Programmazione degli accessi all'università si/no
Mi è capitato di vedere questo video:
https://www.youtube.com/watch?v=l-d2harI-wE&list=PL_a5INrGCM_VJ0YMy8CTAhUZhcTxrXHHs&index=2
Che si riallaccia ad un "vecchio" articolo (cinque anni fa) dove effettivamente si prevedeva la carenza di medici poi puntualmente registratasi, come tutti abbiamo appreso sia dai mass media sia, probabilmente, dai poster che i medici di base mettono nei loro studi.
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2013/09/10SI82037.PDF
La mia domanda è questa:
Secondo voi di matematicamente, dove sta il confine tra garantire una didattica di un certo livello a chi è "adatto"(?)[nota]Metto il punto di domanda perché mi chiedo se questo tipo di test, quando superati, siano davvero utili per capire chi è adatto e chi invece non lo è studiare[/nota] ad un certo tipo di studi e, invece, violare il sacrosanto diritto allo studio?
Sarebbe giusto abolirli? O invece sarebbe meglio renderli ancora più selettivi?
Il fatto che per dare il test d'ingresso, oltretutto, sia necessario pagare una specie di "pedaggio" per poterlo sostenere vi sembra corretto?
Io il test l'ho già passato un anno fa e quindi sono "a posto", però effettivamente ricordo ancora vividamente le tonnellate di "alpha test" e simile paraphernalia che gira nel periodo dei test d'ingresso con grande gioia, immagino, delle case editrici.
Sarebbe interessante soprattutto, ma non solo, avere un parare da chi nel settore dell'istruzione ci lavora.
https://www.youtube.com/watch?v=l-d2harI-wE&list=PL_a5INrGCM_VJ0YMy8CTAhUZhcTxrXHHs&index=2
Che si riallaccia ad un "vecchio" articolo (cinque anni fa) dove effettivamente si prevedeva la carenza di medici poi puntualmente registratasi, come tutti abbiamo appreso sia dai mass media sia, probabilmente, dai poster che i medici di base mettono nei loro studi.
http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2013/09/10SI82037.PDF
La mia domanda è questa:
Secondo voi di matematicamente, dove sta il confine tra garantire una didattica di un certo livello a chi è "adatto"(?)[nota]Metto il punto di domanda perché mi chiedo se questo tipo di test, quando superati, siano davvero utili per capire chi è adatto e chi invece non lo è studiare[/nota] ad un certo tipo di studi e, invece, violare il sacrosanto diritto allo studio?
Sarebbe giusto abolirli? O invece sarebbe meglio renderli ancora più selettivi?
Il fatto che per dare il test d'ingresso, oltretutto, sia necessario pagare una specie di "pedaggio" per poterlo sostenere vi sembra corretto?
Io il test l'ho già passato un anno fa e quindi sono "a posto", però effettivamente ricordo ancora vividamente le tonnellate di "alpha test" e simile paraphernalia che gira nel periodo dei test d'ingresso con grande gioia, immagino, delle case editrici.
Sarebbe interessante soprattutto, ma non solo, avere un parare da chi nel settore dell'istruzione ci lavora.
Risposte
[ot]Grazie Gabriella!
Crepi il lupo[/ot].
Alla fine riesco sempre a generare degli off topic
Adesso per un po' faccio il bravo.
Crepi il lupo[/ot].
Alla fine riesco sempre a generare degli off topic

Adesso per un po' faccio il bravo.
@SirDanielFortesque
[ot]Sir, in bocca al lupo per chimica.[/ot]
[ot]Sir, in bocca al lupo per chimica.[/ot]
Un' osservazione: quello che dice Gughit è giusto, non è che ci siano tutti questi soldi, e la causa principale è l'enorme debito pubblico accumulato. Basta pensare che la voce più pesante della spesa pubblica è la spesa per interessi sul debito, che ovviamente sottrae risorse ad altre finalità.
Detto questo SirDaniel non ha torto a dire che non è soltanto una questione di soldi, ci sono altri fattori ben noti che ostacolano una crescita delle risorse destinate all'istruzione e alla ricerca, così come sono di ostacolo al superamento della crisi italiana.
Nel privato, un primo fattore è il nanismo delle imprese italiane, la maggior parte sono piccole e medie imprese che non destinano risorse alla ricerca e alla formazione.
Un secondo fattore, bestia nera degli imprenditori ma non solo, anche ostacolo a serie riforme, l'inadeguatezza della macchina amministativa e una burocrazia invadente e volta ad autoperpetuarsi e a ostacolare il cambiamento.
Basta pensare a quanti fondi già stanziati, anche europei, vanno perduti perché non si riesce a fare in tempo i progetti, per mancanze varie, a cominciare dalla mancanza di tecnici nelle amministrazioni che se ne dovrebbero occupare (detto in altri termini, non c'è chi sa fare il progetto).
