Senza teorie
Se tutto d'un tratto tutte le teorie fisiche elaborate da Aristotele fino alla relatività e alla quantistica (per non andare oltre) scomparissero, tutti i libri di fisica bruciati, tutti i fisici dimenticassero ciò che hanno studiato, cosa accadrebbe?
Questo però con alcuni "vantaggi" rispetto ad aristotele: rimangono gli stumenti che possediamo ora, quindi siamo a contatto con le stesse fenomenologie fisiche del giorno d'oggi e abbiamo le stesse conoscenze epistemologiche e metodologiche attuali.
Sono perfettamente d'accordo che la storia della fisica è fonamentale per la conoscenza e l'evoluzione della stessa, e sono anche d'accordo con popper che ogni esperimento che si fa è sempre guidato da un'ipotesi di teoria.
Il senso della domanda dunqe è: ogni ricercatore nel suo lavoro è ovviamente influenzato da ciò che ha studiato, da come lo ha studiato, con chi l'ha studiato, dai sui predecessori, dai fallimenti, dalle mode... con l'annullamento di tutto ciò la nuova fisica che ne nascerebbe, col tempo, diverrebbe quella attuale?
Eistein ha detto che chiunque prima o poi sarebbe giunto alla relatività ristretta solo considerando le evidenze sperimentali, è davvero così?
Provando ora a costruire una nuova (o nuove) teoria fisica partendo da zero per spiegare i fenomeni con cui abbiamo a che fare giungeremmo comunque alla relatività generale e alla quantistica (che per quanto ne sono sono le più generali e accettate attualemte)? (naturalmente tralasciando il fattore tempo e anche il fatto che per costruire macchinari in grado di indagare fenomeni microscopici e galattici abbiamo bisogno di una certa conoscienza) Oppure queste due teorie sono solo frutto di una certa piega storica che ha preso la fisica?
Questo però con alcuni "vantaggi" rispetto ad aristotele: rimangono gli stumenti che possediamo ora, quindi siamo a contatto con le stesse fenomenologie fisiche del giorno d'oggi e abbiamo le stesse conoscenze epistemologiche e metodologiche attuali.
Sono perfettamente d'accordo che la storia della fisica è fonamentale per la conoscenza e l'evoluzione della stessa, e sono anche d'accordo con popper che ogni esperimento che si fa è sempre guidato da un'ipotesi di teoria.
Il senso della domanda dunqe è: ogni ricercatore nel suo lavoro è ovviamente influenzato da ciò che ha studiato, da come lo ha studiato, con chi l'ha studiato, dai sui predecessori, dai fallimenti, dalle mode... con l'annullamento di tutto ciò la nuova fisica che ne nascerebbe, col tempo, diverrebbe quella attuale?
Eistein ha detto che chiunque prima o poi sarebbe giunto alla relatività ristretta solo considerando le evidenze sperimentali, è davvero così?
Provando ora a costruire una nuova (o nuove) teoria fisica partendo da zero per spiegare i fenomeni con cui abbiamo a che fare giungeremmo comunque alla relatività generale e alla quantistica (che per quanto ne sono sono le più generali e accettate attualemte)? (naturalmente tralasciando il fattore tempo e anche il fatto che per costruire macchinari in grado di indagare fenomeni microscopici e galattici abbiamo bisogno di una certa conoscienza) Oppure queste due teorie sono solo frutto di una certa piega storica che ha preso la fisica?
Risposte
[xdom="Martino"]@Cannone Speciale: hai risposto a un messaggio del 2009, cioè 13 anni dopo. Questo si chiama necroposting ed è preferibile evitarlo. Se vuoi continuare la discussione è preferibile aprire un nuovo argomento inserendo magari un link a questo.[/xdom]
Premetto che anche avendo studiato un po' di fisica non riesco a comprendere tutti i concetti che esprimi, per esempio che i campi elettrici si sommano in modo relativo mentre quelli gravitazionali in modo assoluto. Non ho mai sentito una cosa del genere. Tuttavia quando ho studiato per il corso di meccanica analitica (o forse come lo conoscono altri meccanica razionale) ho letto sulle dispense del mio prof che la teoria dell'etere non è stata mai confutata del tutto, e che probabilmente portando avanti la matematica dell'etere si arriverebbe alla stessa teoria matematica della relatività. Quindi quello che dici tu potrebbe anche non essere sbagliato ma magari porterebbe alle stesse conclusioni. Dovrebbe essere verificato
"nato_pigro":
Se tutto d'un tratto tutte le teorie fisiche elaborate da Aristotele fino alla relatività e alla quantistica (per non andare oltre) scomparissero, tutti i libri di fisica bruciati, tutti i fisici dimenticassero ciò che hanno studiato, cosa accadrebbe?
Questo però con alcuni "vantaggi" rispetto ad aristotele: rimangono gli stumenti che possediamo ora, quindi siamo a contatto con le stesse fenomenologie fisiche del giorno d'oggi e abbiamo le stesse conoscenze epistemologiche e metodologiche attuali.
Sono perfettamente d'accordo che la storia della fisica è fonamentale per la conoscenza e l'evoluzione della stessa, e sono anche d'accordo con popper che ogni esperimento che si fa è sempre guidato da un'ipotesi di teoria.
Il senso della domanda dunque è: ogni ricercatore nel suo lavoro è ovviamente influenzato da ciò che ha studiato, da come lo ha studiato, con chi l'ha studiato, dai sui predecessori, dai fallimenti, dalle mode... con l'annullamento di tutto ciò la nuova fisica che ne nascerebbe, col tempo, diverrebbe quella attuale?
Einstein ha detto che chiunque prima o poi sarebbe giunto alla relatività ristretta solo considerando le evidenze sperimentali, è davvero così?
Provando ora a costruire una nuova (o nuove) teoria fisica partendo da zero per spiegare i fenomeni con cui abbiamo a che fare giungeremmo comunque alla relatività generale e alla quantistica (che per quanto ne sono sono le più generali e accettate attualemte)? (naturalmente tralasciando il fattore tempo e anche il fatto che per costruire macchinari in grado di indagare fenomeni microscopici e galattici abbiamo bisogno di una certa conoscienza) Oppure queste due teorie sono solo frutto di una certa piega storica che ha preso la fisica?
Ebbene, signori di questo Topic, se permettete vorrei partecipare anch’io alla discussione, ma solo per rispondere alle prime domande di nato_pigro senza allargare il discorso in altri campi che non siano quelli scientifici. Ciò porterebbe solo ad incomprensioni e a diatribe inconcludenti.
Ora stracciatevi pure le vesti e consideratemi un gran blasfemo per quello che dirò, ma penso che qualsiasi teoria possa e debba essere dibattuta con altre che potrebbero rivelarsi più efficaci. Non credo sia corretto, invece, trattare una teoria in maniera apodittica ed elevarla a postulato indiscusso.
Supponiamo che Millikan abbia misurato il rapporto e/m dell’elettrone (e=-1.602*10^-19 C e m=9.11*10^-31 Kg) non nel 1909 ma prima delle equazioni di Maxwell (1864).
Gli scienziati di allora avrebbero senz’altro sostenuto che l’elettrone possiede sia un campo elettrico negativo che uno gravitazionale (MASSA) e che il rapporto e/m si estende, costante, attorno alla particella fino all’infinito.
Paragonando, poi, questa informazione con le equazioni di Maxwell, avrebbero arguito che questi campi fossero il mezzo trasmissivo, l’etere (relativo, si badi bene, e non assoluto), per l’interazione con le altre particelle tramite onde elettromagnetiche (sono però convinto che le avrebbero chiamate onde elettro-gravitazionali – vedi il Topic onde elettromagnetiche o elettro-gravitazionali ?).
Nel 1885 E. Goldstein ipotizza l’esistenza del protone (scoperta poi attribuita a E. Rutherford che l’ha misurato) e quindi del campo elettrico positivo uguale e contrario a quello dell’elettrone.
