Cosa è meglio fare quando si prova la sensazione di non capirci più nulla?
Secondo voi, cosa è meglio fare quando, durante un corso di laurea, in realtà quasi alla fine dello stesso (ovvero al termine del penultimo semestre), si arriva a provare con una certa costanza, e sempre più spesso durante lo studio, la sensazione di non capire più nulla dell'utile a passare gli esami di quello che si sta studiando, di non avere più una forma di controllo sulla propria carriera accademica, di essere stanchi di preparare e poi sostenere esami, di aver perso definitivamente ogni manifestazione di ansia negli ultimi esami, sostituite da un beffardo senso di rassegnazione e da un inizialmente vaghissimo e poi sempre più evidente senso di amor fati, e di aver finito la voglia di studiare?
Perché succede?
È una situazione inevitabile, che più o meno evidentemente riguarda tutti e che possibilmente si risolve per il meglio? O necessariamente per il peggio?
È successo anche a voi?
Come ne siete usciti?
Perché succede?
È una situazione inevitabile, che più o meno evidentemente riguarda tutti e che possibilmente si risolve per il meglio? O necessariamente per il peggio?
È successo anche a voi?
Come ne siete usciti?
Risposte
"gabriella127":
C'è da tenere presente che gli esami [...]. Ci può essere una antipatia particolare per questa forma di studio. Io all'università mal sopportavo il tipo di studio richiesto per l'esame, lo trovavo una cosa troppo passiva, quell'imparare la roba sui libri e andarla poi a raccontare a pappardella ai professori.
Io non ho mai sopportato (e tuttora non sopporto) gli orali. Non credo che implichino di per se stessi uno studio passivo, ma davanti al prof passivi lo si diventa, perché la rielaborazione personale è pericolosa: si rischia che il prof, invece di apprezzare lo "sforzo", si concentri su qualche inesattezza o qualche cosa che non gli piace e, invece di premiarti, di penalizza.
Anche per questo, come per te, la tesi è stata per me un'esperienza meravigliosa. Mi sentivo finalmente libera di "esplorare il campo" come volevo, nei limiti del senso critico e della coerenza.
Sulla causa di questo scoraggiamento diffuso tra gli studenti, penso che sia dovuto in gran parte alla fatica, all'impegno, alla responsabilità, al momento che sta vivendo l'Italia. E forse anche a come è organizzata l'università. Forse andrebbe meglio se fosse diverso (meno formale) il rapporto con i docenti. In effetti molti si rendono disponibili a un dialogo, a dare spiegazioni durante l'orario di ricevimento, e poi non ci andiamo. E invece è proprio il confronto diretto che può rendere bella l'esperienza universitaria, altrimenti si riduce tutto all'esame.
Un mio amico che studiava in Germania mi raccontava che all'università gli studenti (ok, del dottorato) andavano alle grigliate con i prof. Come sarebbe vivere l'università in modo un po' più informale, più sciolto e meno gerarchizzato? Sarebbe bello!
Sono andata fuori tema? e va beh!

Allora l'esame era tosto, e sei stato bravo a farcela in un momento di scoraggiamento. Un mio amico diceva che gli esami sono come gli Orazi e i Curiazi, bisogna combatterci contro a uno a uno.
Dai che poi finiscono, e si fa un bel rogo non dei libri, che adoro, ma degli statini! Te lo dice una che non vedeva la luce in fondo al tunnel e dopo l'ultimo esame ha stapppato una bottiglia di Veuve Cliquot alta un metro!
Dai che poi finiscono, e si fa un bel rogo non dei libri, che adoro, ma degli statini! Te lo dice una che non vedeva la luce in fondo al tunnel e dopo l'ultimo esame ha stapppato una bottiglia di Veuve Cliquot alta un metro!
Concordo.
Gli esami possono anche non finire mai, basta avere gli strumenti, le capacità e la necessità di sostenerli, alcuni esami sono davvero superflui, insomma, è come se stessero lì perché devono esserci e per nessun altro motivo.