Per quanto riguarda la burocrazia, a parte l'esperienza quotidiana un po' di tutti (nella università dove collaboro per cambiare un neon sulla lavagna ci vuole un mese e mezzo, per aggiustare un microfono un anno), vi consiglio, se può interessarvi, il libro di uno degli economisti italiani più noti, Francesco Giavazzi, I signori del tempo perso, dove parla di come apparati burocratici, più interessati al perpetuarsi del proprio potere che all'interesse pubblico, riescano a bloccare il cambiamento.
Faccio un esempio tratto da questo libro: si parlava da tempo di eliminazione dei sussidi alle imprese, dati a pioggia e con scarsi criteri di efficienza, per liberare risorse per altri usi.
Erano tutti d'accordo, pure gli imprenditori. Conclusione: alla fine non se ne è fatto niente (secondo Giavazzi) per l'opposizione dei burocrati degli uffici preposti alla gestione dei sussidi: questi uffici e quindi anche i burocrati sarebbero diventati inutili, e avrebbero perso potere.
Insomma, sono questioni complicate, non è che io ne sappia poi molto, ma appena ci si avvia a leggere quello che c'è nella gestione del pubblico si ha una continua sorpresa (in negativo).
Detto questo SirDaniel non ha torto a dire che non è soltanto una questione di soldi, ci sono altri fattori ben noti che ostacolano una crescita delle risorse destinate all'istruzione e alla ricerca, così come sono di ostacolo al superamento della crisi italiana.
Nel privato, un primo fattore è il nanismo delle imprese italiane, la maggior parte sono piccole e medie imprese che non destinano risorse alla ricerca e alla formazione.
Un secondo fattore, bestia nera degli imprenditori ma non solo, anche ostacolo a serie riforme, l'inadeguatezza della macchina amministativa e una burocrazia invadente e volta ad autoperpetuarsi e a ostacolare il cambiamento.
Basta pensare a quanti fondi già stanziati, anche europei, vanno perduti perché non si riesce a fare in tempo i progetti, per mancanze varie, a cominciare dalla mancanza di tecnici nelle amministrazioni che se ne dovrebbero occupare (detto in altri termini, non c'è chi sa fare il progetto).
Per quanto riguarda la burocrazia, a parte l'esperienza quotidiana un po' di tutti (nella università dove collaboro per cambiare un neon sulla lavagna ci vuole un mese e mezzo, per aggiustare un microfono un anno), vi consiglio, se può interessarvi, il libro di uno degli economisti italiani più noti, Francesco Giavazzi, I signori del tempo perso, dove parla di come apparati burocratici, più interessati al perpetuarsi del proprio potere che all'interesse pubblico, riescano a bloccare il cambiamento.
Faccio un esempio tratto da questo libro: si parlava da tempo di eliminazione dei sussidi alle imprese, dati a pioggia e con scarsi criteri di efficienza, per liberare risorse per altri usi.
Erano tutti d'accordo, pure gli imprenditori. Conclusione: alla fine non se ne è fatto niente (secondo Giavazzi) per l'opposizione dei burocrati degli uffici preposti alla gestione dei sussidi: questi uffici e quindi anche i burocrati sarebbero diventati inutili, e avrebbero perso potere.
Insomma, sono questioni complicate, non è che io ne sappia poi molto, ma appena ci si avvia a leggere quello che c'è nella gestione del pubblico si ha una continua sorpresa (in negativo).
[ot]Grazie!
(crepi il lupo)[/ot]
(crepi il lupo)[/ot]
[ot]Ma figurati! Ciao ed in bocca al lupo per l'esame di chimica di domani![/ot]
[ot]
No in realtà per studioso intendo in generale qualcuno che studia. Per esempio anch'io nel mio piccolo di studente del primo anno di ingegneria secondo me posso ritenermi uno "studioso".
Si forse è qua la la differenza. Lo studio, a differenza della ricerca, non presuppone la presenza di un istituzione che lo supporta.
Comunque era davvero una domanda. Grazie della risposta, ciao.[/ot]
"Gughigt":
che tu intenda per studioso colui che si occupa di questioni umanistiche
No in realtà per studioso intendo in generale qualcuno che studia. Per esempio anch'io nel mio piccolo di studente del primo anno di ingegneria secondo me posso ritenermi uno "studioso".
"Gughigt":
azienda privata od di un'università
Si forse è qua la la differenza. Lo studio, a differenza della ricerca, non presuppone la presenza di un istituzione che lo supporta.
Comunque era davvero una domanda. Grazie della risposta, ciao.[/ot]
[ot]
Il ricercatore è uno studioso. (Credo che tu intenda per studioso colui che si occupa di questioni umanistiche, restringendo evidentemente il campo).
