Matematica per profani...a due ruote.
Salve a tutti.
Sono un profano, la matematica non è il mio campo e non la capisco a fondo anche se mi ha sempre affascinato e incuriosito.. specialmente nelle questioni come dire... metamatematiche .
Detto questo, sono un motociclista che scrive su un forum ktm e ultimamente mi è sorto un dilemma matematico suggerito dalle ruote e dai mozzi, idealizzati in circonferenze.
Nessuno mi sa dare una risposta sensata...allora mi son messo a leggere e pensare...e sognare...epensare fino alle giungere a idee paradossali.
Il tutto è postato qua.
http://www.lc8.org/phpBB3/viewtopic.php?f=21&t=41803
Ora se qualcuno di voi si prende la briga di leggere i vari interventi che ho fatto via via che pensavo e mi documentavo, fino al mio penultimo dove alzo bandiera bianca, e mi spiega gentilmente i concetti, mi farebbe felice.
Sicuramente alcuni passaggi vi faranno sorridere tanto sono puerili, ma sono convinto che la questione di fondo non lo sia.
Se invece il tutto si risolve un una sciocchezza, benone.
Saluti a tutti
PS. Prediligo i concetti più delle formule, mio limite.
Sono un profano, la matematica non è il mio campo e non la capisco a fondo anche se mi ha sempre affascinato e incuriosito.. specialmente nelle questioni come dire... metamatematiche .
Detto questo, sono un motociclista che scrive su un forum ktm e ultimamente mi è sorto un dilemma matematico suggerito dalle ruote e dai mozzi, idealizzati in circonferenze.
Nessuno mi sa dare una risposta sensata...allora mi son messo a leggere e pensare...e sognare...epensare fino alle giungere a idee paradossali.
Il tutto è postato qua.
http://www.lc8.org/phpBB3/viewtopic.php?f=21&t=41803
Ora se qualcuno di voi si prende la briga di leggere i vari interventi che ho fatto via via che pensavo e mi documentavo, fino al mio penultimo dove alzo bandiera bianca, e mi spiega gentilmente i concetti, mi farebbe felice.
Sicuramente alcuni passaggi vi faranno sorridere tanto sono puerili, ma sono convinto che la questione di fondo non lo sia.
Se invece il tutto si risolve un una sciocchezza, benone.
Saluti a tutti
PS. Prediligo i concetti più delle formule, mio limite.
Risposte
"tancre":
[...] Ma perche dici che non sei un clown? [...]
Non ho nessuna straordinaria competenza. La mia voleva semplicemente essere una battuta "letteraria".
E come gugo (lui sì che ha una straordinaria competenza... Quindi se non vuoi ascoltare me, ascolta almeno lui), fatico a seguirti.
In realtà non mi sento per nulla minacciato. Ho passato abbastanza notti in bianco sulle pagine dei libri di Analisi e/o di Geometria per rendermi infine conto che i limiti o la dualità proiettiva non sono seghe mentali di qualche pervertito, ma concetti complicati che necessitano di una lenta ruminazione. Non mi farai di certo cambiare idea, non preoccuparti. Nascosti dai simboli ci sono pensieri di una profondità incredibile e idee potenti; ma dal di fuori sembrano tutte cialtronate, e quando uno prova a spiegare, ecco che partono gli insulti (ti sei mai domandato, per esempio, perché non è possibile costruire \(\sqrt[3]{2}\) utilizzando soltanto riga e compasso? A me, al liceo, sembrava una cazzata. Ma poi, recentemente, ho scoperto cosa realmente ci sta dietro, e ti assicuro che ho preso un colpo, pur trattandosi tutto sommato di fatti elementari). Ed ecco dunque chi/cosa non sopporto: chi parla a sproposito, chi ciarla senza aver impiegato le proprie energie nel tentativo di capire e di pensare.
Ancora qualche riga in libertà.
Io non credo che tu sia un troll, quanto una persona che ha le idee piuttosto confuse. Hai sbrodolato un sacco di parole, ma faccio davvero fatica, come già detto, a cogliere il senso dei tuoi ragionamenti.
Parli della Matematica come se fosse una scienza empirica/sperimentale... Ma lo è davvero? Se conosci Popper ti renderai conto che forse quella definizione, alla Matematica, sta un po' strettina.
L'edificio matematico si fonda su degli assiomi, e tutto parte da lì. Se non ti sta bene, quella è la porta. Dagli assiomi in poi non c'è nulla che non sia controllato: ogni passaggio, ogni dettaglio, ogni inferenza. La Matematica è un linguaggio, ed in quanto tale anche uno strumento; e sembra pure che i fenomeni naturali possano essere descritti con micidiale precisione dalla Matematica, molto male dallo swahili, o da un qualsiasi linguaggio comune. Ma allora i matematici di cosa si devono occupare? Della Matematica come linguaggio (e quindi delle interazioni tra le sue componenti interne oppure dei nuovi confini che possono essere varcati) oppure della lettura della Natura attraverso di essa? Propenderei per la prima, ché alla seconda dovrebbero pensarci i fisici.
