Se questo è un uomo
salve a tutti....c'è qualkuno che mi procurerebbe il riassunto dettagliato di se questo è un uomo.....insomma, un risssunto che spiaghi le varie tappe e gli avvenimenti in modo chiaro.....va bene anche se abbastanza lungo..
grazie a tutti in anticipo
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Risposte
grazie a tutti ;)
ho trovato questo materiale su skuola:
Se questo è un uomo
sotto ci sono dei file correlati...dai uno sguardo!! ;)
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Ho trovato questo:
Il libro narra le esperienze dell’autore nel periodo in cui fu deportato dai nazisti nella Seconda Guerra Mondiale nel lager di Buna-Monowitz nei pressi di Auschwitz. La vicenda inizia dall'arresto avvenuto la notte del 13 dicembre 1943 fino al momento della liberazione dal Lager la mattina del 27 gennaio del 1945. Le esperienze sono presentate dallo scrittore con il metodo dell’intreccio, perché la narrazione degli eventi è lineare ma spesso l’autore ci fornisce anticipazioni su ciò che accadrà (è già accaduto) al personaggio. L’autore utilizza quindi più modalità per raccontare la sua vicenda: quella del resoconto, in cui gli avvenimenti ci sono esposti nella loro successione cronologica; quella dell’accostamento dei fatti ad idee più generali sulla condizione umana e quella di impianto diaristica adottata nelle ultime pagine, che è più adatto a raccontare gli ultimi eventi. La testimonianza che Levi ci affida attraverso le pagine del suo libro non è altro che una lunga meditazione sull'opera di annientamento della personalità umana da parte dei nazisti, cosa che è il primo obiettivo dei campi di sterminio.
Dopo averci narrato come fu catturato dai fascisti e condotto nel campo di concentramento, e dopo averci descritto attraverso pagine altamente drammatiche come gli ebrei internati nel campo accolsero l'annuncio della deportazione Levi affronta la descrizione del viaggio che lo conduce dalla piccola stazione di Carpi, in Italia, ad Auschwitz nell'Alta Slesia. Giunti a destinazione, il meccanismo dell'annientamento si mise subito in moto: fu il primo episodio di una lunga serie di eventi analoghi il cui unico scopo fu di giungere, per gradi, alla totale eliminazione dei deportati. Coloro che furono in grado di essere utilizzati come mano d'opera furono condotti ai campi di lavoro; tutti gli altri, vecchi, inabili, bambini e tutti coloro che non erano adatti al lavoro manuale vennero portati nelle camere a gas. Coloro che si “salvarono” da questa prima eliminazione vennero spogliati (anche della dignità) e vennero rivestiti con casacche a righe e zoccoli, gli venne inoltre tatuato sul braccio sinistro un numero che da quel momento prese il posto del loro nome. Tutti gli internati furono trasferiti durante il giorno presso una fabbrica di gomma, dove svolsero un lavoro massacrante. I piú deboli presto furono stroncati dalla fatica, dalle privazioni, dalle malattie e dal freddo. All'interno del Lager governavano il privilegio, l'ingiustizia, il sopruso, l'abilità personale, l'astuzia; chi non aveva abilità da sfruttare non poteva sopravvivere a lungo. All'interno di questo quadro vengono descritte alcune figure umane, ferocemente o pietosamente tratteggiate dall'autore a seconda dei casi, che incarnano modelli umani veramente esistiti in tempo di guerra. Dopo non molto tempo Primo Levi venne assegnato al kommando chimico, che lo esonerava dalle fatiche massacranti sostenute fino a quel momento. Ma questo non gli impedì di passare mesi contrassegnati da patimenti nonché da un'altra " selezione " prima di entrare a far parte del laboratorio e poter cominciare a nutrire la speranza di superare un altro durissimo inverno. Nel frattempo hanno inizio i bombardamenti degli Alleati sull'Alta Slesia ed anche la fabbrica è colpita. Costretti a lavorare fra la polvere e le macerie, costantemente esposti ai pericoli delle incursioni aeree nonché fatti oggetto da parte dei