Se il frutto del suo studio va a beneficio di una azienda privata o di un'università poco cambia a livello macro. Nel senso che - eccettuati i casi in cui la nuova tecnologia è escludibile[nota]cioè la "scoperta" è brevettabile[/nota] - tutti possono trarre benefici dal risultato della ricerca.
Uno dei problemi dell'Italia è, come ha ben fatto notare qualcuno più sopra, il basso investimento in istruzione/ricerca.[/ot]
Quindi secondo te c'è differenza tra un ricercatore e uno studioso?
Il ricercatore è uno studioso. (Credo che tu intenda per studioso colui che si occupa di questioni umanistiche, restringendo evidentemente il campo).
Se il frutto del suo studio va a beneficio di una azienda privata o di un'università poco cambia a livello macro. Nel senso che - eccettuati i casi in cui la nuova tecnologia è escludibile[nota]cioè la "scoperta" è brevettabile[/nota] - tutti possono trarre benefici dal risultato della ricerca.
Uno dei problemi dell'Italia è, come ha ben fatto notare qualcuno più sopra, il basso investimento in istruzione/ricerca.[/ot]
"Gughigt":
3/4 di quello che hai appena scritto è in piena contraddizione con questa affermazione.
Siete più avanti di me negli studi e nella vita. Riconosco di aver provato a fare il Marco Travaglio di turno e mi avete estinto

A parte la confusione che ho fatto...
concedetemi solo una ultima domanda, seria:
"Gughigt":
Fai confusione tra cultura e ricerca.
"Gughigt":
scolarizzazione/R&D.
Quindi secondo te c'è differenza tra un ricercatore e uno studioso?
[ot]
"Gughigt":
Non a caso la crescita (straordinaria) cinese ha subito un forte rallentamento per via del mancato investimento in produttività fattoriale (si legga tecnologia ed efficienza) dovuto all'approccio estensivo (basato sull'accumulazione di fattori, caratterizzata, per gli addetti ai lavori, da rendimenti marginali decrescenti) ed adottato dalla fine degli anni '70 ad oggi.
Qui ed in altri passaggi mi porti in acque dove non sarei in grado di navigare.
Nel senso che alle superiori avevo una materia che si chiamava "diritto ed economia" dove un avvocato cassazionista mi (/ci) insegnava il codice della navigazione del ventennio interrogando a sorpresa (media del 5 in classe) quindi puoi immaginare cosa possa aver capito io di "diritto ed economia". Era un ITI aeronautico.[/ot]
[ot]
Su che base? Sulla confusa idea che mostri di avere relativamente anche al solo concetto di "risorsa"?
Anche qui si evidenziano ampie criticità nella comprensione di concetti basilari (tra l'altro è Muti stesso a dire che i governi devono investire). E' una bella frase...Da bar. In primis le risorse di cui parli sono risorse private: un imprenditore a meno di forti incentivi (magari dal pubblico, cosa che non avverrà per questo specifico settore) non si sposterà mai su un qualcosa di più "nobile" con una produttività più bassa. Fai confusione tra cultura e ricerca.
Un altro paio di maniche è quanto di relativo alle risorse pubbliche. Leggi sotto.
Altra frase da bar basata sull'aria fritta. I beni si dividono in categorie - tra l’altro - basate anche su quanto siano necessari per gli individui: il comico paragona mele con pere (banalmente è come confrontare il prezzo dell’acqua con quello dello champagne).
Te lo ripeto confondi la cultura con la scolarizzazione/ricerca & sviluppo.
Sono d'accordo quando si richiede più investimento nella scolarizzazione, è evidente che in ottica di crescita la produttività del fattore lavoro risulta più elevata davanti a capitale umano maggiormente istruito (senza dover scomodare Solow).
Sono d'accordo quando si richiede più investimento in attività di ricerca e sviluppo (ricordiamoci che nel lungo è l'unico canale vero attraverso cui si manifesta la crescita)[nota]Non a caso la crescita (straordinaria) cinese ha subito un forte rallentamento per via del mancato investimento in produttività fattoriale (si legga tecnologia ed efficienza) dovuto all'approccio estensivo (basato sull'accumulazione di fattori, caratterizzata, per gli addetti ai lavori, da rendimenti marginali decrescenti) ed adottato dalla fine degli anni '70 ad oggi.[/nota] così da avere una nuova, superiore tecnologia (una finezza per chi ne sa qualcosa, parlo del c.d. progresso tecnologico neutrale nel senso di Harrod) in grado di garantire rendimenti dei fattori più elevati (=star meglio comune).
Non capisco proprio cosa vuoi dire in questo passaggio.
3/4 di quello che hai appena scritto è in piena contraddizione con questa affermazione.
