Probabilità e argomentazione?

Federiclet
Introducoil tema facendo ricorso a Brentano con l'argomento propedeutico alla dimostrazione del carattere teleologico del reale.
Il brano, a cura di Susan F. Krantz Gabriel, é preso da Cambridge Companion to Brentano 2006, p 239

"...tutto ciò che esiste esiste nel tempo. Ora, se un ente temporale finito potesse essere assolutamente accidentale, ne conseguirebbe che ad ogni istante avrebbe la stessa probabilità di persistere nel tempo o di scomparire. Inoltre, affinché un'ente finito temporale esista, sarebbe altrettanto necessario che gli istanti di persistenza nel tempo siano infinitamente più frequenti dei momenti in cui esso si dilegua dal tempo. Ma questa é una contraddizione. Dunque nessun ente temporale é assolutamente accidentale. E poiché tutto ciò che esiste esiste nel tempo, ne segue che nulla é assolutamente accidentale."

Ho scelto di riportare questo brano a titolo esemplificativo del modo di procedere di Brentano nella sua filsofia naturale e filosofia prima.
L'utilizzo della probabilità in ambito speculativo filsofico mi suona alquanto originale, e l'argomento che Brentano ne trae molto convincente - tennedo per buono l'assunto della temporalità come modo dell'esistenza del reale.

Vi chiedo, da un punto di vista matematico, che impressione ricavate da questo metodo argomentativo? E se lo riteniate adeguato o spurio, se non una contaminazione di ciò che é propriamente matematico con ciò che é propriamente filosofico.

Grazie

f.

Risposte
ViciousGoblin
"Federiclet":
Introducoil tema facendo ricorso a Brentano con l'argomento propedeutico alla dimostrazione del carattere teleologico del reale.
Il brano, a cura di Susan F. Krantz Gabriel, é preso da Cambridge Companion to Brentano 2006, p 239

"...tutto ciò che esiste esiste nel tempo. Ora, se un ente temporale finito potesse essere assolutamente accidentale, ne conseguirebbe che ad ogni istante avrebbe la stessa probabilità di persistere nel tempo o di scomparire. Inoltre, affinché un'ente finito temporale esista, sarebbe altrettanto necessario che gli istanti di persistenza nel tempo siano infinitamente più frequenti dei momenti in cui esso si dilegua dal tempo. Ma questa é una contraddizione. Dunque nessun ente temporale é assolutamente accidentale. E poiché tutto ciò che esiste esiste nel tempo, ne segue che nulla é assolutamente accidentale."

Ho scelto di riportare questo brano a titolo esemplificativo del modo di procedere di Brentano nella sua filsofia naturale e filosofia prima.
L'utilizzo della probabilità in ambito speculativo filsofico mi suona alquanto originale, e l'argomento che Brentano ne trae molto convincente - tennedo per buono l'assunto della temporalità come modo dell'esistenza del reale.

Vi chiedo, da un punto di vista matematico, che impressione ricavate da questo metodo argomentativo? E se lo riteniate adeguato o spurio, se non una contaminazione di ciò che é propriamente matematico con ciò che é propriamente filosofico.

Grazie

f.


Premesso che
1) sono un matematico ma non un probabilista e spero di non dire cavolate riguardo alla probabilità
2) le mie competenze filosofiche sono lacunose e sentendo parlare di filosofia ho sempre l'impressione di non capire bene le premesse da cui si parte (anche se sono molto interessato e mi leggo tutti i post di questa sezione del forum)

mi azzardo a dire quali impressioni mi suscita il brano sopra.

Credo che un probabilista risponderebbe che la probabilità di un evento di verificarsi in un dato istante è esattamente la stessa che quell'evento non si verifichi e cioè zero. Quando si ha a che fare con un misure di probabilità continue
è inevitabile che sia così.Come ho letto in un altro post in questi giorni un evento di probabilità zero non è impossibile (nè uno di probabilità uno è certo).
Se invece si concepisce il tempo come una successioni di istanti discreti mi pare che la questione dell' "infinitamente più frequente" cada, e con esso la contraddizione a cui si accenna (che però non sono certo di capire bene).
In sostanza mi sembrano tutto problemi collegati con l'idea di infinito, il modo con cui si manipola questo concetto e le conseguenze che si ritene sensato trarne - mi ricorda molto il problema di Achille e la tartaruga

Non so se ciò che ho detto va nella direzione della tua richiesta (forse no visto la piega che hanno preso i messaggi successivi, però ciò che ho scritto è la prima cosa che mi è venuta in mente, leggendo solo il post iniziale)

federiclet2
"se una cosa è possibile, allora si verificherà. dopo che si sarà verificata (nell'istante successivo) sarà ancora possibile, e quindi si verificherà di nuovo...
e così via. considerando infiniti istanti, il ragionamento può protrarsi fino all'infinito."

