Utilitá della matematica.
Perchè la matematica è valida e utile nel mondo reale? Questa domanda a me non sembra affatto complessa. Cosa ne pensate di questa mia risposta? La matematica è valida e utile nel mondo reale perchè fa uso esattamente degli stessi principi logici fondamentali che valgono nel mondo reale (principio di non con., principio del terzo escluso ecc). Quindi, se io riesco a trovare un ''sistema'' nel mondo reale in cui valgono le stesse regole di uno dei sistemi astratti che manipolo nella matematica (i numeri, per esempio oppure le funzioni, o i gruppi), dato che in matematica valgono gli stessi principi logici della realtá, allora ho praticamente lo stesso sistema e valgono gli stessi risultati.
Risposte
"Caenorhabditis":
Spero di essere stato comprensibile, e mi scuso in caso contrario.
Ok scuse accettate

Scherzo , sei stato esaustivo e molto comprendente (spero che esista come termine) , bravo

"Stellinelm":
Se la matematica è stata inventata come possono essere stati scoperti i teoremi ?
Sono scoperti in quanto non c'è nessuna arbitrarietà nella loro verità o falsità, date determinate ipotesi. Ciò che viene inventato sono i postulati (e le definizioni). Quando il "substrato" assiomatico è stato definito, il resto è totalmente determinato e quindi scoperto, secondo me.
"Stellinelm":
Allora i teoremi esistevano già prima che fosse invetata la matematica ?
Dipendi da cosa intendi per "esistenza" in questo caso. Se intendi la presenza di qualcosa che in qualche modo codifica per l'enunciato del teorema, sia esso un insieme di neuroni, di tracce d'inchiostro su un foglio, di vari tipi di memoria di massa che corrispondono a sequenze di bit, etc. etc. etc., qualunque cosa che attraverso qualche regola di corrispondenza* significhi quel teorema, allora direi di no. Altrimenti, non saprei proprio in che modo parlare dell'"esistenza" di un concetto astratto come un teorema.
Dire che qualcosa "esiste" se è impossibile che in futuro esisterà il contrario mi sembra una definizione assai debole di esistenza.
Spero di essere stato comprensibile, e mi scuso in caso contrario.
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*Effettivamente usata da qualcuno; altrimenti, in linea teorica si potrebbero inventare delle regole di corrispondenza ad hoc che interpretino qualunque cosa come qualunque cosa.[/size]
Se la matematica è stata inventata come possono essere stati scoperti i teoremi ?
Allora i teoremi esistevano già prima che fosse invetata la matematica ?
Allora i teoremi esistevano già prima che fosse invetata la matematica ?
"Stellinelm":
@Caenorhabditis : secondo te la matematica è stata scoperta o inventata?
Per me la matematica è stata inventata; a poter essere scoperti sono i teoremi al suo interno. La geometria proiettiva è stata inventata, mentre il teorema sulle coniche di Pascal è stato scoperto; la teoria dei gruppi è stata inventata, ma la (ex) congettura moonshine è stata scoperta. Una volta fissate (inventate) le regole del gioco, in quello che viene dopo c'è ben poco di arbitrario.
Scusate regà ma secondo me state facendo un pò di confusione, non m'intrometto perchè potrebbe aumentare.
@Caenorhabditis : secondo te la matematica è stata scoperta o inventata?
"Stellinelm":
Le regole della matematica della mia mente sono esattemente le stesse delle tue ; allo stesso modo un'equazione valida sulla terra vale in qualunque luogo dell'universo mentre non so se posso dire lo stesso per il reale .
Sono esattamente le stesse perché ci siamo messi d'accordo, ma assiomi diversi condurrebbero a risultati diversi. La caratteristica portante delle teorie matematiche è l'inevitabilità dei risultati: una volta fissati gli assunti di partenza, ciò che ne segue è totalmente determinato. Personalmente, però, non mi sembra che questo sia una ragione valida per assegnare loro qualche strano status ontologico: i concetti matematici sono prodotti della mente umana, anche se per loro costruzione inevitabili una volta dati gli assiomi.
Le regole della matematica non potrebbero essere al tempo stesso sia immanenti che trascendenti rispetto all'Universo , a seconda del punto di vista .
Se l'universo è come un grande pallone in espansione.
Io mi chiedo : si espande in cosa?
Se l'Universo si sta espandendo, dove espandersi dentro un altro Universo, più grande di quello in cui siamo.
Quindi di nuovo, se anche questo si sta espandendo, certamente dove espandersi in uno più grande e così via.
Non può essere che noi viviamo in un continuo di divisioni e che il nostro mondo è definito dal semplice fatto che noi osserviamo l'Universo da una specifica scala.
