URGENTE PER FAVORE ENTRO STASERA!
Devo rispondere alle seguenti domande su libro di Jacopo Ortis.
1) L'incipt del romanzo : riassumi la prima lettera
2)DEscrivi brevemente la figura di Jacopo
3)Descrivi brevemente la figura di Teresa. Come appare a Jacopo per la prima volta?
4)Perchè jacopo inizia un viaggio per L'italia? Quando è interrotto e da dove rinizia?
5) Lorenzo Alderani : Qual'è il suo ruolo nel romanzo??
1) L'incipt del romanzo : riassumi la prima lettera
2)DEscrivi brevemente la figura di Jacopo
3)Descrivi brevemente la figura di Teresa. Come appare a Jacopo per la prima volta?
4)Perchè jacopo inizia un viaggio per L'italia? Quando è interrotto e da dove rinizia?
5) Lorenzo Alderani : Qual'è il suo ruolo nel romanzo??
Risposte
me l'ero dimenticata, sorry:
Lorenzo Alderani: sicuramente omaggio a Laurence Sterne, sappiamo che è stato fedele amico di Jacopo e continua ad esserlo anche dopo la sua morte. Sconvolto dalla morte dell’amico e debitore delle promesse fatte a questo, decide di omaggiarlo con una raccolta delle sue lettere ed è quindi l’editore del libro. Il suo carattere lo si desume dalle lettere del protagonista e dalla scrittura che compare nella seconda parte del libro: sincero, leale, un po’ pedante, fedele e puntuale, rappresenta l’amicizia. E’ un personaggio solido e razionale come un settecentista, e contemporaneamente romantico, per la suggestione dei comportamenti dell’amico. Di Jacopo non comprende fino in fondo le inquietudini e gli interrogativi, le scelte e i comportamenti. (tratto da attuttascuola.it)
Lorenzo Alderani: sicuramente omaggio a Laurence Sterne, sappiamo che è stato fedele amico di Jacopo e continua ad esserlo anche dopo la sua morte. Sconvolto dalla morte dell’amico e debitore delle promesse fatte a questo, decide di omaggiarlo con una raccolta delle sue lettere ed è quindi l’editore del libro. Il suo carattere lo si desume dalle lettere del protagonista e dalla scrittura che compare nella seconda parte del libro: sincero, leale, un po’ pedante, fedele e puntuale, rappresenta l’amicizia. E’ un personaggio solido e razionale come un settecentista, e contemporaneamente romantico, per la suggestione dei comportamenti dell’amico. Di Jacopo non comprende fino in fondo le inquietudini e gli interrogativi, le scelte e i comportamenti. (tratto da attuttascuola.it)
Grazie mille. :D
Aggiunto 22 minuti più tardi:
la 5? ma la sai dire per favore?
Aggiunto 22 minuti più tardi:
la 5? ma la sai dire per favore?
1) "La lettera è indirizzata a Lorenzo Alderani, ed è stata scritta l'11 ottobre 1797. Jacopo fa riferimento a un sacrificio della patria, che può essere anche ricollegato al Sacrificio religioso. Jacopo fa subito intendere di aver perso ogni speranza per la patria e per se stesso, e dalla frase "aspetto tranquillamente la prigione e la morte" si conosce già l'esito del romanzo. Fin dalle prime pagine, quindi, il destino del protagonista è segnato" (tratto da wikipedia).
2) Jacopo Ortis personifica la crisi delle speranze rivoluzionarie e di un'idea di libertà e di patria vissuta in modo istintivo e fondata su una fiducia illimitata che all'atto pratico si rivela inconsistente e negativa. Egli è l'eroe romantico che lotta inutilmente contro convenzioni ormai inattuali.
Sul piano della passione politica non rappresenta tanto la crisi delle idee rivoluzionarie, come qualcuno ha prospettato, quanto un atto di fede in un'idea straordinaria che potrà essere realizzata non con la fiducia in un personaggio come Napoleone o altri, ma con la fede nelle proprie forze e la volontà di una nazione di raggiungere il risultato finale che è l'affermazione della propria indipendenza e la dignità che appartiene a un popolo libero e indipendente.
