Versioni di cicerone..

butterfly90
ciao a tutti mi servirebbero queste 3 versioni di cicerone..

1) Cum essem in Tusculano meo vellemque e bibliotheca... [...]
...ad maiora veniet paratior. (credo sia del De Finibus)

2) Brundisio profecti sumus pridie kalendas Maias... [...]
...tua miseria quam mea commoveri.

3) Non illud alienum est de magistratuum de... [...]
...in consilio capiendo servare constantiam. ( credo sia del De Officis)

grazie mille,spero riusciate a darmi una mano!:):thx

Risposte
Mario
Ac ne illud quidem alienum est, de magistratuum, de privatorum, [de civium], de peregrinorum officiis dicere. Est igitur proprium munus magistratus intellegere se gerere personam civitatis debereque eius dignitatem et decus sustinere, servare leges, iura discribere, ea fidei suae commissa meminisse. Privatum autem oportet aequo et pari cum civibus iure vivere neque summissum et abiectum neque se efferentem, tum in re publica ea velle, quae tranquilla et honesta sint; talem enim solemus et sentire bonum civem et dicere.
Peregrini autem atque incolae officium est nihil praeter suum negotium agere, nihil de alio anquirere minimeque esse in aliena re publica curiosum.--Ita fere officia reperientur, cum quaeretur quid deceat et quid aptum sit personis, temporibus, aetatibus. Nihil est autem quod tam deceat, quam in omni re gerenda consilioque capiendo servare constantiam.

Ma non è neppure fuor di luogo il dire qualcosa sui doveri dei magistrati, dei privati cittadini e dei forestieri. Compito particolare del magistrato, dunque, è di ben comprendere che egli rappresenta lo Stato, e deve perciò sostenerne la dignità e il decoro; deve far rispettare le leggi e amministrar la giustizia, ricordando sempre che tutto questo è affidato alla sua lealtà. Quanto al privato, conviene che egli viva in perfetta uguaglianza di diritti coi suoi concittadini, né umiliato e avvilito né prepotente e superbo; e oltre a ciò curi che nello Stato regnino ordine e onestà: tale è colui che noi, di solito, stimiamo e chiamiamo buon cittadino.
Dovere, poi, del forestiere, o di passaggio o residente, è di badare soltanto ai fatti suoi, non immischiandosi negli affari degli altri e non ficcando il naso nella politica di uno Stato che non è il suo. Questi sono all'incirca i doveri che si ritrovano indagando quale sia l'essenza del decoro in rapporto alle persone, alle circostanze e alle età. Ma il sommo del decoro consiste pur sempre nel mantenere la coerenza in ogni azione e in ogni risoluzione.

butterfly90
Allora...sul mio libro la prima s'intitola "due studiosi si incontrano in biblioteca" e l'altra "doveri dei governanti e dei governati"...non so se questo può aiutare..

Mario
Prego;)!
Cmq scrivi i titoli delle altre due versioni!

butterfly90
grazie mille marios46!:)

Mario
Questa la postati tempo fa:

2.Brundisio profecti sumus a. d. II K. Mai.: per Macedoniam Cyzicum petebamus. O me perditum! O afflictum! Quid enim? Rogem te, ut venias? Mulierem aegram, et corpore et animo confectam. Non rogem? Sine te igitur sim? Opinor, sic agam: si est spes nostri reditus, eam confirmes et rem adiuves; sin, ut ego metuo, transactum est, quoquo modo potes ad me fac venias. Unum hoc scito: si te habebo, non mihi videbor plane perisse. Sed quid Tulliola mea fiet? iam id vos videte: mihi deest consilium. Sed certe, quoquo modo se res habebit, illius misellae et matrimonio et famae serviendum est. Quid? Cicero meus quid aget? iste vero sit in sinu semper et complexu meo. Non queo plura iam scribere: impedit maeror. Tu quid egeris, nescio: utrum aliquid teneas an, quod metuo, plane sis spoliata. Pisonem, ut scribis, spero fore semper nostrum. De familia liberanda nihil est quod te moveat: primum tuis ita promissum est, te facturam esse, ut quisque esset meritus; est autem in officio adhuc Orpheus, praeterea magno opere nemo; ceterorum servorum ea causa est, ut, si res a nobis abisset, liberti nostri essent, si obtinere potuissent, sin ad nos pertineret, servirent praeterquam oppido pauci. Sed haec minora sunt. Tu quod me hortaris, ut animo sim magno et spem habeam recuperandae salutis, id velim sit eiusmodi, ut recte sperare possimus. Nunc miser quando tuas iam litteras accipiam? quis ad me perferet? quas ego exspectassem Brundisii, si esset licitum per nautas, qui tempestatem praetermittere noluerunt. Quod reliquum est, sustenta te, mea Terentia, ut potes. Honestissime viximus, floruimus: non vitium nostrum, sed virtus nostra nos afflixit; peccatum est nullum, nisi quod non una animam cum ornamentis amisimus; sed, si hoc fuit liberis nostris gratius, nos vivere, cetera, quamquam ferenda non sunt, feramus. Atqui ego, qui te confirmo, ipse me non possum. Clodium Philetaerum, quod valetudine oculorum impediebatur, hominem fidelem, remisi. Sallustius officio vincit omnes. Pescennius est perbenevolus nobis, quem semper spero tui fore observantem. Sicca dixerat se mecum fore, sed Brundisio discessit. Cura, quoad potes, ut valeas et sic existimes, me vehementius tua miseria quam mea commoveri.

