è possibile autofinanziarsi il dottorato in fisica?

nomeFantasioso
Scusatemi se faccio delle domande ingenue ma non avrei il coraggio di fare queste domande agli altri studenti.
Ditemi innanzitutto se ho capito bene come funzionano le cose.
L'università mette in palio un determinato numero di posti di dottorato di cui, alcuni sono finanziati da borse di studio che garantiscono allo studente uno stipendio pieno ed altri non sono finanziati da nessuno e quindi lo studente deve limitarsi a pagare le tasse. Il numero di questi ultimi posti è limitato da quelli con borsa.
I dottorati sono per gli eccellenti, i geni prendono quelli con borsa, quelli bravi prendono quelli senza, gli altri non riescono proprio ad accedere ad alcun dottorato.

Inoltre ho letto online che all'estero si può accedere al dottorato anche se si trova uno sponsor disposto a pagarti la borsa. Vale anche in Italia?
Ora la mia domanda è: visto che non sono una cima -come avrete capito dalle mie domande spesso non molto sveglie- e sono convinto di non essere in grado di entrare al dottorato neppure senza borsa posso proporre all'università di pagarmi il dottorato da solo? Se metto da parte dei soldi in questi anni che mi mancano -tipo 3000€ all'anno- posso proporre all'università di autofinanziarmi una borsa di studio per me? Oppure è tipo corruzione?

Risposte
12provaCiao
"pier.paolo":
[quote="giuliofis"]
È inevitabile, perché la regola del pubblico impiego è che tutti, a parità di mansione, guadagnino uguale. Il ricercatore in energie rinnovabili deve guadagnare quanto quello in letteratura veneta del '500, anche se il loro impatto strategico sul futuro della nazione è palesemente diverso.


Sarà per questo che, come dice xXStephXx, i ricercatori applicati se ne vanno nel privato :-D[/quote]
Sicuramente, come anche perché i docenti di matematica e fisica non si trovano e ci sono millemila cattedre scoperte... È il grosso problema della PA.

pier.paolo15
"giuliofis":

È inevitabile, perché la regola del pubblico impiego è che tutti, a parità di mansione, guadagnino uguale. Il ricercatore in energie rinnovabili deve guadagnare quanto quello in letteratura veneta del '500, anche se il loro impatto strategico sul futuro della nazione è palesemente diverso.


Sarà per questo che, come dice xXStephXx, i ricercatori applicati se ne vanno nel privato :-D

12provaCiao
"xXStephXx":
Non intendevo confrontarlo con altri lavori pubblici.

È inevitabile, perché la regola del pubblico impiego è che tutti, a parità di mansione, guadagnino uguale. Il ricercatore in energie rinnovabili deve guadagnare quanto quello in letteratura veneta del '500, anche se il loro impatto strategico sul futuro della nazione è palesemente diverso. Questo ovviamente abbassa l'asticella dello stipendio, cosa che nel privato puoi permetterti di non fare perché puoi differenziare gli stipendi a piacere.
Non per nulla il docente di informatica a Milano guadagna la stessa cifra del docente di scienze motorie nel paesino.

xXStephXx
Non intendevo confrontarlo con altri lavori pubblici.

12provaCiao
"xXStephXx":
[quote="giuliofis"][quote="xXStephXx"]Idealmente la prospettiva da controbilanciare ad uno che vuole fare il ricercatore accademico per il gusto dello stimolo mentale dovrebbe essere quella del posto fisso in meno di un anno con lo stipendio base da professore ordinario...

Hai idea di quale sia lo stipendio base di un professore ordinario?
[/quote]
Sì.[/quote]
Allora sarai consapevole che è uno stipendio assolutamente impossibile per un neoassunto nel pubblico impiego. Considera che anche io sono un dipendente statale, e prendo circa la metà dell'ordinario, e a fine carriera prenderò il 66% del base di un ordinario.
Il fatto è che lo stipendio da ordinario è visto come apicale per la carriera, non per l'inizio, anche perché non puoi fare distinzioni per ambito: ce lo vedi un neoassunto che fa ricerca in letteratura veneta del '400 a guadagnare così tanto?

