Versione (98465)
Sola est, de qua merito(Vespasianus) culpetur, pecuniae cupiditas. Non solum enim omissa sub Galba vectigalia revocavit, nova et gravia addidit, auxit, tributa provinciis negotationes, quoque vel privato pudendas propalam exercuit. Ne candidatis quidem honores, reisve tam innoxiis quam nocentibus absolutiones venditare cunctatus est. Creditur etiam procuratorum rapacissimum quemque ad ampliora officia ex industria (=di proposito) solitus esse promovere, quo locupletiores mox condemnaret; . Quidam eum natura cupidissimum pecuniae fuisse tradunt; Sunt contra qui opinantur ad manubias et rapinas necessitate compulsum esse summa aerarii fiscique inopia; de qua testificatus est initio statim principatus, professus quadringenties milies opus esse, ut res publica stare posset. Quod (=questa seconda ipotesi) veri similius videtur, quia et (=etiam)pecuniis male partis optime usus est.
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Sola c'è, di cui potrebbe essere giustamente incolpato, l'avidità di denaro. Non solo infatti ripristinò le tasse lasciate cadere sotto Galba, ma ne aggiunse di nuove e onerose, aumentò i tributi alle province, svolse apertamente speculazioni delle quali si sarebbe dovuto vergognare anche un privato cittadini. Non indugiò a vendere le cariche neppure ai candidati, e le assoluzioni agli imputati sia innocenti che colpevoli. Si crede anche che fosse solito promuovere di proposito ciascuno dei procuratori più ricchi a ruoli più importanti, per condannarli poi quando fossero diventati più ricchi. Alcuni tramandano che per natura fu avidissimo di denaro. Ci sono al contrario quelli che ritengono fosse stato spinto ai saccheggi e alle ruberie dalla necessità, a causa dell'estrema povertà dell'erario e del fisco; riguardo al quale chiarì subito all'inizio del principato, dichiarando che affinché lo stato potesse mantenersi, occorrevano quaranta miliardi di sesterzi. Ciò sembra più simile alla verità, poiché impiegò ottimamente anche il denaro ottenuto malamente.
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