"tancre":
[...] Quello che penso e’ che, per “fondare” la competenza su una base un po’ piu allargata che non sia l’oggetto stesso della competenza (un po’ come tirarsi fuori dalle paludi afferrandosi per i capelli), sia necessario piantare dei picchetti a terra e facendo questo sporcarti la mani con la mota informe che giace ben sotto le purezze ideali matematiche. [...]
E qui, poi, dove vorresti andare a parare? Si rischia di cadere in un circolo vizioso. E mi pare che Gödel, a questo proposito, sia stato piuttosto chiaro. Sappiamo che non possiamo andare indietro all'infinito continuando ad aggiungere assiomi o a costruire metamatematiche: se riuscisse nel suo intento, l'uomo diventerebbe dio, avrebbe tra le mani un linguaggio davvero perfetto (qualunque cosa significhi questa affermazione); credo che questo sia un limite costitutivo.
Qui in giro, chi mi conosce un po', sa che sono un wittgensteiniano (un po' a modo mio). Quindi, per me, stiamo continuando a parlare del nulla. E, a proposito di nottate passate a sputare sangue sui libri, ti faccio notare l'orario di questo post.
"tancre":
Per il senso, non riguarda più la domanda iniziale che mi è stata chiarita.
Ah... Ed io che credevo di aver sprecato caratteri!
Prego, eh.
"tancre":
Ma le questioni successive che si sono presentate e che ho postato, diciamo un po più metafisiche o metamatematiche.
Il senso è condensato negli ultimi righi.
Probabilmente è fin troppo condensato.
Posso suggerire di annacquarlo un po'... Almeno vediamo che brodino ne vien fuori.
Ciao
Avevo scritto col tablet che ha la correzione automatica e non me n'ero accorto.
Per il senso, non riguarda più la domanda iniziale che mi è stata chiarita.
Ma le questioni successive che si sono presentate e che ho postato, diciamo un po più metafisiche o metamatematiche.
Il senso è condensato negli ultimi righi.
Saluti
Avevo scritto col tablet che ha la correzione automatica e non me n'ero accorto.
Per il senso, non riguarda più la domanda iniziale che mi è stata chiarita.
Ma le questioni successive che si sono presentate e che ho postato, diciamo un po più metafisiche o metamatematiche.
Il senso è condensato negli ultimi righi.
Saluti
"gugo82":
In quest'ottica, è stata completamente ribaltata l'idea di Galilei: la Matematica non è più il linguaggio che la Natura usa per scrivere il suo libro; al contrario, essa è il linguaggio in cui l'uomo annota le proprie osservazioni sulla Natura in modo da renderle comprensibili ai suoi successori.
questa me la segno.
Francamente, stento a trovare senso in ciò che hai scritto.
Mi spiace, ma la Scienza non è un pesce.
Il problema, come ho spiegato nel mio primo post, è che qui non c'è nessuna questione matematica.
Stai solo confondendo due concetti che misurano qualità differenti e perciò ti sembra di trovare "paradossi".
"tancre":
In ogni branchia della scienza [...]
Mi spiace, ma la Scienza non è un pesce.
"tancre":
[...] ci sono discussioni che vanno al di la’ dell’oggetto della scienza in questione, e la matematica forse ne e’ uno dei maggiori esempi. Pero’ se queste discussioni non possono essere dirente tramite i soliti strumenti di cui la matematica fa sfoggio, non e’ per questo che siano prive di valore o di senso. Puo’ darsi benissimo che in futuro, nuovi strumenti matematici possano aggredire anche queste questioni (come io pensavo avessere gia fatto)
Il problema, come ho spiegato nel mio primo post, è che qui non c'è nessuna questione matematica.
Stai solo confondendo due concetti che misurano qualità differenti e perciò ti sembra di trovare "paradossi".
Come prima cosa, grazie per le risposte.
Non sono ne un matematico, ne un filosofo : sono un nessuno, ancor meno di un clown. Ho solo espresso dei dubbi, da profano, pensando , onestamente, che gli operatori esperti come voi li avessero chiariti da tempo. Invece mi sembra di no, anzi, onestamente, avverto in delirium un che di aggressivo, come se si stentisse minacciato. Tranquillo, io mai penserei di scacciarti dal paradiso di certezze sul quale ti sei stanziato, facevo solo delle domande a chi ne sa sicuramente piu di me. Ma perche dici che non sei un clown? Io mai l’ho pensato ne penso di mettere in dubbio la tua straordinaria competenza. Anzi amerei fossi dalla mia parte e non che ti sentissi antagonista, prono a difendere gli alti ideali della purezza formale matematica (che peraltro, condivido) , contro il mare dei ciarlatani le cui onde son sempre piu alte.
