Chi è $dx$?
il titolo dato al post era anche il titolo di dispensine che distribuivo agli studenti
questo post nasce da un altro thread:
Data $f:\RR -> \RR$, se e' integrabile su $[a,b]$ il suo integrale dipende da: $f$ e $[a,b]$.
Quindi una notazione decente sarebbe: $I(f,[a,b])$
qualcuno vede dei $dx$ in giro?
EDIT: corretto il titolo, era saltata una "h"
questo post nasce da un altro thread:
"Fioravante Patrone":
Insomma, e' come il "dx" dentro gli integrali, che c'entra come i cavoli a merenda. Ma e' tanto comodo...
"zorn":
Cosa vuol dire? Io la prima cosa che raccomando agli studenti appena introduco gli integrali è non dimenticarsene perché non è un oggetto ornamentale ma necessario, anche perché quando si integra per sostituzione si possono fare erroracci di tutti i tipi se lo si dimentica...
Data $f:\RR -> \RR$, se e' integrabile su $[a,b]$ il suo integrale dipende da: $f$ e $[a,b]$.
Quindi una notazione decente sarebbe: $I(f,[a,b])$
qualcuno vede dei $dx$ in giro?
EDIT: corretto il titolo, era saltata una "h"
Risposte
"Fioravante Patrone":
Sul merito della questione, vedo che sostieni la lettura del teorema di integrazione per sostituzione come teorema sul cambio di misura d'integrazione (RN...).
Non esattamente. L'esempio del cambio di variabili l'ho preso come una particolare istanza di una delle possibili semantiche del linguaggio formale che chiamiamo "teoria dell'integrazione di Riemann".
Se scriviamo l'integrale senza dx, a me viene in mente una serie e non una somma su un insieme che ha la potenza del continuo. Un insieme che ha la potenza del continuo non ha punti (per i quali dx non serve), ma "nuvole" di numeri equipotenti a un segmento di retta. Basta pensare a che cosa sono realmente i numeri reali per rendersene conto. Eliminare dx rende il linguaggio formale della teoria dell'integrazione uguale a quello delle serie. Non mi pare che si possa accettare. Non c'entra nemmeno la matematica, è proprio un errore di logica.
p.s. Purtroppo la mia forma mentis è tipicamente intuizionista, nonostante all'università abbia fatto un'indigestione di formalismo. Tutti i libri di analisi che andavano per la maggiore cominciavano con l'elenco degli "assiomi" sui numeri reali. A me un elenco di assiomi non dice proprio nulla. Ho creduto ai numeri reali perché il mio insegnate al liceo (classico, sic!) mi fece vedere come si fa a costruirli. Poi ho visto come si fa a completare uno spazio metrico, ma è più o meno la stessa cosa che diceva Dedekind. Gli assiomi che accetto sono solo quelli dei numeri naturali; le altre classi di numeri o si costruiscono, o non sono.
"Sidereus":
Salute

Ok, ora che ci siamo sbronzati, due parole in più.
Una considerazione riguarda gli aspetti comunicativi. Mi sono "irritato" perché hai iniziato con una citazione da un mio post e quindi il tuo post, anche per l'incipit, appariva come una critica rispetto a posizioni da me assunte. Visto che non le avevo assunte, mi sono "irritato". E, come hai visto, non ho avuto scrupoli a rispondere a tono.
Sul merito della questione, vedo che sostieni la lettura del teorema di integrazione per sostituzione come teorema sul cambio di misura d'integrazione (RN...).
E' ovviamente una "lettura" possibile, ma non credo che sia tradizionale quando si lavora in una sola variabile. Anche perché la derivata può essere negativa, e allora ci sono le misure con segno. Didatticamente, credo sia più opportuno mostrare questa angolazione quando si lavora con funzioni di più variabili o, ancor meglio, quando si fanno gli integrali di linea.
Mi piacerebbe sapere se qualcuno lo presenta così (o se gli è stato presentato così), come cambio di misura.
"GIBI":
“L'omissione di $dx$ o di $dμ$ non mi pare affatto una buona idea . . . . E' il modo migliore per farsi ridere dietro dai fisici e dagli ingegneri”.
Non so i fisici, ma come ingegnere ti dico che la notazione “Fioravante” $∫_Ef$ l’ho sempre trovata comodissima
da quando, tanto ma tanto tempo fa in quel di Pavia, l’appresi nel corso di Metodi matematici.
