Versione di lat di cicerone (12112)
ciao mi sevirebbe la versione di cicerone maxime conservanda sunt iura belli e inizia così atque in re publica maxime conservanda sunt iura belli grazie
Risposte
Eheheh prego ;)
Chiudo il thread :hi
Chiudo il thread :hi
Vabbè Kasinista91, siamo qui per quello!!!:lol:lol:lol
:hi
:hi
grazie a tutti lo so che sono una rompi ciao
Eccoti anche l'ultimo pezzo:
et cum iis quos vi deviceris consulendum est tum ii qui armis positis ad imperatorum fidem confugient quamvis murum aries percusserit recipiendi
E se bisogna aver cura di quelli che avrai sconfitto con la forza, tanto più si devono accogliere e proteggere quelli che, [una volta] deposte le armi, ricorreranno alla fedeltà degli imperatori (=comandanti), anche se l’ariete avrà percosso le loro mura.
et cum iis quos vi deviceris consulendum est tum ii qui armis positis ad imperatorum fidem confugient quamvis murum aries percusserit recipiendi
E se bisogna aver cura di quelli che avrai sconfitto con la forza, tanto più si devono accogliere e proteggere quelli che, [una volta] deposte le armi, ricorreranno alla fedeltà degli imperatori (=comandanti), anche se l’ariete avrà percosso le loro mura.
si è quella grazie mille ma nn è tutta ne nn vi scoccio troppo c'è un altro pezzo scusate ma ho un sacco di compiti per le "vacanze" il pezzo è questo et cum iis quos vi deviceris consulendum est tum ii qui armis positis ad imperatorum fidem confugient quamvis murum aries percusserit recipiendi grazie e scusate ancora
Penso sia quella...:yes
kasinista91 è sul serio quella? Altrimenti scrivi tutto il testo latino...
kasinista91 è sul serio quella? Altrimenti scrivi tutto il testo latino...
Prova a vedere se è questa
Atque in re publica maxime conservanda sunt iura belli. Nam cum sint duo genera decertandi, unum per disceptationem, alterum per vim, cumque illud proprium sit hominis, hoc beluarum, confugiendum est ad posterius, si uti non licet superiore. Quare suspiscienda quidem bella sunt ob eam causam, ut sine iniuria in pace vivatur, parta autem victoria conservandi ii, qui non crudeles in bello, non inmanes fuerunt, ut maiores nostri Tusculanos, Aequos, Volscos, Sabinos, Hernicos in civitatem etiam acceperunt, at Karthaginem et Numantiam funditus sustulerunt. Mea quidem sententia paci, quae nihil habitura sit insidiarum, semper est consulendum. In quo si mihi esset obtemperatum, si non (= magari non) optimam, at aliquam rem publicam, quae nunc nulla est, haberemus.
Vi sono poi certi doveri che bisogna osservare anche verso coloro che ci hanno offeso. C’è una misura anche nella vendetta e nel castigo; anzi, io non so se non basti che il provocatore si penta della sua offesa, perché egli non ricada mai più in simile colpa, e gli altri siano meno pronti all’offesa. Ma sopra tutto nei rapporti fra Stato e Stato si debbono osservare le leggi di guerra. In verità, ci sono due maniere di contendere: con la ragione e con la forza; e poiché la ragione è propria dell’uomo e la forza è propria delle bestie, bisogna ricorrere alla seconda solo quando non ci si può valere della prima. Si devono perciò intraprendere le guerre al solo scopo di vivere in sicura e tranquilla pace; ma, conseguita la vittoria, si devono risparmiare coloro che durante la guerra, non furono né crudeli né spietati. Così, i nostri padri concessero perfino la cittadinanza ai Tusculani, agli Equi, ai Volsci, ai Sabini, agli Èrnici; ma distrussero dalle fondamenta Cartagine e Numanzia; non avrei voluto la distruzione di Corinto; ma forse essi ebbero le loro buone ragioni, soprattutto la felice posizione del luogo, temendo che appunto il luogo fosse, o prima o poi, occasione e stimolo a nuove guerre. A mio parere, bisogna procurar sempre una pace che non nasconda insidie. E se in ciò mi si fosse dato ascolto, noi avremmo, se non un ottimo Stato, almeno uno Stato, mentre ora non ne abbiamo nessuno.
Atque in re publica maxime conservanda sunt iura belli. Nam cum sint duo genera decertandi, unum per disceptationem, alterum per vim, cumque illud proprium sit hominis, hoc beluarum, confugiendum est ad posterius, si uti non licet superiore. Quare suspiscienda quidem bella sunt ob eam causam, ut sine iniuria in pace vivatur, parta autem victoria conservandi ii, qui non crudeles in bello, non inmanes fuerunt, ut maiores nostri Tusculanos, Aequos, Volscos, Sabinos, Hernicos in civitatem etiam acceperunt, at Karthaginem et Numantiam funditus sustulerunt. Mea quidem sententia paci, quae nihil habitura sit insidiarum, semper est consulendum. In quo si mihi esset obtemperatum, si non (= magari non) optimam, at aliquam rem publicam, quae nunc nulla est, haberemus.
Vi sono poi certi doveri che bisogna osservare anche verso coloro che ci hanno offeso. C’è una misura anche nella vendetta e nel castigo; anzi, io non so se non basti che il provocatore si penta della sua offesa, perché egli non ricada mai più in simile colpa, e gli altri siano meno pronti all’offesa. Ma sopra tutto nei rapporti fra Stato e Stato si debbono osservare le leggi di guerra. In verità, ci sono due maniere di contendere: con la ragione e con la forza; e poiché la ragione è propria dell’uomo e la forza è propria delle bestie, bisogna ricorrere alla seconda solo quando non ci si può valere della prima. Si devono perciò intraprendere le guerre al solo scopo di vivere in sicura e tranquilla pace; ma, conseguita la vittoria, si devono risparmiare coloro che durante la guerra, non furono né crudeli né spietati. Così, i nostri padri concessero perfino la cittadinanza ai Tusculani, agli Equi, ai Volsci, ai Sabini, agli Èrnici; ma distrussero dalle fondamenta Cartagine e Numanzia; non avrei voluto la distruzione di Corinto; ma forse essi ebbero le loro buone ragioni, soprattutto la felice posizione del luogo, temendo che appunto il luogo fosse, o prima o poi, occasione e stimolo a nuove guerre. A mio parere, bisogna procurar sempre una pace che non nasconda insidie. E se in ciò mi si fosse dato ascolto, noi avremmo, se non un ottimo Stato, almeno uno Stato, mentre ora non ne abbiamo nessuno.
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