pier.paolo15
"xXStephXx":
Comprendo, nel frattempo ci ho pensato ed ho aggiunto un paragrafo. Preciso ancora che non intendo fare solo una questione di stipendio in toto, era per dire. :)


Poi ho letto, era esattamente quello che intendevo :)

xXStephXx
Comprendo, nel frattempo ci ho pensato ed ho aggiunto un paragrafo. Preciso ancora che non intendo fare solo una questione di stipendio in toto, era per dire. :)

pier.paolo15
"xXStephXx":
[quote="giuliofis"][quote="xXStephXx"]Idealmente la prospettiva da controbilanciare ad uno che vuole fare il ricercatore accademico per il gusto dello stimolo mentale dovrebbe essere quella del posto fisso in meno di un anno con lo stipendio base da professore ordinario...

Hai idea di quale sia lo stipendio base di un professore ordinario?
[/quote]
Sì. Non posso parlare perché mi deve ancora dire bene nel privato. Però posso dire che i posti a cui punto hanno uno stipendio base minimo di 80k (che con i bonus si sposta verso i 120k). E conosco persone col mio stesso background che ci sono riuscite quindi lo ritengo un obbiettivo ragionevole per dopo il dottorato. Non ho selezionato queste persone sulla base di qualifiche super.[/quote]

Credo che il punto sia che nei paesi anglosassoni gli stipendi nel privato sono più alti. Forse giuliofis pensava all'Italia, qui di certo non esistono lavori accessibili a un neo-dottore di ricerca che abbiano lo stesso stipendio di un professore ordinario. Difatti, a meno di mettersi in proprio, quelle cifre sono raggiungibili solo da un dirigente (pubblico o privato).

xXStephXx
"giuliofis":
[quote="xXStephXx"]Idealmente la prospettiva da controbilanciare ad uno che vuole fare il ricercatore accademico per il gusto dello stimolo mentale dovrebbe essere quella del posto fisso in meno di un anno con lo stipendio base da professore ordinario...

Hai idea di quale sia lo stipendio base di un professore ordinario?
[/quote]
Sì. Non posso parlare perché mi deve ancora dire bene nel privato. Però posso dire che i posti a cui punto hanno uno stipendio base minimo di 80k (che con i bonus si sposta verso i 120k). E conosco persone col mio stesso background che ci sono riuscite quindi lo ritengo un obbiettivo ragionevole per dopo il dottorato. Non ho selezionato queste persone sulla base di qualifiche super.
A Milano per le posizioni omologhe danno dai 43k ai 50k, con una tassazione molto più svantaggiosa sia nel calcolo dello stipendio netto sia sul capital gain dei propri investimenti. Purtroppo non c'è paragone.
Anche se sarò eventualmente disposto a mandar giù questa pillola se dovessero subentrare circostanze più serie come vita sentimentale in Italia, occasioni imperdibili dove mi sento super-stimolato o voglia di andare in montagna tutti i weekend.

gabriella127
"xXStephXx":

I posti di ricerca nell'industria possono essere molto selettivi e stimolanti, non sono come un qualcosa di serie B. E le cime sono cime anche lì, tanto che pure qualche accademico molto bravo decide di switchare ad un certo punto.

E' giusto che qualcuno voglia fare il purista all'università tutta la vita, ma non lo farà perché è l'unico lavoro bello.

Probabilmente ad un certo punto bisogna chiedersi una volta per tutte se ciò che conta è lo stimolo nel fare ricerca (allora vai fuori ed è meglio) oppure se invece conta proprio lavorare ad un problema specifico scelto da noi (veduta rigida imho, ma accettabile).


Certo, il tutto va tarato con le questione pratiche. E le posizioni nell'industria non sono affatto di serie B, per carità. Anzi, io sono una persona che ho molta stima della ricerca applicata, l'avrei fatta volentieri ma non in economia, e avrei anche amato lavori con risvolti pratici, ma tipo l'ingegnere che fa un ponte, ah, che soddisfazione, prima non c'era e ora il ponte c'è, bello :D .
E sicuramente capisco il gusto della ricerca in sé, con tutta la carica di curiosità che c'è dietro.