Poiché i campi elettrici si sommano in modo relativo, mentre quelli gravitazionali in modo assoluto, si poteva facilmente ipotizzare la variabilità spaziale del rapporto e/m ed anche l’esistenza di superfici di confine separanti i campi positivi da quelli negativi (0/m).
Gli scienziati avrebbero così avuto, come base epistemologica, l’esistenza di un etere relativo a densità e/m dipendente dalle singole particelle e dove la velocità di trasmissione delle interazioni non sarebbe stata una costante, confermando così, epistemologicamente, il fenomeno della rifrazione.
Le misure di Michelson e Morley (1887) hanno, invece, convinto la comunità scientifica dell’inesistenza dell’etere tout court e ciò ha permesso, per prima cosa, a Lorentz di elaborare le sue trasformate e poi a Einstein, nel 1905, di elaborare la sua Relatività ristretta (costanza di c e conseguente necessità di postulare uno SPAZIOTEMPO) e la sua teoria sull’effetto fotoelettrico (fotone) facendo di fatto sparire il concetto di MASSA dalle interazioni.
Nel 1909 ci fu una “eclatante conferma” della teoria della Relatività grazie all’eclissi che avvenne in quell’anno. Dalle supposizioni fatte qui sopra potrebbe, invece, essere considerato un semplice fenomeno di rifrazione.
Carissimo nato_pigro, come puoi capire, sono molto scettico sia per la teoria della Relatività che su quella del fotone (chiedo scusa ad Einstein per tutto questo, sono sicuro che avrebbe compreso, temo però non sia lo stesso per gli einsteiniani!).
Ho la tua stessa impressione, intuibile dalle tue domande, che tutta la Scienza del ‘900 abbia basi ambigue. Sono convinto che una onesta revisione di queste teorie possa risolvere l’empasse epistemologico che attualmente esiste fra di loro.
Anche se mi consideri blasfemo aspetto un tuo giudizio su ciò che ho scritto.
N.B. Se l’analisi di cui sopra è in qualche modo logica e convincente e, chiaramente, se ti interessa, si potrebbe continuare affrontando sia l’effetto fotoelettrico che quello Compton senza coinvolgere il fotone mantenendo ugualmente il concetto di Quanto (costante di Planck ).
"kinder":
[quote="nato_pigro"]mi spiace ma a questo punto credo sinceramente che tu o non abbia idea di cosa si sta parlando o che non sappia più cosa dire.
Ecco come puoi farmi cambiare idea:
_rispondendo ai punti più sostanziali del mio discorso, non a una singola frase scorrelata dalla parte più sostanziale del mio discorso.
_evitando di argomentare contro le tue supposizioni rigurdo quello che credi che io pensi, ma piuttosto facendolo contro quello che scrivo
_è una discussione tra me e te, non credo che nessuno ci legga, non abbiamo bisogno di convincere un pubblico di chi ha ragione o cose simili, per cui evitiamo di "richiamare alla calma" (si sta discutendo anomosamente) o di fare esempi poco calzanti e trarre conclusioni assurde a partire da questi (vedi esempio zampa-coda), sono mezzucci inutili
_evita facili relativismi animalisti rigurdanti le immedesimazioni nei castori, per altro palesemente sbagliati: se fossi un castoro non potrei pensare al perchè faccio le dighe, sono un uomo e penso al come penso, già questo è sufficiente per dire che la cultura umana è più interessante delle abitudini dei castori.
Io vorrei davvero risponderti ma se poni questioni in cui cerchi un confronto. Di tutto quello che ho scritto sembri voler eludere tutte le mie domande, se è solo un'impressione e non è così dimostramelo.
Il mio precedente intervento è diviso in tre paragrafi: criticato prima una tua eccessiva semplificazione, nel secondo ho criticato il tuo metodo con relative conseguenze, nel terzo ho risposto alla domanda che mi hai rigirato e aspettavo le tue osservazioni a riguardo, se non ne hai rispondi alla mia di domanda e io farò le mie.
caro nato_pigro
ho messo in grassetto alcuni passi del tuo post. Sono sei. Spero ti renda conto della carica critica ed offensiva delle tue forme espressive. Pensavo di aver attirato l'attenzione su questo aspetto, ma mi sbagliavo. Capisco ora che non capisci. Io ho evitato di dire che dici cazzate, sebbene l'abbia pensato. Tutto ciò non ha nulla a che fare coi contenuti della discussione, che potevano rimanere gli stessi anche in assenza di giudizi sulla persona. Forse l'irruenza è sostenuta dalla giovane età, resa sospetta dai troppi "ismi" che usi. Ciò nonostante, si può essere giovani ed educati. Tu non lo sei, quindi il mio dialogo con te finisce qui.[/quote]
Non so da dove iniziare...
"Pensavo di aver attirato l'attenzione su questo aspetto, ma mi sbagliavo." No: hai attirato l'attenzione su questo aspetto, ti ho risposto e ho detto che si stava semplicemente discutendo animosamente (ma forse non hai letto).
"Io ho evitato di dire che dici cazzate, sebbene l'abbia pensato." Hai fatto bene: se mi dicevi "dici cazzate" il tuo profilo di conversatore supponente e poco disposto al confronto si delineava ancora di più.
"Tutto ciò non ha nulla a che fare coi contenuti della discussione" Estatto! tutto quello che hai detto da un certo post in avanti non aveva niente a che fare con quello che scrivevo, ma con le tue supposizioni riguardo quello che pensavi che io pensassi (anf, anf), non hai provato neanche per un attimo a rispondere puntualmente a quello che ho scritto.
"giudizi sulla persona" Quali? Ti ho detto che sei brutto, sporco e cattivo? Ho semplicemente criticato il tuo modo di argomentare e di condurre una discussione, a quanto pare questo non lo accetti, quindi vedi sopra il tuo profilo di conversatore.
"Forse l'irruenza è sostenuta dalla giovane età, resa sospetta dai troppi "ismi" che usi." Giusto per dovere di cronaca: nel precedente posto ne ho usato solo uno di "ismi". Ma anche se ne avessi usati 10mila e se avessi 3 anni questo non migliora la tua posizione: la realtà è che non ti stai confrontando.
"Ciò nonostante, si può essere giovani ed educati. Tu non lo sei, quindi il mio dialogo con te finisce qui." Ulteriore esempio di come basi le tue risposte sulle tue -del tutto arbitrarie- supposizioni. Guarda quante altre discussioni si sono fatte e si fanno sul forum e regola sul questo il tuo metro di giudizio sull'"educazione", non sarà il metodo migliore ma magari noti che quello che tu credi essere maleducazione sono semplicemente discussioni animate.
Inoltre, se avessi avuto 70 anni ti saresti permesso di darmi lezioni di bon ton?
"nato_pigro":
mi spiace ma a questo punto credo sinceramente che tu o non abbia idea di cosa si sta parlando o che non sappia più cosa dire.
Ecco come puoi farmi cambiare idea:
_rispondendo ai punti più sostanziali del mio discorso, non a una singola frase scorrelata dalla parte più sostanziale del mio discorso.
_evitando di argomentare contro le tue supposizioni rigurdo quello che credi che io pensi, ma piuttosto facendolo contro quello che scrivo
_è una discussione tra me e te, non credo che nessuno ci legga, non abbiamo bisogno di convincere un pubblico di chi ha ragione o cose simili, per cui evitiamo di "richiamare alla calma" (si sta discutendo anomosamente) o di fare esempi poco calzanti e trarre conclusioni assurde a partire da questi (vedi esempio zampa-coda), sono mezzucci inutili
_evita facili relativismi animalisti rigurdanti le immedesimazioni nei castori, per altro palesemente sbagliati: se fossi un castoro non potrei pensare al perchè faccio le dighe, sono un uomo e penso al come penso, già questo è sufficiente per dire che la cultura umana è più interessante delle abitudini dei castori.