loro oppressori e aguzzini di una raddoppiata ferocia a causa della tragedia che incombe sulla Germania, i deportati subirono tutto il peso di una situazione che diventava ogni giorno sempre piú insostenibile. L'autore in maniera del tutto inaspettata e quando ormai aveva rinunciato a sperare, fu destinato al laboratorio dove trascorse gli ultimi mesi di prigionia, in un ambiente riscaldato e a contatto con materiali e strumenti che gli ricordavano i suoi studi e la sua professione. In questo periodo avvenne la prima stesura di “Se questo è un uomo” e fu proprio nel raccoglimento consentitogli dal laboratorio che egli avvertì per la prima volta la necessità di sopravvivere per poter testimoniare, nonché la possibilità di dare un senso alle sofferenze patite ed una giustificazione alla propria esperienza rendendone partecipi gli altri attraverso un libro di memorie. Il fronte russo si stava avvicinando, i tedeschi erano ormai consapevoli della catastrofe imminente e si apprestarono a far evacuare i campi di sterminio e a distruggere gli impianti. Era il gennaio 1945. Questi ultimi drammatici avvenimenti ci sono narrati sotto forma di diario. L'autore, che nel frattempo era ricoverato nelle baracche adibite ad ospedale, assistette alla partenza dei suoi compagni. Morirono tutti durante un’interminabile marcia attraverso la Germania, mentre i malati, abbandonati a se stessi, rimasero nel Lager devastato, senza cure, né acqua, né cibo, ad una temperatura di venti gradi sotto zero, decimati dal tifo, dalla difterite, dalla dissenteria. Levi è tra i pochissimi che riuscì a sopravvivere e le pagine conclusive del libro ci danno la cronaca allucinante di quello che accadde in quei terribili dieci giorni e precisamente dal 19 gennaio al 27 gennaio del 1945. Quando all'alba del 27 gennaio arrivarono i russi, lo spettacolo che si offre ai loro occhi fu quello terrificante dei cadaveri che erano accumulati sulla neve e dei pochi superstiti che si aggiravano come spettri fra le rovine del campo.
I personaggi del romanzo
Oppressori:
Erano rappresentati dai tedeschi che avevano praticato una politica di razzismo e di eliminazione della razza ebrea a favore di quella ariana. Gli ufficiali e i soldati, che devono controllare il campo ed eseguire l’ordine di eliminazione dei prigionieri “in esubero”, non vengono descritti nel loro aspetto fisico, sono pochi e si vedono di rado. L’autore li presenta senza un volto e una propria identità non fornendo elementi caratterizzanti, così non si possono riconoscere singolarmente e diventando una massa “indefinita”, invisibile, lontana. Gli unici elementi che lo scrittore ci fa presente riguardano l’abbigliamento e le loro urla nell’impartire gli ordini: portavano stivaloni neri e indossavano degli elmetti che non permettevano di vedere i loro occhi e il loro viso, tanto da risultare tutti uguali e indeterminati. Quando eseguivano i comandi imposti avevano l’aria indifferente di chi non fa altro che il suo lavoro e se gridavano lo facevano con tono monotono.Primo Levi ne presenta uno in particolare. Si chiamava Pannwitz ed era l’ingegnere del comando di chimica. Possedeva tutte le caratteristiche del tipico uomo appartenete alla razza ariana: era magro, alto, biondo, aveva gli occhi e il naso come tutti i tedeschi dovevano avere. Ogni suo gesto sottolineava la sua convinzione di trovarsi davanti ad un genere che era opportuno sopprimere, non senza aver controllato che non contenesse informazioni utili.
Oppressi:
Erano i prigionieri del campo. Erano centinaia e centinaia e distinti in tre categorie: i criminali, i politici e gli ebrei; indossavano tutti la stessa divisa a righe, ma questa veniva contraddistinta con dei particolari diversi: dei triangoli di vario colore per i criminali (verde) e i politici (rosso), mentre una stella ebraica, rossa e gialla per gli ebrei. L’appartenenza ad uno dei tre gruppi determinava anche la condizione di vita all’interno del Lager.
