Oggetti matematici in testa.

Dreamphiro
Ho sempre pensato che fosse giusto ragionare sugli oggetti matematici come veri e propri oggetti reali e distinti perchè ''nel caso capitasse nella vita reale una roba del genere'' ero sicuro che non sarebbero potute capitare certe cose (tipo trovare x oggetti e altri y oggetti per i quali valesse una certa proprietá che ho dimostrato essere assurda con i ragionamenti matematici) ma.....ma nel caso in cui questi oggetti non esistessero come quei gruppi in Algebra formati con il triangolino, il cerchiolino ecc come elementi? In questo caso su cosa sto ragionando? Come faccio a dire che sono oggetti diversi nella mia testa?


Si, lo so, sono matto, ma cercare di capire i miei dubbi, mi farebbero fare Matematica più serenamente.

Risposte
gugo82
@ Dreamphiro: Quello che dici è certamente sufficiente sul versante tecnico... Ma la Matematica, come ogni altra scienza, non è riducibile unicamente ad un fatto tecnico.
Quindi interrogarsi su queste cose, parlarne con chi ha opinioni diverse, è un'ottima prassi.
Tuttavia questa prassi non deve inficiare il proprio lavoro, né deve diventare l'unico lavoro fatto da uno studente (o ricercatore, più in generale) di Matematica.

Dreamphiro
"gugo82":
[quote="Dreamphiro"]Allora, con questa discussione ho capito una cosa molto importante: certe domande un matematico non se le dovrebbe mai porre, come chiedersi cosa sta studiando o di cosa sta parlando, come dice Russell. Questo mi solleva dall'obbligo di chiedermi come mai posso pensare a due insiemi uguali, oppure da quello di definire precisamente il concetto di funzione, oppure cosa vuole dire che a una coppia associo un altro elemento, il concetto di operazione o di relazione. Questo è un grandissimo passo avanti, grazie :D

Secondo me, invece, è un grandissimo passo indietro.

Non è vero che un matematico non debba mai chiedersi quelle cose lì.
Anzi, gran parte della Matematica dell'inizio secolo è fondata sulla ricerca di capire e spiegare meglio quelle nozioni che adesso hai cominciato a considerare come tabù.
Tuttavia, lo studio e la ricerca di un Matematico non possono essere incentrati solo in quella direzione, perché si è capito che, scavando scavando, non si può dire nulla di nuovo rispetto a quanto già si sapeva da Euclide: cioè che la Matematica "seria", in ogni caso, va fondata su delle assunzioni tecniche che riflettono sia alcune possibili vedute filosofiche sia un pragmatismo di fondo (per spiegar meglio questo ultimo fatto: è inutile cominciare un corso di Analisi I dall'assiomatizzazione degli insiemi di Zermelo-Fraenkel).[/quote]
Assolutamente no, altrimenti dovrei fare il filosofo e chiedermi pure cosa significa ''realtá'' e ''oggetto reale''. È sufficiente ragionare su basi puramente intuitive per un matematico, partendo da concetti primitivi e assiomi.

Luca.Lussardi
Assolutamente d'accordo: è una cosa che non serve ai non matematici, che la dimenticano subito, e ormai è una cosa che non ci sta se il corso di analisi 1 viene ristretto come ore.

gugo82
"Luca.Lussardi":
[quote="gugo82"]per spiegar meglio questo ultimo fatto: è inutile cominciare un corso di Analisi I dall'assiomatizzazione degli insiemi di Zermelo-Fraenkel).

Io ho studiato analisi 1 esattamente così, partendo da zero e spendendo un primo buono mese con la teoria ZF, ma se insegnassi analisi 1 penso che la rifarei così: secondo me è giusto che un matematico veda queste cose da subito.[/quote]
Per i matematici forse è ancora utile... Ma altrove ho i miei dubbi.

Fortunatamente, io e te veniamo da un altro tipo di ordinamento universitario, Luca, in cui il docente poteva trovare tempo da dedicare a queste amenità. Io ho trascorso il primo mese di corso, e forse più, a costruire gli insiemi numerici (dagli assiomi di Peano ai complessi), dopo i necessari richiami di Logica ed Insiemistica di base... Ah, l'aritmetizzazione dell'Analisi! :lol:

Confesso che, molto probabilmente, anch'io seguirei questa scia coi Matematici*; però altrove mi guarderei bene dal farlo, ormai, dato che Analisi I si spiega in meno di tre mesi (come ben sai).


