Ot: quanto è importante per voi essere i migliori?
circoscriviamo la discussione all'argomento studio-esami etc., posto che io grazie a dio sono ormai fuori dai giochi.
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
per me essere la migliore è sempre stato un must. certo, al liceo è fin troppo facile...a ingegneria son stati cavoli più amari.
non sono stata la migliore sempre, ma spesso sì.
e quando non lo ero rosicavo.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
e va beh, poi ho imparato ad essere più sportiva.
ci uscivo e basta.
gaia
ps: al di là del tono umoristico del tutto, mi piacerebbe davvero sapere come la pensate.
quanto è o è stato importante per voi essere i migliori?
in un test, in un compito in classe, in un esame universitario?
io, non mento, non son mai riuscita a fregarmene. il simply the best di itna turner mi rovinava le giornate.
per me essere la migliore è sempre stato un must. certo, al liceo è fin troppo facile...a ingegneria son stati cavoli più amari.
non sono stata la migliore sempre, ma spesso sì.
e quando non lo ero rosicavo.
mi mangiavo le unghie (ora lunghe) e pensavo: sicchè quello è arrivato prima di me in fisica tecnica, eh? e via un fottio di pensieri malsani tipo costruire un hangar sotterraneo e dedicare la mia vita a rendere un inferno la sua, come joker contro batman, solo che il pagliaccio ero io.
e va beh, poi ho imparato ad essere più sportiva.
ci uscivo e basta.
gaia
ps: al di là del tono umoristico del tutto, mi piacerebbe davvero sapere come la pensate.
Risposte
"Maxos":
...la poesia intimista...
Forte, però, Luca Dirisio scrittore di poesie intimiste!

Comunque, dai, è che 'sto post è un po' una boiata, per tanti motivi.
Per prima cosa, forse bisognerebbe consigliare alla signorina altri forum per fare pubblicità alle sue capacità artistiche (e qui ecco perchè avevo citato un cantante commerciale come Dirisio), dal momento che (mi sembra di capire) della matematica non gliene può fregar di meno... (e qui sto scherzando, eh

Ad ogni modo, visti i discorsi che fa, con tutto il rispetto (qui non scherzo), forse avrebbe più che altro bisogno del parere di uno psicologo.
Non è certo un forum il posto in cui raccontare dei propri problemi di autostima o di rapporti familiari...
Comunque, saluto egogaia e le mando e gli auguri di buone feste e di una splendida carriera!
amel

"nato_pigro":
bè, allora bisogna precisare cosa significa vincente e perdente, tu consideri Burali-Forti come un'eccezione a quelli che definisci perdenti, io invece, a posteriori, lo considero un vincente. E poi, avrà pure perso quel concorso e poi gli è andata bene, ma questo non significa che gli abbia fatto bene aver perso, o se è così lo è stato per puro caso. E comunque come hai detto tu gli ha roso il fatto di aver perso...
La questione qui penso che vada a toccare il mito dell'attitudine alla matematica o ad altre discipline. Alla base non c'è tanto la capacità, ma l'interesse e la motivazione. La mente di un solo essere umano non riesce contemporaneamente a primeggiare in tutti i campi, anche se potenzialmente un genio potrebbe farlo.
Ad esempio Russell era un letterato ma quando si è occupato di logica ha fatto concorrenza ai matematici più quotati del suo tempo.
C'è da dire che Vito Volterra pensava che per risolvere un problema bastasse occuparsene singolarmente e non tollerava ingerenze, di qui lo scontro con Peano.
Ora amel, so di essere un rompicoglioni da mostra, e per altro non so nemmeno da dove siano prese quelle parole, però la poesia intimista mi fa veramente vomitare.
Un po' come le canzoni lagnose cantate con voce nasale tipo quelle portoghesi.
Espletato questo sfogo, rispondo a codino:
Per emozione pura intendo una emozione che non è a sua volta scomponibile in altre o in passaggi pseudorazionali.
E' un fenomeno atomizzato, voglio vincere è una roba intera, non è che si può spezzare in due e dire, da qui a qui arriva la voglia di vincere vera e propria e da qui a qui la voglia di fare qualcosa di utile oppure la partita di calcetto.....
La voglia di vincere arriva sino al calcetto e se ne sostanzia, è un processo quantizzato, diremmo noi fisici.
Come la paura dei ragni non puoi dividerla in parti.
Sennò non si capisce perché io debba avere paura dei ragni (tutti o quasi, pur amandoli e trovandoli molto interessanti) e per niente degli insetti, che in qualche modo sono ad essi simili.