Quello che penso e’ che, per “fondare” la competenza su una base un po’ piu allargata che non sia l’oggetto stesso della competenza (un po’ come tirarsi fuori dalle paludi afferrandosi per i capelli), sia necessario piantare dei picchetti a terra e facendo questo sporcarti la mani con la mota informe che giace ben sotto le purezze ideali matematiche. E son certo che, sebbene sia sporco e faticoso piantare i picchetti al di la del ns. mondo che amavamo tanto, una volta che lo si fa o che si tenta di farlo, ci sentiamo appagati, felici, realizzati. Nessuno e’ contento di peregrinare in migliaia di gallerie (da altri scavate) nelle profondita’ della terra (o dell’analisi), senza mai uscire per vedere da dove vengono...o dove potrebbero portare, le gallerie stesse! E godere un po’ di sole con gli uccellini in alto che volano. E se uscendo allo scoperto devi abbondonare le solide mura (di pure certezze) di cui ti eri contornato e affrontare le inside dell’incertezza, ben venga!
In ogni branchia delle scienza ci sono discussioni che vanno al di la’ dell’oggetto della scienza in questione, e la matematica forse ne e’ uno dei maggiori esempi. Pero’ se queste discussioni non possono essere dirente tramite i soliti strumenti di cui la matematica fa sfoggio, non e’ per questo che siano prive di valore o di senso. Puo’ darsi benissimo che in futuro, nuovi strumenti matematici possano aggredire anche queste questioni (come io pensavo avessere gia fatto)..come gia accaduto in altri ambiti...ma ora, in mancanza di questo, ci dobbiamo accontentare della ns. sensibilita’= non tutto ciò che non e’ matematicamente inquadrabile ha scarso valore di conoscenza.
E dimmi, delirium, come il matematico reputa che un nuovo teorema sia degno di significato, sia importante, sia rilevante ,non banale ? Se non affidandosi alla propria sensibilita’? Sai benissimo che una macchina puo’ dimostrare migliaia di teoremi..e sfornarne automaticamente di nuovi...ma non sa discernere tra quelli significativi..e quelli inutili. E che dire delle dimostrazioni “eleganti”? Che senso, quindi, dare alle parole “elegante” e “importante”, se non qualcosa che proviene dal ns. intuito, alla ns. sensibilita’, al ns. senso estetico e NON DA UN ALGORITMO MATEMATICO NE DA UN OPERATORE LOGICO.
Pensala come vuoi, ma il senso della matematica si trova forse fuori da essa, in un limbo informe dai contorni vibranti e incerti che e’ duopo indagare, anche sbagliando, forti del desiderio di capire.
Bene detto questo per me la questione non e’ di cercare capire il rapporto tra la matematica e la realta’, ma quello triangolare e piu complesso : realta’- uomo - matematica. (dove non e’ detto che l’uomo sia al centro)..e di cercare di scovarne le interrelazioni . Io non sono all’altezza, nemmeno un po’, di tale compito..servirebbero capacita’ e conoscenze assai piu corpose di quelle che, miseramente, dispongo, come giustamente mi fa notare delirium. Quindi forse sarà meglio che lasci perdere. Vi lascio pero con un pensiero di Majorana
"C'è nella filosofia della scienza di oggi un'immensa diffidenza della natura. Forse un nuovo spirito apollineo che ha paura della verità naturale e vuol costruire qualcosa di puro, di razionale,di immateriale, per cui il rigore logico, la dimostrazione matematica, il calcolo sublime darebbero la misura del vero... Tuttavia non si può non pensare che la concezione deterministica della natura racchiuda in sè una reale causa di debolezza nell'irrimediabile contraddizione che essa incontra con i dati più certi della nostra coscienza."
Queste parole esprimono forse il sospetto che meccanizzando l'intelligenza,riducendola alle sue componenti ipotetico-deduttive, illuminandola troppo di luce razionale, staccandola insomma dalla sua matrice corporea e biologica, si potrebbe provocarne l'atrofia. Ciò dimostrerebbe davvero che la conoscenza alta, razionale econsapevole è una sorta di irradiazione superficiale dell'altra e ben più robusta conoscenza che si annida nei ventricoli oscuri del corpo.
Saluti a tutti e buon lavoro.