Anch'io credo di avere la tua passata tendenza ad accenderti e spegnerti a intermittenza, però accetto tutto, l'ultimo esame si è concluso con uno stentato 23, ma era uno di quelli pieni zeppi di integrali, derivate ed equazioni differenziali, il tutto applicato a degli esperimenti di laboratorio. Insomma, uno di quelli tosti.
È un piacere sentire anche il tuo parere.
Gli esami possono anche non finire mai, basta avere gli strumenti, le capacità e la necessità di sostenerli, alcuni esami sono davvero superflui, insomma, è come se stessero lì perché devono esserci e per nessun altro motivo.
Anch'io credo di avere la tua passata tendenza ad accenderti e spegnerti a intermittenza, però accetto tutto, l'ultimo esame si è concluso con uno stentato 23, ma era uno di quelli pieni zeppi di integrali, derivate ed equazioni differenziali, il tutto applicato a degli esperimenti di laboratorio. Insomma, uno di quelli tosti.
È un piacere sentire anche il tuo parere.
"Vikhr":
Ho fatto come hai detto, e la sessione non si è chiusa in bianco.
Ciao Vikhr, prima cosa complimenti per l'esame/gli esami superati, soprattutto per essere riuscito a superare il blocco di cui ti lamentavi.
Ho letto i messaggi di questo thread, che mi hanno fatto molto pensare, anche a mie esperienze passate.
Scusa se intervengo, non essendo una studentessa, ormai i miei anni universitari sono lontani.
Volevo dirti però, tra le molte cose che mi sono venute in mente, una cosa della mia esperienza, nel caso ti possa essere utile.
C'è da tenere presente che gli esami, proprio la 'forma-esame' dell'università è un tipo di studio e di prova particolare, che mgrazie al cielo poi dopo la laurea non si ripete più, se non caso mai in qualche concorso. Ci può essere una antipatia particolare per questa forma di studio.
Io all'università mal sopportavo il tipo di studio richiesto per l'esame, lo trovavo una cosa troppo passiva, quell'imparare la roba sui libri e andarla poi a raccontare a pappardella ai professori. Sono sempre andata benissimo agli esami, avevo tutti trenta, ma ho rallentato molto proprio per questa insofferenza, che mi faceva faticare a studiare, quasi un blocco, passavo lunghi periodi senza studiare.
Le cose sono cambiate completamente quando ho dovuto fare la tesi. Allora c'era la quadriennale e la tesi era una cosa importante, per la quale si richiedeva circa un anno di studio. Be', sono cambiata completamente, non c'era da imparare a pappagallo, ma leggere, elaborare, impostare un discorso proprio, sostenere una tesi, soprattutto scrivere, invece di leggere e ripetere, etc. Ho fatto una tesi moolto impegnativa, in tempi molto veloci data la mole, con cui ho vinto borse di studio, e senza soffrire come per gli esami.
Naturalmente non ti conosco, e non so dove risiedono le tue difficoltà, ma non darti la croce addosso, può pure essere che sei insofferente ad aspetti specifici dell'università come è organizzata. Ognuno ha il suo carattere. E un tipo di carattere che è meno funzionale in certe situazioni, può funzionare benissimo, e meglio di altri, in altre situazioni.
E soprattutto la frase 'gli esami non finiscono mai' è una balla!! Grazie al cielo finiscono e si comincia respirare!!
Mille auguri!
Ho fatto come hai detto, e la sessione non si è chiusa in bianco.
In fin dei conti poco importa.
@ Vikhr: Forse dovresti lasciare perdere analisi II per ora e fare qualche altro esame e poi tornarci su a mente più fresca e riposata.
@ Vikhr: Forse dovresti lasciare perdere analisi II per ora e fare qualche altro esame e poi tornarci su a mente più fresca e riposata.
"vict85":
[quote="Intermat"]È necessario? [strike]No.[/strike]
Certo che è stato necessario. Molta matematica è nata per risolvere problemi delle teorie precedenti, per trovare soluzioni a problemi irrisolvibili con i metodi precedenti e per cercare di applicare alcune metodologie e situazioni in cui i vecchi metodi non permettevano di farlo.
