Riceca D'annunzio
Dovrei fare una ricerca sulla POETICA di D'annunzio ...
Anche un minimo di vita ma devo soffermarmi molto sulla poetica, non ho trovato molto sul web =(
Un aiutino ???
Grazie :hi
Anche un minimo di vita ma devo soffermarmi molto sulla poetica, non ho trovato molto sul web =(
Un aiutino ???
Grazie :hi
Risposte
Sul sito si trovano solo le pafrasi delle opere e la vita...ma la poetica no!
Perfetto scusami, avevo cercato nel forum e non avevo trovato niente >.
POETICA DI D'ANNUNZIO:
La poetica dannunziana (ma forse sarebbe più esatto parlare di poetiche, o d’una poetica composita) è l’espressione più appariscente del Decadentismo italiano. Dei poeti «decadenti» europei D’Annunzio accoglie modi, forme, immagini, con una capacità assimilatrice notevolissima; quasi sempre, però, senza approfondirli, ma usandoli come elementi della sua arte fastosa e portata a un’ampia gamma di sperimentazioni. Per quest’ultimo aspetto lo si può avvicinare al Pascoli, anch’egli impegnato in una ricerca di nuove tematiche linguistiche.
Anche per D’Annunzio fu importante l’incontro col Simbolismo europeo, soprattutto francese, a cominciare dal Poema paradisiaco (1893; ma le liriche sono frutto d’un triennio), dove s’avverte la ricerca della parola suggestiva, dell’analogia simbolistica, l’ansia d’una poesia che evochi li «mistero» attraverso raffinate atmosfere sentimentali e di sensibilità e oggetti ridotti a emblemi d’una realtà più profonda: il non dicibile delle cose e dell’animo, aperto soltanto all’intuizione, al presentimento, alla ricerca d’una rifondazione poetica della realtà.
E` stato spesso osservato che D’Annunzio subisce l’influsso prevalentemente dei Simbolisti «minori», e rimane fuori dalla linea Baubelaire-Verlaine-Rimbaud-Mallarmé, quella, cioè, più ricca di futuro nella letteratura europea; e si è parlato, per lui e per il Pascoli, d’una sorta di simbolismo «indigeno», di livello, cioè «provinciale». Ma la condanna non pare sempre giustificata, per quel che riguarda la prima accusa - e, in effetti, non dovrebbe neppure essere una condanna, ma il segno d’un mondo poetico diverso -, e quanto al provincialismo degli atteggiamenti meno persuasivi dei due poeti, converrebbe confrontarli con altri «provincialismi» europei.
Del D’Annunzio in particolare si può dire che egli aderì soprattutto alla tendenza irrazionalistica e al misticismo estetico, fondevoli con la propria ispirazione naturalistica e sensuale, ben evidente nelle sue prime raccolte poetiche e non mai rinnegata, che potremmo schematicamente definire così:
a) rigetto della ragione come strumento primario di conoscenza e fondazione di valori spirituali;
b) abbandono delle suggestioni del senso e dell’istinto come mezzo per porsi in diretto contatto - inteso come unica conoscenza possibile - con le forze primigenie della natura-vita.
Nasce di qui quello che fu detto il panismo di molta poesia dannunziana: per un verso un dissolversi dell’io, un suo farsi forma, colore, suono, un immergersi totale nelle cose, dietro la suggestione dei sensi e dell’istinto; per un altro verso, una nuova creazione della realtà in una luce di bellezza, coincidente con l’impeto inesausto della vita, con il moltiplicarsi costante delle forme davanti alla vigile «attenzione» del poeta. La poesia diviene così per D’Annunzio scoperta dell’armonia del mondo; il poeta a suo avviso continua e completa l’opera della natura.
E` questo, in sostanza, il nucleo primario dell’ispirazione dannunziana, evidente soprattutto nella poesia, da Primo vere alle ultime raccolte; spesso sommerso dall’enfasi, quando il poeta complica il suo naturalismo istintivo col desiderio di dire cose mai dette o di rivelare una sensibilità d’eccezione o di esaltare un proprio dominio creativo sulle cose. Abbiamo allora i falsi miti del barbarico, del primitivo, dell’erotismo, del proprio io, nelle due direzioni dell’estetismo o del superumanismo. Comunque ad entrambe è l’esaltazione di quella che il poeta chiamò la sua «quadriglia imperiale» cioè l’unione di voluttà e istinto, orgoglio e volontà.
