali e Linee Guida che sono state emanate nel 2010, ma sembrano emanate nel 1910).[/quote]
Spezzo una lancia in favore delle Indicazioni e del discorso sulle competenze.
Lette dal punto di vista di un dottore di ricerca, entrambe gridano "vogliamo che i ragazzi siano in grado di fare ricerca -nel loro piccolo- in autonomia alla fine della scuola"... E questo è corretto e splendido, solo che è completamente starato rispetto al contesto, rispetto alla mentalità della maggior parte dei docenti (che non hanno idea di cosa significhi fare ricerca, quindi non sa cosa farsene delle IN e delle competenze) e della maggior parte degli imprenditori (che non ha idea di cosa serva fare ricerca).

"giuliofis":
Ma il promuovere tutti, anche chi ha gravi insufficienze nelle materie d'indirizzo, credo proprio che peggiori ulteriormente le cose. Studiare non solo non piace, ma nemmeno serve più ad evitare di perdere l'anno: quindi perché farlo senza la spinta di cui scrivi dopo (e che riporto)?
[quote="gugo82"]Ha funzionato perché ai loro genitori ed alle loro famiglie importava qualcosa -anche se non sempre sapevano bene come e perché- della loro istruzione ed avevano possibilità di farli studiare. Ha funzionato per la paura di un brutto voto, che comportava il lisciabusso di papà e la perculata dal cugino bravo a scuola. Ha funzionato perché non c'erano altri canali che offrivano alcun tipo di formazione. Etc...
[/quote]
Ecco: a che serve studiare?
Alla fine si gira sempre attorno a questa questione qui... Quello che stai velatamente proponendo è che se noi bocciassimo di più, puff! Magia! Gli studenti tornerebbero a studiare.
Quindi studierebbero per non essere bocciati, continuando a non assegnare alcun senso a ciò che studiano, cioè evadendo dal problema e diventando la copia spiccicata di quella generazione (quella dei boomers, precedente alla mia) che sta portando tutto a catafascio.
Bella soluzione, complimenti.
Credo che questo modo di pensare risalga a molto prima del 1910... Direi alla Restaurazione, così a occhio. :roll:

"giuliofis":
[quote="gabriella127"]Come possono ragazzi di famiglie modeste capire il 'valore dello studio' se sanno che non potranno nemmeno permettersi l'iuniversità, e il loro diploma probabilmente non servirà a niente?
Certo, c'è il valore astratto, culturale, ma non si può pretendere che i ragazzini vivano tutti sull'empireo della Cultura.

E come ci siamo arrivati alla vuotezza di significato del diploma? Come ho già scritto, credo anche (ovviamente non solo) promuovendo chi non dovrebbe essere promosso, consegnandogli un diploma davvero inutile.
Io adesso ne ho uno in quinta che non capisco come possano avercelo portato: non sa nulla di nulla, lo sto portando avanti a suon di 2 e non fa nulla, né a casa né a scuola, viene un giorno sì e uno no, salta compiti di continuo, e così mi disse il suo precedente docente faceva pure negli anni passati. Davvero gli hanno fatto del bene a mandarlo avanti? A me, sinceramente, non sembra.[/quote]
Prova a porti queste domande: perché ora il diploma ti sembra privo di significato? E come la pensavi quando eri tu uno studente? E cosa pensi pensassero di te (generazionalmente parlando) e del tuo diploma i tuoi decenti?
Inoltre[nota]Queste domande te le pongo solo perché mi pare di ricordare che insegni; in caso contrario, lascia stare. :wink:[/nota], cosa fai tu per assegnare un significato (culturale, ovviamente) al diploma? Quello che fai per assegnargli un significato è condiviso dai tuoi colleghi? E quello che fai lo comunichi ai tuoi studenti? Ed alle famiglie? E loro cosa ne pensano?