Versioni d letino....3

KuLiNs
allora..m servoo 3 versioni....2 di fedro....e una k si kiama ""personaggi del mito"" k nn è di fedro...le latre 2 d fedro ....so....."ranae regem petunt 1 e 2"...v prego helpppppppppppppp..grz q100000000000 baciiiiiiiiii

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IPPLALA
Penso possa bastare, chiudo

dj142
se nn metti le prime e ultime parole sarà dura capire quali versioni sn, io cmq ho trovato queste:

PERSONAGGI DEL MITO

Inter procellarum furorem et scopulorum asperas insidias et gurgitum dolos, antiqui in mari videbant etiam Sirenas.Nam saepe blandae Sirenum voces audiebantur.Cum blanditiae Sirenum ad nautarum aures pervenerant, nautae remorum et rudentium laborem intermittebant, et naves veloces currebant sine gubernatorum cura.Sed Improvidi nautae ad rupes et ad taetram mortem a Sirenibus trahebantur.Nautarum mortuorum ossa propter Sirenum insidias horrendam fraudem viatoribus monstrabant, sed dulces erant Sirenum voces et multi alii nautae in fraudem incidebant.A Sirenibus etiam animi debilium sociorum Ulixis allecti sunt; tamen callidus Ithacensis dux caros socios subripuit Sirenum fascinationi doloque.
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Tra il furore delle tempeste e le aspre insidie degli scogli e gli inganni dei vortici, gli antichi vedevano in mare anche le sirene.Infatti spesso si sentivano le voci piacevoli delle sirene.Quando le parole lusinghiere delle sirene arrivavano alle orecchie dei marinai, i marinai interrompevano il lavore dei remi e delle corde, e le navi velo ci correvano senza l'attenzione dei timonieri. Ma gli impavidi marinai erano trascinati alle rupi e ad una tetra morte dalle sirene. Le ossa dei marinai morti mostravano ai viandanti l'orrendo inganno presso le insidie delle sirene, ma le voci delle sirene erano dolci e molti altri marinai cadevano nell'inganno. Anche i deboli animi dei compagni di Ulisse furono attirati dalle sirene;infine l'abile comandante di itaca sottrasse i cari compagni dal fascino delle sirene e dall'inganno.

RANAE REGEM PETUNT 1

Cum Athenae florebant aequis legibus, inverecunda libertas civitatem miscuit frenumque solvit pristinum licentia. Tum conspiraverant factionum partes et arcem tyrannus occupavit Pisistratus. Propter servitutem flebant Attici, quoniam aegre tolerabant insuetum onus, et adversam fortunam deplorabant; Aesopus talem tum fabellam narrat. Ranae, quae errabant liberae in paludibus, clamore magno regem petiverant ab love: «luppiter, regem nobis mitte et dissolutos mores vi compesce!». Pater deorum risit atque illis dedit parvum tigillum, quod subito vadi sono terruit pavidum genus.
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Quando Atene si distingueva con le giuste leggi, l'eccessiva libertà sconvolse la popolazione frenumque solvit pristinum licentia.Allora i partiti delle congiure cospirarono e il tiranno Pisistrato occupò l'acropoli. A causa della povera schiavitù gli abitanti dell'Attica piangevano, perché a stento sopportavano l'insolito peso, e piangevano l'avversa fortuna; Esopo allora narrò questa favola. Delle rane, che vagavano nelle libere paludi, con grandi schiamazzi chiesero a Giove un sovrano: “Giove, mandaci un re e reprimi con la forza le sregolate abitudini!”. Il padre degli dei rise e diede loro un piccolo ceppo da ardere, che con un improvviso movimento e rumore dell'acqua spaventò la timorosa specie.

RANAE REGEM PETUNT 2 nn la trovo ti posto xò la traduzione dell'intera favola e spero possa esserti utile:

Athenae, cum florerent aequis legibus,
procax libertas civitatem miscuit
frenumque solvit pristinum licentia.
Hic, conspiratis factionum partibus,
arcem tyrannus occupat Pisistratus.
Cum triste servitutem flerent Attici
(non quia crudelis iile, sed quoniam grave
omne insuetis onus) et coepissent queri,
Aesopus talem tum fabellam rettulit.
"Ranae, vagantes liberis paludibus,
clamore magno regem petiere a Iove,
qui dissolutos mores vi compesceret.
Pater deorum risit atque illis dedit
parvum tigillum, missum quod subito vadis
motu sonoque terruit pavidum genus.
Hoc mersum limo cum iaceret diutius,
forte una tacite profert e stagno caput,
et, explorato rege, cunctas evocat.
Illae, timore posito, certatim adnatant,
lignumque supra turba petulans insilit.
Quod cum inquinassent omni contumelia,
alium rogantes regem misere ad Iovem,
inutilis quoniam esset qui fuerat datus.
Tum misit illis hydrum qui dente aspero
corripere coepit singulas. Frustra necem
fugitant inertes, vocem praecludit metus.
Furtim igitur dant Mercurio mandata ad Iovem,
adflictis ut succurrat. Tunc contra deus:
"Quia noluistis vestrum ferre" inquit "bonum,
malum perferte!"
Vos quoque, o cives", ait,
"hoc sustinete, maius ne veniat malum".
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Quando Atene fioriva con leggi di uguaglianza,
la sfrenata libertà sconvolse la città
e il capriccio infranse l'antica moderazione.
A questo punto, cospirati i partiti delle fazioni politiche,
Pisistrato occupa come tiranno l'Acropoli.
Visto che gli Ateniesi piangevano la triste schiavitù
(non perché quello fosse crudele, ma poiché ogni peso
era un fardello per quelli che non erano abituati) e dato che avevano iniziato a lamentarsi,
allora Esopo raccontò la seguente favoletta.
"Le rane, che vagavano libere nelle paludi,
chiesero con grande clamore un re a Giove,
che frenasse con la forza i costumi dissoluti.
Il padre degli dei rise e diede loro
un piccolo bastone, che, lanciato, per l'improvviso
movimento e suono del guado spaventò la pavida specie.
Poiché queste giacevano da tempo immerse nel fango,
casualmente una silenziosamente fa capolino dallo stagno,
e, ispezionato il re, chiama tutte quante.
Quelle, lasciata ogni paura, nuotano a gara verso il re,
e una massa sfacciata salta sopra il bastoncino.
Avendolo disonorato con ogni insulto,
inviarono a Giove delle rane per chiedergli di un altro re,
in quanto quello che era stato dato loro era inutile.
Allora inviò loro un serpente d'acqua che con dente spietato
iniziò ad afferrarle ad una ad una. Incapaci di difendersi, tentano invano di
sfuggire alla morte, la paura toglie la parola.
Allora di nascosto affidano a Mercurio un'ambasceria presso Giove,
perché soccorra le afflitte. Allora il dio in risposta:
"Poiché non avete voluto conservare la vostra fortuna," disse
"sopportate fino alla fine la disgrazia!"
Anche voi, o concittadini", disse,
"sopportate questo male, affinché non giunga una disgrazia maggiore".

IPPLALA
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