Didattica e notazione delle successioni
Più proseguo con gli studi più mi è chiaro che le successioni sono alla base di tantissimi concetti e vengono utilizzate in molte dimostrazioni. In questo post vorrei fare una chiaccherata su quale sia, secondo voi, il metodo più efficace di introdurre le successioni e quale notazione vi piace maggiormente.
Partiamo dalla definizione. In alcuni testi, soprattutto in quelli abbastanza datati, le successioni si introducono in maniera un po' intuitiva come degli insiemi numerabili di elementi in qualche modo "indicizzati".
Nei testi moderni invece si introduce il concetto di successione come una mappa $f: \mathbb{N} \to X$.
Molti autori introducono le successioni come un concetto primitivo da utilizzare poi per dimostrare, ad esempio, le proprietà dei limiti di funzioni (vedesi ad esempio Rudin).
Altri testi invece, vedesi Pagani-Salsa, introducono la teoria delle successioni come caso particolare di quella delle funzioni.
Sebbene l'approccio più classico sia quello di introdurre le successioni prima e i limiti di funzione poi, io trovo che l'approccio contrario, ovvero trattare le successioni come caso particolare di funzioni sia forse più logico (anche se forse ribalta lo sviluppo storico) ed in linea con la definizione moderna di funzione $f: \mathbb{N} \to X$.
Voi che ne pensate? Qual'è secondo voi il metodo didatticamente e concettualmente migliore?
Altro discorso riguarda le notazioni. In molti testi si denota la successione con $a_n$ con lo stesso abuso di scrittura che si utilizza con le funzioni, ovvero si denota la funzione con l'immagine di un suo generico punto. In altri testi si utilizza la notazione più insiemistica ${a_n}$ che ricorda appunto che una successione non è altro che un insieme di termini al variare di $n$.
Quale notazione usate/preferite?
Vi ringrazio per l'attenzione, Saluti
Partiamo dalla definizione. In alcuni testi, soprattutto in quelli abbastanza datati, le successioni si introducono in maniera un po' intuitiva come degli insiemi numerabili di elementi in qualche modo "indicizzati".
Nei testi moderni invece si introduce il concetto di successione come una mappa $f: \mathbb{N} \to X$.
Molti autori introducono le successioni come un concetto primitivo da utilizzare poi per dimostrare, ad esempio, le proprietà dei limiti di funzioni (vedesi ad esempio Rudin).
Altri testi invece, vedesi Pagani-Salsa, introducono la teoria delle successioni come caso particolare di quella delle funzioni.
Sebbene l'approccio più classico sia quello di introdurre le successioni prima e i limiti di funzione poi, io trovo che l'approccio contrario, ovvero trattare le successioni come caso particolare di funzioni sia forse più logico (anche se forse ribalta lo sviluppo storico) ed in linea con la definizione moderna di funzione $f: \mathbb{N} \to X$.
Voi che ne pensate? Qual'è secondo voi il metodo didatticamente e concettualmente migliore?
Altro discorso riguarda le notazioni. In molti testi si denota la successione con $a_n$ con lo stesso abuso di scrittura che si utilizza con le funzioni, ovvero si denota la funzione con l'immagine di un suo generico punto. In altri testi si utilizza la notazione più insiemistica ${a_n}$ che ricorda appunto che una successione non è altro che un insieme di termini al variare di $n$.
Quale notazione usate/preferite?
Vi ringrazio per l'attenzione, Saluti