Detto questo vorrei farti notare che non tutte le successioni di Cauchy convergono al di fuori di \(\displaystyle \mathbb{R} \). Banalmente non lo fanno nei numeri razionali. E senza le generalizzazioni alla banalissima teoria che viene presentata in analisi 1, non potresti usare lo stesso metodo per la convergenza uniforme di funzioni oppure per quella quasi ovunque in probabilità. Senza parlare delle convergenza in probabilità.
Quello che intendo dire è che si potrebbe tranquillamente spiegare direttamente una versione leggermente più generale relegando il 90% dei teoremi presentati oggi ad esempi o corollari. Inoltre \(\displaystyle \mathbb{R} \) è piuttosto unico, quindi è spesso impossibile applicare in modo diretto molti dei risultati che valgono per lui. Pensa a quanta nuova teoria è necessaria per passare da \(\displaystyle \mathbb{R} \) a \(\displaystyle \mathbb{R}^2 \).[/quote]
Continuiamo a non capirci.
Io ho detto che molte cose (convergenza di un algoritmo, di un metodo iterativo etc...) sono dimostrate con i teoremi di analisi I e II. Si potrebbero dimostrare con altri teoremi più generali? Si. Servono per quella particolare necessità? NO. Poi come dici tu ci sono cose che con le nozioni di analisi I e II non si possono fare, ma questo è normale. Io ho semplicemente detto che le cose di analisi I e II sono utili perché più che sufficienti per dimostrare ciò che ti serve in corsi successivi. Non puoi pretendere che analisi I e II siano più generali di come sono ora, facendo così molte cose sarebbero meno intuitive e in più già adesso analisi I e II sono viste come inutili figurati rendendole più astratte. Comunque a parte questo io continuo a sostenere che analisi I e II sono utili per molti corsi, e lo dico perché me le sono ritrovate non perché lo credo in astratto. Sicuramente per fare ricerca, anche in campo ingegneristico (ottimizzazione vincolata e non, data mining etc), servirà una teoria più ampia che "esplori" meglio $RR^n$ ma per quello che si deve imparare in un corso della triennale-magistrale non è necessario.
PS: La questione della serie di cauchy, era un esempio e ho scritto etc... perché non era mio interesse discutere della convergenza di una serie di Cauchy. Semplicemente alcune serie in un determinato dominio vedi che convergono notando che sono di Cauchy. Era, per l'appunto, solo per mettere in evidenza come alcune questioni semplici possono essere risolte con cose viste in analisi I. Sicuramente per un laureato in matematica sembrerà strano perché lui direbbe "questa serie converge per il teorema X" ma, per un corso qualsiasi di ingegneria, è più che sufficiente notare la convergenza vedendo quella analogia.
Può essere, ma tieni conto che le specialistiche spesso sono aperte a laureati triennali di altri corsi. Poi come ho detto sono numeri molto rozzi, non fanno distinguo particolari, ci sono i dati di tutta Italia sulle lauree di area scientifica, magari la differenza fra chimica, matematica ed ingegneria è enorme. Oppure c'è molta differenza fra chimica a Bari, Trieste o Firenze, sta di fatto che i numeri medi sono quelli.
In realtà la specialistica per i chimici è in molti casi una passeggiata rispetto alla triennale se la prima è stata fatta seriamente, al punto che uno si potrebbe tranquillamente laureare in meno di un anno se non fosse richiesta la presenza ai laboratori e la relazione delle esperienze. Almeno così i miei professori dicono di continuo.
Intervengo solo per segnalare il sito dell'anagrafe degli studenti universitari:
http://anagrafe.miur.it/index.php
Navigando un po' fra i dati ci si rende conto che arrivare alla laurea, in Italia, non è affatto facile, basta vedere il rapporto fra la popolazione universitaria ed i laureati ogni anno per rendersene conto. Il tasso di abbandono è in media altissimo, in particolare proprio nelle università scientifiche.
