Ot: quanto è importante per voi essere i migliori?
circoscriviamo la discussione all'argomento studio-esami etc., posto che io grazie a dio sono ormai fuori dai giochi.
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
per me essere la migliore è sempre stato un must. certo, al liceo è fin troppo facile...a ingegneria son stati cavoli più amari.
non sono stata la migliore sempre, ma spesso sì.
e quando non lo ero rosicavo.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
e va beh, poi ho imparato ad essere più sportiva.
ci uscivo e basta.
gaia
ps: al di là del tono umoristico del tutto, mi piacerebbe davvero sapere come la pensate.
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
per me essere la migliore è sempre stato un must. certo, al liceo è fin troppo facile...a ingegneria son stati cavoli più amari.
non sono stata la migliore sempre, ma spesso sì.
e quando non lo ero rosicavo.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
e va beh, poi ho imparato ad essere più sportiva.
ci uscivo e basta.
gaia
ps: al di là del tono umoristico del tutto, mi piacerebbe davvero sapere come la pensate.
Risposte
davide non so se il tuo messaggio era ironico o no... visto il tempo che hai perso per scriverlo temo proprio di no... mi spiace
Questo è un problema di scelta.
Il presupposto è che esista un’unità di misura per quantificare delle prestazioni. Ammettiamo che questa sia il voto scolastico (anche se la nostra esperienza ci insegna quanto questo sia lontano dall'essere un'unità di misura).
Inanzitutto all'individulo si pone una prima scelta: essere indifferente al voto oppure prefissarsi un obbiettivo.
Mettiamo sull'asse delle y la soddisfazione del raggiungimento dell'obbiettivo e sull'asse delle x il voto preso.
L'indifferente avrà una funzione orizzontale che ha come ordinata la massima soddisfazione e quindi sarà sempre gratificato dai suoi risultati, non rischia niente ed è tranquillo. La sua gratificazione sarà sempre uguale e massima.
Chi si prefissa un obbiettivo avrà una funzione con un punto di flesso corrispondente al voto obbiettivo. La sua soddisfazione salirà di molto se il suo voto è andato oltre le aspettative, ma scenderà di molto se sarà più basso.
Per chi ha come obbiettivo avere il voto più alto degli altri dato che non conta per lui il voto assuluto, ma quello relativo, è necessario porre sull’asse delle x la differenza fra il voto preso e il voto migliore preso in una data prova.
Ci si presentano nel grafico due linee orizzontali, la prima coincide con l’asse delle x ed ha limite destro lo zero. La seconda ha come ordinata la soddisfazione massima ed ha come limite sinistro lo zero escluso.
Detto questo possiamo inquadrare bene le tre scelte dal punto di vista dell’analisi costi /benefici:
L’indifferente non ha obbiettivi e quindi a prescindere dai costi da lui sopportati per la preparazione i suoi benefici saranno sempre superiori ai costi.
L’individuo che ha prefissato un voto assoluto avrà buone possibilità di successo se il suo voto sarà vicino a quello sperato presupponendo che i costi per la preparazione siano congrui al voto.
L’individuo che ha come obbiettivo il voto più alto in assoluto ha scarse possibilità di successo, adotta una strategia il cui rapporto rischio/rendimento non è congruo all’impresa, sopporta alti costi di preparazione col rischio di “pareggiare” con un altro che ha preso il voto masssimo. Inoltre, anche in caso di successo, sarebbe condannato a vincere sempre per non tradire le ormai altissime aspettative. E quindi ad aumentare i costi delle sue preparazioni successive.
Se vediamo il voto come un bene di consumo notiamo che vi è un'evidente esternalità, il voto non viene consumato per soddisfare il bisogno di valutare la propria preparazione, ma come uno status sociale e quindi gli si associa un valore che va oltre il suo intrinseco...gli si aggiungono delle emozioni come spesso fanno i pubblicitari per rendere più affascinante un prodotto futile.
Il presupposto è che esista un’unità di misura per quantificare delle prestazioni. Ammettiamo che questa sia il voto scolastico (anche se la nostra esperienza ci insegna quanto questo sia lontano dall'essere un'unità di misura).