__________
* A dispetto di quanto pensano alcuni "simpaticissimi" professori con cui ho avuto l'occasione di parlare in questi quattro anni.

Luca.Lussardi
"gugo82":
per spiegar meglio questo ultimo fatto: è inutile cominciare un corso di Analisi I dall'assiomatizzazione degli insiemi di Zermelo-Fraenkel).


Io ho studiato analisi 1 esattamente così, partendo da zero e spendendo un primo buono mese con la teoria ZF, ma se insegnassi analisi 1 penso che la rifarei così: secondo me è giusto che un matematico veda queste cose da subito.

Omar931
E Farady allora?

gugo82
"Dreamphiro":
Allora, con questa discussione ho capito una cosa molto importante: certe domande un matematico non se le dovrebbe mai porre, come chiedersi cosa sta studiando o di cosa sta parlando, come dice Russell. Questo mi solleva dall'obbligo di chiedermi come mai posso pensare a due insiemi uguali, oppure da quello di definire precisamente il concetto di funzione, oppure cosa vuole dire che a una coppia associo un altro elemento, il concetto di operazione o di relazione. Questo è un grandissimo passo avanti, grazie :D

Secondo me, invece, è un grandissimo passo indietro.

Non è vero che un matematico non debba mai chiedersi quelle cose lì.
Anzi, gran parte della Matematica dell'inizio secolo è fondata sulla ricerca di capire e spiegare meglio quelle nozioni che adesso hai cominciato a considerare come tabù.
Tuttavia, lo studio e la ricerca di un Matematico non possono essere incentrati solo in quella direzione, perché si è capito che, scavando scavando, non si può dire nulla di nuovo rispetto a quanto già si sapeva da Euclide: cioè che la Matematica "seria", in ogni caso, va fondata su delle assunzioni tecniche che riflettono sia alcune possibili vedute filosofiche sia un pragmatismo di fondo (per spiegar meglio questo ultimo fatto: è inutile cominciare un corso di Analisi I dall'assiomatizzazione degli insiemi di Zermelo-Fraenkel).

Flamber
Dopo la citazione di Gödel, do la mia umile opinione.

La fisica ha dei concetti sfuggenti alla quotidianità (le stringhe che si muovono in dimensioni superiori alla terza e delle quali vediamo solo l'estremità che identifichiamo come particelle), e di certo non spiegabili con un pallottoliere o una manciata di noccioline, tanto sfuggenti che per capirli e fare degli esempi dobbiamo farne delle approssimazioni a situazioni più semplici e vincolanti.

La fisica altro non è che un'applicazione della matematica, e per definizione stessa di applicazione è quindi più concreta e tangibile della matematica nella nostra realtà. Dire "dove la derivata è negativa la funzione è decrescente", è certamente meno concreto del dire "se si mette la retromarcia ci si muove all'indietro"

Ma se già la fisica, che dovrebbe essere più tangibile nella nostra realtà, possiede concetti così lontani dalla nostra esperienza da essere inimmaginabili dalla nostra mente (pensate alla quarta dimensione, ma anche solo ad un elettrone), e figuriamoci se rappresentabili con degli oggetti fisici, come si può pensare che la matematica che è una generalizzazione della fisica, sia tutta rappresentabile con degli oggetti?

fab_mar9093
"gio73":
mah... non so se questa citazione calzi più di tanto, comunque:

Classi e concetti, si possono anche concepire come oggetti reali, e precisamente le classi come pluralità di cose o come strutture che consistono di una pluralità di cose, e i concetti come le proprietà e le relazioni fra le cose, che esistono indipendentemente dalle nostre definizioni e costruzioni. Sembra a me che l'assunzione di tali oggetti sia altrettanto legittima dei corpi fisici e che ci sia altrettanta ragione di credere nella loro esistenza. Essi sono necessari per ottenere un soddisfacente sistema di matematica nello stesso senso che i corpi fisici lo sono per una teoria soddisfacente delle nostre percezioni sensoriali e in entrambi i casi è impossibile interpretare le proposizioni che si vogliono asserire su queste entità come proposizioni sui dati, cioè nel secondo caso sulle effettive percezioni sensoriali.