Tancredi
Non sono ne un matematico, ne un filosofo : sono un nessuno, ancor meno di un clown. Ho solo espresso dei dubbi, da profano, pensando , onestamente, che gli operatori esperti come voi li avessero chiariti da tempo. Invece mi sembra di no, anzi, onestamente, avverto in delirium un che di aggressivo, come se si stentisse minacciato. Tranquillo, io mai penserei di scacciarti dal paradiso di certezze sul quale ti sei stanziato, facevo solo delle domande a chi ne sa sicuramente piu di me. Ma perche dici che non sei un clown? Io mai l’ho pensato ne penso di mettere in dubbio la tua straordinaria competenza. Anzi amerei fossi dalla mia parte e non che ti sentissi antagonista, prono a difendere gli alti ideali della purezza formale matematica (che peraltro, condivido) , contro il mare dei ciarlatani le cui onde son sempre piu alte.
Quello che penso e’ che, per “fondare” la competenza su una base un po’ piu allargata che non sia l’oggetto stesso della competenza (un po’ come tirarsi fuori dalle paludi afferrandosi per i capelli), sia necessario piantare dei picchetti a terra e facendo questo sporcarti la mani con la mota informe che giace ben sotto le purezze ideali matematiche. E son certo che, sebbene sia sporco e faticoso piantare i picchetti al di la del ns. mondo che amavamo tanto, una volta che lo si fa o che si tenta di farlo, ci sentiamo appagati, felici, realizzati. Nessuno e’ contento di peregrinare in migliaia di gallerie (da altri scavate) nelle profondita’ della terra (o dell’analisi), senza mai uscire per vedere da dove vengono...o dove potrebbero portare, le gallerie stesse! E godere un po’ di sole con gli uccellini in alto che volano. E se uscendo allo scoperto devi abbondonare le solide mura (di pure certezze) di cui ti eri contornato e affrontare le inside dell’incertezza, ben venga!
In ogni branchia delle scienza ci sono discussioni che vanno al di la’ dell’oggetto della scienza in questione, e la matematica forse ne e’ uno dei maggiori esempi. Pero’ se queste discussioni non possono essere dirente tramite i soliti strumenti di cui la matematica fa sfoggio, non e’ per questo che siano prive di valore o di senso. Puo’ darsi benissimo che in futuro, nuovi strumenti matematici possano aggredire anche queste questioni (come io pensavo avessere gia fatto)..come gia accaduto in altri ambiti...ma ora, in mancanza di questo, ci dobbiamo accontentare della ns. sensibilita’= non tutto ciò che non e’ matematicamente inquadrabile ha scarso valore di conoscenza.
E dimmi, delirium, come il matematico reputa che un nuovo teorema sia degno di significato, sia importante, sia rilevante ,non banale ? Se non affidandosi alla propria sensibilita’? Sai benissimo che una macchina puo’ dimostrare migliaia di teoremi..e sfornarne automaticamente di nuovi...ma non sa discernere tra quelli significativi..e quelli inutili. E che dire delle dimostrazioni “eleganti”? Che senso, quindi, dare alle parole “elegante” e “importante”, se non qualcosa che proviene dal ns. intuito, alla ns. sensibilita’, al ns. senso estetico e NON DA UN ALGORITMO MATEMATICO NE DA UN OPERATORE LOGICO.
Pensala come vuoi, ma il senso della matematica si trova forse fuori da essa, in un limbo informe dai contorni vibranti e incerti che e’ duopo indagare, anche sbagliando, forti del desiderio di capire.
Bene detto questo per me la questione non e’ di cercare capire il rapporto tra la matematica e la realta’, ma quello triangolare e piu complesso : realta’- uomo - matematica. (dove non e’ detto che l’uomo sia al centro)..e di cercare di scovarne le interrelazioni . Io non sono all’altezza, nemmeno un po’, di tale compito..servirebbero capacita’ e conoscenze assai piu corpose di quelle che, miseramente, dispongo, come giustamente mi fa notare delirium. Quindi forse sarà meglio che lasci perdere. Vi lascio pero con un pensiero di Majorana
"C'è nella filosofia della scienza di oggi un'immensa diffidenza della natura. Forse un nuovo spirito apollineo che ha paura della verità naturale e vuol costruire qualcosa di puro, di razionale,di immateriale, per cui il rigore logico, la dimostrazione matematica, il calcolo sublime darebbero la misura del vero... Tuttavia non si può non pensare che la concezione deterministica della natura racchiuda in sè una reale causa di debolezza nell'irrimediabile contraddizione che essa incontra con i dati più certi della nostra coscienza."