Io vorrei davvero risponderti ma se poni questioni in cui cerchi un confronto. Di tutto quello che ho scritto sembri voler eludere tutte le mie domande, se è solo un'impressione e non è così dimostramelo.
Il mio precedente intervento è diviso in tre paragrafi: criticato prima una tua eccessiva semplificazione, nel secondo ho criticato il tuo metodo con relative conseguenze, nel terzo ho risposto alla domanda che mi hai rigirato e aspettavo le tue osservazioni a riguardo, se non ne hai rispondi alla mia di domanda e io farò le mie.
caro nato_pigro
ho messo in grassetto alcuni passi del tuo post. Sono sei. Spero ti renda conto della carica critica ed offensiva delle tue forme espressive. Pensavo di aver attirato l'attenzione su questo aspetto, ma mi sbagliavo. Capisco ora che non capisci. Io ho evitato di dire che dici cazzate, sebbene l'abbia pensato. Tutto ciò non ha nulla a che fare coi contenuti della discussione, che potevano rimanere gli stessi anche in assenza di giudizi sulla persona. Forse l'irruenza è sostenuta dalla giovane età, resa sospetta dai troppi "ismi" che usi. Ciò nonostante, si può essere giovani ed educati. Tu non lo sei, quindi il mio dialogo con te finisce qui.
mi spiace ma a questo punto credo sinceramente che tu o non abbia idea di cosa si sta parlando o che non sappia più cosa dire.
Ecco come puoi farmi cambiare idea:
_rispondendo ai punti più sostanziali del mio discorso, non a una singola frase scorrelata dalla parte più sostanziale del mio discorso.
_evitando di argomentare contro le tue supposizioni rigurdo quello che credi che io pensi, ma piuttosto facendolo contro quello che scrivo
_è una discussione tra me e te, non credo che nessuno ci legga, non abbiamo bisogno di convincere un pubblico di chi ha ragione o cose simili, per cui evitiamo di "richiamare alla calma" (si sta discutendo anomosamente) o di fare esempi poco calzanti e trarre conclusioni assurde a partire da questi (vedi esempio zampa-coda), sono mezzucci inutili
_evita facili relativismi animalisti rigurdanti le immedesimazioni nei castori, per altro palesemente sbagliati: se fossi un castoro non potrei pensare al perchè faccio le dighe, sono un uomo e penso al come penso, già questo è sufficiente per dire che la cultura umana è più interessante delle abitudini dei castori.
Io vorrei davvero risponderti ma se poni questioni in cui cerchi un confronto. Di tutto quello che ho scritto sembri voler eludere tutte le mie domande, se è solo un'impressione e non è così dimostramelo.
Il mio precedente intervento è diviso in tre paragrafi: criticato prima una tua eccessiva semplificazione, nel secondo ho criticato il tuo metodo con relative conseguenze, nel terzo ho risposto alla domanda che mi hai rigirato e aspettavo le tue osservazioni a riguardo, se non ne hai rispondi alla mia di domanda e io farò le mie.
Ecco come puoi farmi cambiare idea:
_rispondendo ai punti più sostanziali del mio discorso, non a una singola frase scorrelata dalla parte più sostanziale del mio discorso.
_evitando di argomentare contro le tue supposizioni rigurdo quello che credi che io pensi, ma piuttosto facendolo contro quello che scrivo
_è una discussione tra me e te, non credo che nessuno ci legga, non abbiamo bisogno di convincere un pubblico di chi ha ragione o cose simili, per cui evitiamo di "richiamare alla calma" (si sta discutendo anomosamente) o di fare esempi poco calzanti e trarre conclusioni assurde a partire da questi (vedi esempio zampa-coda), sono mezzucci inutili
_evita facili relativismi animalisti rigurdanti le immedesimazioni nei castori, per altro palesemente sbagliati: se fossi un castoro non potrei pensare al perchè faccio le dighe, sono un uomo e penso al come penso, già questo è sufficiente per dire che la cultura umana è più interessante delle abitudini dei castori.
Io vorrei davvero risponderti ma se poni questioni in cui cerchi un confronto. Di tutto quello che ho scritto sembri voler eludere tutte le mie domande, se è solo un'impressione e non è così dimostramelo.
Il mio precedente intervento è diviso in tre paragrafi: criticato prima una tua eccessiva semplificazione, nel secondo ho criticato il tuo metodo con relative conseguenze, nel terzo ho risposto alla domanda che mi hai rigirato e aspettavo le tue osservazioni a riguardo, se non ne hai rispondi alla mia di domanda e io farò le mie.
"nato_pigro":
Ti rispondo sul castoro: si, sono cose diverse. Se permetti la cultura umana è un po' più complessa e interessante dell'abitudine dei castori, e non vedo perchè tu abbia il bisogno di dire che sono la stessa cosa e che vadano studiate allo stesso modo
Ti suggerisco di imparare a mantenere la calma nei confronti dialettici, perché giova più dell'offesa o della denigrazione, che come forme di contrattacco "violento" denotano limitatezza di argomenti. Le persone incapaci di usare la parola preferiscono passare alle mani, ma...
Torniamo al discorso. La frase che ho estratto dalla tua risposta, e che riporto sopra, mi pare sintetizzi bene il tuo punto di vista. Analizziamone i contenuti principali, nell'ambito della discussione in corso:
1) confermi che il castoro ed il suo comportamento sono secondo te cose diverse (sebbene correlabili, aggiungo io).
2) affermi che la cultura umana è più complessa di quella del castoro, nonché più interessante
3) affermi che secondo me castoro e sua "cultura" vanno studiate allo stesso modo.
Ti rispondo punto a punto.
1) dire che il castoro e la sua cultura sono cose diverse è come dire che castoro ed una sua zampa sono cose diverse. E allora? Oppure, è come dire che zampa del castoro e coda sono cose diverse. Quindi? Vorrai forse dire che zampa e coda sono soggette a leggi diverse? Vuoi dire che seguono strade separate? Che vivono una vita indipendente, sebbene correlata? O forse secondo te la distinzione fondamentale sta tra organo e sua funzione? Tu distingui tra cervello e la sua attività cerebrale? Ma davvero pensi che siano cose distinte sebbene correlate? Se la risposta è si, allora per ciò che mi riguarda il discorso si ferma qui, e mi limito a suggerirti di riconsiderare i processi di analisi, se ti portano a perdere la visione e la comprensione del sistema di cui stai facendo l'analisi. Fai attenzione agli schemi, perché sono strumenti di aiuto, ma non devono sostituirsi alla realtà, o all'idea che ti puoi fare prima di schematizzare: gli schemi semplificano molto;
2) forse la cultura umana ti sembra più interessante di quella del castoro perché non sei un castoro. Prova a chiedere a lui cosa ne pensa. Andando invece alla maggiore complessità, ammesso pure che sia vera e non frutto di una valutazione soggettiva che fai tu in quanto non-castoro, e allora? Tu conosci una qualche legge che consente di classificare, in base alla complessità, l'assoggettabilità o no di un animale alla selezione naturale? Io non so di nessuna regola che stabilisce che l'insieme di definizione della selezione naturale sia l'insieme degli esseri a complessità $<=x_0$
3) io non ho indicato quali strumenti di studio o quali vie debbano essere usati per studiare castoro e sua cultura. Ritrovo in ciò l'ombra dell'idea che comportamento/cultura e soggetto fisico siano cose separate sebbene correlate. Non ripeto quanto già detto al punto 1. Metto solo in luce il fatto che l'esistenza di discipline specialistiche che si dedicano ad un particolare aspetto della realtà non implica che quell'aspetto sia un'entità autonoma. L'etologia studia il comportamento animale. Ciò non vuol dire che il comportamento esista di per se. Il comportamento di un cane esiste se e solo se esiste il cane. Il comportamento di un gruppo di cani che interagiscono esiste se e solo se esiste tale gruppo. Il cane non è solo il corpo del cane, studiato dall'anatomia e dalla fisiologia. L'anatomista che seziona un cane, seziona il cadavere di un cane. Ripeto quanto detto prima: attenzione alle schematizzazioni, e a non rimanerne vittima.