Per esempio, se facessimo l'esperienza dell'Universo dalla scala di un atomo la vostra esperienza sarebbe molto diversa dall'esperienza che abbiamo dell'Universo come esseri umani.
Saremmo portati a pensere di aver cambiato Universo o persino dimensione (questo sarebbe parzialmente vero, in quanto abbiamo cambiato letteralmente di dimensione) , quindi le regole delle matematica sarebbero sempre uguale cambierebbe solo il nostro punto di vista a seconda del quale le troverremo trascendenti oppure immanenti .
Un pò come l'infinito di Cantor , nella posizione di $oo+1$ le troveremmo immanenti , nella posizione di $00-1$ trascendenti ... mah
Se l'universo è come un grande pallone in espansione.
Io mi chiedo : si espande in cosa?
Se l'Universo si sta espandendo, dove espandersi dentro un altro Universo, più grande di quello in cui siamo.
Quindi di nuovo, se anche questo si sta espandendo, certamente dove espandersi in uno più grande e così via.
Non può essere che noi viviamo in un continuo di divisioni e che il nostro mondo è definito dal semplice fatto che noi osserviamo l'Universo da una specifica scala.
Per esempio, se facessimo l'esperienza dell'Universo dalla scala di un atomo la vostra esperienza sarebbe molto diversa dall'esperienza che abbiamo dell'Universo come esseri umani.
Saremmo portati a pensere di aver cambiato Universo o persino dimensione (questo sarebbe parzialmente vero, in quanto abbiamo cambiato letteralmente di dimensione) , quindi le regole delle matematica sarebbero sempre uguale cambierebbe solo il nostro punto di vista a seconda del quale le troverremo trascendenti oppure immanenti .
Un pò come l'infinito di Cantor , nella posizione di $oo+1$ le troveremmo immanenti , nella posizione di $00-1$ trascendenti ... mah
@ Ryukushi : è un'aspetto che non avevo mai preso in considerazione . Grazie perchè mi regali una riflessione

"Stellinelm":
Qualunque sia la definizione di realtà che la mente può dare , non si può escludere che la mente "mente" . La matematica no .
Le regole della matematica della mia mente sono esattemente le stesse delle tue ; allo stesso modo un'equazione valida sulla terra vale in qualunque luogo dell'universo mentre non so se posso dire lo stesso per il reale .
Bisogna sempre però pensare e riflettere epistemologicamente se le regole della matematica siano immanenti oppure trascendenti rispetto all'Universo. In tal proposito ho sentito tempo fa qua a Torino una conferenza di un fisico e filosofo della scienza francese, tale Etienne Klein, il quale asseriva proprio l'importanza concettuale del considerare o meno le formule matematiche (nello specifico si parlava di origine dell'universo) trascendenti, cioè al di fuori o al di sopra dell'universo stesso, oppure immanenti, dunque all'interno. Chiaramente i rischi di questa seconda ipotesi sono notevoli, perché ciò significa che le leggi matematiche possono variare col modificarsi dell'Universo stesso.
Qualunque sia la definizione di realtà che la mente può dare , non si può escludere che la mente "mente" . La matematica no .
Le regole della matematica della mia mente sono esattemente le stesse delle tue ; allo stesso modo un'equazione valida sulla terra vale in qualunque luogo dell'universo mentre non so se posso dire lo stesso per il reale .
Le regole della matematica della mia mente sono esattemente le stesse delle tue ; allo stesso modo un'equazione valida sulla terra vale in qualunque luogo dell'universo mentre non so se posso dire lo stesso per il reale .
"Luca.Lussardi":
Il problema della tua risposta è la "banalità": è ovvio che la matematica si adatta al mondo reale nel tuo senso, perché tu consideri il mondo reale come idealizzazione della "vera realtà", quindi è come se la matematica si applicasse a se stessa. Ma il motivo profondo del perché la matematica descriva così bene la realtà vera e propria è un mistero, e lo resta. Nel tuo esempio sui ponti di Koenigsberg il mio ragionamento vale: il grafo sul quale tu ragioni matematicamente proviene da una idealizzazione della struttura della città, e quindi si tratta di una teoria mentale applicata ad un qualcosa che è ancora mentale, ma come mai il risultato poi va bene anche nel mondo reale?