Il suicidio di Jacopo appare come un atto di protesta politica e di denuncia contro gli usi e le consuetudini dell'epoca ed è motivato non soltanto dalla fine dell'infelice amore per Teresa ma anche dal tradimento perpetrato da Napoleone Bonaparte che vende Venezia all'Austria col trattato di Campoformio, ratificato il 17 ottobre, contro le speranze di molti nobili idealisti del tempo, che aspiravano a una Italia unita. La decisione finale del suicidio appare originata da un lato dal dolore che si insinua lentamente nella ragione e che diventa l'inevitabile conclusione dell'esistenza a causa del fallimento della passione amorosa, dall'altro dal fallimento della passione politica. Non a caso, quando il Signor T. va a casa di Jacopo per fargli visita mentre è ammalato, gli rivela di avere anche lui le stesse idee; ma purtroppo, al contrario di Jacopo, non può permettersi di di dare libero sfogo ai suoi sentimenti patriottici perché altre responsabilità li limitano e soprattutto gli preme di assicurare alla figlia un partito che comunque possa assicurarle per sempre un'esistenza agiata e senza preoccupazioni, cercando nel contempo di assicurarla anche a se stesso con la protezione che inevitabilmente gli avrebbe dato il futuro genero.
Il crollo degli ideali di patria e libertà da un lato, e di quelli di famiglia e amore dall'altro, costretto com'è a vivere ramingo lontano dall'amata Venezia e impossibilitato a formarsi una propria famiglia perché nessun padre, come il Signor T., gli avrebbe concesso la mano della propria figliuola, portano Jacopo a una disperazione sempre più profonda e radicale e infine al ripudio dell'esistenza. Proprio in questo possiamo trovare l'origine dell'eroe romantico.
Jacopo nel romanzo campeggia in una luce solitaria e spesso violenta, specie nell'ultima parte, dove ogni suo gesto appare netto e preciso come scolpito in un marmo, così come Ugo nella vita quotidiana campeggia solitario perché nessun legame solido e duraturo gli è permesso, vivendo "ramingo di gente in gente". Con questo romanzo Foscolo mette in chiaro i temi nuovissimi della sua poesia, dalla tomba come "corrispondenza" d'amorosi affetti al concetto stesso delle illusioni, dall'illusione della patria alla valorizzazione delle grandi gesta che rendono eterno l'uomo permettendogli di vivere nella "mente dei suoi", gesta che sono fonte di educazione e di imitazione per le generazioni a venire. (tratto da qui: http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/bonghi_intro_ortis.htm)
3. Teresa in origine ricorda la Teresa Pikler, moglie del Monti, ma già nell'edizione del 1802 ricorda la Isabella Roncioni, conosciuta sul finire del 1800 a Firenze, che come Teresa appunto era stata promessa a un marito che non amava (il marchese fiorentino Pietro Bartolomei) e reincontrata nell'aprile del 1813, ormai sposata e corteggiata dal barone Strozzi.
Teresa rappresenta l'amore, la dolcezza, il senso dell'infinito sul piano del sentimento, ma anche l'oggetto, come abbiamo visto, del padre prima (che se ne serve come scambio per ottenere per sé una sostanziale tranquillità anche sul piano poliziesco, e del marito poi: i matrimoni sono un contratto sociale, come aveva ben scritto il Rousseau, e la vittima di questo contratto, la parte debole è proprio la donna, così legata al focolare domestico e al decoro della casa, da non avere per sé quasi mai uno spazio indipendente e in qualche modo attivo: la sua vita deve essere dedicata interamente alla casa, ai figli e al marito... e alla preghiera, come dirà Carducci circa settantanni dopo. All'uomo la vita pubblica, alla donna la vita privata.
Ma la sofferenza di Teresa di fronte alla mancata realizzazione dell'amore per Jacopo, è chiaramente manifesta; il dolore muto vissuto fra il padre e il marito, che pure per Jacopo provavano simpatia e che in qualche modo si sentono responsabili della sua morte, come sistema se non proprio come individui, è visibile e non viene mai messo in discussione nemmeno da coloro che sono preposti alla sua vigilanza: il padre e il marito. In Teresa non c'è odio o avversione o l'idea di una qualche ribellione, ma una sottomissione alla volontà del padre e la coscienza che nel suo intimo può vivere il suo amore per Jacopo, soffrire delle pene che soffre Jacopo, sentire la mancanza di Jacopo assente e non lamentarsi, ma rivelare i suoi sentimenti appena lo vede da lontano avvicinarsi perché sa che lui è lí per lei, col suo amore senza pretese.