Fammelo dire papale papale: nei tuoi discorsi c'è l'embrione del sentimento che ha condotto a concepire l'anima in quasi tutte le culture. Ci hai mai pensato? Questa entità che vive di vita autonoma sebbene correlata...
Non so se sei a corto di argomenti o se non capisci quello che scrivo per cui mi dai del creazionista. Ti ho detto chiaro e tondo che l'uomo in quanto animale è soggetto alla selezione naturale, e tu l'hai capito ma sembri dimenticartene visto che subito dopo scrivi "dalla tua affermazione si potrebbe dedurre che l'uomo è soggetto alla selezione naturale" (ottimo sherlock, l'ho detto una riga più sopra). Quello che dico è esattamente quello che ti scandalizza: uomo e la sua cultura non sono la stessa cosa, e ti dico un segreto: il fatto che siano connesse non significa che siano la stessa cosa, se un mio amico si rompe un piede non me lo rompo pure io.
Ti ripeto, visto che probabilmente non l'hai letto, quello che dicevo prima: tu stai lavorando semplicemente per analoge (tutte tue e che non mi dai modo di conoscere): se l'uomo è soggetto alla selezione naturale lo è pure la sua cultura poichè sono connesse. Questo è lo stesso identico travisamento che è stato fatto con il darwinismo sociale: se l'uomo è soggetto alla selezione naturale lo sono anche le popolazioni e chi domina è la migliore e quindi ha il diritto di dominare. Ora, la tua libera associazione di idee magari è più innoqua (e ingenua) ma ciò non è sufficiente a renderla vera. Esempio del tuo tipo di ragionamento: la tettonica a zolle è valida per tutta la crosta terrestre, il mio orto fa parte della crosta terrestre ed è profondamente connesso con essa, dunque le crepe nel mio orto sono duvute al movi mento delle placche. Bello vero? Ma falso.
Ti rispondo sul castoro: si, sono cose diverse. Se permetti la cultura umana è un po' più complessa e interessante dell'abitudine dei castori, e non vedo perchè tu abbia il bisogno di dire che sono la stessa cosa e che vadano studiate allo stesso modo.
Ti rispondo alla domande che mi hai girato (visto che tu non l'hai fatto): non serve perchè ce n'è già una funzionante e bella. Cosa vuoi concludere da questa mia risposta (do a te la possibilità dato che tu non me l'ha data...)?
Ti ripeto, visto che probabilmente non l'hai letto, quello che dicevo prima: tu stai lavorando semplicemente per analoge (tutte tue e che non mi dai modo di conoscere): se l'uomo è soggetto alla selezione naturale lo è pure la sua cultura poichè sono connesse. Questo è lo stesso identico travisamento che è stato fatto con il darwinismo sociale: se l'uomo è soggetto alla selezione naturale lo sono anche le popolazioni e chi domina è la migliore e quindi ha il diritto di dominare. Ora, la tua libera associazione di idee magari è più innoqua (e ingenua) ma ciò non è sufficiente a renderla vera. Esempio del tuo tipo di ragionamento: la tettonica a zolle è valida per tutta la crosta terrestre, il mio orto fa parte della crosta terrestre ed è profondamente connesso con essa, dunque le crepe nel mio orto sono duvute al movi mento delle placche. Bello vero? Ma falso.
Ti rispondo sul castoro: si, sono cose diverse. Se permetti la cultura umana è un po' più complessa e interessante dell'abitudine dei castori, e non vedo perchè tu abbia il bisogno di dire che sono la stessa cosa e che vadano studiate allo stesso modo.
Ti rispondo alla domande che mi hai girato (visto che tu non l'hai fatto): non serve perchè ce n'è già una funzionante e bella. Cosa vuoi concludere da questa mia risposta (do a te la possibilità dato che tu non me l'ha data...)?
"nato_pigro":
Si ma ci sono delle differenze notevoli iniziali di struttura e di ambiente, quali sono le rispettive analogie in ambito culturale?...
...No, mi urta vedere travisare il darwinismo. Il fatto che sia valido per l'evoluzione degli animali (uomo compreso) non significa che sia valido per qualcosa di così particolare e complesso com'è la cultura umana. Non basta lavorare per analogie (che tra l'altra non stai esplicitando) per provare qualcosa. Il darwinismo sociale è un risultato esemplare di questo sue uso un po' allego.
Parli di fenomeni biologici ma vorresti dire che il fenomeo "cultura" è riconducibile alla biologia? a che serve allora l'antropologia culturale se ci sono i biologi?
Forse prima di dire che che qualcuno travisa qualcosa sarebbe bene armarsi di prudenza e modestia...
Comunque, confermi che ritieni l'uomo esterno ai meccanismi biologici della selezione naturale. Non problem, non sei solo

Non so se hai notato che dalla tua affermazione si potrebbe dedurre che l'uomo è soggetto alla selezione naturale, ma la sua cultura no, come fosse qualcosa che vive indipendentemente (o autonomamente) dall'uomo stesso. Immagino che sarai pronto, invece, a considerare il castoro ed il suo comportamento come un tutt'unico...o forse devi spiegare meglio la distinzione che fai, e su quale razionale la basi
"nato_pigro":
Hai ragione, non ho scelto un esempio molto azzeccato. Mentre ne cerco uno più appriato figurati questa sitazione: io propongo una teoria affine alla relatività generale, esteticamente meno bella e quantitivamente diversa ma in una misuta tale da non poter essere verificata la differenza. Quale scegliamo delle due?
Ma, mi sembra facile concludere su questo punto. Ti giro la domanda in altro modo, perché non serve ipotizzare un mondo diverso: cosa succede nel mondo attuale se vengono proposte due teorie che differiscono solo in elementi non direttamente verificabili sperimentalmente, o da cui non è possibile inferire nulla che sia infine osservabile?
"kinder":
ti faccio notare il gran numero di specie esistenti e, all'interno di esse, quello delle razze. Selezione naturale non vuol dire convergenza verso un modello unico. Non c'è da sorprendersi quindi se anche con le culture ciò possa accadere.
Si ma ci sono delle differenze notevoli iniziali di struttura e di ambiente, quali sono le rispettive analogie in ambito culturale?
"kinder":
Mi pare che l'idea di accomunare l'uomo alle altre specie ti urti. E' un fenomeno che conosco come ricorrente; la tentazione di considerarlo altro dai normali fenomeni biologici è stato alla base di molto pensiero passato, e lo è ancora. Io non credo sia un extraterrestre, né estraneo per altre ragioni alla biosfera ed alle sue leggi. So, perlatro, che ci sono miliardi di persone che la pensano diversamente, quindi non mi turba più di tanto.
No, mi urta vedere travisare il darwinismo. Il fatto che sia valido per l'evoluzione degli animali (uomo compreso) non significa che sia valido per qualcosa di così particolare e complesso com'è la cultura umana. Non basta lavorare per analogie (che tra l'altra non stai esplicitando) per provare qualcosa. Il darwinismo sociale è un risultato esemplare di questo sue uso un po' allego.
Parli di fenomeni biologici ma vorresti dire che il fenomeo "cultura" è riconducibile alla biologia? a che serve allora l'antropologia culturale se ci sono i biologi?
"kinder":
L'esempio che hai fatto non mi sembra proponga realmente una diversa espressione della legge di Newton. Dire $f=ma$ oppure $f=kma$, con $k$ costante, non introduce differenze. Diverso sarebbe affermare che $f=ma^2$. Ma verrebbe smentito dal primo esperimento, quindi non sopravviverebbe.
Hai ragione, non ho scelto un esempio molto azzeccato. Mentre ne cerco uno più appriato figurati questa sitazione: io propongo una teoria affine alla relatività generale, esteticamente meno bella e quantitivamente diversa ma in una misuta tale da non poter essere verificata la differenza. Quale scegliamo delle due?