Estetismo e superumanismo rappresentano, in sostanza, due aspetti concomitanti e complementari dell’ispirazione sensuale. Con questo aggettivo alludiamo non tanto al contenuto erotico di molte opere dannunziane, ma all’accettazione della vitalità pura e istintiva come norma suprema, con piena negazione della razionalità e della storia.
VITA GABRIELE D'ANNUNZIO:
Gabriele d'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863, figlio di Francesco Paolo Rapagnetta D'Annunzio e di Luisa de Benedictis. Terzo di cinque fratelli (Anna, Elvira, Ernesta, Antonio) visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Della madre erediterà la fine sensibilità, del padre il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, cosa che portò la famiglia da una condizione agiata ad una difficile situazione economica. Forse per motivi estetici o fonetici, Gabriele nascose sempre il primo cognome "Rapagnetta", firmando ogni sua opera come "Gabriele d'Annunzio".
Non tardò a manifestare una personalità priva di complessi e inibizioni, portata al confronto competitivo con la realtà. Una testimonianza ne è la lettera che, ancor sedicenne (1879), scrisse a Giosuè Carducci, mentre frequentava il liceo al prestigioso istituto Cicognini di Prato. All'epoca Carducci era il più rinomato poeta italiano e godeva di grande fama nella neonata Italia. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima raccolta di poesie del giovane studente, "Primo vere". In breve tempo ne nacque quello che sarebbe poi diventato il "fenomeno dannunziano".
Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana «Fanfulla della Domenica», il successo del libro venne gonfiato dallo stesso d'Annunzio che fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto, insieme alle successive smentite, di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio da leggenda. Dopo aver concluso gli studi liceali presso il Liceo Classico G.B.Vico di Chieti, giunse a Roma nel 1881, con una notorietà che andava crescendo. A Roma condusse una vita sontuosa, ricca di amori e avventure, senza portare a termine gli studi.
In breve tempo divenne una figura di primo piano della vita culturale e mondana romana. D'Annunzio costruì questo precoce successo collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e orchestrando spettacolari iniziative pubblicitarie intorno alle sue opere.
La poetica dannunziana (ma forse sarebbe più esatto parlare di poetiche, o d’una poetica composita) è l’espressione più appariscente del Decadentismo italiano. Dei poeti «decadenti» europei D’Annunzio accoglie modi, forme, immagini, con una capacità assimilatrice notevolissima; quasi sempre, però, senza approfondirli, ma usandoli come elementi della sua arte fastosa e portata a un’ampia gamma di sperimentazioni. Per quest’ultimo aspetto lo si può avvicinare al Pascoli, anch’egli impegnato in una ricerca di nuove tematiche linguistiche.
Anche per D’Annunzio fu importante l’incontro col Simbolismo europeo, soprattutto francese, a cominciare dal Poema paradisiaco (1893; ma le liriche sono frutto d’un triennio), dove s’avverte la ricerca della parola suggestiva, dell’analogia simbolistica, l’ansia d’una poesia che evochi li «mistero» attraverso raffinate atmosfere sentimentali e di sensibilità e oggetti ridotti a emblemi d’una realtà più profonda: il non dicibile delle cose e dell’animo, aperto soltanto all’intuizione, al presentimento, alla ricerca d’una rifondazione poetica della realtà.
E` stato spesso osservato che D’Annunzio subisce l’influsso prevalentemente dei Simbolisti «minori», e rimane fuori dalla linea Baubelaire-Verlaine-Rimbaud-Mallarmé, quella, cioè, più ricca di futuro nella letteratura europea; e si è parlato, per lui e per il Pascoli, d’una sorta di simbolismo «indigeno», di livello, cioè «provinciale». Ma la condanna non pare sempre giustificata, per quel che riguarda la prima accusa - e, in effetti, non dovrebbe neppure essere una condanna, ma il segno d’un mondo poetico diverso -, e quanto al provincialismo degli atteggiamenti meno persuasivi dei due poeti, converrebbe confrontarli con altri «provincialismi» europei.
