Letteratura latina
mi servono delle risposte a queste domande su de catilinae coniuratione cap 2 di sallustio la prima domanda è in qst capitolo del proemio l'autore sembra distinguere 2 grandi fasi della storia umana;individuale e spiega cosa ha portato al passaggio dall'una all'altra
la seconda è nel brano emergono le caratteristiche più evidenti del lessico sallustiano in particolare la predilezione per le forme di sapore arcaico. Identificale e associa ad ognuna i corrispondenti termini linguistici più comunemente usati
la terza è la patina arcaica del linguaggio di sallustio risponde ad un esigenza che va al di là del semplice esrcizio di stile.Quale scelta di valore ideologico vuole evidenziare?
la quarta e ultima è ricerca nel testo il caso più evidente di coordinazione asindetica,motivandone il ricorso,e qualche significativa figura retorica
Il brano cmq inizia con igitur initio reges e finisce con bonae famam quaerit
la seconda è nel brano emergono le caratteristiche più evidenti del lessico sallustiano in particolare la predilezione per le forme di sapore arcaico. Identificale e associa ad ognuna i corrispondenti termini linguistici più comunemente usati
la terza è la patina arcaica del linguaggio di sallustio risponde ad un esigenza che va al di là del semplice esrcizio di stile.Quale scelta di valore ideologico vuole evidenziare?
la quarta e ultima è ricerca nel testo il caso più evidente di coordinazione asindetica,motivandone il ricorso,e qualche significativa figura retorica
Il brano cmq inizia con igitur initio reges e finisce con bonae famam quaerit
Risposte
Chiudo
prego!!! alla prossima ciau!
si il brano è questo grazie per le risposte
Ti riferisci a questo brano (tradotto) io ho trovato solo questo e in base a questo testo ho risposto alle tue domande:
Cap. II
Dunque in origine i re - infatti sulla terra fu questa la prima denominazione del potere - alcuni, a seconda dell'inclinazione, esercitavano l'ingegno, altri il corpo; tuttavia allora la vita degli uomini trascorreva senza cupidigia; ognuno era contento di ciò che aveva. Ma in seguito, da quando Ciro in Asia e, in Grecia, gli Spartani e gli Ateniesi iniziarono a sottomettere città e nazioni, a considerare motivo di guerra la bramosia di dominare, ad individuare la gloria nella vastità del comando, allora solo attraverso pericoli e difficoltà si prese coscienza che in guerra conta più l'ingegno. Se la forza d'animo dei re e dei comandanti valesse così in pace come in guerra, le vicende umane avrebbero più equilibrio e regolarità, né assisteresti al mutamento e al mescolamento di ogni cosa. Infatti è facile mantenere il potere con i mezzi con cui lo si è conquistato. Ma quando la svogliatezza subentra all'efficienza, la libidine e la superbia alla temperanza e all'equità, allora la fortuna muta assieme ai costumi. Così il potere passa sempre dal meno valoroso al migliore.
L'agricoltura, la navigazione e l'edilizia sono tutte attività che sono agli ordini dell'ingegno. Ma molti mortali, devoti al ventre e al sonno, trascorrono la vita senza istruzione né educazione, come dei pellegrini. Per questi, contro ciò che detta la natura, il corpo era per il piacere, mentre l'animo era un peso. La vita e la morte di questi conta per me allo stesso modo, poiché si tace a proposito di entrambe. Invece, mi sembra che viva veramente e che usufruisca dell'ingegno colui che cerca di distinguersi con una nobile impresa o con un nobile intento.
1) Allora egli dice che in origine gli uomini erano senza "cupidigia; ognuno era contento di ciò che aveva" poi per colpa della voglia umana di dominare gli altri e di avere un dominio sempre più vasto, e fa l'esempio della sottomissione ateniese: sottomettono le città e le nazioni, quando uno ha poi conquistato un vasto territorio si rende conto che per sonservarlo non serve solo la forza ma serve l'ingegno che è i lsecondo momento .
2)-3) Per la seconda e la terza nn avendo il testo è unp o difficile ti invio questo link con l'analisi dell'opera: clicca, magari può aiutarti....io purtroppo ho trovato solo questo sullo stile, che magari puoi integrare con le cose da te studiate io te lo incollo magari puoi usarlo come spunto:
« Per chi sa il Latino, sarà senza alcun dubbio assai meglio di leggere questo divino autore nel testo. Per chi non lo sa, e desidera pur di conoscerne non solamente i fatti narrati, ma anche alcun poco l'indole, la brevità, l'eleganza, il meno peggio sarà di cercarsi quel traduttore che dal testo
si verrà meno a scostare, senza pure aver faccia di servilità. Ogni traduttore, che ne ha durata la pena, crederà d'esser quello, benché non lo dica. Io, non più modesto d'un altro, ma forse alquanto più sincero, non nasconderò al lettore questa mia segreta speranza, di essere pur quello. » Vittorio Alfieri, Della congiura di Catilina, traduzione del Bellum Catilinae: Prefazione; Firenze, 1798)
Sallustio è considerato il fondatore della storiografia latina. Il suo stile è costruito sull'inconcinnitas [1] e trae origine da due illustri modelli: lo storico greco Tucidide (in particolare il suo capolavoro La guerra del Peloponneso) e il noto predecessore Marco Porcio Catone, detto il Censore. Questa doppia ispirazione si nota maggiormente nell' «archaeologia» (capitoli 6 - 13): la ricerca delle cause più profonde della congiura, di stampo prettamente tucidideo, si
unisce con i toni solenni della denuncia della crisi del mos maiorum tradizionale, presi da Catone.