"nato_pigro":
per me questo non è assolutamente vero. L'uomo in quanto animale è (è stato) soggetto alla selezione naturale, in quanto essere pensante no. In cosa consiste secondo te la
"selezione naturale" delle produzioni culturali? Che cosa fa le veci dell'ambiente in ambito culturale?
Dire che il filone culturale che ha seguito l'umanita è necessario e univocamente determinato mi sembra assurdo, basta vedere le diverse culture che sono state sviluppate, vuoi dire che sono diverse solo perchè è diverso l'ambiente in cui sono nate? e in tal caso cos'è che le ha diferenziate all'inizio?
ti faccio notare il gran numero di specie esistenti e, all'interno di esse, quello delle razze. Selezione naturale non vuol dire convergenza verso un modello unico. Non c'è da sorprendersi quindi se anche con le culture ciò possa accadere.
Mi pare che l'idea di accomunare l'uomo alle altre specie ti urti. E' un fenomeno che conosco come ricorrente; la tentazione di considerarlo altro dai normali fenomeni biologici è stato alla base di molto pensiero passato, e lo è ancora. Io non credo sia un extraterrestre, né estraneo per altre ragioni alla biosfera ed alle sue leggi. So, perlatro, che ci sono miliardi di persone che la pensano diversamente, quindi non mi turba più di tanto.
"nato_pigro":
Ok, ma allora ti ripropongo la domanda che ho fatto prima sul secondo principio di Newton leggermente variato. Non sono le stesse teorie ma sarebbero ugualmente valide, perchè invece crediamo che il principio di Newton fosse un passo necessario?
L'esempio che hai fatto non mi sembra proponga realmente una diversa espressione della legge di Newton. Dire $f=ma$ oppure $f=kma$, con $k$ costante, non introduce differenze. Diverso sarebbe affermare che $f=ma^2$. Ma verrebbe smentito dal primo esperimento, quindi non sopravviverebbe.
"kinder":
Secondo me la selezione naturale non teme l'uomo, e non lo evita. Sono convinto che anche l'uomo ne è soggetto, insieme con tutte le sue caratteristiche, a cominciare dalla produzione culturale, che è quella principale. Se soggetta alla selezione, anche la cultura è sottoposta alle sue leggi, quindi alle mutazioni ed alle selezioni. O detto alla Monod, al caso e alla necessità. Come ho tenuto a precisare, secondo me si ripeterebbe "sostanzialmente" il percorso; non ho detto puntualmente. La Divina Commedia è un fatto puntuale, in cui si intersecano una base culturale di un certo luogo e momento con la nascita di un individuo specifico (Dante, e non un altro). Ho l'impressione che il punto di vista mio e tuo si differenziano in una cosa in particolare: la scala alla quale consideriamo il fenomeno. Per rendermi la vita facile lo spiego meglio con una metafora. Se consideriamo un fiume, mi pare che tu stia mettendo a fuoco un microvortice, e ti chiedi cosa ne sarebbe se quella porzione d'acqua fosse riportata alla fonte e ripetesse la discesa. Io non guardo al microvortice, ma all'intera corrente.
per me questo non è assolutamente vero. L'uomo in quanto animale è (è stato) soggetto alla selezione naturale, in quanto essere pensante no. In cosa consiste secondo te la
"selezione naturale" delle produzioni culturali? Che cosa fa le veci dell'ambiente in ambito culturale?
Dire che il filone culturale che ha seguito l'umanita è necessario e univocamente determinato mi sembra assurdo, basta vedere le diverse culture che sono state sviluppate, vuoi dire che sono diverse solo perchè è diverso l'ambiente in cui sono nate? e in tal caso cos'è che le ha diferenziate all'inizio?
"kinder":
Ho capito che tu vedi una specificità nella scienza rispetto alle altre manifestazioni culturali. Io no, per lo meno all'interno dei discorsi che stiamo facendo. La distinzione tra cultura umanistica e scientifica è superata (non per tutti, lo ammetto), e l'unica cosa che ha senso, secondo me, è vedere queste due espressioni come denotanti solo ambiti di applicazione della testa (di homo sapiens) che rimane sempre la stessa.
Nel discorso che stiamo facendo mi sembra che la differenza dia determinante, non credevo neanche che ci fosse da discutere su questo... Io posso scrivere un libro su qualsiasi cosa e dire qualsiasi cosa, nella scienza non è per niente così.
"kinder":
A me sembra che la risposta te la dai da solo, ma non ti piace![]()
No, stavo prendendo una posizione intermedia per esporre il problema, ora che tu hai preso una posizione posso prendere l'altra ^^
"kinder":
Ovviamente non intendo che ci dovremmo aspettare esattamente un uomo che ha prodotto ciò che ha prodotto Galileo. Intendo solo che quei risultati sarebbero stati prodotti, magari da uomini diversi, ripartiti su un arco temporale diverso. Come ho detto nel post precedente, credo che certi passaggi intermedi sono necessari e propedeutici l'uno all'altro. Tu pensi che sarebbe possibile in un mondo diverso che qualcuno arrivi a concepire un'automobile, inventando seduta stante anche la ruota, visto che gli serve?
Insomma, io concordo con Einstein.
Ok, ma allora ti ripropongo la domanda che ho fatto prima sul secondo principio di Newton leggermente variato. Non sono le stesse teorie ma sarebbero ugualmente valide, perchè invece crediamo che il principio di Newton fosse un passo necessario?
"nato_pigro":
...
...ma dire che la cultura in generale che abbiamo noi ora sia una conseguenza necessaria è esagerato (ammesso che fosse questo che intendevi). Io credo che se Dante fosse morto da bambino la divina commedia non esisterebbe, forse ci sarebbe un'opera analoga per colmare quel bisogno che magari ha sentito Dante quando la componeva che però non è mai nata perchè l'idea del viaggio in inferno-purgatorio-paradiso era già stata usata e nessuno osava avvicinarcisi per non sfigurare. Se Picasso non fosse esistito magari il filone cubista si sarebbe sviluppato ugualmente ma necessariamente in modo diverso il che avrebbe cambiato la successiva evoluzione artistica...
Secondo me la selezione naturale non teme l'uomo, e non lo evita. Sono convinto che anche l'uomo ne è soggetto, insieme con tutte le sue caratteristiche, a cominciare dalla produzione culturale, che è quella principale. Se soggetta alla selezione, anche la cultura è sottoposta alle sue leggi, quindi alle mutazioni ed alle selezioni. O detto alla Monod, al caso e alla necessità. Come ho tenuto a precisare, secondo me si ripeterebbe "sostanzialmente" il percorso; non ho detto puntualmente. La Divina Commedia è un fatto puntuale, in cui si intersecano una base culturale di un certo luogo e momento con la nascita di un individuo specifico (Dante, e non un altro). Ho l'impressione che il punto di vista mio e tuo si differenziano in una cosa in particolare: la scala alla quale consideriamo il fenomeno. Per rendermi la vita facile lo spiego meglio con una metafora. Se consideriamo un fiume, mi pare che tu stia mettendo a fuoco un microvortice, e ti chiedi cosa ne sarebbe se quella porzione d'acqua fosse riportata alla fonte e ripetesse la discesa. Io non guardo al microvortice, ma all'intera corrente.
"nato_pigro":
...
Nella scienza c'è la possibilità che sia diverso (ed era questo che volevo discutere)...
Ho capito che tu vedi una specificità nella scienza rispetto alle altre manifestazioni culturali. Io no, per lo meno all'interno dei discorsi che stiamo facendo. La distinzione tra cultura umanistica e scientifica è superata (non per tutti, lo ammetto), e l'unica cosa che ha senso, secondo me, è vedere queste due espressioni come denotanti solo ambiti di applicazione della testa (di homo sapiens) che rimane sempre la stessa.
