Importante...grazie
Almeno questa volta mi servirebbe la traduzione di Svetonio : L'incendio di Roma...Inizia così...
Nero, offensus deformitate veterum aedificiorum et angustiis....Grazie...ciao
Nero, offensus deformitate veterum aedificiorum et angustiis....Grazie...ciao
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Mario:
scrivi la fine.
Nero, quasi offensus, deformitate veterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum,incendit Urbem tam palam,ut plerique consulares cubicularios eius cum stuppa taedisque in praediis suis deprehensos non attigerint, et quaedam horrea circa Domum Auream, quorum spatium maxime Nero desiderabat, ut bellicis machinis labefacta sint, quod saxseo muro constructa erant.
Nerone quasi disgustato per la deformità dei vecchi edifici e dalla strettezza e tortuosità delle vie incendiò Roma così pubblicamente, che la maggior parte degli ex-consoli non misero le mani addosso ai suoi camerieri scoperti con la stoppa e le fiaccole nei loro poderi, e certi granai attorno alla Domus Aurea, il cui spazio Nerone desiderava fortemente, come siano stati scossi da macchine belliche, poichè erano stati costrutiti con muro di roccia.
visto ke serve anke a me questa versione se ti scrivo la fine quanto ci metteresti a trovarla??
scrivi la fine.
Nero, quasi offensus, deformitate veterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum,incendit Urbem tam palam,ut plerique consulares cubicularios eius cum stuppa taedisque in praediis suis deprehensos non attigerint, et quaedam horrea circa Domum Auream, quorum spatium maxime Nero desiderabat, ut bellicis machinis labefacta sint, quod saxseo muro constructa erant.
Nerone quasi disgustato per la deformità dei vecchi edifici e dalla strettezza e tortuosità delle vie incendiò Roma così pubblicamente, che la maggior parte degli ex-consoli non misero le mani addosso ai suoi camerieri scoperti con la stoppa e le fiaccole nei loro poderi, e certi granai attorno alla Domus Aurea, il cui spazio Nerone desiderava fortemente, come siano stati scossi da macchine belliche, poichè erano stati costrutiti con muro di roccia.
Nero, quasi offensus, deformitate veterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum,incendit Urbem tam palam,ut plerique consulares cubicularios eius cum stuppa taedisque in praediis suis deprehensos non attigerint, et quaedam horrea circa Domum Auream, quorum spatium maxime Nero desiderabat, ut bellicis machinis labefacta sint, quod saxseo muro constructa erant.
Nerone quasi disgustato per la deformità dei vecchi edifici e dalla strettezza e tortuosità delle vie incendiò Roma così pubblicamente, che la maggior parte degli ex-consoli non misero le mani addosso ai suoi camerieri scoperti con la stoppa e le fiaccole nei loro poderi, e certi granai attorno alla Domus Aurea, il cui spazio Nerone desiderava fortemente, come siano stati scossi da macchine belliche, poichè erano stati costrutiti con muro di roccia.
No!!non è questa...inizia nel modo che ho scritto!
(1) Sed nec populo aut moenibus patriae pepercit. Dicente quodam in sermone communi: «Emoû thanóntos gaîa meikhthéto purí», «immo», inquit, «emoû zôntos», planeque ita fecit. Nam quasi offensus deformitate veterum aedificiorum et angustiis flexurisque vicorum, incendit urbem tam palam, ut plerique consulares cubicularios eius cum stuppa taedaque in praediis suis deprehensos non attigerint, et quaedam horrea circa domum Auream, quorum spatium maxime desiderabat, ut bellicis machinis labefacta atque inflammata sint, quod saxeo muro constructa erant.
(2) Per sex dies septemque noctes ea clade saevitum est, ad monumentorum bustorumque deversoria plebe compulsa. Tunc praeter immensum numerum insularum domus priscorum ducum arserunt hostilibus adhuc spoliis adornatae deorumque aedes ab regibus ac deinde Punicis et Gallicis bellis votae dedicataeque, et quidquid visendum atque memorabile ex antiquitate duraverat. Hoc incendium e turre Maecenatiana prospectans laetusque «flammae», ut aiebat, «pulchritudine», Halosin Ilii in illo suo scaenico habitu decantavit.
(3) Ac ne non hinc quoque quantum posset praedae et manubiarum invaderet, pollicitus cadaverum et ruderum gratuitam egestionem nemini ad reliquias rerum suarum adire permisit; conlationibusque non receptis modo verum et efflagitatis provincias privatorumque census prope exhausit.