Credo che questa dizione dell'assioma da te indicato (il 5 mi sembra) s'attagli alla proposizione di Brentano che via probabilità asserisce la necessità ipotetica dell'ente.
Resterbbe di accordarsi su quel "Se é possibile", ossia se ciò significhi nel senso più vasto il non essere in contraddizione con gli altri assiomi che definiscono il sistema "enti". Dove ente sta ad indicare sia oggetti esterni, cose, sia oggetti interni, stati mentali. Effettivamente noi abbiamo conoscenza spazialmente e temporalmente limitata del reale, per cui la nozione di ente é bene che contenga un'indicatore di probabilità, o sia direttamente costruita sulla probabilità delle sue occorrenze spaziali e temporali.
L'assioma che hai descritto così come l'ho riportato, se interpretato in termini ontologici asserisce che la conoscenza di un che - "se una cosa é possibile allora si verificherà" - per prese d'oggetto successive - "dopo che si sarà verificata, sarà ancora possibile, e quindi si verificherà di nuovo".
Quanto al numero delle ripetizioni del presentarsi dell'oggetto e della sua presa da parte dell'intelletto /dell'osservatore, dire che sono infinite, equivale, credo a dire che sono affidabili, che l'ente in questione esiste stabilmente nel tempo e nello spazio.
In termini brentaniani, é sufficiente che un ente abbia una infinita probabilità di durare nel tempo e di occupare uno spazio perché lo si possa considerare "indirettamente necessario".

Mi sembra che la condizione posta da Brentano circa la necessità dell'ente in termini probabilistici sia meno stringente di quella offerta dal tuo assioma. Non so se mi esprimo bene dicendo che si potrebbero allentare le condizioni di verificabilità del tuo assioma, aggiungendo la clausola "a meno di un insieme di misura (non) nulla di casi non verificabili. O qualcosa del genere sì che il senso dell'assioma diventi propriamente probabilistico.

NB non sono un matematico quindi avrei potuto dire una gran sciocchezza!

Ma vado un po' oltre ugualmente, considerando che il dato probabilistico, Brentano lo riferisce ad un unico generalissimo ente, a partire dall'ente stesso. E pensavo allora se l'intero tuo assioma potesse riformularsi come segue, correggimi se sbaglio:

"Se un ente si dà nel tempo e occupa lo spazio una volta, allora si darà nuovamente nel tempo e occuperà nuovamente lo spazio, e dopo che avrà durato e sarà stato esteso, sarà ancora possibile secondo le stesse modalità, e quindi si verificherà di nuovo, indefinitamente, a meno di un numero limitato di volte"
All'ente osservato ripetutamente, può associarsi una probabilità altissima di durare nel tempo e di essere esteso occupando spazio, probabilità sufficiente a scartare l'ipotesi che l'ente sia totalmente casuale. Idelamente una probabilità > 1/2 di durare nel tempo e di essere esteso nelo spazio dovrebbe bastare ad asserire la necessità ipotetica dell'ente. Ovvero, una minima simmetria nell'ambito degli eventi possibili riferibili all'ente.

Il bello del ricorso alla probabilità da parte di Brentano é che in tal modo riesce a costruire un'ontologia a partire dai dati d'esperienza, o meglio dal carattere contingente di tali dati, contingenza compensata dalla reiterazione dell'osservazione per un certo tempo di una dato spazio secondo cui l'ente si dà come osservabile. Per cui azardo l'idea che l'assetto delle osservazioni sia omologabile a quello dei corrispettivi osservabili in termini di probabilità. Chiedo, in tal contesto, si può parlare di un omeomorfismo tra osservazione ed osservabile?

Grazie degli spunti!!!!

ciaoi

adaBTTLS1
in realtà il valore cronologico attribuito alla logica temporale deriva da un'errata traduzione di "tense" (tempo verbale), ben distinto da "time" (tempo reale).
è stato anche introdotto da altri, ed usato da diversi matematici, l'operatore "next" (il riferimento all'istante successivo e quindi alla "cronologia" è piuttosto evidente). nei sistemi di logica temporale creati e/o usati da me, io non faccio uso dell'assioma 5 perché rifiuto qualsiasi implicazione o ragionamento..., per me tutti i casi sono possibili..., ho chiamato questi sistemi "puramente temporali".
se invece vogliamo dare un senso "modale" all'assioma 5 (mi pare che questo ti imteressi!) possiamo ragionare in questo modo:
se una cosa è possibile, allora si verificherà. dopo che si sarà verificata (nell'istante successivo) sarà ancora possibile, e quindi si verificherà di nuovo...
e così via. considerando infiniti istanti, il ragionamento può protrarsi fino all'infinito.