Un po' come le canzoni lagnose cantate con voce nasale tipo quelle portoghesi.
Espletato questo sfogo, rispondo a codino:
Per emozione pura intendo una emozione che non è a sua volta scomponibile in altre o in passaggi pseudorazionali.
E' un fenomeno atomizzato, voglio vincere è una roba intera, non è che si può spezzare in due e dire, da qui a qui arriva la voglia di vincere vera e propria e da qui a qui la voglia di fare qualcosa di utile oppure la partita di calcetto.....
La voglia di vincere arriva sino al calcetto e se ne sostanzia, è un processo quantizzato, diremmo noi fisici.
Come la paura dei ragni non puoi dividerla in parti.
Sennò non si capisce perché io debba avere paura dei ragni (tutti o quasi, pur amandoli e trovandoli molto interessanti) e per niente degli insetti, che in qualche modo sono ad essi simili.
"...E' di pioggia e sole che ti nutrirai,
pensa a vivere,
credi solo a quello che ti dice il cuore
e tira fuori la tua stoffa da campione..."
pensa a vivere,
credi solo a quello che ti dice il cuore
e tira fuori la tua stoffa da campione..."

la mia ambizione è solo quella di dare il massimo delle mie capacità, puntare ad essere il migliore non è un mio obiettivo, con questo non dico che sia sbagliato.
"Maxos":
Dal punto di vista emozione-comportamento non c'è alcuna differenza.
La voglia di vincere, che è distinta ma non slegata dalla voglia di completare un progetto, è una voglia pura.
Come la paura dei ragni è una emozione pura.
cosa intendi esattamente con "pura"?
Dal punto di vista emozione-comportamento non c'è alcuna differenza.
La voglia di vincere, che è distinta ma non slegata dalla voglia di completare un progetto, è una voglia pura.
Come la paura dei ragni è una emozione pura.
La voglia di vincere, che è distinta ma non slegata dalla voglia di completare un progetto, è una voglia pura.
Come la paura dei ragni è una emozione pura.
forse bisogna distinguere tra un successo fine a se stesso (ad es. vinco nella partitella di calcetto) o un successo che e' una reale crescita personale o di altro tipo.
il gusto di vincere fine a se stesso, se esasperato, mi sembra sciocco.
alex
il gusto di vincere fine a se stesso, se esasperato, mi sembra sciocco.
alex
Vincere è una droga necessaria e, in questo caso, fruttuosa per la società.
Dopodiché c'è chi non regge psicologicamente, ma bisognerebbe essere preparati.
Dopodiché c'è chi non regge psicologicamente, ma bisognerebbe essere preparati.
"Luca.Lussardi":
In realtà io credo che la cosa importante sia solo non credere che l'importante è partecipare e non vincere.
Per l'appunto, poi, non importa se uno non ha vinto, ma deve gareggiare per vincere, e non per partecipare; questo in ogni cosa che nella vita si faccia. Poi è ovvio che uno solo vince e tutti gli altri perdono, ma anche la sconfitta fa crescere, se uno ha gareggiato con lo scopo di vincere. Così facendo uno continua a crescere e a puntare sempre più in alto. Mai accontentarsi nella vita, andate oltre i vostri limiti.
quoto in pieno!
Sono completamente d'accordo con Luca. Quando si parte con un progetto/corso di studi/esame/quello che ti pare lo si dovrebbe fare con lo scopo di essere i migliori, di fare cio che nessun altro ha mai fatto. Poi ovviamente non tutti ci riescono (e ci mancherebbe, anche perchè porterebbe ad una contraddizione in termini), ma nell'insuccesso bisogna sapere interrogarsi e comprendere gli errori che ci hanno impedito di ottenere il primato che perseguivamo.
L'importante è partecipare è il motto che usa chi mette le mani avanti perchè ha paura di perdere!
L'importante è partecipare è il motto che usa chi mette le mani avanti perchè ha paura di perdere!
"stepper":
Uno dei più significativi matematici della scuola di Peano fu tale Burali-Forti che rimase "scottato" dal concorso a professore universitario a Torino e per il resto della sua carriera fece l'insegnante di matematica in una scuola militare, pur rimanendo in contatto con il suo maestro che insegnava all'università.
Fu uno dei primi a seguire con convinzione la nuova impostazione dell'algebra lineare, la cui importanza allora non era riconosciuta come oggi, contribuendo a definirne i contorni nei termini in cui è ormai studiata in tutte le università del mondo.