Queste parole esprimono forse il sospetto che meccanizzando l'intelligenza,riducendola alle sue componenti ipotetico-deduttive, illuminandola troppo di luce razionale, staccandola insomma dalla sua matrice corporea e biologica, si potrebbe provocarne l'atrofia. Ciò dimostrerebbe davvero che la conoscenza alta, razionale econsapevole è una sorta di irradiazione superficiale dell'altra e ben più robusta conoscenza che si annida nei ventricoli oscuri del corpo.
Saluti a tutti e buon lavoro.
Tancredi
Sarò franco. A me, dei rapporti tra la Matematica e tutto il resto, per ora, non frega niente. Non a caso ho detto che io non possiedo risposte alle tue domande. In realtà queste argomentazioni farraginose sono la produzione di filosofi gelosi che vanno a cercare il marcio dove non c'è, soltanto perché nella loro dottrina non sono mai riusciti a mettersi d'accordo su nulla, e che vanno a rompere le uova nel paniere ad altri citando Gödel a sproposito mentre non sono nemmeno in grado di mettere in fila due quantificatori logici ("Sono i filosofi ad intorbidire le acque!" diceva il Wittgenstein di Jarman).
Quindi il mio consiglio è: se i tuoi dubbi sono di tipo prettamente matematico, qui troverai ogni sorta di risposta, e tutti (o quasi) ti forniranno dettagli e/o parti di una risposta che è di per sé univoca. Se vai invece cercando risposte a questioni di tipo fondazional/filosofico sulla natura della Matematica, sui suoi rapporti con il reale e la mente e altre chiacchiere simili, ti ho già detto che troverai lunghissime ed inconcludenti discussioni nella stanza Generale; ma sappi che se questo è il tuo fine, ti stai inoltrando in un ginepraio - senza una solida preparazione scientifica e forti conoscenze matematiche si rischia ben presto di finire a parlare del nulla.
Queste le opinioni, non di un clown, ma di un misero studente universitario.
Quindi il mio consiglio è: se i tuoi dubbi sono di tipo prettamente matematico, qui troverai ogni sorta di risposta, e tutti (o quasi) ti forniranno dettagli e/o parti di una risposta che è di per sé univoca. Se vai invece cercando risposte a questioni di tipo fondazional/filosofico sulla natura della Matematica, sui suoi rapporti con il reale e la mente e altre chiacchiere simili, ti ho già detto che troverai lunghissime ed inconcludenti discussioni nella stanza Generale; ma sappi che se questo è il tuo fine, ti stai inoltrando in un ginepraio - senza una solida preparazione scientifica e forti conoscenze matematiche si rischia ben presto di finire a parlare del nulla.
Queste le opinioni, non di un clown, ma di un misero studente universitario.
@ tancre: Il punto fondamentale da cui parte il tuo discorso è:
E da questo assunto cominciano i tuoi problemi "filosofici", secondo me; perciò mi preme farti notare un paio di cose.
L'assunto dell'unicità della "cosa" è stato messo in dubbio all'inizio del '900 e la sua presenza nella Scienza è stata riconosciuta come ingiustificata ed ingiustificabile. Anzi, si è dimostrato che l'osservazione è strettamente legata alla descrizione della realtà e che, in un certo senso, la descrizione dipende in maniera sostanziale dall'osservatore (nel senso che, in generale, osservatori differenti forniscono descrizioni differenti dello stesso accadimento).
Continuare ad asserire che esiste un'unica realtà, nonostante il fatto che ogni osservatore colga solo aspetti diversi di essa e mai il quadro generale, è sembrata una forzatura; perciò questa idea dell'unicità della realtà è stata accantonata.
Una volta accantonato tale assunto di unicità, il discorso filosofico-scientifico si è focalizzato ovviamente sul fenomeno della descrizione del reale, sui suoi molteplici aspetti, sul ruolo della comunicazione e sulla sua qualità; insomma, se mi si passa il termine, ci si è concentrati sulla "fenomenologia dei modelli".
Una questione affrontata è la seguente: sappiamo che molti modelli matematici funzionano (perché ci hanno consentito di prevedere molti fenomeni e di modificare il nostro mondo); tuttavia non riusciamo a descrivere in maniera soddisfacente tutti i fenomeni; quindi, è possibile partire da modelli che funzionano cercare di costruirne altri "migliori"?
Viene da sé che, in quest'ottica, il capire "perché" i modelli funzionino non è più un problema fondamentale; l'importante è capire "come" funzionano, per migliorarli... Insomma, serve analizzare bene la "tecnica di costruzione" dei modelli.
Un'altra questione è: esiste un modo per descrivere la realtà creando meno ambiguità possibile tra osservatori dello stesso accadimento? Ovvero, in quale linguaggio conviene esprimere ciò che si osserva?
Qui la risposta è stata quella di rivolgersi all'unico linguaggio fomalizzato che l'uomo conosca, cioè la Matematica.