I criminali rappresentavano le “comunità” che meglio vive all’interno del campo: avevano un potere riconosciuto sugli ebrei perché le SS erano in numero esiguo e all’interno del campo non erano molto presenti e godevano di determinati privilegi. Generalmente possedevano una carica, sia pur modesta e si comportavano con brutalità inaudita. Il termine “politico” si applicava anche a reati come furto e danno di funzionari del Partito, quindi i politici qui indicati erano criminali comuni mentre quelli veri vivevano in un altro campo.
Gli ebrei rappresentavano il numero più elevato di prigionieri presenti nel Lager, al loro interno era presente un ulteriore suddivisione tra i piccoli numeri e grossi numeri, i primi erano i vecchi de campo, ai quali ognuno portava rispetto; erano quelli che potevano affermare “..me ne intendo di varie cose…” perché potevano contare su numerose conoscenze e considerarsi dei mercanti di professione all’interno della “Borsa”. I grossi numeri erano i nuovi arrivati e, agli occhi degli anziani, si comportavano in modo comico perché non conoscevano ancora le abitudini del Lager: si poteva convincerli a lasciare in “custodia” la gamella di zuppa, oppure gli si poteva vendere un cucchiaio per tre razioni di pane.
Per riuscire a vivere per un lungo periodo ben presto i comuni Häftling dovevano diventare più spietati e accorti, altrimenti in breve tempo si diventava un Muselmänner, termine attraverso il quale i vecchi del campo chiamavano i deboli, i votati alla selezione perché si abbandonavano al ricordo della propria casa, della famigli, non hanno conoscenze, non se la sapevano cavare da soli. Nel Lager ci si trovava proprio in questa condizione: essere solo uno contro tutto e tutti, in quanto nessuno ti porgeva la mano nel momento de bisogno o necessità, si doveva far affidamento sulla propria coscienza, sulle proprie riserve spirituali, fisiche e pecuniarie per avere maggiori probabilità di sopravvivenza. Un esempio di Muselmann è Null Achtzen. Era un pericolo: non risparmiava le forze per il giorno successivo, eseguiva ogni ordine che gli veniva imposto, “..non possiede la rudimentale astuzia dei cavalli da traino,, che smettono di tirare un po’ prima di giungere all’esaurimento: ma tira e spinge finché le forze glielo permettono…”,
Il libro narra le esperienze dell’autore nel periodo in cui fu deportato dai nazisti nella Seconda Guerra Mondiale nel lager di Buna-Monowitz nei pressi di Auschwitz. La vicenda inizia dall'arresto avvenuto la notte del 13 dicembre 1943 fino al momento della liberazione dal Lager la mattina del 27 gennaio del 1945. Le esperienze sono presentate dallo scrittore con il metodo dell’intreccio, perché la narrazione degli eventi è lineare ma spesso l’autore ci fornisce anticipazioni su ciò che accadrà (è già accaduto) al personaggio. L’autore utilizza quindi più modalità per raccontare la sua vicenda: quella del resoconto, in cui gli avvenimenti ci sono esposti nella loro successione cronologica; quella dell’accostamento dei fatti ad idee più generali sulla condizione umana e quella di impianto diaristica adottata nelle ultime pagine, che è più adatto a raccontare gli ultimi eventi. La testimonianza che Levi ci affida attraverso le pagine del suo libro non è altro che una lunga meditazione sull'opera di annientamento della personalità umana da parte dei nazisti, cosa che è il primo obiettivo dei campi di sterminio.