In pratica per i tempi era un genio incompreso e per questo perse il concorso universitario.
Eppure direi che ha contribuito parecchio all'affermazione dell'algebra lineare, anche se per questo ha pagato di persona ed è risultato un perdente, nonostante la stima di cui godeva presso Peano.
Lo stesso Peano ebbe occasione durante la sua carriera di scontrarsi e di venire attaccato duramente da un "vincente" come Vito Volterra, a cui si deve praticamente l'impianto della ricerca in Italia. Anche Volterra però pagò lo scotto del suo rifiuto a giurare fedeltà al fascismo e perse il posto di professore universitario.
bè, allora bisogna precisare cosa significa vincente e perdente, tu consideri Burali-Forti come un'eccezione a quelli che definisci perdenti, io invece, a posteriori, lo considero un vincente. E poi, avrà pure perso quel concorso e poi gli è andata bene, ma questo non significa che gli abbia fatto bene aver perso, o se è così lo è stato per puro caso. E comunque come hai detto tu gli ha roso il fatto di aver perso...
"egogaia":
l'inquietudine è il motore di qualunque scoperta o talento, di questo sono sempre stata fortemente convinta.
Non credo, più che l'inquietudine direi la necessità. L'uomo ha inventato i vestiti per neccessità di non morire assiderato, anche se non è possibile generalizzare... credete che Edison abbia inventato la lampadina per vedere meglio di notte?
Uno dei più significativi matematici della scuola di Peano fu tale Burali-Forti che rimase "scottato" dal concorso a professore universitario a Torino e per il resto della sua carriera fece l'insegnante di matematica in una scuola militare, pur rimanendo in contatto con il suo maestro che insegnava all'università.
Fu uno dei primi a seguire con convinzione la nuova impostazione dell'algebra lineare, la cui importanza allora non era riconosciuta come oggi, contribuendo a definirne i contorni nei termini in cui è ormai studiata in tutte le università del mondo.
In pratica per i tempi era un genio incompreso e per questo perse il concorso universitario.
Eppure direi che ha contribuito parecchio all'affermazione dell'algebra lineare, anche se per questo ha pagato di persona ed è risultato un perdente, nonostante la stima di cui godeva presso Peano.
Lo stesso Peano ebbe occasione durante la sua carriera di scontrarsi e di venire attaccato duramente da un "vincente" come Vito Volterra, a cui si deve praticamente l'impianto della ricerca in Italia. Anche Volterra però pagò lo scotto del suo rifiuto a giurare fedeltà al fascismo e perse il posto di professore universitario.
Fu uno dei primi a seguire con convinzione la nuova impostazione dell'algebra lineare, la cui importanza allora non era riconosciuta come oggi, contribuendo a definirne i contorni nei termini in cui è ormai studiata in tutte le università del mondo.
In pratica per i tempi era un genio incompreso e per questo perse il concorso universitario.
Eppure direi che ha contribuito parecchio all'affermazione dell'algebra lineare, anche se per questo ha pagato di persona ed è risultato un perdente, nonostante la stima di cui godeva presso Peano.
Lo stesso Peano ebbe occasione durante la sua carriera di scontrarsi e di venire attaccato duramente da un "vincente" come Vito Volterra, a cui si deve praticamente l'impianto della ricerca in Italia. Anche Volterra però pagò lo scotto del suo rifiuto a giurare fedeltà al fascismo e perse il posto di professore universitario.
Io credo di aver visto quasi sempre i test sostenuti nella mia carriera scolastica come sfide.. A volte me ne vergogno di ammetterlo, ma credo sia questa la verità. D'altro canto non dico di essere triste per questo perchè se non fosse stata per questa voglia di sfidare gli altri non avrei mai avuto lo stimolo per fare bene. Naturalmente mi interessa di più capirle le cose rispetto a "vincere" le altre persone, ma nemmeno la vittoria guasta.

"Davide11":
Questo è un problema di scelta.
Il presupposto è che esista un’unità di misura per quantificare delle prestazioni. Ammettiamo che questa sia il voto scolastico (anche se la nostra esperienza ci insegna quanto questo sia lontano dall'essere un'unità di misura).
Inanzitutto all'individulo si pone una prima scelta: essere indifferente al voto oppure prefissarsi un obbiettivo.
Mettiamo sull'asse delle y la soddisfazione del raggiungimento dell'obbiettivo e sull'asse delle x il voto preso.