In Teresa non c'è esasperazione dei sentimenti, ma mitezza: soffre per la lontananza della madre ma non farebbe mai come la madre perché non è una ribelle. In questo anticipa la funzione della donna nella società romantica: colei che protegge il focolare domestico dalle forze disgregatrici che provengono dall'esterno, ma mai ponendosi come centro vitale dell'esistenza.
I seguenti due passi mi sembrano significativi per capire la figura di Teresa:
Oh la scimunita figura ch'io fo quand'ella siede lavorando, ed io leggo! M'interrompo a ogni tratto, ed ella: Proseguite! Torno a leggere: dopo due carte la mia pronunzia diventa più rapida e termina borbottando in cadenza. Teresa s'affanna: Deh leggete un po' ch'io v'intenda! - io continuo; ma gli occhi miei, non so come, si sviano disavvedutamente dal libro, e si trovano immobili su quell'angelico viso. Divento muto; cade il libro e si chiude; perdo il segno, né so più ritrovarlo - Teresa vorrebbe adirarsi; e sorride.
Quando leggo i suoi versi io me lo dipingo qui - malinconico - errante - appoggiato al tronco di un albero, pascersi de' suoi mesti pensieri, e volgersi al cielo cercando con gli occhi lagrimosi la beltà immortale di Laura. Io non so come quell'anima, che avea in sé tanta parte di spirito celeste, abbia potuto sopravvivere in tanto dolore, e fermarsi fra le miserie de' mortali - oh quando s'ama davvero! - E mi parve ch'essa mi stringesse la mano, e io mi sentiva il cuore che non voleva starmi più in petto. http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/bonghi_intro_ortis.htm)
4) il viaggio ha lo scopo di placare le sue passioni. Il viaggio inizia a Milano e si conclude sui colli Uganei con il suicidio di lui.
2) Jacopo Ortis personifica la crisi delle speranze rivoluzionarie e di un'idea di libertà e di patria vissuta in modo istintivo e fondata su una fiducia illimitata che all'atto pratico si rivela inconsistente e negativa. Egli è l'eroe romantico che lotta inutilmente contro convenzioni ormai inattuali.
Sul piano della passione politica non rappresenta tanto la crisi delle idee rivoluzionarie, come qualcuno ha prospettato, quanto un atto di fede in un'idea straordinaria che potrà essere realizzata non con la fiducia in un personaggio come Napoleone o altri, ma con la fede nelle proprie forze e la volontà di una nazione di raggiungere il risultato finale che è l'affermazione della propria indipendenza e la dignità che appartiene a un popolo libero e indipendente.
Il suicidio di Jacopo appare come un atto di protesta politica e di denuncia contro gli usi e le consuetudini dell'epoca ed è motivato non soltanto dalla fine dell'infelice amore per Teresa ma anche dal tradimento perpetrato da Napoleone Bonaparte che vende Venezia all'Austria col trattato di Campoformio, ratificato il 17 ottobre, contro le speranze di molti nobili idealisti del tempo, che aspiravano a una Italia unita. La decisione finale del suicidio appare originata da un lato dal dolore che si insinua lentamente nella ragione e che diventa l'inevitabile conclusione dell'esistenza a causa del fallimento della passione amorosa, dall'altro dal fallimento della passione politica. Non a caso, quando il Signor T. va a casa di Jacopo per fargli visita mentre è ammalato, gli rivela di avere anche lui le stesse idee; ma purtroppo, al contrario di Jacopo, non può permettersi di di dare libero sfogo ai suoi sentimenti patriottici perché altre responsabilità li limitano e soprattutto gli preme di assicurare alla figlia un partito che comunque possa assicurarle per sempre un'esistenza agiata e senza preoccupazioni, cercando nel contempo di assicurarla anche a se stesso con la protezione che inevitabilmente gli avrebbe dato il futuro genero.
Il crollo degli ideali di patria e libertà da un lato, e di quelli di famiglia e amore dall'altro, costretto com'è a vivere ramingo lontano dall'amata Venezia e impossibilitato a formarsi una propria famiglia perché nessun padre, come il Signor T., gli avrebbe concesso la mano della propria figliuola, portano Jacopo a una disperazione sempre più profonda e radicale e infine al ripudio dell'esistenza. Proprio in questo possiamo trovare l'origine dell'eroe romantico.