Non te la prendere, non ti sto attaccando, si vede che sei una persona intelligente e non lo farei mai. Anche io la pensavo come te, credevo in concetti che ti riassumo citando Dostoevskij: "la bellezza salverà il mondo"...magari è vero e sarà così.
Quello che dici è moralmente corretto ma lo sostieni cercando di argomentare con il sentito dire.[/ot]
EDIT @giuliofis mi ha anticipato su qualcosa
"SirDanielFortesque":
Io ho molti dubbi sul fatto che le risorse non ci siano. Al contrario sono abbastanza certo che i soldi ci siano per fare tutto.
Su che base? Sulla confusa idea che mostri di avere relativamente anche al solo concetto di "risorsa"?
dove veniva interpellato il Muti1 sul valore della cultura. Egli sostenne che "un calciatore costa più di un'orchestra sinfonica". Allora di cosa stiamo parlando? Di carenza di risorse effettiva o di risorse allocate male?
Anche qui si evidenziano ampie criticità nella comprensione di concetti basilari (tra l'altro è Muti stesso a dire che i governi devono investire). E' una bella frase...Da bar. In primis le risorse di cui parli sono risorse private: un imprenditore a meno di forti incentivi (magari dal pubblico, cosa che non avverrà per questo specifico settore) non si sposterà mai su un qualcosa di più "nobile" con una produttività più bassa. Fai confusione tra cultura e ricerca.
Un altro paio di maniche è quanto di relativo alle risorse pubbliche. Leggi sotto.
E' una contraddizione che troviamo nella vita di tutti i giorni sia ben chiaro. Ci sembra caro un litro di benzina e spendiamo dai dieci euro al litro in su per shampoo miracolosi (come piace dire a un comico che a me piace molto, Natalino Balasso).
Altra frase da bar basata sull'aria fritta. I beni si dividono in categorie - tra l’altro - basate anche su quanto siano necessari per gli individui: il comico paragona mele con pere (banalmente è come confrontare il prezzo dell’acqua con quello dello champagne).
noiosa cultura
Te lo ripeto confondi la cultura con la scolarizzazione/ricerca & sviluppo.
Sono d'accordo quando si richiede più investimento nella scolarizzazione, è evidente che in ottica di crescita la produttività del fattore lavoro risulta più elevata davanti a capitale umano maggiormente istruito (senza dover scomodare Solow).
Sono d'accordo quando si richiede più investimento in attività di ricerca e sviluppo (ricordiamoci che nel lungo è l'unico canale vero attraverso cui si manifesta la crescita)[nota]Non a caso la crescita (straordinaria) cinese ha subito un forte rallentamento per via del mancato investimento in produttività fattoriale (si legga tecnologia ed efficienza) dovuto all'approccio estensivo (basato sull'accumulazione di fattori, caratterizzata, per gli addetti ai lavori, da rendimenti marginali decrescenti) ed adottato dalla fine degli anni '70 ad oggi.[/nota] così da avere una nuova, superiore tecnologia (una finezza per chi ne sa qualcosa, parlo del c.d. progresso tecnologico neutrale nel senso di Harrod) in grado di garantire rendimenti dei fattori più elevati (=star meglio comune).
Il fatalismo che c'è in giro sinceramente mi spaventa. Tutti dicono "i soldi non ci sono" come se quei prelievi coattivi di ricchezza volgarmente detti "tasse" fossero semplicemente qualcosa di ineluttabile... che c'è ma non si capisce perché ci sia dato che poi spariscono
Non capisco proprio cosa vuoi dire in questo passaggio.
Non voglio scadere nella solita retorica politica da tre soldi
3/4 di quello che hai appena scritto è in piena contraddizione con questa affermazione.
Non te la prendere, non ti sto attaccando, si vede che sei una persona intelligente e non lo farei mai. Anche io la pensavo come te, credevo in concetti che ti riassumo citando Dostoevskij: "la bellezza salverà il mondo"...magari è vero e sarà così.
Quello che dici è moralmente corretto ma lo sostieni cercando di argomentare con il sentito dire.[/ot]
EDIT @giuliofis mi ha anticipato su qualcosa
"SirDanielFortesque":
Io ho molti dubbi sul fatto che le risorse non ci siano. Al contrario sono abbastanza certo che i soldi ci siano per fare tutto.
Per ottuplicare le matricole di medicina è necessario ottuplicare gli spazi dei dipartimenti di medicina. Da dove viene questa tua certezza?
Egli sostenne che "un calciatore costa più di un'orchestra sinfonica". Allora di cosa stiamo parlando? Di carenza di risorse effettiva o di risorse allocate male?
Ma che c'entra? Il calciatore viene pagato con soldi privati...
Dov'è meglio mettere i nostri soldi?
Hai fatto tutti esempi di soldi spesi da privati. L'università è una struttura pubblica, non c'entra niente quel che dici.