In quest'ottica, è stata completamente ribaltata l'idea di Galilei: la Matematica non è più il linguaggio che la Natura usa per scrivere il suo libro; al contrario, essa è il linguaggio in cui l'uomo annota le proprie osservazioni sulla Natura in modo da renderle comprensibili ai suoi successori.
@ moderatori: Secondo me conviene spostare tutto in Generale.
Esiste "qualcosa" anche se nessuno la osserva o la descrive: tale "cosa" è unica e si chiama realtà.
E da questo assunto cominciano i tuoi problemi "filosofici", secondo me; perciò mi preme farti notare un paio di cose.
L'assunto dell'unicità della "cosa" è stato messo in dubbio all'inizio del '900 e la sua presenza nella Scienza è stata riconosciuta come ingiustificata ed ingiustificabile. Anzi, si è dimostrato che l'osservazione è strettamente legata alla descrizione della realtà e che, in un certo senso, la descrizione dipende in maniera sostanziale dall'osservatore (nel senso che, in generale, osservatori differenti forniscono descrizioni differenti dello stesso accadimento).
Continuare ad asserire che esiste un'unica realtà, nonostante il fatto che ogni osservatore colga solo aspetti diversi di essa e mai il quadro generale, è sembrata una forzatura; perciò questa idea dell'unicità della realtà è stata accantonata.
Una volta accantonato tale assunto di unicità, il discorso filosofico-scientifico si è focalizzato ovviamente sul fenomeno della descrizione del reale, sui suoi molteplici aspetti, sul ruolo della comunicazione e sulla sua qualità; insomma, se mi si passa il termine, ci si è concentrati sulla "fenomenologia dei modelli".
Una questione affrontata è la seguente: sappiamo che molti modelli matematici funzionano (perché ci hanno consentito di prevedere molti fenomeni e di modificare il nostro mondo); tuttavia non riusciamo a descrivere in maniera soddisfacente tutti i fenomeni; quindi, è possibile partire da modelli che funzionano cercare di costruirne altri "migliori"?
Viene da sé che, in quest'ottica, il capire "perché" i modelli funzionino non è più un problema fondamentale; l'importante è capire "come" funzionano, per migliorarli... Insomma, serve analizzare bene la "tecnica di costruzione" dei modelli.
Un'altra questione è: esiste un modo per descrivere la realtà creando meno ambiguità possibile tra osservatori dello stesso accadimento? Ovvero, in quale linguaggio conviene esprimere ciò che si osserva?
Qui la risposta è stata quella di rivolgersi all'unico linguaggio fomalizzato che l'uomo conosca, cioè la Matematica.
In quest'ottica, è stata completamente ribaltata l'idea di Galilei: la Matematica non è più il linguaggio che la Natura usa per scrivere il suo libro; al contrario, essa è il linguaggio in cui l'uomo annota le proprie osservazioni sulla Natura in modo da renderle comprensibili ai suoi successori.
@ moderatori: Secondo me conviene spostare tutto in Generale.
Ciao,
Confesso che sono sorpreso. Pensavo che i matematici si dessero cura di affrontare non sono le questioni interne ma, e soprattutto, quelle relazionali tra questa ed il reale e tra questa e la mente. Insomma, più che spazzarle sotto il tappeto come "noiose" o peggio ingenue e infantili, forse sarebbe meglio aver chiaro questo più che gli anfratti analitici. O no? Daccordo capisco che tali questioni non sono attaccabili con i metodi matematici e quindi sembrerà di passare dal campo delle limpide certezze al pantano delle diatribe filosofiche. Ma le certezze private degli ancoraggi sugli enti che l hanno generate non rischiano di apparire futili?
Insomma, almeno questo doveste aver chiarito : la matematica è contingente o necessaria?
Se contingente, l efficacia che ha sul mondo da dove proviene? Da noi, creatori dell una e dell altro? Mah..
Se necessaria , perché il mondo, contingente, dovrebbe soggiagerci? Mah..
Saluti Tancredi
Confesso che sono sorpreso. Pensavo che i matematici si dessero cura di affrontare non sono le questioni interne ma, e soprattutto, quelle relazionali tra questa ed il reale e tra questa e la mente. Insomma, più che spazzarle sotto il tappeto come "noiose" o peggio ingenue e infantili, forse sarebbe meglio aver chiaro questo più che gli anfratti analitici. O no? Daccordo capisco che tali questioni non sono attaccabili con i metodi matematici e quindi sembrerà di passare dal campo delle limpide certezze al pantano delle diatribe filosofiche. Ma le certezze private degli ancoraggi sugli enti che l hanno generate non rischiano di apparire futili?
Insomma, almeno questo doveste aver chiarito : la matematica è contingente o necessaria?