Jacopo nel romanzo campeggia in una luce solitaria e spesso violenta, specie nell'ultima parte, dove ogni suo gesto appare netto e preciso come scolpito in un marmo, così come Ugo nella vita quotidiana campeggia solitario perché nessun legame solido e duraturo gli è permesso, vivendo "ramingo di gente in gente". Con questo romanzo Foscolo mette in chiaro i temi nuovissimi della sua poesia, dalla tomba come "corrispondenza" d'amorosi affetti al concetto stesso delle illusioni, dall'illusione della patria alla valorizzazione delle grandi gesta che rendono eterno l'uomo permettendogli di vivere nella "mente dei suoi", gesta che sono fonte di educazione e di imitazione per le generazioni a venire. (tratto da qui: http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/bonghi_intro_ortis.htm)
3. Teresa in origine ricorda la Teresa Pikler, moglie del Monti, ma già nell'edizione del 1802 ricorda la Isabella Roncioni, conosciuta sul finire del 1800 a Firenze, che come Teresa appunto era stata promessa a un marito che non amava (il marchese fiorentino Pietro Bartolomei) e reincontrata nell'aprile del 1813, ormai sposata e corteggiata dal barone Strozzi.
Teresa rappresenta l'amore, la dolcezza, il senso dell'infinito sul piano del sentimento, ma anche l'oggetto, come abbiamo visto, del padre prima (che se ne serve come scambio per ottenere per sé una sostanziale tranquillità anche sul piano poliziesco, e del marito poi: i matrimoni sono un contratto sociale, come aveva ben scritto il Rousseau, e la vittima di questo contratto, la parte debole è proprio la donna, così legata al focolare domestico e al decoro della casa, da non avere per sé quasi mai uno spazio indipendente e in qualche modo attivo: la sua vita deve essere dedicata interamente alla casa, ai figli e al marito... e alla preghiera, come dirà Carducci circa settantanni dopo. All'uomo la vita pubblica, alla donna la vita privata.
Ma la sofferenza di Teresa di fronte alla mancata realizzazione dell'amore per Jacopo, è chiaramente manifesta; il dolore muto vissuto fra il padre e il marito, che pure per Jacopo provavano simpatia e che in qualche modo si sentono responsabili della sua morte, come sistema se non proprio come individui, è visibile e non viene mai messo in discussione nemmeno da coloro che sono preposti alla sua vigilanza: il padre e il marito. In Teresa non c'è odio o avversione o l'idea di una qualche ribellione, ma una sottomissione alla volontà del padre e la coscienza che nel suo intimo può vivere il suo amore per Jacopo, soffrire delle pene che soffre Jacopo, sentire la mancanza di Jacopo assente e non lamentarsi, ma rivelare i suoi sentimenti appena lo vede da lontano avvicinarsi perché sa che lui è lí per lei, col suo amore senza pretese.
In Teresa non c'è esasperazione dei sentimenti, ma mitezza: soffre per la lontananza della madre ma non farebbe mai come la madre perché non è una ribelle. In questo anticipa la funzione della donna nella società romantica: colei che protegge il focolare domestico dalle forze disgregatrici che provengono dall'esterno, ma mai ponendosi come centro vitale dell'esistenza.
I seguenti due passi mi sembrano significativi per capire la figura di Teresa:
Oh la scimunita figura ch'io fo quand'ella siede lavorando, ed io leggo! M'interrompo a ogni tratto, ed ella: Proseguite! Torno a leggere: dopo due carte la mia pronunzia diventa più rapida e termina borbottando in cadenza. Teresa s'affanna: Deh leggete un po' ch'io v'intenda! - io continuo; ma gli occhi miei, non so come, si sviano disavvedutamente dal libro, e si trovano immobili su quell'angelico viso. Divento muto; cade il libro e si chiude; perdo il segno, né so più ritrovarlo - Teresa vorrebbe adirarsi; e sorride.
Quando leggo i suoi versi io me lo dipingo qui - malinconico - errante - appoggiato al tronco di un albero, pascersi de' suoi mesti pensieri, e volgersi al cielo cercando con gli occhi lagrimosi la beltà immortale di Laura. Io non so come quell'anima, che avea in sé tanta parte di spirito celeste, abbia potuto sopravvivere in tanto dolore, e fermarsi fra le miserie de' mortali - oh quando s'ama davvero! - E mi parve ch'essa mi stringesse la mano, e io mi sentiva il cuore che non voleva starmi più in petto. http://www.classicitaliani.it/foscolo/critica/bonghi_intro_ortis.htm)
4) il viaggio ha lo scopo di placare le sue passioni. Il viaggio inizia a Milano e si conclude sui colli Uganei con il suicidio di lui.