In realtà anche con questi test d'ingresso ho fatto lezioni seduto a terra che manco in Africa in quegli spot strappalacrime ma almeno hanno tutti uno scranno o un secchiello dove appoggiare le natiche... E a dire del bidello non c'erano le sedie(!)... Quindi cosa dovremmo fare, ridurre ancora il tetto massimo di ammissioni?
Bene, ora prova a immaginare la stessa situazione con però otto volte gli stessi studenti. Probabilmente non sareste entrati nell'aula nemmeno impilati uno sopra all'altro.
Tutto si può e si deve discutere.
Certamente, ma possibilmente portando alternative concrete e fattibili.
Non solo, per motivi di sicurezza non si possono mettere le sedie sui gradoni perché le vie di esodo bla bla bla incendi bla bla bla navi aliene che cadono bla bla bla
E meno male. A me è toccato di dover evacuare al liceo, e già coi corridoi sgombri non è stato piacevole.
"giuliofis":
È molto bello parlare di carenza di laureati, di dover metter in piedi strutture adeguate, eccetera
Io ho molti dubbi sul fatto che le risorse non ci siano. Al contrario sono abbastanza certo che i soldi ci siano per fare tutto.
Tempo fa per esempio ho letto un articolo
[ot]https://www.orizzontescuola.it/muti-governi-devono-investire-cultura-unorchestra-costa-meno-calciatore/[/ot]
dove veniva interpellato il Muti[nota]Io a questa affermazione che ha fatto ci credo anche se non ho fatto "i conti". Certo uno potrebbe dire "ognuno tira l'acqua al suo mulino" ed anche in quell'ambiente ci sono ingiustizie, penso per esempio alla polemica di qualche anno fa sul megastipendio di Valery Gergiev[/nota] sul valore della cultura. Egli sostenne che "un calciatore costa più di un'orchestra sinfonica". Allora di cosa stiamo parlando? Di carenza di risorse effettiva o di risorse allocate male?
E' una contraddizione che troviamo nella vita di tutti i giorni sia ben chiaro. Ci sembra caro un litro di benzina e spendiamo dai dieci euro al litro in su per shampoo miracolosi (come piace dire a un comico che a me piace molto, Natalino Balasso).
Ci sembra alto il costo della vita ma magari compriamo a rate un cellulare.
Quindi in realtà è un problema concettuale molto più profondo a mio avviso. Panem et circenses da un lato, noiosa cultura dell'altro. Dov'è meglio mettere i nostri soldi?
Il fatalismo che c'è in giro sinceramente mi spaventa. Tutti dicono "i soldi non ci sono" come se quei prelievi coattivi di ricchezza volgarmente detti "tasse" fossero semplicemente qualcosa di ineluttabile... che c'è ma non si capisce perché ci sia dato che poi spariscono e tutti lamentano addirittura l'impossibilità di compiere ciò che serve, di costruire ciò di cui tutti abbiamo bisogno.
"giuliofis":
Certo, ma le matricole nel frattempo da qualche parte devi metterle...
In realtà anche con questi test d'ingresso ho fatto lezioni seduto a terra che manco in Africa in quegli spot strappalacrime ma almeno hanno tutti uno scranno o un secchiello dove appoggiare le natiche... E a dire del bidello non c'erano le sedie(!)[nota]Non solo, per motivi di sicurezza non si possono mettere le sedie sui gradoni perché le vie di esodo bla bla bla incendi bla bla bla navi aliene che cadono bla bla bla[/nota]... Quindi cosa dovremmo fare, ridurre ancora il tetto massimo di ammissioni?
Non voglio scadere nella solita retorica politica da tre soldi e/o fare il provocatore. E' un ragionamento così, che mi viene dal cuore.
Tutto si può e si deve discutere.
"SirDanielFortesque":
Secondo voi di matematicamente, dove sta il confine tra garantire una didattica di un certo livello a chi è "adatto"(?)[nota]Metto il punto di domanda perché mi chiedo se questo tipo di test, quando superati, siano davvero utili per capire chi è adatto e chi invece non lo è studiare[/nota] ad un certo tipo di studi e, invece, violare il sacrosanto diritto allo studio?
Il numero chiuso non viola alcun sacrosanto diritto allo studio, perché la possibilità ce l'hanno tutti indistintamente.
Purtroppo, però, o fai così o non hai materialmente la possibilità di istruire nessuno.
È molto bello parlare di carenza di laureati, di dover metter in piedi strutture adeguate, eccetera... E nel frattempo che tutto ciò non c'è, che si fa?
Certo questo è sicuramente un problema che molti sollevano. Però oggettivamente il corso degli studi seleziona parecchio anche senza che ci sia il test.