"nato_pigro":
...E' vero quello dice Eistein sopra citato? Chi dice si e lo da per scontato è perchè assume un'ipotesi realista che prende per buona quando studia la scienza ma che si permettere sempre di dubitare quando filosofeggia. Ma anche assumento l'ipotesi realista, non si può negare che la scienza ha si un modello regolatore che è la realtà ma è sviluppata da uomini che vivono in un tempo storico e sono influenzati dalla cultura e dalle mode del periodo. Copernico ha proposto il modello eliocentrico per ragioni puramente metafisiche, che poi sia stato accettato e provato è vero ma non si può negare che abbia influenzato Galileo. E se Copernico ha influenzato Galileo, a sua volta avrà affondato le radici del suo pensiero filosofico nella cultura che lo ha preceduto, in cui magari Dante e tutti gli altri poeti hanno giocato un piccolo ruolo.
Mi si può dire: "Certo, ma la realtà è la realtà: se non Galileo magari qualcun altro, un po' dopo, osservando la realtà ci sarebbe arrivato". Vero, ma non tutto quello che ha detto Galileo era perfettamente vero, e neanche tutto quello che ha detto Newton e nemmeno Eistein. Questo perchè non sempre c'è la possibilità di verificare tutto e direttamente, basti analizzare come si è evuluto lo studio degli atomi: pieno di ipotesi ad hoc e verifiche indirette a volte un po' "champagne". Se Newton avesse enunciato il secondo principio così $F=m*a*(1+10^(-10000000000))$ le verifiche avrebbero avuto lo stesso un risutato positivo.
Quello che chiedevo io era se all'interno di queste piccole variazioni dovute ad agenti esterni alla scienza e del tutto contingenti ci sarebbe stato posto per teorie diverse ma ugualmente accettate come ora noi accettiamo quelle che abbiamo. Cioè, per farla breve, che ruolo ha la cultura nella formulazione e nell'accetazione di teorie scientifiche.
A me sembra che la risposta te la dai da solo, ma non ti piace

Le scienze si confrontano colla realtà che, nell'ipotetico film in cui con un magico rewind si riporta l'uomo all'inizio, assumiamo rimanga la stessa. In tal caso, ci si ritroverebbe a fare le stesse osservazioni, le stesse domande, un elevato numero di tentativi di spiegazione. Sopravviverebbero quelle che funzionano meglio. Ti faccio notare che questo è già accaduto. Certamente non si può dire che il calendario degli eventi sarebbe esattamente lo stesso. Probabilmente il nuovo Galileo pubblicherebbe il suo lavoro nel 350 a.c. oppure nel 13760 d.c. Ma secondo me il fatto che qualcuno arrivi ad enunciare certe leggi della fisica è necessario. E se mescolasse col buono anche qualche sciocchezza, succederebbe solo ciò che succede sempre: col tempo queste sarebbero scartate.
Ovviamente non intendo che ci dovremmo aspettare esattamente un uomo che ha prodotto ciò che ha prodotto Galileo. Intendo solo che quei risultati sarebbero stati prodotti, magari da uomini diversi, ripartiti su un arco temporale diverso. Come ho detto nel post precedente, credo che certi passaggi intermedi sono necessari e propedeutici l'uno all'altro. Tu pensi che sarebbe possibile in un mondo diverso che qualcuno arrivi a concepire un'automobile, inventando seduta stante anche la ruota, visto che gli serve?
Insomma, io concordo con Einstein.
intanto grazie per aver riesumato il topic ed avermi dato il tipo di riposta che cercavo 
Quando ho scritto il topic ho deciso di limitare la domanda alla fisica perchè credevo che allargando il campo la discussione sarebbe andata troppo verso loghi comuni e considerazioni troppo generiche. A quanto pare non è servito...
Sono ben felice di allargare il discorso alla cultura in generale, però diventa un discorso più da antropologi che da epistemologi.
In tal caso comunque non sono d'accordo con te. E' vero che esistono convergenze evolutive tecniche comuni più o meno a tutti i popoli, tipo la ruota, le costruzioni piramidali, la scrittura e la moneta, elaborate indipendentemente da popoli diversi e in epoche diverse, ma dire che la cultura in generale che abbiamo noi ora sia una conseguenza necessaria è esagerato (ammesso che fosse questo che intendevi). Io credo che se Dante fosse morto da bambino la divina commedia non esisterebbe, forse ci sarebbe un'opera analoga per colmare quel bisogno che magari ha sentito Dante quando la componeva che però non è mai nata perchè l'idea del viaggio in inferno-purgatorio-paradiso era già stata usata e nessuno osava avvicinarcisi per non sfigurare. Se Picasso non fosse esistito magari il filone cubista si sarebbe sviluppato ugualmente ma necessariamente in modo diverso il che avrebbe cambiato la successiva evoluzione artistica.
Nella scienza c'è la possibilità che sia diverso (ed era questo che volevo discutere). E' vero quello dice Eistein sopra citato? Chi dice si e lo da per scontato è perchè assume un'ipotesi realista che prende per buona quando studia la scienza ma che si permettere sempre di dubitare quando filosofeggia. Ma anche assumento l'ipotesi realista, non si può negare che la scienza ha si un modello regolatore che è la realtà ma è sviluppata da uomini che vivono in un tempo storico e sono influenzati dalla cultura e dalle mode del periodo. Copernico ha proposto il modello eliocentrico per ragioni puramente metafisiche, che poi sia stato accettato e provato è vero ma non si può negare che abbia influenzato Galileo. E se Copernico ha influenzato Galileo, a sua volta avrà affondato le radici del suo pensiero filosofico nella cultura che lo ha preceduto, in cui magari Dante e tutti gli altri poeti hanno giocato un piccolo ruolo.
Mi si può dire: "Certo, ma la realtà è la realtà: se non Galileo magari qualcun altro, un po' dopo, osservando la realtà ci sarebbe arrivato". Vero, ma non tutto quello che ha detto Galileo era perfettamente vero, e neanche tutto quello che ha detto Newton e nemmeno Eistein. Questo perchè non sempre c'è la possibilità di verificare tutto e direttamente, basti analizzare come si è evuluto lo studio degli atomi: pieno di ipotesi ad hoc e verifiche indirette a volte un po' "champagne". Se Newton avesse enunciato il secondo principio così $F=m*a*(1+10^(-10000000000))$ le verifiche avrebbero avuto lo stesso un risutato positivo.
Quello che chiedevo io era se all'interno di queste piccole variazioni dovute ad agenti esterni alla scienza e del tutto contingenti ci sarebbe stato posto per teorie diverse ma ugualmente accettate come ora noi accettiamo quelle che abbiamo. Cioè, per farla breve, che ruolo ha la cultura nella formulazione e nell'accetazione di teorie scientifiche.

Quando ho scritto il topic ho deciso di limitare la domanda alla fisica perchè credevo che allargando il campo la discussione sarebbe andata troppo verso loghi comuni e considerazioni troppo generiche. A quanto pare non è servito...
Sono ben felice di allargare il discorso alla cultura in generale, però diventa un discorso più da antropologi che da epistemologi.
In tal caso comunque non sono d'accordo con te. E' vero che esistono convergenze evolutive tecniche comuni più o meno a tutti i popoli, tipo la ruota, le costruzioni piramidali, la scrittura e la moneta, elaborate indipendentemente da popoli diversi e in epoche diverse, ma dire che la cultura in generale che abbiamo noi ora sia una conseguenza necessaria è esagerato (ammesso che fosse questo che intendevi). Io credo che se Dante fosse morto da bambino la divina commedia non esisterebbe, forse ci sarebbe un'opera analoga per colmare quel bisogno che magari ha sentito Dante quando la componeva che però non è mai nata perchè l'idea del viaggio in inferno-purgatorio-paradiso era già stata usata e nessuno osava avvicinarcisi per non sfigurare. Se Picasso non fosse esistito magari il filone cubista si sarebbe sviluppato ugualmente ma necessariamente in modo diverso il che avrebbe cambiato la successiva evoluzione artistica.