La mia ricerca è certamente frettolosa e rozza, ma è tanto per dare un'idea:
Immatricolati a corsi triennali di facoltà scientifiche anno 2009/2010 : 92.288
Laureati a corsi triennali di facoltà scientifiche anno 2011/2012: 51.118
Laureati a corsi specialistici di facoltà scientifiche anno 2011/2012: 33.799
Laureati a corsi specialistici di facoltà scientifiche anno 2012/2013: 33.200
Se teniamo conto che molte facoltà adottano una preselezione degli studenti attraverso i test di ingresso ci rendiamo conto che arrivare ad una laurea triennale in area scientifica non è da tutti, arrivare ad una specialistica è molto difficile e faticoso. Questi dati contrastano con l'idea di vulgata, purtroppo propagandata da una certa cultura dell'ignoranza che si è sviluppata negli ultimi anni, secondo cui laurearsi sia un gioco da ragazzi è che sia molto meglio andarsi a cercare un lavoro da idraulico o da imbianchino.
Non so se questo sia di consolazione o fonte di ulteriori crucci, sta di fatto che per arrivare ad una specialistica bisogna farsi un mazzo così e nessuno ti paga o ti garantisce un grande salario una volta raggiunto l'obbiettivo.
http://anagrafe.miur.it/index.php
Navigando un po' fra i dati ci si rende conto che arrivare alla laurea, in Italia, non è affatto facile, basta vedere il rapporto fra la popolazione universitaria ed i laureati ogni anno per rendersene conto. Il tasso di abbandono è in media altissimo, in particolare proprio nelle università scientifiche.
La mia ricerca è certamente frettolosa e rozza, ma è tanto per dare un'idea:
Immatricolati a corsi triennali di facoltà scientifiche anno 2009/2010 : 92.288
Laureati a corsi triennali di facoltà scientifiche anno 2011/2012: 51.118
Laureati a corsi specialistici di facoltà scientifiche anno 2011/2012: 33.799
Laureati a corsi specialistici di facoltà scientifiche anno 2012/2013: 33.200
Se teniamo conto che molte facoltà adottano una preselezione degli studenti attraverso i test di ingresso ci rendiamo conto che arrivare ad una laurea triennale in area scientifica non è da tutti, arrivare ad una specialistica è molto difficile e faticoso. Questi dati contrastano con l'idea di vulgata, purtroppo propagandata da una certa cultura dell'ignoranza che si è sviluppata negli ultimi anni, secondo cui laurearsi sia un gioco da ragazzi è che sia molto meglio andarsi a cercare un lavoro da idraulico o da imbianchino.
Non so se questo sia di consolazione o fonte di ulteriori crucci, sta di fatto che per arrivare ad una specialistica bisogna farsi un mazzo così e nessuno ti paga o ti garantisce un grande salario una volta raggiunto l'obbiettivo.
"Vikhr":
Per il discorso sulla convergenza, è un argomento in teoria molto interessante, ma dal lato pratico, cioè passare l'esame, a che serve dover imparare tutti i criteri per poi non averne bisogno nel corso del proseguimento degli studi e sul lavoro? A questo punto li si imparano davvero senza un fine pratico, cioè a memoria. È naturale dimenticarseli se non li si usa di continuo. È questa la mia barriera, faccio molta fatica a ricordarmi un pacco di cose che sento che non mi servono e a ripeterle all'esame, anzi, ancora peggio, ad applicarle, non solo a ripeterle. O forse sono in un periodo in cui semplicemente non mi va di farlo, perché anni fa ci riuscivo.
In che senso non servono? Insomma sono stati ideati e ti vengono insegnati solo ed esclusivamente perché servono. Insomma possono essere tanti, e può non essere facile ricordarseli tutti. Ma saperli applicare è essenziale. Una volta che impari ad usarli puoi anche studiarteli a memoria, ma non prima. Insomma ricordarli è insignificante, saperli usare è l'essenziale.
Una volta che hai dato l'esame puoi sempre cercarteli su wiki, ma se non hai imparato ad usarli wiki non ti può essere di aiuto.