Se contingente, l efficacia che ha sul mondo da dove proviene? Da noi, creatori dell una e dell altro? Mah..
Se necessaria , perché il mondo, contingente, dovrebbe soggiagerci? Mah..
Saluti Tancredi
"tancre":
Salve,
Grazie per le risposte che mi sembrano convincenti. Tutti i segmenti, e addirittura i segmenti e lo spazio, hanno i componenti di cui sono in relazione biunivoca tra loro e quindi sono equipotenti. (una è uno stato di cose è la altro è il nome affibbiatogli ? )
Mi sembra anche di aver letto che, se un insieme è in relazione biunivoca con una sua sottoparte, allora è il infinito.
Più o meno ci siamo. Questa definizione di insieme infinito fu data da Dedekind.
"tancre":
Se vado bene, allora, certo ho scoperto l acqua calda.
Esatto.
Le domande che poni in seguito sono le classiche questioni da un milione di dollari. Se cerchi un po' in giro, troverai che se n'è già discusso parecchio. In primo luogo si pone la questione dello spazio: cos'è? E' davvero necessaria l'adozione di una metrica per poter parlare di spazio? E, soprattutto: lo spazio è continuo? La definizione di punto come ente geometrico ha una sua controparte nel mondo "reale"? Sono domande a cui non so rispondere.
Salve,
Grazie per le risposte che mi sembrano convincenti. Tutti i segmenti, e addirittura i segmenti e lo spazio, hanno i componenti di cui sono in relazione biunivoca tra loro e quindi sono equipotenti. (una è uno stato di cose è la altro è il nome affibbiatogli ? )
Mi sembra anche di aver letto che, se un insieme è in relazione biunivoca con una sua sottoparte, allora è il infinito.
Fino qua vado bene oppure ho già cannato?
Se vado bene, allora, certo ho scoperto l acqua calda. E dal momento che ho pensato di idealizzare le ruote in circonferenze e poi in segmenti, non mi sono accorto di entrare in un mondo diverso e quindi il numero di enti, anche se di stessa dimensione, non influisce sulla dimensione.
La mia sorpresa era quella di constatare che due circonferenze concentriche, di diversa dimensione, hanno o sembrano avere, lo stesso numero di punti.
Quindi, sempre se vado bene, da una parte è la realtà dove il numero di enti di cui è composta una cosa conta, da una parte la geometria e l analisi dove questo non sussiste.
Eccomi allora alla domanda : se il due mondi sono cosi diversi e apparentemente inconciliabili, come è che il secondo è cosi efficace nel descrivere il primo?
Non doverebbero entrambi avere principi omologhi e non in contraddizione?
Oppure i principi da voi descritti operano pure nella realtà tangibile ma non c'è verso di vederli in atto colà e ciò che appare ai ns. sensi e alla ns. mente circa la realtà è una sua rozza approssimazione che solo la analisi rivela per quella che è ?
Se la seconda ipotesi è quella giusta, cioè che la realtà e la matematica sono omologhe ma a noi sembrano diverse, allora il problema siamo noi ed il nostro intuito?
Io non penso sia cosi, penso che l due mondi siano disgiunti nei principi fondamentali ma non mi spiego perché uno è cosi efficace nel descrivere l altro.
Sarà che ci SEMBRA solo efficace, poiché in denifitiva, siamo noi gli interpreti di entrambi ? Ad altri interpreti, la ns. analisi , la matematica, e la geometria sembrerebbero delle favole di Grimm?
Insomma, quanto c'è umano, di antropomorfo nella matematica? Nulla poco tutto?
Saluti Tancredi
Grazie per le risposte che mi sembrano convincenti. Tutti i segmenti, e addirittura i segmenti e lo spazio, hanno i componenti di cui sono in relazione biunivoca tra loro e quindi sono equipotenti. (una è uno stato di cose è la altro è il nome affibbiatogli ? )
Mi sembra anche di aver letto che, se un insieme è in relazione biunivoca con una sua sottoparte, allora è il infinito.
Fino qua vado bene oppure ho già cannato?
Se vado bene, allora, certo ho scoperto l acqua calda. E dal momento che ho pensato di idealizzare le ruote in circonferenze e poi in segmenti, non mi sono accorto di entrare in un mondo diverso e quindi il numero di enti, anche se di stessa dimensione, non influisce sulla dimensione.
La mia sorpresa era quella di constatare che due circonferenze concentriche, di diversa dimensione, hanno o sembrano avere, lo stesso numero di punti.
Quindi, sempre se vado bene, da una parte è la realtà dove il numero di enti di cui è composta una cosa conta, da una parte la geometria e l analisi dove questo non sussiste.