E poi, quello sgorbio di notazione $dx$ ha fatto perdere tanto di quel tempo alle persone (me compreso) che meno si usa meglio è.
Chiedo venia anche a te

"Fioravante Patrone":
Grazie per la lezioncina di analisi.
Non intendevo polemizzare né fare una lezione a una persona di cui ho la massima stima.
Chiedo venia.
"Fioravante Patrone":
...Peccato che laddove dicevo quanto hai citato era ovvio che c'era una e una sola misura coinvolta. E l'integrale di L, per non parlare di RN, erano lontani anni luce.
Avevo capito benissimo che era sottintesa una misura. Tuttavia, supporre che esista una e una sola misura, anche nell'ambito dell'integrale elementare di Riemann, non permetterebbe di giustificare il cambio di variabili nel calcolo.
Se ogni intervallo chiuso e limitato in $RR$ si può misurare solo in un modo, allora scrivere che
$int_a^b f(x) dx = int_\alpha^\beta f(x(t)) x'(t) dt$
comporterebbe che x'(t) = 1 necessariamente.
Se invece ammettiamo di poter cambiare variabile, allora le possibili misure sono infinite, pari almeno al numero di funzioni differenziabili e invertibili $x(t): [\alpha,\beta] \to [a,b]$, e quindi la misura $dx$ si può sostituire con la misura $x'dt$. Ciò non si potrebbe fare se in $RR$ esistesse una e una sola misura (avremmo in tal caso $dx=dt$ sempre).
"Fioravante Patrone":
...
Quanto al farmi ridere dietro da ingegneri e fisici, penso che dovrò attendere la mia futura reincarnazione.
E, per quanto mi riguarda, ho l'impressione che normalmente i matematici quando pensano ad un elemento di $RR$ non pensino a metri, secondi, pecore, Joule, etc... Io non ho presente libri di analisi in cui sia scritto che $\int_0^1 x \ dx = 1/2 \ m^2$.
Cheers
Ribadisco che non volevo polemizzare.
Penso che la matematica del ventesimo secolo sia stata eccessivamente improntata sul formalismo hilbertiano, che ha le sue ragioni. Tuttavia, ha anche prodotto due o tre generazioni di matematici che non capiscono più la fisica né nessun'altra scienza (non mi riferisco a te, sia chiaro).
Non so se Hilbert lo avrebbe approvato, ma sono abbastanza sicuro che Poincaré o Brouwer avrebbero trovato orribile un integrale senza $dx$.
Complimenti per l'interessantissima discussione
Salute

“L'omissione di $dx$ o di $dμ$ non mi pare affatto una buona idea . . . . E' il modo migliore per farsi ridere dietro dai fisici e dagli ingegneri”.
Non so i fisici, ma come ingegnere ti dico che la notazione “Fioravante” $∫_Ef$ l’ho sempre trovata comodissima
da quando, tanto ma tanto tempo fa in quel di Pavia, l’appresi nel corso di Metodi matematici.
E poi, quello sgorbio di notazione $dx$ ha fatto perdere tanto di quel tempo alle persone (me compreso) che meno si usa meglio è.
Non so i fisici, ma come ingegnere ti dico che la notazione “Fioravante” $∫_Ef$ l’ho sempre trovata comodissima
da quando, tanto ma tanto tempo fa in quel di Pavia, l’appresi nel corso di Metodi matematici.
E poi, quello sgorbio di notazione $dx$ ha fatto perdere tanto di quel tempo alle persone (me compreso) che meno si usa meglio è.
@Sidereus
Grazie per la lezioncina di analisi.
E grazie per aver citato una mia frase modificandola (lievemente) e decontestualizzandola.
Se ti fa stare meglio, sono d'accordo anch'io che vale la pena metterci $d \mu$, se serve (non faccio neanche fatica ad aggiungere che, ad esempio, il "formalismo" dei dx e dy è utile come nodo al fazzoletto per gli integrali multipli). Se uno usa $I(f,E,\mu)$ non mi spiace affatto, se è utile nel contesto. Dopotutto proprio ieri stavo spiegando a lezione l'utilità attesa di una lotteria, che non è altro che un integrale fatto rispetto ad una misura sullo spazio degli esiti che varia in dipendenza della scelta fatta dal decisore...
Peccato che laddove dicevo quanto hai citato era ovvio che c'era una e una sola misura coinvolta. E l'integrale di L, per non parlare di RN, erano lontani anni luce.