Inconcinnitas e arcaismo
Al contrario di Cicerone che si esprimeva con un o stile ampio, articolato, ricco di subordinazione, Sallustio preferisce un discorso irregolare, pieno di asimmetrie, antitesi e variazioni dei costrutti. Il controllo di una tecnica così irregolare crea un effetto di gravitas, dando un immagine essenziale di quello che si descrive.
(LA)
« Amputatae sententiae et verba ante exspectatum cadentia et obscura brevitas » | (IT) « Pensieri troncati e brusche interruzioni e una concisione che tocca l'oscurità »
(Seneca, Epistolae ad Lucilium 114,17 [1] )
Da Tucidide, Sallustio prende l'essenzialità espressiva, le sentenze brusche ed ellittiche, l'irregolarità del testo (variatio), un periodare paratattico, pieno di frasi nominali, omissione dei legami sintattici, ellissi dei verbi ausiliari (con un uso ritmato e continuo dell'infinito
narrativo e del chiasmo): sono evitate le strutture bilanciate e le clausole ritmiche del discorso oratorio; da Catone prende l'eloquio solenne, moralmente atteggiato, una lingua a volte severa ed aulica, a volte popolare, ruvida nelle forme, austera: il periodare essenziale è arricchito dagli arcaismi che esaltano le frequenti allitterazioni e asindeti.
Uno stile arcaizzante ma nello stesso tempo innovatore, capace di introdurre un lessico e una sintassi in contrasto con gli standard del linguaggio letterario dell'epoca. Sallustio evita
di riproporre gli effetti drammatici dello stile tragico tradizionale, preferendo suscitare emozioni partendo da una descrizione realistica dell'evento (più volte definita sobrietà tragica [1] ).
Eredità sallustiana
Già dall'antichità fu riconosciuta a Sallustio una certa fama che col tempo non è andata scemando. Uno dei suoi più grandi ammiratori fu Tacito che da lui
prese il "moralismo austero". Nel Medioevo fu grandemente apprezzato da Brunetto Latini e tracce della sua influenza si ritrovano in Leonardo Bruni e Angelo Poliziano, spesso con Tacito, annoverati come esempi da seguire. Nel XVIII secolo Sallustio fu uno degli autori più amati da Vittorio Alfieri
che lo tradusse con grande passione. ([url=http://209.85.135.104/search?q=cache:hoBIM0sggp8J:wapedia.mobi/it/De_Catilinae_coniuratione+de+catilinae+coniuratione+capitolo+2+stile&hl=it&ct=clnk&cd=3&gl=it]tratto da qui[/url])
la quarta purtroppo nn la so!
Cap. II
Dunque in origine i re - infatti sulla terra fu questa la prima denominazione del potere - alcuni, a seconda dell'inclinazione, esercitavano l'ingegno, altri il corpo; tuttavia allora la vita degli uomini trascorreva senza cupidigia; ognuno era contento di ciò che aveva. Ma in seguito, da quando Ciro in Asia e, in Grecia, gli Spartani e gli Ateniesi iniziarono a sottomettere città e nazioni, a considerare motivo di guerra la bramosia di dominare, ad individuare la gloria nella vastità del comando, allora solo attraverso pericoli e difficoltà si prese coscienza che in guerra conta più l'ingegno. Se la forza d'animo dei re e dei comandanti valesse così in pace come in guerra, le vicende umane avrebbero più equilibrio e regolarità, né assisteresti al mutamento e al mescolamento di ogni cosa. Infatti è facile mantenere il potere con i mezzi con cui lo si è conquistato. Ma quando la svogliatezza subentra all'efficienza, la libidine e la superbia alla temperanza e all'equità, allora la fortuna muta assieme ai costumi. Così il potere passa sempre dal meno valoroso al migliore.
L'agricoltura, la navigazione e l'edilizia sono tutte attività che sono agli ordini dell'ingegno. Ma molti mortali, devoti al ventre e al sonno, trascorrono la vita senza istruzione né educazione, come dei pellegrini. Per questi, contro ciò che detta la natura, il corpo era per il piacere, mentre l'animo era un peso. La vita e la morte di questi conta per me allo stesso modo, poiché si tace a proposito di entrambe. Invece, mi sembra che viva veramente e che usufruisca dell'ingegno colui che cerca di distinguersi con una nobile impresa o con un nobile intento.