Certo, ma le matricole nel frattempo da qualche parte devi metterle...
@ Gughigt Supponiamo, a titolo d'esempio, che i posti su base nazionale siano 10771 ed i candidati 84000. Chi arriva 10772 alla selezione e per un posto è "fuori" è davvero così meno bravo di chi è arrivato 10771 per giustificarne l'esclusione? E se il 10772 un domani sarebbe potuto diventare un meglio medico di quanto si sia rivelato, alle corde, il candidato 10771? Magari il 10772 va a fare ingegneria controvoglia perché ha comunque bisogno di laurearsi e diventa un ingegnere del menga.
E se portiamo i posti a 10772, il 10773-esimo è davvero così meno bravo del 10772, eccetera? Un paletto devi metterlo da qualche parte, non c'è storia.
"Sling":
Quindi secondo me se si volesse aumentare il numero di medici bisognerebbe intervenire aumentando il numero di borse di studio per la specialistica più che togliere il numero chiuso rischiando di inficiare sulla qualità della didattica.
In ogni caso, prima di aumentare le borse ai medici specializzandi io penserei a darle, le borse, ai non-medici specializzandi. Io quando dovetti scegliere se tentare o meno la scuola di specializzazione medica mi sarei accontentato della metà della borsa dei medici...
Forse sono stato inutilmente polemico. In effetti neanche a me vengono in mente delle alternative che risolvono il problema dell'esclusione di studenti potenzialmente talentuosi "sul nascere".
Quello che dici non è sbagliato, belle parole, bei pensieri.
Se ci fossero le strutture e un organico sufficienti potrebbe essere ok ma capisci bene che non è concepibile allo stato attuale dei fatti e delle cose.
Non è vero che chiunque può studiare qualsiasi cosa con i suoi tempi, potrebbe farlo se non fosse “d’intralcio”[nota]lo so che è brutto da dire ma non mi veniva niente di meglio in mente[/nota] ai suoi colleghi (implicitamente) od ai suoi professori (esplicitamente), ma evidentemente non è così, soprattutto in CdL dove si è al limite della capacità (leggasi medicina e molti altri). Per me conta il merito. Se ne hai e vali vai avanti altrimenti cambia strada.
Come faceva ben notare axpgn un conto è “ciò che sarebbe giusto” ed un altro è la realtà: difficilmente quello che hai detto può essere realizzabile.
In relazione ai corsi preparatori per i test d’ammissione sono un po’ come le ripetizioni private: se puoi farle “compri” qualche possibilità in più di superare un esame (non parlo di chi ha difficoltà con argomenti particolarmente ostici, anche se oggi si avrebbero tutti e dico tutti gli strumenti per poter colmare eventuali lacune dopo aver seguito un corso...). Anche qui puoi aprire un discorso sulle disparità sociali e finiremmo per non uscirne più [nota]Se fossi davvero interessato all’argomento scrivimi pure in privato[/nota].
Come ha sottolineato gabriella127 il problema è molto più profondo, istituzionale oltre che nelle persone. Anche a me non sta bene vedere studenti spediti in Albania piuttosto che in Bulgaria perché i genitori vogliono a tutti i costi avviarli ad una specifica professione (o perché vogliono farlo loro stessi) ma è così.
La realtà è questa, i limiti li conosci e non credo che star qui a dire cosa sia “idealmente” giusto possa portare ad una conclusione concreta.
Magari si potrebbe discutere sul cambiamento ipotetico del processo di selezione ma a mio modo di vedere le cose poco cambierebbe se al posto del test ci fosse un vincolo di media al primo semestre. La sostanza resta quella: se vali e ti impegni vai avanti.
Se ci fossero le strutture e un organico sufficienti potrebbe essere ok ma capisci bene che non è concepibile allo stato attuale dei fatti e delle cose.
Non è vero che chiunque può studiare qualsiasi cosa con i suoi tempi, potrebbe farlo se non fosse “d’intralcio”[nota]lo so che è brutto da dire ma non mi veniva niente di meglio in mente[/nota] ai suoi colleghi (implicitamente) od ai suoi professori (esplicitamente), ma evidentemente non è così, soprattutto in CdL dove si è al limite della capacità (leggasi medicina e molti altri). Per me conta il merito. Se ne hai e vali vai avanti altrimenti cambia strada.
Come faceva ben notare axpgn un conto è “ciò che sarebbe giusto” ed un altro è la realtà: difficilmente quello che hai detto può essere realizzabile.
In relazione ai corsi preparatori per i test d’ammissione sono un po’ come le ripetizioni private: se puoi farle “compri” qualche possibilità in più di superare un esame (non parlo di chi ha difficoltà con argomenti particolarmente ostici, anche se oggi si avrebbero tutti e dico tutti gli strumenti per poter colmare eventuali lacune dopo aver seguito un corso...). Anche qui puoi aprire un discorso sulle disparità sociali e finiremmo per non uscirne più [nota]Se fossi davvero interessato all’argomento scrivimi pure in privato[/nota].