Dopo averci narrato come fu catturato dai fascisti e condotto nel campo di concentramento, e dopo averci descritto attraverso pagine altamente drammatiche come gli ebrei internati nel campo accolsero l'annuncio della deportazione Levi affronta la descrizione del viaggio che lo conduce dalla piccola stazione di Carpi, in Italia, ad Auschwitz nell'Alta Slesia. Giunti a destinazione, il meccanismo dell'annientamento si mise subito in moto: fu il primo episodio di una lunga serie di eventi analoghi il cui unico scopo fu di giungere, per gradi, alla totale eliminazione dei deportati. Coloro che furono in grado di essere utilizzati come mano d'opera furono condotti ai campi di lavoro; tutti gli altri, vecchi, inabili, bambini e tutti coloro che non erano adatti al lavoro manuale vennero portati nelle camere a gas. Coloro che si “salvarono” da questa prima eliminazione vennero spogliati (anche della dignità) e vennero rivestiti con casacche a righe e zoccoli, gli venne inoltre tatuato sul braccio sinistro un numero che da quel momento prese il posto del loro nome. Tutti gli internati furono trasferiti durante il giorno presso una fabbrica di gomma, dove svolsero un lavoro massacrante. I piú deboli presto furono stroncati dalla fatica, dalle privazioni, dalle malattie e dal freddo. All'interno del Lager governavano il privilegio, l'ingiustizia, il sopruso, l'abilità personale, l'astuzia; chi non aveva abilità da sfruttare non poteva sopravvivere a lungo. All'interno di questo quadro vengono descritte alcune figure umane, ferocemente o pietosamente tratteggiate dall'autore a seconda dei casi, che incarnano modelli umani veramente esistiti in tempo di guerra. Dopo non molto tempo Primo Levi venne assegnato al kommando chimico, che lo esonerava dalle fatiche massacranti sostenute fino a quel momento. Ma questo non gli impedì di passare mesi contrassegnati da patimenti nonché da un'altra " selezione " prima di entrare a far parte del laboratorio e poter cominciare a nutrire la speranza di superare un altro durissimo inverno. Nel frattempo hanno inizio i bombardamenti degli Alleati sull'Alta Slesia ed anche la fabbrica è colpita. Costretti a lavorare fra la polvere e le macerie, costantemente esposti ai pericoli delle incursioni aeree nonché fatti oggetto da parte dei loro oppressori e aguzzini di una raddoppiata ferocia a causa della tragedia che incombe sulla Germania, i deportati subirono tutto il peso di una situazione che diventava ogni giorno sempre piú insostenibile. L'autore in maniera del tutto inaspettata e quando ormai aveva rinunciato a sperare, fu destinato al laboratorio dove trascorse gli ultimi mesi di prigionia, in un ambiente riscaldato e a contatto con materiali e strumenti che gli ricordavano i suoi studi e la sua professione. In questo periodo avvenne la prima stesura di “Se questo è un uomo” e fu proprio nel raccoglimento consentitogli dal laboratorio che egli avvertì per la prima volta la necessità di sopravvivere per poter testimoniare, nonché la possibilità di dare un senso alle sofferenze patite ed una giustificazione alla propria esperienza rendendone partecipi gli altri attraverso un libro di memorie. Il fronte russo si stava avvicinando, i tedeschi erano ormai consapevoli della catastrofe imminente e si apprestarono a far evacuare i campi di sterminio e a distruggere gli impianti. Era il gennaio 1945. Questi ultimi drammatici avvenimenti ci sono narrati sotto forma di diario. L'autore, che nel frattempo era ricoverato nelle baracche adibite ad ospedale, assistette alla partenza dei suoi compagni. Morirono tutti durante un’interminabile marcia attraverso la Germania, mentre i malati, abbandonati a se stessi, rimasero nel Lager devastato, senza cure, né acqua, né cibo, ad una temperatura di venti gradi sotto zero, decimati dal tifo, dalla difterite, dalla dissenteria. Levi è tra i pochissimi che riuscì a sopravvivere e le pagine conclusive del libro ci danno la cronaca allucinante di quello che accadde in quei terribili dieci giorni e precisamente dal 19 gennaio al 27 gennaio del 1945. Quando all'alba del 27 gennaio arrivarono i russi, lo spettacolo che si offre ai loro occhi fu quello terrificante dei cadaveri che erano accumulati sulla neve e dei pochi superstiti che si aggiravano come spettri fra le rovine del campo.