1) Allora egli dice che in origine gli uomini erano senza "cupidigia; ognuno era contento di ciò che aveva" poi per colpa della voglia umana di dominare gli altri e di avere un dominio sempre più vasto, e fa l'esempio della sottomissione ateniese: sottomettono le città e le nazioni, quando uno ha poi conquistato un vasto territorio si rende conto che per sonservarlo non serve solo la forza ma serve l'ingegno che è i lsecondo momento .
2)-3) Per la seconda e la terza nn avendo il testo è unp o difficile ti invio questo link con l'analisi dell'opera: clicca, magari può aiutarti....io purtroppo ho trovato solo questo sullo stile, che magari puoi integrare con le cose da te studiate io te lo incollo magari puoi usarlo come spunto:
« Per chi sa il Latino, sarà senza alcun dubbio assai meglio di leggere questo divino autore nel testo. Per chi non lo sa, e desidera pur di conoscerne non solamente i fatti narrati, ma anche alcun poco l'indole, la brevità, l'eleganza, il meno peggio sarà di cercarsi quel traduttore che dal testo
si verrà meno a scostare, senza pure aver faccia di servilità. Ogni traduttore, che ne ha durata la pena, crederà d'esser quello, benché non lo dica. Io, non più modesto d'un altro, ma forse alquanto più sincero, non nasconderò al lettore questa mia segreta speranza, di essere pur quello. » Vittorio Alfieri, Della congiura di Catilina, traduzione del Bellum Catilinae: Prefazione; Firenze, 1798)
Sallustio è considerato il fondatore della storiografia latina. Il suo stile è costruito sull'inconcinnitas [1] e trae origine da due illustri modelli: lo storico greco Tucidide (in particolare il suo capolavoro La guerra del Peloponneso) e il noto predecessore Marco Porcio Catone, detto il Censore. Questa doppia ispirazione si nota maggiormente nell' «archaeologia» (capitoli 6 - 13): la ricerca delle cause più profonde della congiura, di stampo prettamente tucidideo, si
unisce con i toni solenni della denuncia della crisi del mos maiorum tradizionale, presi da Catone.
Inconcinnitas e arcaismo
Al contrario di Cicerone che si esprimeva con un o stile ampio, articolato, ricco di subordinazione, Sallustio preferisce un discorso irregolare, pieno di asimmetrie, antitesi e variazioni dei costrutti. Il controllo di una tecnica così irregolare crea un effetto di gravitas, dando un immagine essenziale di quello che si descrive.
(LA)
« Amputatae sententiae et verba ante exspectatum cadentia et obscura brevitas » | (IT) « Pensieri troncati e brusche interruzioni e una concisione che tocca l'oscurità »
(Seneca, Epistolae ad Lucilium 114,17 [1] )
Da Tucidide, Sallustio prende l'essenzialità espressiva, le sentenze brusche ed ellittiche, l'irregolarità del testo (variatio), un periodare paratattico, pieno di frasi nominali, omissione dei legami sintattici, ellissi dei verbi ausiliari (con un uso ritmato e continuo dell'infinito
narrativo e del chiasmo): sono evitate le strutture bilanciate e le clausole ritmiche del discorso oratorio; da Catone prende l'eloquio solenne, moralmente atteggiato, una lingua a volte severa ed aulica, a volte popolare, ruvida nelle forme, austera: il periodare essenziale è arricchito dagli arcaismi che esaltano le frequenti allitterazioni e asindeti.
Uno stile arcaizzante ma nello stesso tempo innovatore, capace di introdurre un lessico e una sintassi in contrasto con gli standard del linguaggio letterario dell'epoca. Sallustio evita
di riproporre gli effetti drammatici dello stile tragico tradizionale, preferendo suscitare emozioni partendo da una descrizione realistica dell'evento (più volte definita sobrietà tragica [1] ).
Eredità sallustiana
Già dall'antichità fu riconosciuta a Sallustio una certa fama che col tempo non è andata scemando. Uno dei suoi più grandi ammiratori fu Tacito che da lui
prese il "moralismo austero". Nel Medioevo fu grandemente apprezzato da Brunetto Latini e tracce della sua influenza si ritrovano in Leonardo Bruni e Angelo Poliziano, spesso con Tacito, annoverati come esempi da seguire. Nel XVIII secolo Sallustio fu uno degli autori più amati da Vittorio Alfieri
che lo tradusse con grande passione. ([url=http://209.85.135.104/search?q=cache:hoBIM0sggp8J:wapedia.mobi/it/De_Catilinae_coniuratione+de+catilinae+coniuratione+capitolo+2+stile&hl=it&ct=clnk&cd=3&gl=it]tratto da qui[/url])
la quarta purtroppo nn la so!
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