Inanzitutto all'individulo si pone una prima scelta: essere indifferente al voto oppure prefissarsi un obbiettivo.
Mettiamo sull'asse delle y la soddisfazione del raggiungimento dell'obbiettivo e sull'asse delle x il voto preso.
L'indifferente avrà una funzione orizzontale che ha come ordinata la massima soddisfazione e quindi sarà sempre gratificato dai suoi risultati, non rischia niente ed è tranquillo. La sua gratificazione sarà sempre uguale e massima.
Chi si prefissa un obbiettivo avrà una funzione con un punto di flesso corrispondente al voto obbiettivo. La sua soddisfazione salirà di molto se il suo voto è andato oltre le aspettative, ma scenderà di molto se sarà più basso.
Per chi ha come obbiettivo avere il voto più alto degli altri dato che non conta per lui il voto assuluto, ma quello relativo, è necessario porre sull’asse delle x la differenza fra il voto preso e il voto migliore preso in una data prova.
Ci si presentano nel grafico due linee orizzontali, la prima coincide con l’asse delle x ed ha limite destro lo zero. La seconda ha come ordinata la soddisfazione massima ed ha come limite sinistro lo zero escluso.
Detto questo possiamo inquadrare bene le tre scelte dal punto di vista dell’analisi costi /benefici:
L’indifferente non ha obbiettivi e quindi a prescindere dai costi da lui sopportati per la preparazione i suoi benefici saranno sempre superiori ai costi.
L’individuo che ha prefissato un voto assoluto avrà buone possibilità di successo se il suo voto sarà vicino a quello sperato presupponendo che i costi per la preparazione siano congrui al voto.
L’individuo che ha come obbiettivo il voto più alto in assoluto ha scarse possibilità di successo, adotta una strategia il cui rapporto rischio/rendimento non è congruo all’impresa, sopporta alti costi di preparazione col rischio di “pareggiare” con un altro che ha preso il voto masssimo. Inoltre, anche in caso di successo, sarebbe condannato a vincere sempre per non tradire le ormai altissime aspettative. E quindi ad aumentare i costi delle sue preparazioni successive.
Se vediamo il voto come un bene di consumo notiamo che vi è un'evidente esternalità, il voto non viene consumato per soddisfare il bisogno di valutare la propria preparazione, ma come uno status sociale e quindi gli si associa un valore che va oltre il suo intrinseco...gli si aggiungono delle emozioni come spesso fanno i pubblicitari per rendere più affascinante un prodotto futile.
l'importante è partecipare non vincere!
il solo fatto di partecipare ci mette in una condizione in cui le nostre spettative sono vincolate a molti fattori... e talvolta un 10 posto è più meritevole e soddisfacente di una vittoria.
tutto dipende dalle condizioni in cui si gareggia (parlo di sport come di scuola, università o lavoro)
il solo fatto di partecipare ci mette in una condizione in cui le nostre spettative sono vincolate a molti fattori... e talvolta un 10 posto è più meritevole e soddisfacente di una vittoria.
tutto dipende dalle condizioni in cui si gareggia (parlo di sport come di scuola, università o lavoro)
"egogaia":
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
Non si può certo mettere in ordine la gente, che facciamo mettiamo tutti in ordine per altezza? per peso? creatività? memoria? capacità di sopravvivenza? orecchio musicale? odore? competitività?...
Quindi il concetto di migliore non mi risulta molto chiaro...
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
Ah, adesso ho capito. A me per adesso (faccio le superiori) basta prendere la sufficienza, credo molto di più nelle capacità delle persone che nei giudizi dei professori.
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
Questo probabilmente farà di te una persona infelice per il resto della tua vita, spera solo di cambiare.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
Beh, veramente Jack Napier alias Joker odia Batman non per gelosia ma perchè è stato Batman a farlo cadere dentro un barile di acido e a rovinarli la faccia...
"prime_number":
[quote="desko"]A essere migliore degli ingegneri non è poi così difficile
QUOTO QUOTO QUOT... ehm...