"Intermat":
È necessario? [strike]No.[/strike]
Certo che è stato necessario. Molta matematica è nata per risolvere problemi delle teorie precedenti, per trovare soluzioni a problemi irrisolvibili con i metodi precedenti e per cercare di applicare alcune metodologie e situazioni in cui i vecchi metodi non permettevano di farlo.
Detto questo vorrei farti notare che non tutte le successioni di Cauchy convergono al di fuori di \(\displaystyle \mathbb{R} \). Banalmente non lo fanno nei numeri razionali. E senza le generalizzazioni alla banalissima teoria che viene presentata in analisi 1, non potresti usare lo stesso metodo per la convergenza uniforme di funzioni oppure per quella quasi ovunque in probabilità. Senza parlare delle convergenza in probabilità.
Quello che intendo dire è che si potrebbe tranquillamente spiegare direttamente una versione leggermente più generale relegando il 90% dei teoremi presentati oggi ad esempi o corollari. Inoltre \(\displaystyle \mathbb{R} \) è piuttosto unico, quindi è spesso impossibile applicare in modo diretto molti dei risultati che valgono per lui. Pensa a quanta nuova teoria è necessaria per passare da \(\displaystyle \mathbb{R} \) a \(\displaystyle \mathbb{R}^2 \).
"Vikhr":
[quote="Intermat"]Sono esercizi molto standard quindi se non li riuscissi a fare non sarebbe un buon segno.
Vuoi dire che se mi procuro i suddetti opuscoli, prendo un esercizio a caso, lo imposto ma mi blocco sistematicamente e devo andare a vedere il procedimento potrei essere poco portato per la matematica e mi converrebbe lasciar perdere?
Inoltre cosa intendi per esercizi molto standard? Il Demidovich contiene esercizi un po' più complicati degli esercizi in oggetto? [/quote]
No. Intendo che se non riesci a fare il 90% di quegli esercizi è inutile che vai all'esame [nota]Questo vale ad ingegneria, a chimica non so.[/nota] perché vuol dire che non sei ancora preparato. Il Demidovich non l'ho mai usato ma so che per alcuni argomenti è più semplice mentre per altri no. Considera che su un'edizione che ho visto c'era scritto che era stato ideato per il liceo russo....
Per il discorso sulla convergenza, è un argomento in teoria molto interessante, ma dal lato pratico, cioè passare l'esame, a che serve dover imparare tutti i criteri per poi non averne bisogno nel corso del proseguimento degli studi e sul lavoro? A questo punto li si imparano davvero senza un fine pratico, cioè a memoria. È naturale dimenticarseli se non li si usa di continuo. È questa la mia barriera, faccio molta fatica a ricordarmi un pacco di cose che sento che non mi servono e a ripeterle all'esame, anzi, ancora peggio, ad applicarle, non solo a ripeterle. O forse sono in un periodo in cui semplicemente non mi va di farlo, perché anni fa ci riuscivo.
Lo credevo anche io che fosse inutile ma sono molto importanti negli algoritmi. A volte cose che si ritengono inutili tornano quando meno te lo aspetti!
"Intermat":
Sono esercizi molto standard quindi se non li riuscissi a fare non sarebbe un buon segno.
Vuoi dire che se mi procuro i suddetti opuscoli, prendo un esercizio a caso, lo imposto ma mi blocco sistematicamente e devo andare a vedere il procedimento potrei essere poco portato per la matematica e mi converrebbe lasciar perdere?
Inoltre cosa intendi per esercizi molto standard? Il Demidovich contiene esercizi un po' più complicati degli esercizi in oggetto?
Per il discorso sulla convergenza, è un argomento in teoria molto interessante, ma dal lato pratico, cioè passare l'esame, a che serve dover imparare tutti i criteri per poi non averne bisogno nel corso del proseguimento degli studi e sul lavoro? A questo punto li si imparano davvero senza un fine pratico, cioè a memoria. È naturale dimenticarseli se non li si usa di continuo. È questa la mia barriera, faccio molta fatica a ricordarmi un pacco di cose che sento che non mi servono e a ripeterle all'esame, anzi, ancora peggio, ad applicarle, non solo a ripeterle. O forse sono in un periodo in cui semplicemente non mi va di farlo, perché anni fa ci riuscivo.