Del D’Annunzio in particolare si può dire che egli aderì soprattutto alla tendenza irrazionalistica e al misticismo estetico, fondevoli con la propria ispirazione naturalistica e sensuale, ben evidente nelle sue prime raccolte poetiche e non mai rinnegata, che potremmo schematicamente definire così:
a) rigetto della ragione come strumento primario di conoscenza e fondazione di valori spirituali;
b) abbandono delle suggestioni del senso e dell’istinto come mezzo per porsi in diretto contatto - inteso come unica conoscenza possibile - con le forze primigenie della natura-vita.
Nasce di qui quello che fu detto il panismo di molta poesia dannunziana: per un verso un dissolversi dell’io, un suo farsi forma, colore, suono, un immergersi totale nelle cose, dietro la suggestione dei sensi e dell’istinto; per un altro verso, una nuova creazione della realtà in una luce di bellezza, coincidente con l’impeto inesausto della vita, con il moltiplicarsi costante delle forme davanti alla vigile «attenzione» del poeta. La poesia diviene così per D’Annunzio scoperta dell’armonia del mondo; il poeta a suo avviso continua e completa l’opera della natura.
E` questo, in sostanza, il nucleo primario dell’ispirazione dannunziana, evidente soprattutto nella poesia, da Primo vere alle ultime raccolte; spesso sommerso dall’enfasi, quando il poeta complica il suo naturalismo istintivo col desiderio di dire cose mai dette o di rivelare una sensibilità d’eccezione o di esaltare un proprio dominio creativo sulle cose. Abbiamo allora i falsi miti del barbarico, del primitivo, dell’erotismo, del proprio io, nelle due direzioni dell’estetismo o del superumanismo. Comunque ad entrambe è l’esaltazione di quella che il poeta chiamò la sua «quadriglia imperiale» cioè l’unione di voluttà e istinto, orgoglio e volontà.
Estetismo e superumanismo rappresentano, in sostanza, due aspetti concomitanti e complementari dell’ispirazione sensuale. Con questo aggettivo alludiamo non tanto al contenuto erotico di molte opere dannunziane, ma all’accettazione della vitalità pura e istintiva come norma suprema, con piena negazione della razionalità e della storia.
VITA GABRIELE D'ANNUNZIO:
Gabriele d'Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863, figlio di Francesco Paolo Rapagnetta D'Annunzio e di Luisa de Benedictis. Terzo di cinque fratelli (Anna, Elvira, Ernesta, Antonio) visse un'infanzia felice, distinguendosi per intelligenza e vivacità. Della madre erediterà la fine sensibilità, del padre il temperamento sanguigno, la passione per le donne e la disinvoltura nel contrarre debiti, cosa che portò la famiglia da una condizione agiata ad una difficile situazione economica. Forse per motivi estetici o fonetici, Gabriele nascose sempre il primo cognome "Rapagnetta", firmando ogni sua opera come "Gabriele d'Annunzio".
Non tardò a manifestare una personalità priva di complessi e inibizioni, portata al confronto competitivo con la realtà. Una testimonianza ne è la lettera che, ancor sedicenne (1879), scrisse a Giosuè Carducci, mentre frequentava il liceo al prestigioso istituto Cicognini di Prato. All'epoca Carducci era il più rinomato poeta italiano e godeva di grande fama nella neonata Italia. Nel 1879 il padre finanziò la pubblicazione della prima raccolta di poesie del giovane studente, "Primo vere". In breve tempo ne nacque quello che sarebbe poi diventato il "fenomeno dannunziano".
Accompagnato da un'entusiastica recensione critica sulla rivista romana «Fanfulla della Domenica», il successo del libro venne gonfiato dallo stesso d'Annunzio che fece diffondere la falsa notizia della propria morte per una caduta da cavallo. La notizia ebbe l'effetto, insieme alle successive smentite, di richiamare l'attenzione del pubblico romano sul romantico studente abruzzese, facendone un personaggio da leggenda. Dopo aver concluso gli studi liceali presso il Liceo Classico G.B.Vico di Chieti, giunse a Roma nel 1881, con una notorietà che andava crescendo. A Roma condusse una vita sontuosa, ricca di amori e avventure, senza portare a termine gli studi.
In breve tempo divenne una figura di primo piano della vita culturale e mondana romana. D'Annunzio costruì questo precoce successo collaborando a diversi periodici, sfruttando il mercato librario e orchestrando spettacolari iniziative pubblicitarie intorno alle sue opere.
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