Per rispondere al post principale... Nemmeno a me importa di essere proprio la migliore, la cosa che mi dispiace di più è quando non riesco a dare il meglio di me stessa, su questo mi rodo. Ma non in vista di classifiche o che altro...
La competizione è un ottimo stimolo, ma non deve diventare un'ossessione deleteria.
Paola[/quote]
Quoti le frasi che scrivi tu stessa? Beh...cosi' sarai sicuramente la migliore!!!
Che pena...


giusto.
è sbagliato dire "l'importante è partecipare", è più corretto dire "partecipare è importante" (secondo me naturalmente)
è sbagliato dire "l'importante è partecipare", è più corretto dire "partecipare è importante" (secondo me naturalmente)
In realtà io credo che la cosa importante sia solo non credere che l'importante è partecipare e non vincere.
Per l'appunto, poi, non importa se uno non ha vinto, ma deve gareggiare per vincere, e non per partecipare; questo in ogni cosa che nella vita si faccia. Poi è ovvio che uno solo vince e tutti gli altri perdono, ma anche la sconfitta fa crescere, se uno ha gareggiato con lo scopo di vincere. Così facendo uno continua a crescere e a puntare sempre più in alto. Mai accontentarsi nella vita, andate oltre i vostri limiti.
Per l'appunto, poi, non importa se uno non ha vinto, ma deve gareggiare per vincere, e non per partecipare; questo in ogni cosa che nella vita si faccia. Poi è ovvio che uno solo vince e tutti gli altri perdono, ma anche la sconfitta fa crescere, se uno ha gareggiato con lo scopo di vincere. Così facendo uno continua a crescere e a puntare sempre più in alto. Mai accontentarsi nella vita, andate oltre i vostri limiti.
Io non posso permettemi di cercare di promeggiare perché "gareggio" perché tra me e la maggioranza dei miei colleghi non c'è proprio paragone. Non credo di essere scema (cioè, a volte sì, ma più che altro sull'onda della rabbia quando le cose si mettono male), però è oggettivo che io sia partita con un gap enorme in confronto ad altri: da un lato non ho utilizzato, quindi esercitato e sviluppato, certe facoltà mentali per molti anni, dall'altro ho dovuto recuperare una mole non indifferente di conoscenze che non avevo. Sarebbe come voler vincere i cento metri partendo cento metri indietro rispetto agli altri.
Al liceo ero la più brava, ma sono più soddisfatta ora proprio perché sto cercando di misurarmi con un livello molto più alto (sì, è importante partecipare). Poi ovvio che le mie soddisfazioni me le prendo anche altrove fuori dallo studio universitario.
Al liceo ero la più brava, ma sono più soddisfatta ora proprio perché sto cercando di misurarmi con un livello molto più alto (sì, è importante partecipare). Poi ovvio che le mie soddisfazioni me le prendo anche altrove fuori dallo studio universitario.
"vl4d":
I tempi della mestra e delle stelline sul diario poi passano.
... da questo, se è in risposta al mio post, devo dedurre che sono stato frainteso.
Esempio di scacchi a parte, (che è un gioco estremamente "cattivo", e con la mia minidescrizione ho capito che non vi ho fatto appassionare a questo gioco... ^_^) credo di essermi spiegato perchè, a mio parere, ognuno tende, più o meno apertamente, a dire che "l'importante è partecipare" e di solito lo si dice dopo una sconfitta, ma che in realtà, nell'inconscio (parola magari non usata del tutto propriomente ma che rende l'idea), ognuno voglia essere il primo. Il dire "mi impegno e come arrivo arrivo", mi sa tanto di tecnica difensiva psicologica, contro eventuali delusioni, e devo dire che mi sembra anche ingenua. L'idea che sia l'educazione, le proprie esperienze, a influenzare il nostro rapporto con la competizione non mi trova del tutto d'accordo, io credo piuttosto che queste cose influenziono il nostro rapporto intelletuale con essa, il rapporto guidato dalla ragione, m,a la voglia di essere primi ce l'hanno tutti. Il fatto che questa competizione, a volte sfrenata, possa essere degradante per l'uomo non lo metto in dubbio, ma d'altra parte la psicanalisi dice che noi vorremmo uccidere il genitore del nostro stesso sesso, e unirci con l'altro...
comunque di queste cose non ne so più di tanto, e poi va un po' oltre l'argomento del topic che probabilmente richiedeva una rapporto più personale con la competizione...
Io ho raggiunto un discreto livello di compulsione pro-perfezione, sufficiente a rovinarmi molte cose, ad esempio quest'estate, in piena vacanza, ho perso quasi una settimana a rodermi su un problema variazionale applicato all'idraulica che mi ha creato non pochi problemi....
sì, tutto quello che molti di voi dicono è teroicamente corretto...
vero che l'importante è dare il meglio di sè indipendetemente dalle classifiche, vero che primeggiare per annientare gli altri è sbagliato (questo certamente).
però in certe persone è più radicata l'ansia della competizione, intesa proprio come posizione in una graduatoria più o meno estesa.
credo dipenda un po' da certe componenti di carattere, e un po' dall'educazione che è stata impartita.
in questo caso sono d'accordo con luca. per quanti sforzi faccia per convincermene, a me partecipare non è mai bastato. così come non fanno alcun effetto i ragionamenti "post", in caso di non vittoria. non vivo bene la cosa, insomma.
sembrate quasi tutti più equilibrati di me.
grazie per le vostre opinioni
gaia
vero che l'importante è dare il meglio di sè indipendetemente dalle classifiche, vero che primeggiare per annientare gli altri è sbagliato (questo certamente).
però in certe persone è più radicata l'ansia della competizione, intesa proprio come posizione in una graduatoria più o meno estesa.
credo dipenda un po' da certe componenti di carattere, e un po' dall'educazione che è stata impartita.
in questo caso sono d'accordo con luca. per quanti sforzi faccia per convincermene, a me partecipare non è mai bastato. così come non fanno alcun effetto i ragionamenti "post", in caso di non vittoria. non vivo bene la cosa, insomma.
sembrate quasi tutti più equilibrati di me.