Io non dico che i teoremi nella loro versione più generale siano inutili, ci mancherebbe, semplicemente in molte, moltissime, applicazioni quelle conoscenze risultano sufficienti e quindi analisi I si rivela, nella sua parte teorica, utile. Tu vedendo una successione mi potresti dire che converge per il teorema X che io non conosco ma, per molte successioni, io ti posso dire che converge perché è una successione di cauchy etc... Per questi casi, le cui applicazioni esistono, la conoscenza di analisi I è importante. Potrebbe essere generalizzata la dimostrazione? Sicuramente. È necessario? No.
"Intermat":
Il fatto che siano casi particolari di teoremi più generali è relativamente interessante se poi quei teoremi non risultano utili in quelle stesse applicazioni. Sicuramente saranno utili per altre cose ma in molti casi i teoremi di analisi I e II sono più che sufficienti.
Il teorema da me citato ha moltissime applicazioni in più di Weierstraß e contiene banalmente ogni sua applicazione. Per esempio ogni funzione continua da una sfera ad \(\displaystyle \mathbf{R} \) ammette un massimo e un minimo, come ogni funzione da un compatto di \(\displaystyle \mathbf{R}^n \). E ovviamente, trasformando massimi e minimi con chiusura e limitatezza, hai altre applicazioni del teorema.
Similmente per il teorema dei valori intermedi. Usando l'esempio precedente, ogni funzione continua da una sfera a \(\displaystyle \mathbf{R} \) assume ogni valore compreso tra il massimo e il minimo (che come ho già detto vengono raggiunti) ed è una dimostrazione immediata dopo che dimostri che la sfera è chiusa, limitata e connessa (addirittura per archi).
Tra l'altro un teorema così specifico può forse avere una applicazione più immediata per qualcuno che non ha mai visto la topologia, ma per chiunque altro la dimostrazione del teorema di Weierstraß risulta solamente un tentativo masochistico di far a meno dei più elementari concetti di topologia.
Bisogna inoltre dire che molti dei teoremi sulle successioni di analisi 1 hanno un corrispettivo nella topologia degli spazi metrici separabili.
Quello che voglio dire è che ciò che in un esame di analisi I e II sta tra gli argomenti di teoria poi è molto utile in varie applicazioni. Il fatto che siano casi particolari di teoremi più generali è relativamente interessante se poi quei teoremi non risultano utili in quelle stesse applicazioni. Sicuramente saranno utili per altre cose ma in molti casi i teoremi di analisi I e II sono più che sufficienti.
Non sapevo fossero diventati 8.
@Intermat: i teoremi delle convergenze di successioni sono importanti ma il concetto di successione diventa limitativo quando lavori in spazi più generali ed esistono vari concetti più potenti per trattare la convergenza (al di là del fatto che non amo l'uso della convergenza quando esistono strade più immediate). Di fatto però, più che teoria si tratta comunque di esercizi, insomma sono una serie di criteri che servono per vedere quando una successione converge. Dal punto di vista teorico c'è ben poco ed è in un certo senso stato superato da altri concetti di convergenza. Weierstraß è un super caso particolare di un teorema importantissimo di topologia ("la compattezza è un proprietà topologica") di dimostrazione piuttosto banale e del fatto che in \(\displaystyle \mathbb{R}^n \) compatto è equivalente a chiuso e limitato.
Quello che dico io è che di analisi 1 e 2 devi catturarne lo spirito e le capacità pratiche, i particolari non sono invece così fondamentali come si potrebbe pensare.
@Intermat: i teoremi delle convergenze di successioni sono importanti ma il concetto di successione diventa limitativo quando lavori in spazi più generali ed esistono vari concetti più potenti per trattare la convergenza (al di là del fatto che non amo l'uso della convergenza quando esistono strade più immediate). Di fatto però, più che teoria si tratta comunque di esercizi, insomma sono una serie di criteri che servono per vedere quando una successione converge. Dal punto di vista teorico c'è ben poco ed è in un certo senso stato superato da altri concetti di convergenza. Weierstraß è un super caso particolare di un teorema importantissimo di topologia ("la compattezza è un proprietà topologica") di dimostrazione piuttosto banale e del fatto che in \(\displaystyle \mathbb{R}^n \) compatto è equivalente a chiuso e limitato.