Se poi tu pensi che l'uso del dx in analisi elementare sia fatto per tenere a mente che si sta usando la misura rispetto cui si sta integrando (che è sempre la stessa), temo che tu sia fuori strada.
E' comodissimo per ricordarsi in pratica le formule di integrazione per sostituzione (soprattutto) e per parti. Spero che tu non pensi di introdurre l'integrazione per sostituzione in un corso del primo anno via RN.
...
Temo che l'omissione di $dx$ o di $d\mu$ renda le espressioni integrali incoerenti con le unità di misura utilizzate. E' il modo migliore per farsi ridere dietro dai fisici e dagli ingegneri.[/quote]
Quanto al farmi ridere dietro da ingegneri e fisici, penso che dovrò attendere la mia futura reincarnazione.
E, per quanto mi riguarda, ho l'impressione che normalmente i matematici quando pensano ad un elemento di $RR$ non pensino a metri, secondi, pecore, Joule, etc... Io non ho presente libri di analisi in cui sia scritto che $\int_0^1 x \ dx = 1/2 \ m^2$.
Cheers
Grazie per la lezioncina di analisi.
E grazie per aver citato una mia frase modificandola (lievemente) e decontestualizzandola.
Se ti fa stare meglio, sono d'accordo anch'io che vale la pena metterci $d \mu$, se serve (non faccio neanche fatica ad aggiungere che, ad esempio, il "formalismo" dei dx e dy è utile come nodo al fazzoletto per gli integrali multipli). Se uno usa $I(f,E,\mu)$ non mi spiace affatto, se è utile nel contesto. Dopotutto proprio ieri stavo spiegando a lezione l'utilità attesa di una lotteria, che non è altro che un integrale fatto rispetto ad una misura sullo spazio degli esiti che varia in dipendenza della scelta fatta dal decisore...
Peccato che laddove dicevo quanto hai citato era ovvio che c'era una e una sola misura coinvolta. E l'integrale di L, per non parlare di RN, erano lontani anni luce.
Se poi tu pensi che l'uso del dx in analisi elementare sia fatto per tenere a mente che si sta usando la misura rispetto cui si sta integrando (che è sempre la stessa), temo che tu sia fuori strada.
E' comodissimo per ricordarsi in pratica le formule di integrazione per sostituzione (soprattutto) e per parti. Spero che tu non pensi di introdurre l'integrazione per sostituzione in un corso del primo anno via RN.
"Sidereus":
[quote="Fioravante Patrone"]
.... molto meglio $int_E f$, dove $E$ e' l'insieme su cui vogliamo integrare la $f$
...
Temo che l'omissione di $dx$ o di $d\mu$ renda le espressioni integrali incoerenti con le unità di misura utilizzate. E' il modo migliore per farsi ridere dietro dai fisici e dagli ingegneri.[/quote]
Quanto al farmi ridere dietro da ingegneri e fisici, penso che dovrò attendere la mia futura reincarnazione.
E, per quanto mi riguarda, ho l'impressione che normalmente i matematici quando pensano ad un elemento di $RR$ non pensino a metri, secondi, pecore, Joule, etc... Io non ho presente libri di analisi in cui sia scritto che $\int_0^1 x \ dx = 1/2 \ m^2$.
Cheers
Vi confesso che ho sempre considerato $dx$ come un indicatore per la variabile di integrazione - come l'indice della sommatoria.
In effetti io scrivo (da anni) $\int_A f$ oppure $\int_Af(x)dx$ e "percepisco" errato $\int_Af dx$ (anche se a volte sono costretto a usarla per formule complicate).
Certo c'e' anche la questione della misura rispetto a cui si integra (in quei casi tendo a scrivere $\int_Af dm$ dove $m$ e'... e, rare volte, uso espressioni del tipo
$\int_Af(x,y)dm_x$. Contorsionismi - d'altra parte la lingua formale perfetta e' un'utopia.
In effetti io scrivo (da anni) $\int_A f$ oppure $\int_Af(x)dx$ e "percepisco" errato $\int_Af dx$ (anche se a volte sono costretto a usarla per formule complicate).
Certo c'e' anche la questione della misura rispetto a cui si integra (in quei casi tendo a scrivere $\int_Af dm$ dove $m$ e'... e, rare volte, uso espressioni del tipo
$\int_Af(x,y)dm_x$. Contorsionismi - d'altra parte la lingua formale perfetta e' un'utopia.