Ma, parlo almeno dell'economia, non si tratta di rigidità nel voler scegliere un problema specifico. Si tratta proprio di mondi e di modi diversi di ricerca, in cui uno si può trovare o meno, e dove va la propria curiosità. Tra ricerca teorica e applicata ci può essere un mare in mezzo.
Io, già nella scelta della tesi di laurea, mi sono a un certo punto allontanata dall'economia applicata perché non mi piaceva. C'era tutta la parte econometrica, il lavoro con i dati, che sembra interessantissimo quando vai a studiare gli esami, poi quando vai a usarlo per i miei gusti diventava un lavoro troppo meccanico, di ficcare dati nel computer.
Mentre la mia curiosità andava a problematiche irrisolte della teoria e dei modelli economici, che certo non potevano essere affrontate con metodi empirici.
E' solo questione di gusti, ma non sono pregiudizi. Come non è un pregiudizio quello di un matematico che vuole fare algebra e non gli piace un altro settore.

12provaCiao
"xXStephXx":
Idealmente la prospettiva da controbilanciare ad uno che vuole fare il ricercatore accademico per il gusto dello stimolo mentale dovrebbe essere quella del posto fisso in meno di un anno con lo stipendio base da professore ordinario...

Hai idea di quale sia lo stipendio base di un professore ordinario?
Al di là di questo dato assolutamente impossibile, sicuramente bisognerebbe riuscire a garantire più stabilità fin da subito, ma questo vale in ogni settore pubblico alla fine, dove il precariato sembra essere ormai come dato per scontato.

hydro1
"xXStephXx":
Per chi ora finisce il dottorato in branche pure la possibilità di un posto fisso all'università è intorno al 3%. E finché uno non ottiene il posto fisso non è affatto libero perché ci sono problemi che interessano a tanti e problemi che non interessano a nessuno neanche se si trovasse una soluzione definitiva.

I posti di ricerca nell'industria possono essere molto selettivi e stimolanti, non sono come un qualcosa di serie B. E le cime sono cime anche lì, tanto che pure qualche accademico molto bravo decide di switchare ad un certo punto.

E' giusto che qualcuno voglia fare il purista all'università tutta la vita, ma non lo farà perché è l'unico lavoro bello.


Questo è vero, ma bisogna fare attenzione al fatto che i posti di ricerca "veri" nell'industria sono difficili da ottenere quanto un posto a tempo indeterminato in università. Verissimo che hanno il vantaggio non indifferente dello stipendio (anche se dipende molto dal paese), ma comunque il livello di libertà intellettuale non è paragonabile, forse a meno che tu stia nel reparto di r&d più fico di google. Ma è un po' come ottenere un posto fisso nella ivy league, auguri. Detto questo, verissimo che l'accademia non sia l'opzione migliore da un punto di vista oggettivo, ha i suoi vantaggi e i suoi svantaggi come tutto.

xXStephXx
"pier.paolo":
è indice del fatto che una tale specializzazione tecnica non è così richiesta nell'industria.

Concordo, però hard skill paragonabili a quelle di un dottorato sono richieste per alcune posizioni e c'è l'elite anche lì. In una delle compagnie per cui ho applicato e mi hanno intervistato (tale G-Research) richiedono abilità tali che di fatto il dipendente medio era un top nel suo settore accademico (spesso Machine Learning) prima di passare all'industria.
Secondo me il dottorato viene mediamente svalutato da chi non lo ha fatto, però gli riconosco che uno può saper fare le stesse cose anche senza averlo fatto.

"pier.paolo":
Senza avere dati sottomano, affermerei che probabilmente il 10-30% dei postdoc resta all'università, e questa percentuale è gia più incoraggiante.