Nella scienza c'è la possibilità che sia diverso (ed era questo che volevo discutere). E' vero quello dice Eistein sopra citato? Chi dice si e lo da per scontato è perchè assume un'ipotesi realista che prende per buona quando studia la scienza ma che si permettere sempre di dubitare quando filosofeggia. Ma anche assumento l'ipotesi realista, non si può negare che la scienza ha si un modello regolatore che è la realtà ma è sviluppata da uomini che vivono in un tempo storico e sono influenzati dalla cultura e dalle mode del periodo. Copernico ha proposto il modello eliocentrico per ragioni puramente metafisiche, che poi sia stato accettato e provato è vero ma non si può negare che abbia influenzato Galileo. E se Copernico ha influenzato Galileo, a sua volta avrà affondato le radici del suo pensiero filosofico nella cultura che lo ha preceduto, in cui magari Dante e tutti gli altri poeti hanno giocato un piccolo ruolo.
Mi si può dire: "Certo, ma la realtà è la realtà: se non Galileo magari qualcun altro, un po' dopo, osservando la realtà ci sarebbe arrivato". Vero, ma non tutto quello che ha detto Galileo era perfettamente vero, e neanche tutto quello che ha detto Newton e nemmeno Eistein. Questo perchè non sempre c'è la possibilità di verificare tutto e direttamente, basti analizzare come si è evuluto lo studio degli atomi: pieno di ipotesi ad hoc e verifiche indirette a volte un po' "champagne". Se Newton avesse enunciato il secondo principio così $F=m*a*(1+10^(-10000000000))$ le verifiche avrebbero avuto lo stesso un risutato positivo.
Quello che chiedevo io era se all'interno di queste piccole variazioni dovute ad agenti esterni alla scienza e del tutto contingenti ci sarebbe stato posto per teorie diverse ma ugualmente accettate come ora noi accettiamo quelle che abbiamo. Cioè, per farla breve, che ruolo ha la cultura nella formulazione e nell'accetazione di teorie scientifiche.
"nato_pigro":
Se tutto d'un tratto tutte le teorie fisiche elaborate da Aristotele fino alla relatività e alla quantistica (per non andare oltre) scomparissero, tutti i libri di fisica bruciati, tutti i fisici dimenticassero ciò che hanno studiato, cosa accadrebbe?
Questo però con alcuni "vantaggi" rispetto ad aristotele: rimangono gli stumenti che possediamo ora, quindi siamo a contatto con le stesse fenomenologie fisiche del giorno d'oggi e abbiamo le stesse conoscenze epistemologiche e metodologiche attuali.
Sono perfettamente d'accordo che la storia della fisica è fonamentale per la conoscenza e l'evoluzione della stessa, e sono anche d'accordo con popper che ogni esperimento che si fa è sempre guidato da un'ipotesi di teoria.
Il senso della domanda dunqe è: ogni ricercatore nel suo lavoro è ovviamente influenzato da ciò che ha studiato, da come lo ha studiato, con chi l'ha studiato, dai sui predecessori, dai fallimenti, dalle mode... con l'annullamento di tutto ciò la nuova fisica che ne nascerebbe, col tempo, diverrebbe quella attuale?
Eistein ha detto che chiunque prima o poi sarebbe giunto alla relatività ristretta solo considerando le evidenze sperimentali, è davvero così?
Provando ora a costruire una nuova (o nuove) teoria fisica partendo da zero per spiegare i fenomeni con cui abbiamo a che fare giungeremmo comunque alla relatività generale e alla quantistica (che per quanto ne sono sono le più generali e accettate attualemte)? (naturalmente tralasciando il fattore tempo e anche il fatto che per costruire macchinari in grado di indagare fenomeni microscopici e galattici abbiamo bisogno di una certa conoscienza) Oppure queste due teorie sono solo frutto di una certa piega storica che ha preso la fisica?
A me sembra che se si trascura per un momento la focalizzazione della tua domanda sulla fisica, essa possa essere anche espressa chiedendosi se più in generale l'evoluzione culturale umana abbia seguito l'unico percorso naturalmente ammesso, o se si è mossa lungo le diramazioni di un albero che offriva altre alternative possibili, in modo tale che, se ripercorso un'altra volta, potrebbe condurre altrove. La domanda non è peregrina, come qualcuno mi pare abbia voluto intendere, anche se mi sembra di difficile risposta, e non vedo perché snobbarla.
Io comunque non la snobbo, ed oso proporre il mio punto di vista, molto passibile di modifiche a seguito di contributi altrui.
Secondo me sostanzialmente si percorrerebbe lo stesso percorso, per lo meno in termini di passaggi principali e mete intermedie. Esattamente come, trovandosi a dover ricominciare il suo cammino, il castoro si ritroverebbe a costruire ancora dighe di rami, gli uccelli a fare nidi sugli alberi.
Dunque, secondo me, se all'improvviso scomparisse dalle nostre menti (e dai nostri documenti) ogni riferimento alle teorie fisiche e matematiche attuali, ma restasse il mondo tale e quale con il "frutto" che tali cnoscenze hanno portato (industria, medicina, comunicazioni, e tecnologie in genere), il mondo piomberebbe ben presto in un medioevo ben peggiore di quello già trascorso, un medioevo fatto di oggetti "misteriosi" che pur essendo presenti e usati comunemente, nessuno sarebbe in grado di riprodurre, ricreare e che quindi alla lunga cadrebbero in disuso man mano che si consumano o si danneggiano. Mi viene da pensare banalmente ai trasporti: aerei, navi, automobili e alle relative infrastrutture: nessuno riuscirebbe a riparare un mezzo danneggiato, o a ri-asfaltare una strada consumata, ma prima di tutto, nessuno riuscirebbe a fare ogni genere di manutenzione a macchinari, centrali energetiche, estrazione di petrolio, ecc... idem per le comunicazioni: satelliti, antenne e reti internet continueranno a funzionare qualche anno, ma verranno via via abbandonate perchè nessuno risucirebbe a gestirle e a mantenerle efficienti senza un'adeguata preparazione tecnica derivante dal bagaglio di studi.
In breve, l'umanità cadrebbe in un caos ritrovandosi in poco tempo in balia di malattie (che nessuno riesce a curare), fame (a causa dei diminuiti trasporti) cosa che porterebbe a un crollo politico ed economico su scala globale, che nella peggiore delle ipotesi potrebbe portare a un dominio di quei pochi che detengono il possesso di quei mezzi tecnologici sempre più rari e misteriosi, mentre il resto del mondo sarebbe assoggettato a una specie di oligarchia, basata sullo sfruttamento dell'ignoranza.....
A parte il discorso catastrofistico, con il passare dei secoli l'uomo ricomincerebbe a chiedersi il perchè delle cose, e a rielaborare teorie, anche se credo che servirebbe a poco ciò che gli rimane dal mondo attuale, perchè prima che sia possibile "prendere spunto" in modo utile dalle nostre attuali conoscenze, queste saranno ormai perdute, e si potrà ammirare solo piccole vestigia di un'antica civiltà ormai sepolta....
Ma comunque, prima o poi si giungerebbe alle stesse conclusioni, e magari con strade diverse, si raggiungeranno le stesse mete.
In breve, l'umanità cadrebbe in un caos ritrovandosi in poco tempo in balia di malattie (che nessuno riesce a curare), fame (a causa dei diminuiti trasporti) cosa che porterebbe a un crollo politico ed economico su scala globale, che nella peggiore delle ipotesi potrebbe portare a un dominio di quei pochi che detengono il possesso di quei mezzi tecnologici sempre più rari e misteriosi, mentre il resto del mondo sarebbe assoggettato a una specie di oligarchia, basata sullo sfruttamento dell'ignoranza.....
A parte il discorso catastrofistico, con il passare dei secoli l'uomo ricomincerebbe a chiedersi il perchè delle cose, e a rielaborare teorie, anche se credo che servirebbe a poco ciò che gli rimane dal mondo attuale, perchè prima che sia possibile "prendere spunto" in modo utile dalle nostre attuali conoscenze, queste saranno ormai perdute, e si potrà ammirare solo piccole vestigia di un'antica civiltà ormai sepolta....