I nostri ragionamenti sul mondo reale hanno una collocazione spazio-temporale. Ogni oggetti matematico posso pensarlo immerso in uno spazio mentale, o almeno, io faccio così quando ragiono sugli enti matematici. Quindi, dato che il mondo è immerso nello spazio-tempo, qual'è il problema? Se penso a una pallina che si schianta contro un muro nella mia mente, perchè se faccio la stessa cosa nel mondo reale funziona lo stesso? Perchè nella mente ci sono tutti gli stessi principi fisici che valgono nel mondo reale, lo spazio intorno alla pallina, la pallina, la velocitá ecc. Come poi sia possibile crearsi nella mente queste cose non lo so. Il grafo io lo immagino nella mente come solido in uno spazio, ci giro intorno, lo ribalto, lo guardo da diverse prospettive...se al posto delle linee ci metto delle case e dei ponti ho il risultato reale, perchè io c'ho ragionato sopra come se le linee fossero immerse nello spazio.
Sì, direi che l'applicazione pratica nasce prima del periodo ellenico, per esempio i calcoli su merci, aree di terreni etc legate ai commerci ed alle misurazione di "cose" è provato che esistessero e se posso aggiungere una mia ipotesi personale se è vero che il linguaggio è dimostrato essere una dote innata dell'uomo allora probabilmente lo è anche il calcolo.
Il salto di qualità si fa quando si producono teoremi e leggi generali e non "metodi" che si applicano a casi particolari. Penso sia questo il motivo del considerare il pensiero puramente astratto come attività prima, mentre le applicazioni pratiche sul gradino più basso. Pensiamo che l'esistenza degli atomi fu dedotta secoli prima di essere dimostrata senza il bisogno di strumentazioni all'epoca irrealizzabili.
Il salto di qualità si fa quando si producono teoremi e leggi generali e non "metodi" che si applicano a casi particolari. Penso sia questo il motivo del considerare il pensiero puramente astratto come attività prima, mentre le applicazioni pratiche sul gradino più basso. Pensiamo che l'esistenza degli atomi fu dedotta secoli prima di essere dimostrata senza il bisogno di strumentazioni all'epoca irrealizzabili.
"Injuria":
Il calcolo e la sua applicazione all'utilità della vita umana veniva considerata attività di serie B, meno pura e perfetta della geometria. L'uso di strumentazioni come il compasso venivano viste di cattivo occhio come imbastardimento della natura pura della matematica col lavoro manuale.
È molto difficile capire cosa "venisse considerato" in generale, data la scarsità di fonti risalenti a quel periodo. Quasi sicuramente c'era chi considerava più importante la matematica pura e chi prediligeva quella applicata, come avviene oggi. In età ellenistica non sono di certo mancate applicazioni meccaniche/tecnologiche di concetti matematici.
Cerco di mettere insieme quel poco che so di filosofia del liceo e qualche mia riflessione personale: guardando alla storia del pensiero occidentale mi pare che la matematica abbia origine dalla geometria, scienza considerata perfetta proprio perché puramente intellettuale, con dei significati metafisici o magici (scuola pitagorica).
Il calcolo e la sua applicazione all'utilità della vita umana veniva considerata attività di serie B, meno pura e perfetta della geometria. L'uso di strumentazioni come il compasso venivano viste di cattivo occhio come imbastardimento della natura pura della matematica col lavoro manuale.
Penso che le cose cambino radicalmente da Galileo in poi ("misura ciò che puoi misurare e ciò che non puoi misurare rendilo misurabile") o forse anche prima quando si afferma l'empirismo per cui la matematica viene forzata verso il reale (ciò che si può misurare), ad esempio nella fisica.
Oggigiorno non possiamo prescindere dall'utilità della matematica che è stata utilizzata per dare rigore anche a scienze che originariamente non richiedevano strumenti di misurazione e calcolo, pensiamo all'economia.
L'utilità della matematica credo sia legato quindi al concetto di misurazione empirica e del concetto di scienza: se non possiamo falsificare una sentenza con una misurazione, allora la sentenza non è scienza.
Tento di dare una risposta (personalissima) al fatto che la matematica funzioni per spiegare la realtà: primo perché come ho scritto in qualche modo è stata forzata a farlo, secondo perché credo che ciò che la mente umana può concepire esiste, anche nella sua massima astrazione (Hegel).
Il calcolo e la sua applicazione all'utilità della vita umana veniva considerata attività di serie B, meno pura e perfetta della geometria. L'uso di strumentazioni come il compasso venivano viste di cattivo occhio come imbastardimento della natura pura della matematica col lavoro manuale.
Penso che le cose cambino radicalmente da Galileo in poi ("misura ciò che puoi misurare e ciò che non puoi misurare rendilo misurabile") o forse anche prima quando si afferma l'empirismo per cui la matematica viene forzata verso il reale (ciò che si può misurare), ad esempio nella fisica.
Oggigiorno non possiamo prescindere dall'utilità della matematica che è stata utilizzata per dare rigore anche a scienze che originariamente non richiedevano strumenti di misurazione e calcolo, pensiamo all'economia.
