A.A.A. Cercasi versioni di latino

Avril_91
Allora ragazzi..mi servirebbero alcune versioni..non ho i testi ma mi sono appuntata le prime parole..due di queste sono state riadattatte e l'altra non lo so..:( se magari cel'avete mi potete aiutare!:D Eccole:

1)La cavalleria di Cesare
Caesar, his rebus cognitis a titurio..... [non conosco l'autore]

2)Officia servanda sunt etiam adversus..... [da Cicerone]

3)Non audienti ii sunt, qui inimicis..... [da Cicerone]


Mi servirebbero per venerdì pomeriggio!!! Potrebbero essere quelle del compito in classe..help me pleaseeeeeee!!! ciaooooo!^^ vi ringrazio in anticipo per qualsiasi risposta..

Risposte
Mario
Prego
Chiudo

Avril_91
oddio..ti ha mai detto nessuno "Ti amo"? grazieeeeeeeeeeee poi me le riadatto iooooooo!!!! TI AMO

Mario
His rebus cognitis, exploratores centurionesque praemittit qui locum castris idoneum deligant. Cum ex dediticiis Belgis reliquisque Gallis complures Caesarem secuti una iter facerent, quidam ex his, ut postea ex captivis cognitum est, eorum dierum consuetudine itineris nostri exercitus perspecta, nocte ad Nervios pervenerunt atque his demonstrarunt inter singulas legiones impedimentorum magnum numerum intercedere, neque esse quicquam negotii, cum prima legio in castra venisset reliquaeque legiones magnum spatium abessent, hanc sub sarcinis adoriri; qua pulsa impedimentisque direptis, futurum ut reliquae contra consistere non auderent. Adiuvabat etiam eorum consilium qui rem deferebant quod Nervii antiquitus, cum equitatu nihil possent (neque enim ad hoc tempus ei rei student, sed quicquid possunt, pedestribus valent copiis), quo facilius finitimorum equitatum, si praedandi causa ad eos venissent, impedirent, teneris arboribus incisis atque inflexis crebrisque in latitudinem ramis enatis [et] rubis sentibusque interiectis effecerant ut instar muri hae saepes munimentum praeberent, quo non modo non intrari sed ne perspici quidem posset. His rebus cum iter agminis nostri impediretur, non omittendum sibi consilium Nervii existimaverunt.

Avute tali informazioni, mandò in avanscoperta alcuni esploratori e centurioni con l'incarico di scegliere una zona adatta per accamparsi. Al seguito di Cesare c'erano parecchi Belgi che avevano giurato sottomissione e altri Galli. Alcuni di essi, come si seppe in seguito dai prigionieri, dopo aver osservato l'ordine di marcia fin lì tenuto dal nostro esercito, di notte raggiunsero i Nervi e riferirono che tra le singole legioni procedeva un gran numero di salmerie, per cui non era affatto difficile assalire la prima legione non appena fosse giunta al campo, mentre le altre erano lontane e i soldati ancora impacciati dagli zaini. Una volta messa in fuga la prima legione e saccheggiate le salmerie, le rimanenti legioni non avrebbero osato opporre resistenza. Un altro elemento giocava a favore del piano degli informatori: fin dai tempi più antichi i Nervi non avevano contingenti di cavalleria (neppure ai giorni nostri si preoccupano di averne, ma tutta la loro forza risiede nella fanteria); così, per ostacolare, in caso di razzia, i cavalieri dei popoli limitrofi, incidevano gli alberi ancora giovani e li piegavano, costringendo i rami a crescere, fitti, in senso orizzontale; tra gli alberi, poi, piantavano rovi e arbusti spinosi in modo che le siepi formassero una barriera simile a un muro, impedendo non solo il passaggio, ma anche la vista. Dato che il nostro esercito avrebbe trovato sulla sua strada tali ostacoli, i Nervi ritennero di non dover scartare il piano proposto.

Sunt quaedam officia etiam adversus eos servanda, a quibus iniuriam acceperis.Est enim ulciscendi et puniendi modus,atque in re publica(in politica) maxime servanda sunt iura belli. Nam,cum sint duo genera decertandi(di combattersi):unum per disceptationem (attraverso la diplomazia),alterum per vim ,confugiendum est ad posterius solum si non licet uti priore. Quare suscipienda solum bella sunt ut sine iniuria (senza essere attaccati) in pace vivatur.Post victoriam autem conservandi sunt hostes,qui non crudeles in bello neque immanes fuerunt. Maiores nostri Tusculanos ,Aequos, Volscos et Sabinos victos in civitatem acceperunt, at Carthaginem et Numantiam funditus sustulerunt , ne eis aliquando praeberetur opportunitas renovandi belli.Mea quidem sententia,paci,quae nihil sit habitura insidiarum ,semper consulendum est.

Vi sono poi certi doveri che bisogna osservare anche nei confronti di coloro che ci hanno offeso. C'è una misura anche nella vendetta e nel castigo; ma soprattutto nei rapporti fra Stato e Stato si debbono osservare le leggi di guerra. In verità, ci sono due maniere di contendere: con la ragione e con la forza; e poiché la ragione è propria dell'uomo e la forza è propria delle bestie, bisogna ricorrere alla seconda solo quando non ci si può avvalere della prima.
Dopo la vittoria bisogna conservare quei nemici che non furono in guerra nè crudeli nè spietati. I nostri avi diedero cittadinanza ai Tuscolani, Equi, Volsci e Sabini vinti, distrussero del tutto Cartagine e la Numanzia, per non offrire a quelli l'opportunità di rinnovare la guerra. A mio parere, bisogna procurar sempre una pace che non nasconda insidie.

Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia. In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur ne si irascamur aut intempestive accedentibus aut impudenter rogantibus in morositatem inutilem et odiosam incidamus et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia ut adhibeatur rei publicae causa severitas sine qua administrari civitas non potest. omnis autem et animadversio et castigatio contumelia vacare debet neque ad eius qui punitur aliquem aut verbis castigat sed ad rei publicae utilitatem referri.

Non bisogna dare ascolto a coloro i quali credono che dobbiamo adirarci fieramente coi nostri nemici e anzi vedono appunto nell'adirarsi il carattere distintivo dell'uomo magnanimo e forte: no la virtù più bella la virtù più degna di un uomo grande e nobile è la mitezza e la clemenza. Negli Stati liberi ove regna l'eguaglianza del diritto bisogna anche dare prova di una certa arrendevolezza e di quella che è solita chiamarsi padronanza di sé per non incorrere nella taccia di inutile e odiosa scontrosità se ci accada di adirarci con ímportuni visitatori o con sfrontati sollecitatori. E tuttavia la mite e mansueta clemenza merita lode solo a patto che per il bene superiore dello Stato si adoperi anche la severità senza la qualenessun governo è possibile. Ogni punizione e ogni rimprovero però devono essere privi di offesa e mirare non alla soddisfazione di colui che punisce o rimprovera ma solo al vantaggio dello Stato.

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