Intorno al 10%, sì. Anche il mio supervisor comunque concorda che l'autoselezione è notevole e che se si è disposti a girare le possibilità aumentano molto. Il problema è che per un motivo o per un altro solo il 10% è disposto a lottare per inseguire un posto.

pier.paolo15
"xXStephXx":
Non so, io non sono convinto che uno che vuole fare il dottorato per intraprendere la carriera accademica sia davvero ben consapevole delle opportunità che ci sono fuori, anche perché l'Italia offre solo l'ombra delle occasioni esistenti. :D


Questo è vero, ma non bisogna nemmeno dare l'impressione che il resto del mondo sia completamente diverso. Anche all'estero, io ho sentito di PhD in ingegneria che sono arrivati in azienda, nel settore in cui si erano specializzati, e sono stati invitati cordialmente a mettere da parte la scienza e la teoria. D'altra parte tu stesso sottolineavi (come altri sul forum) che non è così semplice trovare lavoro con un dottorato, e questo a mio avviso è indice del fatto che una tale specializzazione tecnica non è così richiesta nell'industria.

"xXStephXx":
Per chi ora finisce il dottorato in branche pure la possibilità di un posto fisso all'università è intorno al 3%.


Secondo me questo dato va preso con le pinze. Non metto in dubbio la stima, ma tra i PhD ci sono anche tante persone che non avevano intenzione di continuare con l'accademia fin dall'inizio, o che si rivelano palesemente non all"altezza. Senza avere dati sottomano, affermerei che probabilmente il 10-30% dei postdoc resta all'università, e questa percentuale è gia più incoraggiante.

xXStephXx
Per chi ora finisce il dottorato in branche pure la possibilità di un posto fisso all'università è intorno al 3%. E finché uno non ottiene il posto fisso non è affatto libero perché ci sono problemi che interessano a tanti e problemi che non interessano a nessuno neanche se si trovasse una soluzione definitiva.

I posti di ricerca nell'industria possono essere molto selettivi e stimolanti, non sono come un qualcosa di serie B. E le cime sono cime anche lì, tanto che pure qualche accademico molto bravo decide di switchare ad un certo punto.

E' giusto che qualcuno voglia fare il purista all'università tutta la vita, ma non lo farà perché è l'unico lavoro bello.

Probabilmente ad un certo punto bisogna chiedersi una volta per tutte se ciò che conta è lo stimolo nel fare ricerca (allora vai fuori ed è meglio) oppure se invece conta proprio lavorare ad un problema specifico scelto da noi (veduta rigida imho, ma accettabile).

gabriella127
"xXStephXx":
[quote="nomeFantasioso"] Io sto scoprendo a 27 anni che l'industria raggiunge livelli di R&D superiori a quelli che si possono raggiungere nella quasi totalità dei dottorati, e per alcuni lavori si usa pure tanta matematica vera. Ad esempio nella finanza quantitativa (settore dove vorrò lavorare) c'è tanta algebra lineare, probabilità e calcolo stocastico. E si fa proprio ricerca. Cambia solo che è tutto a breve termine. Stai lontano da "all'università sei libero di fare ricerca su ciò che vuoi ed è tutto più stimolante"
[/quote]

Mi sembra molto giusto sottolineare che ci può essere ricerca di alto livello anche fuori dall'università, e invitare a guardarsi intorno.
Però secondo me è vero che una vera libertà di scelta nella ricerca si ha all'università, non credo fuori. Certo, anche lì con limitazioni, caso mai derivanti dal fatto che comunque sei in rapporto con altre persone e con le complicazioni del mondo accademico.
Fuori dell'università però vedo difficile poter fare liberamente ricerca in settori più astratti e 'puri'.
Faccio l'esempio dell'economia, che è quello che conosco. E' vero che si può fare ricerca di alto livello anche in altre istituzioni, ad esempio istituzioni internazionali o il centro studi della Banca d'Italia: ottenere una posizione lì è considerato più prestigioso (ed è più remunerativo) del diventare ricercatore all'università. Ma lì comunque fai ricerca in ambiti di economia applicata, caso mai anche a livello sofisticato e non con immediata utilità, ma difficilmente potranno trovare spazio interessi più teorici. Difficilmente ti si consentirà, che so, ad esempio, di fare ricerca liberamente su temi astratti di equilibrio economico generale.
E così pure in matematica, credo, dipende dagli interessi personali, non credo che in una industria ti fanno liberamente fare ricerche in algebra.
Quindi poi alla fine è questione di tendenze personali.