L'indifferente avrà una funzione orizzontale che ha come ordinata la massima soddisfazione e quindi sarà sempre gratificato dai suoi risultati, non rischia niente ed è tranquillo. La sua gratificazione sarà sempre uguale e massima.
Chi si prefissa un obbiettivo avrà una funzione con un punto di flesso corrispondente al voto obbiettivo. La sua soddisfazione salirà di molto se il suo voto è andato oltre le aspettative, ma scenderà di molto se sarà più basso.
Per chi ha come obbiettivo avere il voto più alto degli altri dato che non conta per lui il voto assuluto, ma quello relativo, è necessario porre sull’asse delle x la differenza fra il voto preso e il voto migliore preso in una data prova.
Ci si presentano nel grafico due linee orizzontali, la prima coincide con l’asse delle x ed ha limite destro lo zero. La seconda ha come ordinata la soddisfazione massima ed ha come limite sinistro lo zero escluso.
Detto questo possiamo inquadrare bene le tre scelte dal punto di vista dell’analisi costi /benefici:
L’indifferente non ha obbiettivi e quindi a prescindere dai costi da lui sopportati per la preparazione i suoi benefici saranno sempre superiori ai costi.
L’individuo che ha prefissato un voto assoluto avrà buone possibilità di successo se il suo voto sarà vicino a quello sperato presupponendo che i costi per la preparazione siano congrui al voto.
L’individuo che ha come obbiettivo il voto più alto in assoluto ha scarse possibilità di successo, adotta una strategia il cui rapporto rischio/rendimento non è congruo all’impresa, sopporta alti costi di preparazione col rischio di “pareggiare” con un altro che ha preso il voto masssimo. Inoltre, anche in caso di successo, sarebbe condannato a vincere sempre per non tradire le ormai altissime aspettative. E quindi ad aumentare i costi delle sue preparazioni successive.
Se vediamo il voto come un bene di consumo notiamo che vi è un'evidente esternalità, il voto non viene consumato per soddisfare il bisogno di valutare la propria preparazione, ma come uno status sociale e quindi gli si associa un valore che va oltre il suo intrinseco...gli si aggiungono delle emozioni come spesso fanno i pubblicitari per rendere più affascinante un prodotto futile.
dai... fantastico!

:clap: :clap:
comunque, nel mio caso penso abbia influito più che altro la figura di mio padre.
straordinaria ed ingombrante, specie per una figlia femmina.
crescendo ho capito che su di me ha combinato un disastro e insieme un miracolo.
miracolo perchè sono convinta che solo attraverso la sofferenza di non sentirsi mai abbastanza, anche se non si è poco, si riescano a sviluppare potenzialità incredibili. l'inquietudine è il motore di qualunque scoperta o talento, di questo sono sempre stata fortemente convinta.
disatsro perchè in questo modo si maturano anche aspetti della personalità decisamente alienanti...si vive male, si gode poco delle cose e soprattutto si perde spesso di vista quello che conta davvero, accecati dalla complessità (la propria, e quella che si legge nelle cose). è come essere perennemente proiettati in una dimensione che non è quella del presente, e sarete d'accordo con me che è solo lì che la vita può essere vissuta veramente.
per questo volevo sapere la vostra esperienza.
dovessi avere un figlio non so come mi comporterei.
sono in serio dubbio.
ci sono i pro e i contro in entrambe le cose, e non è facile.
discorso delicato...
gaia
straordinaria ed ingombrante, specie per una figlia femmina.
crescendo ho capito che su di me ha combinato un disastro e insieme un miracolo.
miracolo perchè sono convinta che solo attraverso la sofferenza di non sentirsi mai abbastanza, anche se non si è poco, si riescano a sviluppare potenzialità incredibili. l'inquietudine è il motore di qualunque scoperta o talento, di questo sono sempre stata fortemente convinta.
disatsro perchè in questo modo si maturano anche aspetti della personalità decisamente alienanti...si vive male, si gode poco delle cose e soprattutto si perde spesso di vista quello che conta davvero, accecati dalla complessità (la propria, e quella che si legge nelle cose). è come essere perennemente proiettati in una dimensione che non è quella del presente, e sarete d'accordo con me che è solo lì che la vita può essere vissuta veramente.
per questo volevo sapere la vostra esperienza.
dovessi avere un figlio non so come mi comporterei.
sono in serio dubbio.
ci sono i pro e i contro in entrambe le cose, e non è facile.
discorso delicato...
gaia
"Davide11":
Questo è un problema di scelta.