Concordo.
"Fioravante Patrone":
.... molto meglio $int_E f$, dove $E$ e' l'insieme su cui vogliamo integrare la $f$
L'omissione di $dx$ o di $d\mu$ non mi pare affatto una buona idea. Non è vero che l'integrale dipende soltanto da f e da E: dipende anche da quali misure applico a E e a f. Dobbiamo cioè ammettere che sia E che f devono essere misurabili (idea di Lebesgue).
Supponiamo che $int_E f$ significhi "area di un rettangolo di base E e altezza f".
Allora se $\mu (E)=4 pollici$ e $\mu'(f) = 2 pollici$ avremo $int_E f d\mu= 8 pollici^2$
Se il rettangolo resta lo stesso, ma cambiamo le misure, avremo $m (E)=10 cm$ e $m'(f) = 5 cm $ allora $int_E f dm= 50 cm^2$
Il teorema di Radon-Nykodim ribadisce del resto che qualunque misura $\nu$, sotto certe ipotesi, è sempre del tipo
$int_E f d\mu = \nu (E)$. In pratica, f deve essere la misura della densità di qualcosa (direbbe il fisico), ovvero f è una funzione misurabile con unità di misura del tipo $\nu/\mu$ (nel linguaggio di Radon e Nykodim). Quindi se $\nu (E)$ misura la carica elettrica presente su un filo E, e se $\mu(E)$ misura la lunghezza del filo, allora f misura la densità di carica per unità di lunghezza.
Nell'esempio del nostro rettangolo, la sua area è espressa in $cm^2$ e la misura dell'altezza si può pensare come una "densità di area" per unità di lunghezza (come dire, una versione del teorema di Radon-Nikodym per le scuole elementari).
Temo che l'omissione di $dx$ o di $d\mu$ renda le espressioni integrali incoerenti con le unità di misura utilizzate. E' il modo migliore per farsi ridere dietro dai fisici e dagli ingegneri.
In effetti la questione è più delicata di quanto pensassi... pensavo che con gli iperreali tutto si risolvesse facilmente...
"Sandokan.":
Singolare che nessuno abbia fatto riferimento alle forme differenziali...
Nelle mie dispensine citate parlavo anche di forme differenziali, in effetti
Non vorrei sembrare prevenuto, ma dubito che chi usa il metodo urang-utang© pensi alle forme differenziali

"Sandokan.":
Singolare che nessuno abbia fatto riferimento alle forme differenziali...
Giusto: una forma differenziale si può "definire" formalmente come una scrittura (formale) del tipo $F_1 dx+F_2 dy+F_3 dz$. Naturalmente questa non è una gran definizione, ma quella "rigorosa" è talmente involuta e astratta che rischierebbe di spiazzare lo studente medio. Meglio usare i $dx$ $dy$ e privilegiare la chiarezza rispetto al rigore.
Singolare che nessuno abbia fatto riferimento alle forme differenziali...
Ok, grazie per la precisazione.
"GIOVANNI IL CHIMICO":
Ho una curiosità: che differenza c'è tra l'usuale notazione $\intf(x)dx$ e la notazione $\intdxf(x)$ che spesso si adotta in meccanica quantistica, spesso quando si usano i bra ed i ket?
E' una questione di consuetudine o di sostanza?
Di consuetudine. Tieni presente che il prodotto scalare tra due funzioni è definito usualmente in meccanica quantistica come l'integrale del complesso coniugato della prima funzione per la seconda; in analisi invece ad essere coniugata è di regola la seconda funzione. Solo una questione di convenzioni.
Ho una curiosità: che differenza c'è tra l'usuale notazione $\intf(x)dx$ e la notazione $\intdxf(x)$ che spesso si adotta in meccanica quantistica, spesso quando si usano i bra ed i ket?
E' una questione di consuetudine o di sostanza?
E' una questione di consuetudine o di sostanza?
Beh "sempre pensato" in effetti...
. Comunque non sò chi mi disse, già ai tempi di Analisi A, che quel "dx" era una misura.