xXStephXx
Non so, io non sono convinto che uno che vuole fare il dottorato per intraprendere la carriera accademica sia davvero ben consapevole delle opportunità che ci sono fuori, anche perché l'Italia offre solo l'ombra delle occasioni esistenti. :D
Idealmente la prospettiva da controbilanciare ad uno che vuole fare il ricercatore accademico per il gusto dello stimolo mentale dovrebbe essere quella del posto fisso in meno di un anno con lo stipendio base da professore ordinario... E soprattutto con la possibilità di raggiungere il proprio limite intellettuale.

pier.paolo15
"vict85":
Anche supponendo che tu possa sponsorizzare una posizione di dottorato senza borsa, non penso che sia legalmente accettabile crearne una "ad personam". Insomma anche se lo facessi, l'università dovrebbe indirre un concorso relativo a quella posizione di dottorato e alla fine aumenteresti solo di un posto le posizioni senza borsa.


Non è proprio così. Ci sono varie modalità per aprire una posizione di dottorato finanziata da un'azienda, che non conosco nel dettaglio: una di queste prevede che l'azienda scelga al suo interno il candidato, e l'università ha solo un ruolo formale di validazione, nel senso che deve semplicemente accettare (o rifiutare, ma difficilmente lo farà) il candidato scelto dall'azienda. In questo caso è molto probabile che la posizione sia "ad personam", in quanto la selezione si fa solo tra i dipendenti e ce ne saranno pochi che sono nella posizione (e hanno l'interesse) di concorrere. Mi sembra di capire comunque che queste situazioni siano decisamente di nicchia in Italia.

"xXStephXx":

Mi sento solo di aggiungere un piccolo commento a questa parte. Io sto scoprendo a 27 anni che l'industria raggiunge livelli di R&D superiori a quelli che si possono raggiungere nella quasi totalità dei dottorati, e per alcuni lavori si usa pure tanta matematica vera. Ad esempio nella finanza quantitativa (settore dove vorrò lavorare) c'è tanta algebra lineare, probabilità e calcolo stocastico. E si fa proprio ricerca. Cambia solo che è tutto a breve termine. Stai lontano da "all'università sei libero di fare ricerca su ciò che vuoi ed è tutto più stimolante", forse è vero solo per quei pochi scienziati che riescono a diventare famosi nel loro settore, ma non per uno che deve lottare per affermarsi (il restante 99%).


Non saprei, io sarei curioso di conoscere il rapporto tra facoltà di scienze applicate e industria. Nel settore dove lavoro sembrerebbe che le università siano molto avanti, producano soluzioni che poi nella pratica nessuno usa perché nell'industria non sono molto interessati a capirle e applicarle. E stiamo parlando di algoritmi, non di modelli magari di automobili o robot che sono troppo astratti per funzionare nella realtà. Nell'università i vincoli ci sono per dottorandi e postdoc, ma un professore ad esempio che voglia cambiare branca di ricerca può farlo abbastanza agevolmente, anche se non è una superstar.

xXStephXx
"nomeFantasioso":
Va a finire che mi tocca pensare che avrei dovuto fare il magazziniere o l'elettricista appena finita la scuola.


Mi sento solo di aggiungere un piccolo commento a questa parte. Io sto scoprendo a 27 anni che l'industria raggiunge livelli di R&D superiori a quelli che si possono raggiungere nella quasi totalità dei dottorati, e per alcuni lavori si usa pure tanta matematica vera. Ad esempio nella finanza quantitativa (settore dove vorrò lavorare) c'è tanta algebra lineare, probabilità e calcolo stocastico. E si fa proprio ricerca. Cambia solo che è tutto a breve termine. Stai lontano da "all'università sei libero di fare ricerca su ciò che vuoi ed è tutto più stimolante", forse è vero solo per quei pochi scienziati che riescono a diventare famosi nel loro settore, ma non per uno che deve lottare per affermarsi (il restante 99%).

vict85
Anche supponendo che tu possa sponsorizzare una posizione di dottorato senza borsa, non penso che sia legalmente accettabile crearne una "ad personam". Insomma anche se lo facessi, l'università dovrebbe indirre un concorso relativo a quella posizione di dottorato e alla fine aumenteresti solo di un posto le posizioni senza borsa.

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