Goedel


Concordo pienamente con questo Goedel,
l'autore del topic si chiede se gli items matematici siano reali,
avendo forse un concetto errato di reale. Perchè il mondo percepito è reale?
è reale, ma è pur sempre una costruzione della tua mente, quello che vedi annussi tocchi provi sono sempre impulsi prodotti dal tuo cervello. In questo senso la matematica non è meno reale della vita di tutti i giorni, solo che non bastano i sensi per conoscere gli oggetti della matematica.
Ma i sensi servono pur sempre a concretizzare idee e percezioni nella nostra mente, consciamente o inconsciamente.

gio73
mah... non so se questa citazione calzi più di tanto, comunque:

Classi e concetti, si possono anche concepire come oggetti reali, e precisamente le classi come pluralità di cose o come strutture che consistono di una pluralità di cose, e i concetti come le proprietà e le relazioni fra le cose, che esistono indipendentemente dalle nostre definizioni e costruzioni. Sembra a me che l'assunzione di tali oggetti sia altrettanto legittima dei corpi fisici e che ci sia altrettanta ragione di credere nella loro esistenza. Essi sono necessari per ottenere un soddisfacente sistema di matematica nello stesso senso che i corpi fisici lo sono per una teoria soddisfacente delle nostre percezioni sensoriali e in entrambi i casi è impossibile interpretare le proposizioni che si vogliono asserire su queste entità come proposizioni sui dati, cioè nel secondo caso sulle effettive percezioni sensoriali.

Goedel

Omar931
Si,

Dreamphiro
"Luca.Lussardi":
Non esageriamo, è sano porsi quelle domande, vuol dire che la mente funziona. Quello che alla fine si capisce è però che qualcosa di primitivo va assunto come dato, dal niente non si crea niente. Tutto in matematica è ben definibile a partire dalla sola teoria degli insiemi: un numero naturale è un insieme, una funzione è un insieme, una relazione è un insieme.

No, ma io intendevo dire che su quei concetti che nascono nella nostra mente in maniera naturale come per esempio l'insieme vuoto, non ha senso discuterci sopra filosoficamente, non ha senso cercare di capire cosa sia ecc per un matematico, è sufficiente ragionarci sopra e basta.

Luca.Lussardi
Non esageriamo, è sano porsi quelle domande, vuol dire che la mente funziona. Quello che alla fine si capisce è però che qualcosa di primitivo va assunto come dato, dal niente non si crea niente. Tutto in matematica è ben definibile a partire dalla sola teoria degli insiemi: un numero naturale è un insieme, una funzione è un insieme, una relazione è un insieme.

Dreamphiro
Allora, con questa discussione ho capito una cosa molto importante: certe domande un matematico non se le dovrebbe mai porre, come chiedersi cosa sta studiando o di cosa sta parlando, come dice Russell. Questo mi solleva dall'obbligo di chiedermi come mai posso pensare a due insiemi uguali, oppure da quello di definire precisamente il concetto di funzione, oppure cosa vuole dire che a una coppia associo un altro elemento, il concetto di operazione o di relazione. Questo è un grandissimo passo avanti, grazie :D

Caenorhabditis
Esplicitavo un componente della "serie complessa di assunzioni" di cui parlavi. Un modello matematico predittivo non è mai completamente *vero*, se non altro per gli errori sperimentali.

Stellinelm
Era un'esempio , infatti ho detto "supponiamo" .
Tutto ciò riusciamo ad immaginare può essere espresso matematicamente ,
e anche se dovesse esistere solo all'interno della nostra immaginazione , beh anche questa è una "forma" di esistenza .

Caenorhabditis
"Stellinelm":
Supponiamo che vi siano teorie scientifiche vere, o comunque ben confermate, e che certe teorie matematiche risultino indispensabili, in qualche modo da specificare, per queste teorie scientifiche.

Aspetta un attimo, cosa intendi per "teoria scientifica vera"? La meccanica classica è vera? E il modello VSEPR?

Luca.Lussardi
Si, è vero che c'è chi vorrebbe farlo fare, ma per fortuna Goedel ha sostanzialmente dimostrato che questo non è possibile: ogni sistema formale scelto per la matematica non sarà mai sufficientemente potente; in un certo senso la mente umana ha un qualcosa di più, e la matematica è un prodotto della mente.