Come ha sottolineato gabriella127 il problema è molto più profondo, istituzionale oltre che nelle persone. Anche a me non sta bene vedere studenti spediti in Albania piuttosto che in Bulgaria perché i genitori vogliono a tutti i costi avviarli ad una specifica professione (o perché vogliono farlo loro stessi) ma è così.
La realtà è questa, i limiti li conosci e non credo che star qui a dire cosa sia “idealmente” giusto possa portare ad una conclusione concreta.
Magari si potrebbe discutere sul cambiamento ipotetico del processo di selezione ma a mio modo di vedere le cose poco cambierebbe se al posto del test ci fosse un vincolo di media al primo semestre. La sostanza resta quella: se vali e ti impegni vai avanti.
"Sling":
dobbiamo fare i conti con i limiti imposti dalla realtà
"axpgn":
si devono prendere decisioni, che non sono perfette …
Ok. Ho capito. In effetti come darvi torto. Però resta il fatto che è un triste compromesso. Sarebbe meglio lasciare che tutti inseguano la loro vocazione, senza ostacoli di natura alcuna, come peraltro prevede la Costituzione.
"Gughigt":
il 10772 10772 si iscrive ad una facoltà affine (avente il massimo numero di esami in comune con il corso che gli interessa).L’anno dopo ritenta il test e se viene ammesso (se è davvero quello che vuole fare sarà senz’altro così) avrà già buona parte dei crediti del primo anno in modo tale da essere al pari dei suoi colleghi del secondo anno.
Questo vale per il $10772$ dell'anno $n$. Ma all'anno $n+1$ arriva un altro $"10772"$ (cioè un altro "per un punto martin perse la cappa") che dovrà farsi un anno di Biochimica che magari non gli piace affatto e generare all'anno $n+2$ un ulteriore $10772$. Che dire... Complimenti! E' un sistema spietato e concorrenziale. Insomma ricordiamoci che è una scuola (mica una catena di montaggio: manca solo che mettano i premi di produzione e che i professori vengano pagati a cottimo, in voucher e buoni pasto). La scuola dovrebbe educare prima che formare. Se la prima cosa che fa è escludere chi è "di troppo", bella educazione al darwinismo sociale.
Così facendo chi non passa è escluso perché c'è un altro "migliore"(?) di lui, e non perché è davvero uno studente "scrauso" o un somaro (con tutto il rispetto per la categoria, ammesso che esista), che magari rallenterebbe gli altri. E poi che brutta cosa da dire "rallenterebbe gli altri". Se va fuori corso sono fatti suoi, tanto i professori universitari (giustamente) non sono tenuti a seguire tutti. Lasciamo che si laurei con i suoi tempi.
"Sling":
Un ingegnere "del menga" al massimo finisce a fare il commerciale, un medico "del menga" rischia di fare seri danni.
La persona sbagliata al momento sbagliato fa grossi danni qualsiasi sia il suo titolo, ruolo e grado di responsabilità a mio avviso.
"gabriella127":
università di classe
Esatto. Cercano di farla sembrare massificata ma in realtà è cambiato solo il numero di studenti e non l'offerta, come invece sarebbe dovuto essere.
"gabriella127":
pagamento per prepararsi
Appunto, si fa pagare una specie di pedaggio, come entrare in autostrada. Però non tutti possono permettersi di pagare e allora vengono lasciati fuori e devono rassegnarsi a fare la strada più difficile.
La domanda che fa SirDanielFortesque in questo post è la domanda delle cento pistole, voglio dire che tratta una questione complessa senza risposte univoche.
In tutti i vostri interventi vedo ragioni e cose su cui riflettere.
Vorrei fare solo due osservazioni:
1) anche io, come Sir Daniel, trovo poco sopportabili le discriminazioni di censo, e l'università italiana è purtroppo ancora una università di classe, chi non ha alle spalle una famiglia che può aiutarti ha grosse difficoltà a fare l'università. E il numero chiuso così com'è, con test, corsi che molti fanno a pagamento per prepararsi, genitori che ti mandano un anno a fare medicina in Bulgaria se non sei passato ai test (è vero, parlo di una mia nipote) accentua questo divario. Più ragionevole è forse lo sbarramento dopo il primo anno, proposta che si sente spesso, ma poi non se ne fa niente.
2) ma il problema vero è che in Italia ci sono troppo pochi laureati, sia rispetto ad altri paesi, sia rispetto alle necessità del paese (v. caso dei medici).
Quindi il numero chiuso non è fatto in base a una programmazione, ma in base alle carenze del nostro sistema universitario.