Eccomi allora alla domanda : se il due mondi sono cosi diversi e apparentemente inconciliabili, come è che il secondo è cosi efficace nel descrivere il primo?
Non doverebbero entrambi avere principi omologhi e non in contraddizione?
Oppure i principi da voi descritti operano pure nella realtà tangibile ma non c'è verso di vederli in atto colà e ciò che appare ai ns. sensi e alla ns. mente circa la realtà è una sua rozza approssimazione che solo la analisi rivela per quella che è ?
Se la seconda ipotesi è quella giusta, cioè che la realtà e la matematica sono omologhe ma a noi sembrano diverse, allora il problema siamo noi ed il nostro intuito?
Io non penso sia cosi, penso che l due mondi siano disgiunti nei principi fondamentali ma non mi spiego perché uno è cosi efficace nel descrivere l altro.
Sarà che ci SEMBRA solo efficace, poiché in denifitiva, siamo noi gli interpreti di entrambi ? Ad altri interpreti, la ns. analisi , la matematica, e la geometria sembrerebbero delle favole di Grimm?
Insomma, quanto c'è umano, di antropomorfo nella matematica? Nulla poco tutto?
Saluti Tancredi
Ieri sono stato fino alle due di notte a cercare di capire..ma quello che che ho capito e' che e' un problema talmente complesso e profondo che nel tentativo di sviscerarlo fino in fondo, menti geniali hanno perso la ragione!!! E' la famosa ipotesi del Continuo mi sembra di capire... incomprensibile per i comuni mortali ma pure per matematici non di genio!
Se ho capito bene, tale ipotesi fece impazzire Kantor nel tentativo di dimostrarla.. poi l'Incredibile genio Godel dimostro che... non si puo dimostrare che sia falsa (non dimostra che e' falsa, ma dimostro' che non si puo dimostrare che sia falsa!).
Sarebbe gia da spararsi nei maroni..ma un certo Cohen, dimostro' che non si puo' dimostrare nemmeno che sia vera (di nuovo si parla di dimotrazioni non di fatti, ma di dimostrazioni di dimostrazioni!).
Questa roba non c'entra niente né con l'ipotesi del continuo né tantomeno con Gödel (sempre citato a sproposito... Poverino, lasciamolo riposare in pace!). E quel thread è pieno di super****le infilate una dietro l'altra.
Per l'amor di dio (se esiste), fallo per noi, lascia perdere quanto ti hanno ivi detto.
Vorrei accodarmi a gugo con un'altra considerazione: questo, infatti, è un classico (e controintuitivo, sì) problema di equipotenza. Due insiemi si dicono infatti equipotenti se è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra di essi; in parole povere, se è possibile associare ad ogni elemento del primo insieme uno ed un solo elemento del secondo insieme, e viceversa. Ora, quando si ha a che fare con il continuo saltano fuori cose strane come questa. Tanto per dirtene un'altra, è possibile dimostrare che il segmento \(\displaystyle [0,1] \) "contiene tanti punti quanti ne contiene" \(\displaystyle \mathbb{R}^3 \), ossia lo spazio tridimensionale, che si guarda bene dall'essere limitato. E pure \(\displaystyle [0,1] \) e \(\displaystyle (0,1) \) sono equipotenti, dove il secondo è il primo a cui vengono cavati due punti.
Il problema è che la cardinalità non misura la lunghezza, né viceversa.
In altre parole, dal fatto che due insiemi abbiano lo stesso "numero di punti" non segue in alcun modo che essi abbiano la stessa "lunghezza"; né, viceversa, dal fatto che due insiemi abbiano la stessa "lunghezza" segue in alcun modo che essi abbiano lo stesso "numero di punti".
Ad esempio, sulla retta reale, ogni insieme finito di punti ha lunghezza nulla; ma anche ogni insieme numerabile di punti ha lunghezza nulla; e ci sono insiemi più che numerabili di punti aventi lunghezza nulla.
Viceversa, una retta ed un segmento hanno lo stesso "numero di punti" e però la prima ha lunghezza infinita ed il secondo ha lunghezza finita.
In altre parole, dal fatto che due insiemi abbiano lo stesso "numero di punti" non segue in alcun modo che essi abbiano la stessa "lunghezza"; né, viceversa, dal fatto che due insiemi abbiano la stessa "lunghezza" segue in alcun modo che essi abbiano lo stesso "numero di punti".
Ad esempio, sulla retta reale, ogni insieme finito di punti ha lunghezza nulla; ma anche ogni insieme numerabile di punti ha lunghezza nulla; e ci sono insiemi più che numerabili di punti aventi lunghezza nulla.
Viceversa, una retta ed un segmento hanno lo stesso "numero di punti" e però la prima ha lunghezza infinita ed il secondo ha lunghezza finita.