nota bene che io ho parlato di istanti, cioè di tempo discreto, non continuo.
non è difficile passare da una interpretazione all'altra, però bisogna usare qualche accorgimento: bisogna ad esempio suddividere il tempo (continuo) in un infinito numerabile di intervalli (all'interno dei quali gli istanti saranno identificati). però non è importante l'ampiezza dei singoli intervalli, anche perché è più importante il punto che fa scattare ad un istante successivo nel senso del momento in cui si verifica un avvenimento che cambia lo stato di un sistema...
l'applicazione diretta di questi concetti riguarda l'informatica,... puoi immaginare separatamente il tempo classico che scorre ma anche i vari istanti in cui vengono eseguite le operazioni dalla macchina...

per quanto riguarda il discreto ed il continuo in probabilità, invece, li vedo estremamente distanti dalle descrizioni che hai riportato...
ciao.

federiclet2
Trovo, correggimi se sbaglio, una notevole affinità tra questo passo della dimostrazione di Brentano

"affinché un'ente finito temporale esista, sarebbe altrettanto necessario che gli istanti di persistenza nel tempo siano infinitamente più frequenti dei momenti in cui esso si dilegua dal tempo."

e l'assioma

"se A è vero ora oppure sarà vero in almeno un istante futuro, allora A sarà vero in infiniti istanti futuri".

Credo che se si riuscisse a mostrare la corrispondenza (formale) delle due proposizioni l'asserto di Brentano non avrebbe bisogno della premessa di continuità temporale, o durata dell'ente.

Quanto alla probabilità che già ricorre nel passo citato, forse si chiarisce meglio in quello seguente che argomenta contro l'assoluta causalità degli enti a partire dalla loro spazialità ...

"...se un ente che occupa spazio, per esempio una linea, fosse assolutamente accidentale, ne verrebbe che la probabilità della sua esistenza in un dato punto dovrebbe essere uguale alla probabilità di non occupare quel dato punto. Inoltre, al contempo, in ordine all'esistenza dell'ente esteso dovrebbero darsi infinitamente molti più punti in cui esso esiste che punti in cui non esiste, il che é contraddittorio. Quindi nessun ente esteso é assoluamente aleatorio. "

Vale notare che la contraddizione in entrambe le argomentazioni dipende dal confronto delle probabilità dei due momenti dell'argomentazione, la prima probabilità per esempio relativa agli enti estesi di occupare o non occupare un dato posto, pari al 50%, verso, in ordine all'esistenza dell'ente esteso, una probabilità "infinitamente" grande (lo scrivo in termini brentaniani) di trovare suoi punti /sue parti ad occupare lo spazio, ripetto a suoi punti o parti che non occupano lo spazio.

Qui l'ente é concepito come insieme di parti, infinite parti, e la sua esistenza non aleatoria, ovvero la sua persistenza nello spazio é definita dalla probabilità infinitamente grande di trovare le sue parti ad occupare lo spazio. Sembra dunque che sia concesso in deroga all'esistenza che qualche parte, o punto non occupi spazio, senza che con ciò l'ente venga meno all'esistenza non aleatoria (=esistenza indirettamente necessaria).

Questa, diciamo, "porosità statistica" dell'ente che leggo in Brentano, sarebbe in linea con la sua concezione di impossibilità di una esstensione infinita attuale, assioma da cui deriva l'impossibilità a livello globale-cosmico di uno spazio infinito totalmente pieno, anzi il dato che prevale é di spazio vuoto su quello occupato (non era stata ancora formulata la teoria della materia oscura).

E' interessante come la negazione dell'infinito attuale esteso porti ad una connotazione probabilistica del continuum, anzi sembri ottenere questo continuum dell'ente per giustapposizione di parti e/o di occupazione di spazi.

Sono le mie solo impressioni e suggestioni in vista di ulteriori analogie che possono nascere dalla discussione.

ciao

federiclet (son sempre quello di prima, ma non riuscivo più a fare il login)

adaBTTLS1
l'affermazione mi ha fatto pensare all'assioma 5 della logica modale ($"se A e' una formula ben formata, allora " MA->LMA$, che tradotto in parole si legge "se A è possibile, allora A è necessariamente possibile"). io che mi sono occupata di logica temporale, non ho accettato la "traduzione" di quest'assioma nella logica temporale, che sarebbe stato: "se A è vero ora oppure sarà vero in almeno un istante futuro, allora A sarà vero in infiniti istanti futuri".
ti garantisco però che esistono sistemi che contengono tale assioma...

poi tu accenni alla probabilità...: puoi approfondire la legge dei grandi numeri...

se pensi che siano argomenti connessi con la questione che poni, se ne può parlare un po' più ampiamente. cerca intanto degli ulteriori riferimenti filosofici.
ciao.

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.