L'utilità della matematica credo sia legato quindi al concetto di misurazione empirica e del concetto di scienza: se non possiamo falsificare una sentenza con una misurazione, allora la sentenza non è scienza.
Tento di dare una risposta (personalissima) al fatto che la matematica funzioni per spiegare la realtà: primo perché come ho scritto in qualche modo è stata forzata a farlo, secondo perché credo che ciò che la mente umana può concepire esiste, anche nella sua massima astrazione (Hegel).
"Sergio":
[quote="Dreamphiro"]I gruppi nascono dall'idea di ''operazione'' e ''oggetti sui cui fare una operazione'' (vedi il gruppo del cubo di Rubik, oppure i gruppi in chimica molecolare o ancora i gruppi di Gauge in fisica)
Come volevasi dimostrare: confondi le applicazioni dei gruppi con la loro origine. I gruppi nascono dal tentativo di risolvere equazioni di grado superiore al quarto, che non sono oggetti dell'esperienza.
"Dreamphiro":
la teoria dei numeri nasce dal concetto di numero che deriva dall'esperienza reale.
Molto generico e piuttosto "banalizzante". Cosa ha a che vedere con l'esperienza reale dimostrare che la teoria delle equazioni diofantee è indecidibile?
Hardy sbagliava -- nel senso che, non potendo prevedere il futuro, non poteva immaginare che le sue ricerche avrebbero trovato molte utili applicazioni pratiche -- ma per il resta era, perdonami, un po' più lucido di te

Le equazioni sono proposizioni perfettamente derivabili dall'esperienza. I primi problemi matematici dell'antichitá chiedevano di trovare certe quantitá incognite, ossia risolvere equazioni. Le equazioni di quarto grado sono semplicemente proposizioni più complesse, magari inutili nel mondo reale, ma usano sempre concetti derivabili dall'esperienza (il concetto di quantitá e operazioni tra quantitá). L'idea di gruppo, che sia nata o meno per quello scopo (cosa che ritengo difficilmente verificabile), nasce spontaneamente dall'esperienza. Cosa c'entra la teoria delle equazioni diofantee? Anch'essa si basa sui concetti di quantità e rapporti tra quantitá. Io ho solo detto che la matematica usa concetti nati grazie all'esperienza (il concetto di numero, funzione, coppia ordinata, insieme, retta, piano, punto). Poi possiamo ragionare su questi concetti fin che vogliamo e trovare quello che dici tu.
"Sergio":
[quote="Caenorhabditis"]
Sono decisamente curioso di conoscere la vostra definizione di realtà. La mia (che metto in spoiler) inficierebbe abbastanza la validità dell'OP.
[/quote]
"Caenorhabditis":
Sono decisamente curioso di conoscere la vostra definizione di realtà.
Dovrei pensarci un po' su, e probabilmente non ho i mezzi per andare tanto più in là di una battuta, comunque la tua definizione mi piace

"retrocomputer":
[quote="gio73"]se non ci fossimo noi la realtà non sarebbe nè descritta nè interpretata, o no?
Se non ci fossimo noi, forse la realtà non esisterebbe

Sono decisamente curioso di conoscere la vostra definizione di realtà. La mia (che metto in spoiler) inficierebbe abbastanza la validità dell'OP.
"Sergio":
Forse non mi sono mai sentito in sintonia con Luca quanto ora: condivido al 100% quello che ha detto.
@Dreamphiro: dici «per me tutti i concetti matematici derivano dall'esperienza reale», ma credo che se conoscessi meglio la storia della matematica e delle sue applicazioni non lo diresti. Pensa alla struttura di gruppo: ha importantissime applicazioni, è molto utile per spiegare fenomeni reali, ma non è stata affato derivata dall'esperienza reale.
Pensa anche alla teoria dei numeri: Hardy si vantava di non aver fatto nulla di utile, ma la teoria dei numeri ha poi trovato applicazione nella crittografia; la usi, ad esempio, ogni volta che fai un acquisto su Internet e nella barra degli indirizzi compare "https" invece di "http".
Mi permetto di consigliarti: Giorgio Israel, La visione matematica della realtà.
Sempre che tu voglia andare oltre la "banalità" nel senso di Luca.
I gruppi nascono dall'idea di ''operazione'' e ''oggetti sui cui fare una operazione'' (vedi il gruppo del cubo di Rubik, oppure i gruppi in chimica molecolare o ancora i gruppi di Gauge in fisica), la teoria dei numeri nasce dal concetto di numero che deriva dall'esperienza reale. Provare un teorema di teoria dei numeri significa dire che non posso trovare certe dimensioni quantitative facendo certe operazioni.