Ovviamente la cosa era un po' oscura ai tempi anche se permette di farsi un'idea su cosa sia l'integrale di Stieltjes che ebbi il piacere di scoprire in una sezione "nascosta" del Pagani-Salsa. In pratica l'idea è che se:
$ \int_a^b f(x) dx = \text{sup} \sum_k f(x_k) ( x_{k+1} - x_k ) $
allora uno può definire:
$ \int_a^b f(x) dg = \text{sup} \sum_k f(x_k) ( g(x_{k+1}) - g(x_k) ) $
in questo senso trovai accettabile il definire il "dx" una misura. Se misuro la lunghezza non in "x", ma in una qualche funzione $g(x)$ allora il $dx$ mi diventa $dg$... l'integrale di Stieltjes lo trovo istruttivo perchè introduce una idea un po' "naive" della misura nell'integrazione e salta puoi fuori la famosa derivata di Radon-Nykodym, ma in forma ben comprensibile anche per uno che non ha fatto teoria della misura.
Chiaramente, poi, dopo aver visto la "vera" teoria della misura, mi sono fatto un'idea molto più chiara.

Ovviamente la cosa era un po' oscura ai tempi anche se permette di farsi un'idea su cosa sia l'integrale di Stieltjes che ebbi il piacere di scoprire in una sezione "nascosta" del Pagani-Salsa. In pratica l'idea è che se:
$ \int_a^b f(x) dx = \text{sup} \sum_k f(x_k) ( x_{k+1} - x_k ) $
allora uno può definire:
$ \int_a^b f(x) dg = \text{sup} \sum_k f(x_k) ( g(x_{k+1}) - g(x_k) ) $
in questo senso trovai accettabile il definire il "dx" una misura. Se misuro la lunghezza non in "x", ma in una qualche funzione $g(x)$ allora il $dx$ mi diventa $dg$... l'integrale di Stieltjes lo trovo istruttivo perchè introduce una idea un po' "naive" della misura nell'integrazione e salta puoi fuori la famosa derivata di Radon-Nykodym, ma in forma ben comprensibile anche per uno che non ha fatto teoria della misura.
Chiaramente, poi, dopo aver visto la "vera" teoria della misura, mi sono fatto un'idea molto più chiara.
"david_e":
Io ho sempre pensato al "dx" come a una misura, in effetti ho incontrato anche la notazione:
$ \int_E f d\mu $.
"ho sempre pensato":
non ci credo

o, in un eccesso di buonismo: ti sei dimenticato cosa facevi da piccolo!
"GIOVANNI IL CHIMICO":
Secondo me il problema più grosso legato all'uso improprio del dx è che se da un lato per i matematici si tratta solo di una notazione, molto spesso per ricavare le equazioni alle derivate ordinarie o parziali che modellano il comportamento dei mezzi solidi o fluidi si fa un esplicito uso algebrico dei dx, riferendosi ad essi come a vere entità fisiche di piccole dimensioni.
Voi come la vedete?
Ottimo uso...
Un modo spiccio per evitare di trascinarsi dietro le approx del secondo ordine. Bisogna "saperci fare" un poco, ma è comodo. Penso sia bene essere comunque "moralmente ponti" a sporcasi le mani con i conti corretti, se qualcuno lo chiede.
Va anche ricordato che, qualora ci siano delle "cancellazioni" a livello dei conti al primo ordine (cioè lavorando con "dx"),bisogna stare attenti
"GIOVANNI IL CHIMICO":
Chiaramente le equazioni suddette si possono ricavare anche in maniera più formalmente corretto, ad esempio facendo uso di principi variazionali, lagrangiane di campo, bilanci integrali etc etc
No, secondo me non è questo il punto. Ma riguada quello che sopra indicavo parlando di essere "moralmente pronti".
Io ho sempre pensato al "dx" come a una misura, in effetti ho incontrato anche la notazione:
$ \int_E f d\mu $
essendo $E \subset \Omega$ e $(\Omega,\mu)$ uno spazio misurabile. Quindi le schifezze formali che si fanno coi "dx" nelle integrazioni verrebbero giustificate come derivate di Radon-Nykodym. Comunque dubito che questa giustificazione abbia veramente senso: Liebnitz non pensava certo alle misure quando introdusse la notazione.
$ \int_E f d\mu $
essendo $E \subset \Omega$ e $(\Omega,\mu)$ uno spazio misurabile. Quindi le schifezze formali che si fanno coi "dx" nelle integrazioni verrebbero giustificate come derivate di Radon-Nykodym. Comunque dubito che questa giustificazione abbia veramente senso: Liebnitz non pensava certo alle misure quando introdusse la notazione.