Il presupposto è che esista un’unità di misura per quantificare delle prestazioni. Ammettiamo che questa sia il voto scolastico (anche se la nostra esperienza ci insegna quanto questo sia lontano dall'essere un'unità di misura).
Inanzitutto all'individulo si pone una prima scelta: essere indifferente al voto oppure prefissarsi un obbiettivo.
Mettiamo sull'asse delle y la soddisfazione del raggiungimento dell'obbiettivo e sull'asse delle x il voto preso.
L'indifferente avrà una funzione orizzontale che ha come ordinata la massima soddisfazione e quindi sarà sempre gratificato dai suoi risultati, non rischia niente ed è tranquillo. La sua gratificazione sarà sempre uguale e massima.
Chi si prefissa un obbiettivo avrà una funzione con un punto di flesso corrispondente al voto obbiettivo. La sua soddisfazione salirà di molto se il suo voto è andato oltre le aspettative, ma scenderà di molto se sarà più basso.
Per chi ha come obbiettivo avere il voto più alto degli altri dato che non conta per lui il voto assuluto, ma quello relativo, è necessario porre sull’asse delle x la differenza fra il voto preso e il voto migliore preso in una data prova.
Ci si presentano nel grafico due linee orizzontali, la prima coincide con l’asse delle x ed ha limite destro lo zero. La seconda ha come ordinata la soddisfazione massima ed ha come limite sinistro lo zero escluso.
Detto questo possiamo inquadrare bene le tre scelte dal punto di vista dell’analisi costi /benefici:
L’indifferente non ha obbiettivi e quindi a prescindere dai costi da lui sopportati per la preparazione i suoi benefici saranno sempre superiori ai costi.
L’individuo che ha prefissato un voto assoluto avrà buone possibilità di successo se il suo voto sarà vicino a quello sperato presupponendo che i costi per la preparazione siano congrui al voto.
L’individuo che ha come obbiettivo il voto più alto in assoluto ha scarse possibilità di successo, adotta una strategia il cui rapporto rischio/rendimento non è congruo all’impresa, sopporta alti costi di preparazione col rischio di “pareggiare” con un altro che ha preso il voto masssimo. Inoltre, anche in caso di successo, sarebbe condannato a vincere sempre per non tradire le ormai altissime aspettative. E quindi ad aumentare i costi delle sue preparazioni successive.
Se vediamo il voto come un bene di consumo notiamo che vi è un'evidente esternalità, il voto non viene consumato per soddisfare il bisogno di valutare la propria preparazione, ma come uno status sociale e quindi gli si associa un valore che va oltre il suo intrinseco...gli si aggiungono delle emozioni come spesso fanno i pubblicitari per rendere più affascinante un prodotto futile.
santo dio

Ritorna il buon vecchio matt!
Ho perso qualche minuto a scriverlo, ma mi sono divertito. i dispiace invece che tu abbia perso tempo a leggerlo ed a commentarlo senza nemmeno divertirti.
Ho perso qualche minuto a scriverlo, ma mi sono divertito. i dispiace invece che tu abbia perso tempo a leggerlo ed a commentarlo senza nemmeno divertirti.
"Luca.Lussardi":
In realtà io credo che la cosa importante sia solo non credere che l'importante è partecipare e non vincere.
Per l'appunto, poi, non importa se uno non ha vinto, ma deve gareggiare per vincere, e non per partecipare; questo in ogni cosa che nella vita si faccia. Poi è ovvio che uno solo vince e tutti gli altri perdono, ma anche la sconfitta fa crescere, se uno ha gareggiato con lo scopo di vincere. Così facendo uno continua a crescere e a puntare sempre più in alto. Mai accontentarsi nella vita, andate oltre i vostri limiti.
Quoto, tra l'altro mi hai ricordato ciò che mi ha detto la professoressa di matematica pochi giorni fa.
Stavo davanti la bacheca della scuola a vedere affissi i risultati delle olimpiadi di matematica (anche se già li sapevo), che mi hanno lasciato non poco insoddisfatto, anzi pensandoci bene mi sento un emerito incapace. Arriva la professoressa, si mette là vicino a me e le confido la mia insoddisfazione. La sua risposta mi è piaciuta, perchè non si è messa a dire "ma dai su sarai stato sfortunato" o altre fesserie simili, bensì ha detto che comunque questo genere di prove sono esperienze da fare (che si rivelino positive o negative) e che piano piano mi aiuteranno "ad aggiustare il tiro"... mi ha fatto piacere che non ha cercato di giustificarmi, non me lo merito e sarebbe un'ipocrisia.... io la adoro questa professoressa....