grazie per le vostre opinioni

gaia
"desko":
sono l'unico matematico su circa 350 dipendenti, ed essere migliore degli ingegneri non è poi così difficile
Almeno per una volta......

"egogaia":
circoscriviamo la discussione all'argomento studio-esami etc., posto che io grazie a dio sono ormai fuori dai giochi.
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
per me essere la migliore è sempre stato un must. certo, al liceo è fin troppo facile...a ingegneria son stati cavoli più amari.
non sono stata la migliore sempre, ma spesso sì.
e quando non lo ero rosicavo.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
e va beh, poi ho imparato ad essere più sportiva.
ci uscivo e basta.
gaia
ps: al di là del tono umoristico del tutto, mi piacerebbe davvero sapere come la pensate.


"egogaia":
________________________
http://gaiariva.blogspot.com
http://profile.myspace.com/gaiariva



essere "il migliore" non ha senso, in quanto ognuno e' limitato...
cio' a cui tendo invece e' "essere me stesso". cioe' essere, in un certo senso, "unico", "originale".
ciao alex
cio' a cui tendo invece e' "essere me stesso". cioe' essere, in un certo senso, "unico", "originale".
ciao alex
Concordo con Luca su quell'affermazione.
Invece per me ognuno deve cercare di essere il migliore. Io ritengo che l'affermazione "la cosa importante non è vincere ma partecipare" sia una balla. La cosa importante è vincere, non partecipare; chi arriva secondo ha perso.
"desko":
A essere migliore degli ingegneri non è poi così difficile
QUOTO QUOTO QUOT... ehm...

Per rispondere al post principale... Nemmeno a me importa di essere proprio la migliore, la cosa che mi dispiace di più è quando non riesco a dare il meglio di me stessa, su questo mi rodo. Ma non in vista di classifiche o che altro...
La competizione è un ottimo stimolo, ma non deve diventare un'ossessione deleteria.
Paola
Anch'io ormai sono fuori dai giochi in termini di studio.
Non o mai puntato ad essere il primo, altrimenti ora sarei alquanto frustrato, visti i risultati.
Io mi limito a cercare di far bene quel che devo fare (non sempre con successo).
Al lavoro non ho molta "concorrenza": sono l'unico matematico su circa 350 dipendenti, ed essere migliore degli ingegneri non è poi così difficile
Non o mai puntato ad essere il primo, altrimenti ora sarei alquanto frustrato, visti i risultati.
Io mi limito a cercare di far bene quel che devo fare (non sempre con successo).
Al lavoro non ho molta "concorrenza": sono l'unico matematico su circa 350 dipendenti, ed essere migliore degli ingegneri non è poi così difficile

a me pare che quanto dici, nato_pigro, derivi da una concezione dell'uomo un pò brutale che non ne considera la razionalità... tutto quello che faccio deriva dal piacere (o talvolta dalla noia, vabbè), ma il misurarmi con qualcuno per batterlo non mi interessa, al massimo mi serve per migliorare me stesso
...
...e se talvolta lo spirito barbarico dovesse prevalere, bene... è un errore di percorso

...e se talvolta lo spirito barbarico dovesse prevalere, bene... è un errore di percorso

La mia personalissima opinione e' che avere come scopo il superamento del prossimo sia inutile, se non dannoso e degradante per se stessi (e ovviamente per gli altri).
E' chiaro che e' uno stimolo anche per me ma non e' il fine, io vorrei veramente riuscire ad arrivare a lasciare un contributo,
ma lavorare per "essere il primo", no, non vedo che senso possa avere.
I tempi della mestra e delle stelline sul diario poi passano.
E' chiaro che e' uno stimolo anche per me ma non e' il fine, io vorrei veramente riuscire ad arrivare a lasciare un contributo,
ma lavorare per "essere il primo", no, non vedo che senso possa avere.
I tempi della mestra e delle stelline sul diario poi passano.