Partii da Brindisi il 30 aprile, diretto a Cizico attraverso la Macedonia. Sono un uomo rovinato, un uomo abbattuto! Come potrei chiederti di raggiungermi, donna malata e stremata nelle forze fisiche e morali? Non te lo chiederò? Rimarrò dunque senza di te? Penso di fare così: se esistono speranze di un mio ritorno, rafforzale e datti da fare in questo senso; se, come temo, la partita è chiusa, cerca di raggiungermi a qualsiasi costo. Questo solo sappi bene: se ti avrò con me, non mi sembrerà di aver perso tutto. Ma che avverrà della mia piccola Tullia? Vedete ormai voi, io non so che ben fare. In ogni caso, è certo che quella poverina deve tener conto sia del suo matrimonio che della sua reputazione. E poi, che farà il mio Cicerone? Egli sì vorrei fosse sempre sulle mie ginocchia, fra le mie braccia. Non posso scrivere oltre, a questo punto; me lo impedisce lo sconforto. Cosa tu faccia lo ignoro, se possiedi qualcosa o, come temo, sia stata spogliata di tutto Pisone, come scrivi, spero sarà sempre dei nostri. Quanto alla liberazione degli schiavi, non c\'è motivo di preoccuparti. Anzitutto ai tuoi fu promesso che avresti agito verso ciascuno secondo i suoi meriti, e ligio al suo dovere è tuttora Orfeo, nessun altro assolutamente. Quanto ai rimanenti servi, la cosa sta così: che se ci fossero alienati, divengano nostri liberti, qualora possano ottenerlo; se dipendessero ancora da noi, ci servano, a eccezione di pochissimi. Ma queste sono faccende di minor conto. Quanto alle tue esortazioni di confidare e sperare di riprender vita, vorrei fosse cosa in cui potessimo sperare legittimamente. Ora, infelice, quando più riceverò una tua lettera? Chi me la porterà? L\'avrei aspettata a Brindisi, se non l\'avessero permesso i marinai, mentre non vollero lasciarsi sfuggire il bel tempo. Per il resto, vivi, o mia Terenzia, col medesimo decoro, come puoi fare. Siamo vissuti floridamente, fummo abbattuti non da una colpa, ma da un merito: nessuna colpa abbiamo commesso, tranne quella di non aver abbandonato la vita insieme ai suoi ornamenti. Ma se fu più gradevole ai nostri figli che noi vivessimo, sopportiamo tutto il resto, per quanto sia insopportabile! Eppure io, che cerco di farti coraggio, non posso darne a me stesso. Ho rimandato indietro Clodio Filetero, elemento fedele, perché angustiato dal male agli occhi. Sallustio supera tutti in zelo; Pescennio è devotissimo a me, e spero sarà sempre riguardoso verso di te. Sicca mi aveva promesso di stare con me, ma poi è partito da Brindisi. Cerca, come puoi, di star sana e, credi che io mi turbo più per la tua infelicità che per la mia. Terenzia mia, fedelissima e ottima moglie, e mia carissima figliola, e tu, speranza mia superstite, Cicerone, state bene.

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