Quello che dico io è che di analisi 1 e 2 devi catturarne lo spirito e le capacità pratiche, i particolari non sono invece così fondamentali come si potrebbe pensare.
Vai sul sito della liguori e vedi fra i notevoli volumetti disponibili del Marcellini Sbordone quale ti serve. Se non sbaglio ora ci sono tipo 8 diversi volumi tra analisi I e II. Io li ho trovati sufficienti per analisi II ad ingegneria. Quindi ti dovrebbero andare bene. Sono esercizi molto standard quindi se non li riuscissi a fare non sarebbe un buon segno. Le spiegazioni sono fatte molto bene!
PS: vict85 sicuro di non sottovalutare le proprietà di convergenza delle successioni, che si fanno in analisi I, e i teoremi come quelli di Weierstrass? Sono molto importanti, se non fondamentali, per lo studio dell'ottimizzazione vincolata e non. Le applicazioni sono notevoli...dalle reti neurali alle support vector machine. Tutto ciò, senza la conoscenza e la possibilità di applicare tali teoremi, non esisterebbe.
PS: vict85 sicuro di non sottovalutare le proprietà di convergenza delle successioni, che si fanno in analisi I, e i teoremi come quelli di Weierstrass? Sono molto importanti, se non fondamentali, per lo studio dell'ottimizzazione vincolata e non. Le applicazioni sono notevoli...dalle reti neurali alle support vector machine. Tutto ciò, senza la conoscenza e la possibilità di applicare tali teoremi, non esisterebbe.
L'eserciziario più accessibile che conosco è il Marcellini Sbordone. Penso che il tuo Analisi 2 sia coperto da 1 o 2 del 4 libri (a seconda dal tuo effettivo programma). È per certi versi insufficiente per uno studente di matematica e fisica, ma penso possa andare per uno studente in chimica. Se non ricordo male il Gusti ha un eserciziario collegato, ma non l'ho usato abbastanza per fare una recensione ragionata.
Non ho capito il tuo commento sugli esercizi mnemonici, in matematica meno studi a memoria meglio è. Creare automatismi è un bene, usare attivamente la memoria invece no.
Comunque la teoria di analisi II e per certi versi di analisi I ha una importanza a mio avviso piuttosto discutibile. Forse più storica che effettiva. Molta della parte di analisi 1 è topologia di \(\displaystyle \mathbb{R} \) e analisi 2 è fatto in gran parte di teoria superate. Le uniche vere cose importanti di quegli esami sono gli esercizi e il fatto che i teoremi sono casi particolari di teoremi più generali (e alle volte con dimostrazioni più corte). In alcuni casi ti trovi a lavorare con limitazioni che non esistono nelle teorie più generali, seppur le particolarità di \(\displaystyle \mathbb{R} \) spesso permettano cose che generalmente non sono possibili (cosa che spesso non viene evidenziata molto nei corsi iniziali).
Non ho capito il tuo commento sugli esercizi mnemonici, in matematica meno studi a memoria meglio è. Creare automatismi è un bene, usare attivamente la memoria invece no.
Comunque la teoria di analisi II e per certi versi di analisi I ha una importanza a mio avviso piuttosto discutibile. Forse più storica che effettiva. Molta della parte di analisi 1 è topologia di \(\displaystyle \mathbb{R} \) e analisi 2 è fatto in gran parte di teoria superate. Le uniche vere cose importanti di quegli esami sono gli esercizi e il fatto che i teoremi sono casi particolari di teoremi più generali (e alle volte con dimostrazioni più corte). In alcuni casi ti trovi a lavorare con limitazioni che non esistono nelle teorie più generali, seppur le particolarità di \(\displaystyle \mathbb{R} \) spesso permettano cose che generalmente non sono possibili (cosa che spesso non viene evidenziata molto nei corsi iniziali).