I personaggi del romanzo
Oppressori:
Erano rappresentati dai tedeschi che avevano praticato una politica di razzismo e di eliminazione della razza ebrea a favore di quella ariana. Gli ufficiali e i soldati, che devono controllare il campo ed eseguire l’ordine di eliminazione dei prigionieri “in esubero”, non vengono descritti nel loro aspetto fisico, sono pochi e si vedono di rado. L’autore li presenta senza un volto e una propria identità non fornendo elementi caratterizzanti, così non si possono riconoscere singolarmente e diventando una massa “indefinita”, invisibile, lontana. Gli unici elementi che lo scrittore ci fa presente riguardano l’abbigliamento e le loro urla nell’impartire gli ordini: portavano stivaloni neri e indossavano degli elmetti che non permettevano di vedere i loro occhi e il loro viso, tanto da risultare tutti uguali e indeterminati. Quando eseguivano i comandi imposti avevano l’aria indifferente di chi non fa altro che il suo lavoro e se gridavano lo facevano con tono monotono.Primo Levi ne presenta uno in particolare. Si chiamava Pannwitz ed era l’ingegnere del comando di chimica. Possedeva tutte le caratteristiche del tipico uomo appartenete alla razza ariana: era magro, alto, biondo, aveva gli occhi e il naso come tutti i tedeschi dovevano avere. Ogni suo gesto sottolineava la sua convinzione di trovarsi davanti ad un genere che era opportuno sopprimere, non senza aver controllato che non contenesse informazioni utili.
Oppressi:
Erano i prigionieri del campo. Erano centinaia e centinaia e distinti in tre categorie: i criminali, i politici e gli ebrei; indossavano tutti la stessa divisa a righe, ma questa veniva contraddistinta con dei particolari diversi: dei triangoli di vario colore per i criminali (verde) e i politici (rosso), mentre una stella ebraica, rossa e gialla per gli ebrei. L’appartenenza ad uno dei tre gruppi determinava anche la condizione di vita all’interno del Lager.
I criminali rappresentavano le “comunità” che meglio vive all’interno del campo: avevano un potere riconosciuto sugli ebrei perché le SS erano in numero esiguo e all’interno del campo non erano molto presenti e godevano di determinati privilegi. Generalmente possedevano una carica, sia pur modesta e si comportavano con brutalità inaudita. Il termine “politico” si applicava anche a reati come furto e danno di funzionari del Partito, quindi i politici qui indicati erano criminali comuni mentre quelli veri vivevano in un altro campo.
Gli ebrei rappresentavano il numero più elevato di prigionieri presenti nel Lager, al loro interno era presente un ulteriore suddivisione tra i piccoli numeri e grossi numeri, i primi erano i vecchi de campo, ai quali ognuno portava rispetto; erano quelli che potevano affermare “..me ne intendo di varie cose…” perché potevano contare su numerose conoscenze e considerarsi dei mercanti di professione all’interno della “Borsa”. I grossi numeri erano i nuovi arrivati e, agli occhi degli anziani, si comportavano in modo comico perché non conoscevano ancora le abitudini del Lager: si poteva convincerli a lasciare in “custodia” la gamella di zuppa, oppure gli si poteva vendere un cucchiaio per tre razioni di pane.
Per riuscire a vivere per un lungo periodo ben presto i comuni Häftling dovevano diventare più spietati e accorti, altrimenti in breve tempo si diventava un Muselmänner, termine attraverso il quale i vecchi del campo chiamavano i deboli, i votati alla selezione perché si abbandonavano al ricordo della propria casa, della famigli, non hanno conoscenze, non se la sapevano cavare da soli. Nel Lager ci si trovava proprio in questa condizione: essere solo uno contro tutto e tutti, in quanto nessuno ti porgeva la mano nel momento de bisogno o necessità, si doveva far affidamento sulla propria coscienza, sulle proprie riserve spirituali, fisiche e pecuniarie per avere maggiori probabilità di sopravvivenza. Un esempio di Muselmann è Null Achtzen. Era un pericolo: non risparmiava le forze per il giorno successivo, eseguiva ogni ordine che gli veniva imposto, “..non possiede la rudimentale astuzia dei cavalli da traino,, che smettono di tirare un po’ prima di giungere all’esaurimento: ma tira e spinge finché le forze glielo permettono…”,