Omar931
Allora, non ha senso interrogarsi sull'esistenza degli oggetti matematici, perchè in quanto tali sono idee nostre, dentro di noi.
Ci si potrebbe chiedere se esiste un linguaggio universale, ma con quale pretesa dovremmo supporre che sia il nostro,cioè la matematica?
Il nostro obiettivo nel sviluppare il linguaggio (della matematica) è protendere alla perfetta descrizione del vero(non solo del reale ma di tutto) ma finchè si resterà nell'ambito della matematica questo non sarà possiible,solo quando eventualmente si riuscirà a fare quel passo si raggiungerà un nuovo linguaggio, diverso dalla nostra matematica, che potremmo allora supporre essere universale.
(cit. un matematico in giro.....)

"Luca.Lussardi":
.....dovrebbe semplicemente a macchinetta elencare i teoremi come stringhe di puri simboli che non hanno nessun significato.

Ti assicuro che c'è che vorrebbe farlo fare ad un computer :smt023
(cit. un altro matematico in giro.....)

Stellinelm
Supponiamo che vi siano teorie scientifiche vere, o comunque ben confermate, e che certe teorie matematiche risultino indispensabili, in qualche modo da specificare, per queste teorie scientifiche. Se assumiamo che queste teorie scientifiche possano essere vere (o confermate) solo a condizione che siano vere (o confermate) le teorie matematiche cui esse ricorrono in maniera indispensabile, dobbiamo concludere che anche queste ultime sono vere, o almeno confermate. Se inoltre crediamo che le teorie matematiche in questione parlino di un dominio di oggetti, e che possano essere vere (o confermate) solo a condizione che questi oggetti esistano (o che sia giustificato ritenere che esistano), dobbiamo concludere che questi oggetti esistono (o che è giustificato ritenere che esistano). Questa è l'idea fondamentale alla base dell'argomento di indispensabilità. L'argomento, apparentemente semplice, si basa in realtà su una serie di assunzioni discutibili, e fa appello a nozioni controverse. Anche per questo, diverse sue versioni possono essere formulate e discusse.

Uno dei problemi più dibattuti in filosofia della matematica riguarda l'esistenza e la natura degli oggetti matematici (numeri, insiemi, funzioni, gruppi, ecc.) su cui le nostre teorie matematiche sembrano vertere. Salvo in alcuni casi c'è consenso sul fatto che, se esistono, gli oggetti matematici sono oggetti astratti, cioè oggetti privi di collocazione spazio-temporale e privi di efficacia causale.
Il platonismo matematico (il nome rimanda per analogia a posizioni sostenute da Platone) è la tesi secondo cui esistono oggetti matematici astratti, su cui le teorie matematiche vertono.
Il nominalismo matematico è la tesi secondo cui non esistono oggetti matematici astratti.
Il nominalista sosterrà o che gli oggetti matematici sono in realtà oggetti concreti, oppure che non esistono oggetti matematici.
Solitamente un nominalista ammetterà solamente l'esistenza di oggetti concreti (spazio-temporalmente collocati e/o dotati di efficacia causale), anche se è possibile essere nominalisti sugli oggetti matematici e ritenere che esistano oggetti astratti diversi dagli oggetti matematici. Di quali tipi di oggetti il nominalista ammette l'esistenza dipenderà dalla specifica versione di nominalismo adottata.
Il platonista fronteggia un difficile dilemma: è in grado di rendere conto in maniera intuitiva del significato di asserti matematici, ma deve spiegare come sia affatto possibile per gli esseri umani avere conoscenza di oggetti astratti (il cosiddetto problema dell'accesso, che il nominalista ritiene ragione principale della propria posizione). Anche per aggirare questo problema, gli argomenti per il platonismo sono spesso costretti a partire da premesse che il nominalista trova discutibili tanto quanto la stessa tesi platonista.
L'argomento di indispensabilità (d'ora in poi AI) è considerato uno dei più efficaci a disposizione del platonista proprio perché si basa su premesse che sembrano perfettamente accettabili per il nominalista e indipendenti dalla considerazione della natura degli oggetti matematici, quali la semplice constatazione che le teorie matematiche sono comunemente impiegate nelle nostre teorie scientifiche.
Se non si può fare a meno di impiegare tali teorie matematiche in teorie scientifiche che riteniamo siano vere, o quantomeno confermate dall'evidenza empirica, allora – prosegue l'argomento – non possiamo non ritenere vere, o quantomeno confermate, anche le teorie matematiche in questione, e quindi – sotto opportune condizioni – non ritenere che esistano gli oggetti di cui esse trattano.
Dietro a questo semplice ragionamento si nasconde una serie complessa di assunzioni, ciascuna delle quali può essere separatamente messa in dubbio, non solo da un nominalista.

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