Risposte
"Emar":
Più proseguo con gli studi più mi è chiaro che le successioni sono alla base di tantissimi concetti e vengono utilizzate in molte dimostrazioni.
Quando ho seguito analisi funzionale le successioni me le sognavo anche la notte: non c'era una spiegazione dove non riecheggiava il "iniziamo con il costruire la seguente successione $x_n$...".
"Emar":
Partiamo dalla definizione. In alcuni testi, soprattutto in quelli abbastanza datati, le successioni si introducono in maniera un po' intuitiva come degli insiemi numerabili di elementi in qualche modo "indicizzati".
Nei testi moderni invece si introduce il concetto di successione come una mappa $ f: \mathbb{N} \to X $.
Mi sembra di tornare a quando scrivevo la tesi: ho consultato il Rudin, l'Apostol e tanti altri testi di Analisi 1...
Oggi, però, quella che - almeno secondo la mia esperienza - va per la maggiore è definire una successione come $f: \NN -> \RR (\CC)$ per poi aggiungere "con abuso di notazione indichiamo $f(n) =- a_n$" o una cosa simile.
"Emar":
ovvero trattare le successioni come caso particolare di funzioni sia forse più logico (anche se forse ribalta lo sviluppo storico) ed in linea con la definizione moderna di funzione $ f: \mathbb{N} \to X $.
Sono d'accordo: quando ho seguito analisi 1 associavo sempre i limiti di successione a quelli fatti al liceo con le funzioni per capirci qualcosa. Le successioni mi rimanevano sempre ostiche e mi "convincevo" di cose come
$lim_(n-> +\infty) (1+1/n)^n =e$
associandolo al
$lim_(x-> +\infty) (1+1/x)^x =e$.
So che forse è sbagliato ma uno studente che inizia con la matematica viene da un mondo fatto di concretezza: i limiti al liceo sono trattati come una cosa quasi reale invece che come l'avvicinamento ad un punto in cui la funzione non è definita. Concetti come l'infinito diventano astratti all'università...
"Emar":
Altro discorso riguarda le notazioni. In molti testi si denota la successione con $ a_n $ con lo stesso abuso di scrittura che si utilizza con le funzioni, ovvero si denota la funzione con l'immagine di un suo generico punto. In altri testi si utilizza la notazione più insiemistica $ {a_n} $ che ricorda appunto che una successione non è altro che un insieme di termini al variare di $ n $.
Sinceramente la giustifico per un fatto di abitudine: ad essere saccenti bisognerebbe utilizzare $a(n)$ come fanno i linguaggi di programmazione.
Anche perché se mi si dice "una successione (non) è (altro che) una funzione che associa numeri reali a numeri naturali" allora dovrebbe usarsi il $a(n)$ (o il $f(n)$). Indicando $a_n$ o $f_n$ con l'abuso di notazione che identifica la successione con l'immagine allora potremmo tornare al discorso dei punti indicizzati...
Per il resto, ricordo questa discussione che ho fatto con il mio relatore proprio in epoca di tesi. Avevo scritto
${a_n}_(n\in \NN)$
per indicare la successione ma lui mi rispose
"con questa scrittura indichi l'insieme dei valori assunti dalla successione e non la successione di valori"
me li corresse tutti con
$(a_n)_(n\in \NN)$
per indicare la successione.
Ad essere sincero preferisco proprio quest'ultimo modo, ma più perché nel primo, come tutti gli insiemi, si rischia di elencarlo a caso qualora dovessimo farlo (possiamo farlo, i naturali sono numerabili

"Zero87":
Quando ho seguito analisi funzionale le successioni me le sognavo anche la notte: non c'era una spiegazione dove non riecheggiava il "iniziamo con il costruire la seguente successione $x_n$...".
E già, da quel poco che ho visto è proprio così

"Zero87":
Per il resto, ricordo questa discussione che ho fatto con il mio relatore proprio in epoca di tesi. Avevo scritto
${a_n}_(n\in \NN)$
per indicare la successione ma lui mi rispose
"con questa scrittura indichi l'insieme dei valori assunti dalla successione e non la successione di valori"
me li corresse tutti con
$(a_n)_(n\in \NN)$
per indicare la successione.
In effetti questa notazione me l'ero persa (l'ho vista da qualche parte ma me l'ero dimenticata) e non è male. Ricorda molto il concetto di n-upla.
"Zero87":
Ad essere sincero preferisco proprio quest'ultimo modo, ma più perché nel primo, come tutti gli insiemi, si rischia di elencarlo a caso qualora dovessimo farlo (possiamo farlo, i naturali sono numerabili... poi che tale elenco è infinito è una questione secondaria) o comunque di elencarlo in ordine crescente di valori assunti e non potrebbe rispecchiare l'ordine della successione.
Mi trovo pienamente d'accordo. E' proprio questa una delle critiche che muovo a quella notazione ma anche, in generale, a come vengono trattate le successioni in alcuni testi classici. Si dice: una successione è un insieme numerabile di termini ${a_1,a_2,...,a_n}$ ma poi se non si specifica come vengono presi questi termini quella "cosa" non è altro che un insieme.
Inoltre la notazione con le tonde che hai scritto tu è utile anche in questo senso. Si potrebbe dire: una successione è un n-upla con dimensione infinita (ma numerabile) di termini $(a_1,a_2,...a_n)$. Le parentesi tonde in questo caso, al contrario delle graffe, ricordano che l'insieme è "indicizzato" e i termini vanno presi con un determinato ordine