(1) Ma non ebbe riguardo neppure del popolo né delle mura della patria. Quando un tale, durante una conversazione, citò: «Morto me, scompaia pure la terra nel fuoco!», [Nerone] disse: «Anzi, mentre sono vivo!», e fece proprio così. Infatti, come ferito dalla bruttezza dei vecchi edifici e dalle strade strette e tortuose, incendiò Roma in modo così palese che parecchi consolari, pur avendo sorpreso nelle loro proprietà i camerieri di lui con stoppa e torce, non osarono toccarli; e alcuni magazzini, vicini alla domus Aurea e di cui desiderava occupare l’area, vennero demoliti con macchine da guerra e dati alle fiamme, perché erano costruiti in pietra.
(2) Quel flagello incrudelì per sei giorni e sette notti, spingendo la plebe a cercare rifugio nei monumenti e nei sepolcreti. Allora, oltre un numero smisurato di caseggiati, furono divorate dall’incendio anche le dimore degli antichi generali, ancora adorne delle spoglie nemiche, e i templi degli dei, alcuni votati e dedicati fin dal tempo dei re, e altri durante le guerre puniche e galliche, e tutto quanto era rimasto degno di essere visto o ricordato dall’antichità. Contemplando l’incendio dalla torre di Mecenate e allietato – sono le sue parole – «dalla bellezza delle fiamme», cantò La distruzione di Troia indossando il suo abito da scena.
(3) E, per non mancare nemmeno in questa occasione di appropriarsi della maggior quantità possibile di preda e di spoglie, dopo aver promesso di far rimuovere gratuitamente i cadaveri e le macerie, non permise a nessuno di avvicinarsi ai resti dei propri averi. E non solo accettò delle contribuzioni, ma ne richiese in tale misura che rovinò le province e i privati.
(2) Per sex dies septemque noctes ea clade saevitum est, ad monumentorum bustorumque deversoria plebe compulsa. Tunc praeter immensum numerum insularum domus priscorum ducum arserunt hostilibus adhuc spoliis adornatae deorumque aedes ab regibus ac deinde Punicis et Gallicis bellis votae dedicataeque, et quidquid visendum atque memorabile ex antiquitate duraverat. Hoc incendium e turre Maecenatiana prospectans laetusque «flammae», ut aiebat, «pulchritudine», Halosin Ilii in illo suo scaenico habitu decantavit.
(3) Ac ne non hinc quoque quantum posset praedae et manubiarum invaderet, pollicitus cadaverum et ruderum gratuitam egestionem nemini ad reliquias rerum suarum adire permisit; conlationibusque non receptis modo verum et efflagitatis provincias privatorumque census prope exhausit.
(1) Ma non ebbe riguardo neppure del popolo né delle mura della patria. Quando un tale, durante una conversazione, citò: «Morto me, scompaia pure la terra nel fuoco!», [Nerone] disse: «Anzi, mentre sono vivo!», e fece proprio così. Infatti, come ferito dalla bruttezza dei vecchi edifici e dalle strade strette e tortuose, incendiò Roma in modo così palese che parecchi consolari, pur avendo sorpreso nelle loro proprietà i camerieri di lui con stoppa e torce, non osarono toccarli; e alcuni magazzini, vicini alla domus Aurea e di cui desiderava occupare l’area, vennero demoliti con macchine da guerra e dati alle fiamme, perché erano costruiti in pietra.
(2) Quel flagello incrudelì per sei giorni e sette notti, spingendo la plebe a cercare rifugio nei monumenti e nei sepolcreti. Allora, oltre un numero smisurato di caseggiati, furono divorate dall’incendio anche le dimore degli antichi generali, ancora adorne delle spoglie nemiche, e i templi degli dei, alcuni votati e dedicati fin dal tempo dei re, e altri durante le guerre puniche e galliche, e tutto quanto era rimasto degno di essere visto o ricordato dall’antichità. Contemplando l’incendio dalla torre di Mecenate e allietato – sono le sue parole – «dalla bellezza delle fiamme», cantò La distruzione di Troia indossando il suo abito da scena.
(3) E, per non mancare nemmeno in questa occasione di appropriarsi della maggior quantità possibile di preda e di spoglie, dopo aver promesso di far rimuovere gratuitamente i cadaveri e le macerie, non permise a nessuno di avvicinarsi ai resti dei propri averi. E non solo accettò delle contribuzioni, ma ne richiese in tale misura che rovinò le province e i privati.
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