Ma comunque, prima o poi si giungerebbe alle stesse conclusioni, e magari con strade diverse, si raggiungeranno le stesse mete.
"m94co":
accadrebbe che la gente ricomincerebbe a notare strani fenomeni e a chiedersi il perchè, così ricomincerebbe lo studio della fisica e dopo diverse centinaia di anni si ritornerebbe al punto di oggi.
ma se non vuoi che tutto ciò accada comincia a studiarle bene e vedrai che te le ricorderai.
completamente d'accordo




accadrebbe che la gente ricomincerebbe a notare strani fenomeni e a chiedersi il perchè, così ricomincerebbe lo studio della fisica e dopo diverse centinaia di anni si ritornerebbe al punto di oggi.
ma se non vuoi che tutto ciò accada comincia a studiarle bene e vedrai che te le ricorderai.
ma se non vuoi che tutto ciò accada comincia a studiarle bene e vedrai che te le ricorderai.
"nato_pigro":
Se tutto d'un tratto tutte le teorie fisiche elaborate da Aristotele fino alla relatività e alla quantistica (per non andare oltre) scomparissero, tutti i libri di fisica bruciati, tutti i fisici dimenticassero ciò che hanno studiato, cosa accadrebbe?
Questo però con alcuni "vantaggi" rispetto ad aristotele: rimangono gli stumenti che possediamo ora, quindi siamo a contatto con le stesse fenomenologie fisiche del giorno d'oggi e abbiamo le stesse conoscenze epistemologiche e metodologiche attuali.
Sono perfettamente d'accordo che la storia della fisica è fonamentale per la conoscenza e l'evoluzione della stessa, e sono anche d'accordo con popper che ogni esperimento che si fa è sempre guidato da un'ipotesi di teoria.
Il senso della domanda dunqe è: ogni ricercatore nel suo lavoro è ovviamente influenzato da ciò che ha studiato, da come lo ha studiato, con chi l'ha studiato, dai sui predecessori, dai fallimenti, dalle mode... con l'annullamento di tutto ciò la nuova fisica che ne nascerebbe, col tempo, diverrebbe quella attuale?
Eistein ha detto che chiunque prima o poi sarebbe giunto alla relatività ristretta solo considerando le evidenze sperimentali, è davvero così?
Provando ora a costruire una nuova (o nuove) teoria fisica partendo da zero per spiegare i fenomeni con cui abbiamo a che fare giungeremmo comunque alla relatività generale e alla quantistica (che per quanto ne sono sono le più generali e accettate attualemte)? (naturalmente tralasciando il fattore tempo e anche il fatto che per costruire macchinari in grado di indagare fenomeni microscopici e galattici abbiamo bisogno di una certa conoscienza) Oppure queste due teorie sono solo frutto di una certa piega storica che ha preso la fisica?
Dovresti porre circostanze umane iniziali, tali da dirigere la ricerca fisica in altra direzione da quella che ha preso e questo potrebbe darsi solo se le circostanze 'fisiche' dell'uomo fossero diverse. Riesci ad immaginare quali potrebbero essere?
Potrebbe essere utile, comunque, per immaginare non mondi fisici diversi - ciò che mi pare improbabile e solo fantascientifico - ma approcci diversi al mondo fisico, sì da avere una diversa 'poetica fisica' (nel senso di 'produzione' della fisica, come poté esserlo, ad esempio, per gli ilozoistii presocratici in Occidente), valutare i diversi percorsi che la fisica e le sue applicazioni pratiche hanno avuto in Oriente e in Occidente. Non ne so molto, ma questo sicuramente porterebbe anche alla valutazione del peso che ambiente e 'psicologia' da esso derivata (senza dire dei ceppi originari dell'uomo occidentale e orientale e delle loro originarie caratteristiche) hanno avuto nella creazione della fisica, intesa qui come comprensione e soluzione di particolari problemi di adattamento. Quindi dovresti operare l'analisi comparata di tutte le circostanze 'aggravanti' e valutare il perché, se un perché si riesce ad individuare, proprio tali teorie e non altre e, se altre, quali altre avrebbero potuto venire alla luce.
Insomma, l'ipotesi non mi sento di valutarla, come indicano invece Gugo e Megan, come una questione da chiaroveggenti, quanto come un problema di storia della scienza e, soprattutto, filosofico (dato anche il suo carattere immaginifico, quale non potrebbe non essere per la penuria d'informazioni almeno sui primordi della storia umana e su prospettive derivate da presupposti ipotetici). Una questione che può essere affrontata, però, solo se si ritiene che la filosofia sia una scienza fondamentalmente inutile: ciò che mi trova d'accordo (ci mancherebbe che dovesse servire, come una domestica: et absit iniuria verbo pro ancilla) e ciò che fa che la questione potrà esser affrontata solo da un pazzo, o da un romanziere.
Ciao.
"Megan00b":
Interessante. "Piuttosto limitata" da cosa e in che senso? Spiegami meglio cosa intendi.
Guarda, la mia ovviamente è solo una ipotesi senza molte pretese, però mi è venuta naturale dopo aver studiato alcune cose sul funzionamento percettivo e cognitivo umano. Ti faccio un esempio. Un gruppo di ricerca italiano (Gallese e Rizzolatti) ha compiuto degli studi sui cosiddetti "neuroni specchio". Una cosa estremamente interessante che hanno rilevato è che esistono delle popolazioni neurali che si attivano in ugual modo in tre diverse situazioni:
1) quando osserviamo un'altra persona manipolare un oggetto(per esempio, una tazzina di caffè)
2) quando noi stessi manipoliamo quella tazzina di caffè
3) quando ci limitiamo ad osservare la tazzina, senza toccarla in alcun modo
Come se non bastasse, esistiono popolazioni neurali specifiche per "atto motorio". Se osserviamo una persona che afferra una tazzina di caffè e siamo indotti a credere che lo faccia per portarsela alla bocca e berne il contenuto, si attivano soprattutto certi neuroni. Se invece, per esempio, crediamo che la stia prendendo per metterla a lavare, se ne attivano altri. L'aspetto interessante è che i neuroni "afferrare - per -bere" ( chiamiamoli così) si attivano sia che la persona prenda la tazzina con la mano, con il piede, con la bocca...insomma, l'importante non è l'azione in sè, l'importante è il Fine. Lo stesso vale per i neuroni "prendi - la - tazzina - e - mettila - a lavare" e via dicendo.
Questi risultati sperimentali hanno portato alla conlusione che, probabilmente, la nostra prima codifica degli oggetti che ci circondano venga fatta in termini motori e funzionali, e che questo sia un meccanismo molto forte e sostanzialmente inconscio.
Se ci pensiamo, quando chiediamo ad un ragazzino delle medie o ai primi anni del liceo di dire cosa sia per lui la "fisica", probabilmente ci parlerà di fatti inerenti la velocità, la massa, il peso, la forza, l'accelerazione,la gravità, le tipologie di superficie che un oggetto può avere, la temperatura...tutte caratteristiche legate al fatto che un oggetto possa essere preso, inseguito, sostenuto (perchè non eccessivamente pesante)e via dicendo. Si tratta, in sostanza, di cose conoscibili tramite l'esplorazione attiva e motoria dell'ambiente che ci circonda.
Per farla breve, la tendenza del nostro sistema cognitivo è quella di attribuire ad ogni oggetto un "fine", un significato, una utilità specifici, e lo facciamo già a partire dai processi più inconsci , guidati da un sistema classificatorio di tipo motorio - esplorativo. Non per nulla ci sembrano "creative" quelle persone che riescono ad usare un certo oggetto in un modo che noi non avevamo ipotizzato.
Credo che questo sia un vincolo nella nostra capacità di elaborare teorie, anche se di certo rappresenta un vantaggio per molti aspetti.