Finché non si affronta il problema della scarsità dei laureati e della insufficienza delle strutture, ha poco senso parlare di numero chiuso o meno, se non in un'ottica di emergenza ('non ci sono aule e professori').
Uno dei problemi strutturali della crisi economica italiana e della disoccupazione è proprio lo scarso investimento in istruzione (oltre che nella ricerca).
In tutti i vostri interventi vedo ragioni e cose su cui riflettere.
Vorrei fare solo due osservazioni:
1) anche io, come Sir Daniel, trovo poco sopportabili le discriminazioni di censo, e l'università italiana è purtroppo ancora una università di classe, chi non ha alle spalle una famiglia che può aiutarti ha grosse difficoltà a fare l'università. E il numero chiuso così com'è, con test, corsi che molti fanno a pagamento per prepararsi, genitori che ti mandano un anno a fare medicina in Bulgaria se non sei passato ai test (è vero, parlo di una mia nipote) accentua questo divario. Più ragionevole è forse lo sbarramento dopo il primo anno, proposta che si sente spesso, ma poi non se ne fa niente.
2) ma il problema vero è che in Italia ci sono troppo pochi laureati, sia rispetto ad altri paesi, sia rispetto alle necessità del paese (v. caso dei medici).
Quindi il numero chiuso non è fatto in base a una programmazione, ma in base alle carenze del nostro sistema universitario.
Finché non si affronta il problema della scarsità dei laureati e della insufficienza delle strutture, ha poco senso parlare di numero chiuso o meno, se non in un'ottica di emergenza ('non ci sono aule e professori').
Uno dei problemi strutturali della crisi economica italiana e della disoccupazione è proprio lo scarso investimento in istruzione (oltre che nella ricerca).
Il numero chiuso, di per sé, è sbagliato.
Ma dove le trovi le strutture per $84.000$ aspiranti studenti?
E se pure le costruissi, ma dopo un paio di anni i nuovi aspiranti fossero $43.207$, che te ne fai delle (costose) strutture?
E di quei $84.000$ quando ne rimarrebbero alla fine? Esagero, trentamila … e quanti "buoni" medici ? Dieci? Mila intendo
Il fatto è che tra l'ideale e la realtà c'è di mezzo il mare, la realtà è complicata, nella realtà si devono prendere decisioni, che non sono perfette …
Ma dove le trovi le strutture per $84.000$ aspiranti studenti?
E se pure le costruissi, ma dopo un paio di anni i nuovi aspiranti fossero $43.207$, che te ne fai delle (costose) strutture?
E di quei $84.000$ quando ne rimarrebbero alla fine? Esagero, trentamila … e quanti "buoni" medici ? Dieci? Mila intendo

Il fatto è che tra l'ideale e la realtà c'è di mezzo il mare, la realtà è complicata, nella realtà si devono prendere decisioni, che non sono perfette …
No, il $10772$ si iscrive ad una facoltà affine (avente il massimo numero di esami in comune con il corso che gli interessa).
L’anno dopo ritenta il test e se viene ammesso (se è davvero quello che vuole fare sarà senz’altro così) avrà già buona parte dei crediti del primo anno in modo tale da essere al pari dei suoi colleghi del secondo anno.
L’anno dopo ritenta il test e se viene ammesso (se è davvero quello che vuole fare sarà senz’altro così) avrà già buona parte dei crediti del primo anno in modo tale da essere al pari dei suoi colleghi del secondo anno.
"SirDanielFortesque":
Che forse è una condizione che trovo anche più severa di un test d'ingresso.
Appunto. Come dicevo, una pagliacciata.
"SirDanielFortesque":
Sono pienamente d'accordo con te. Purché le borse siano erogate dopo accurata disamina dei candidati e sulla base di criteri oggettivi.
Quindi no alla selezione in ingresso a medicina ma sì alla selezione in ingresso alla specialistica? Non molto sensato.
La selezione sulla specialistica già c'è e a quanto dicono è basata su test molto selettivi oltre che molto confusionaria.
Idealmente sono d'accordo con te sul fatto che tutti dovrebbero poter studiar quel che vogliono, purtroppo però non viviamo in un mondo ideale (neanche lontanamente) e dobbiamo fare i conti con i limiti imposti dalla realtà: un'aumento spropositato del numero di immatricolati a medicina porterebbe inevitabilmente ad un impoverimento della qualità dell'istruzione (se non aumentassero parimenti le risorse disponibili, cosa attualmente impossibile) e, per l'appunto, un aumento di medici che non entrano in specialistica.
Se uno è veramente determinato a voler fare medicina ha attualmente i mezzi per farlo. Se il test va male, può riprovarlo.
Un ingegnere "del menga" al massimo finisce a fare il commerciale, un medico "del menga" rischia di fare seri danni.