Primo Levi - La tregua
Qualcuno sa dove posso trovare il riassunto della "Tregua" di Primo Levi?
* Così le dovreste fare le domande. Non è mica un quiz!
* Così le dovreste fare le domande. Non è mica un quiz!
Risposte
Primo Levi, La tregua
Einaudi, 1981
Scritto da Primo Levi tra il 1961 e il 1962, La tregua è un racconto-testimonianza. Alcuni capitoli erano già stati scritti nel 1947-48. La base di questo nuovo racconto, intrapreso nei primi del 1961, è costituita da una traccia stesa all’inizio del 1946: «Avevo, del viaggio di ritorno, un puro appunto come dire, ferroviario. Un sorta di itinerario: un giorno al posto tale, il giorno tale al posto tal’altro. L’ho ritrovato e mi è servito come traccia, quasi quindici anni dopo, per scrivere La tregua». (Volume I° pagina 1418).
Ecco l’elenco delle date di scrittura dei vari capitoli: Il disgelo e Il Campo grande 1947 – 48; Il greco marzo 1961; Katowice dicembre 1961; Cesare febbraio 1962; Vittoria marzo 1962; I sognatori marzo 1962; Verso sud maggio 1962; Vecchie strade giugno 1962; Il bosco e la via luglio 1962; Vacanza agosto 1962; Teatro agosto 1962.
La tregua è composto da 17 capitoli della stessa lunghezza e di media lunghezza ed è introdotto da una composizione poetica che riveste per il libro una grande importanza, per diversi motivi. Innanzi tutto essa è stata scritta l’11gennaio 1946 cioè il giorno dopo di Shemà, la lirica che fa da introduzione a Se questo è un uomo. Vi è quindi un elemento di simmetria e di raccordo con il precedente racconto. Già Se questo è un uomo aveva descritto l’attesa dell’alba e il comando sommerso ma non inatteso. La poesia sintetizza così anche lo spirito del libro che, pur presentando aspetti nuovi, si siallaccia al messaggio finale di Se questo è un Uomo. Infine la poesia viene ripresa nella pagina finale del libro e chiude il cerchio.
Nell’edizione scolastica del 1965 Levi chiarisce il senso finale del libro e, in particolare, si sofferma sull'ultima pagina:
«Questa pagina, che chiude il libro su una nota inaspettatamente grave, chiarisce il senso della poesia posta in epigrafe, e ad un tempo giustifica il titolo. Nel sogno, il Lager si dilata ad un significato universale, è divenuto il simbolo della condizione umana stessa e si identifica con la morte, a cui nessuno si sottrae. Esistono remissioni, “tregue”, come nella vita del campo l’inquieto riposo notturno; e la stessa vita umana è una tregua, una proroga; ma sono intervalli brevi, e presto interrotti dal “comando dell’alba”, temuto ma non inatteso, dalla voce straniera (“Wstawac” significa “Alzarsi”, in polacco) che pure tutti intendono e obbediscono. Questa voce comanda, anzi invita alla morte, ed è sommessa perché la morte è iscritta nella vita, è implicita nel destino umano, inevitabile, irresistibile; allo stesso modo nessuno avrebbe potuto pensare di opporsi al comando del risveglio, nelle gelide albe di Auschwiz.».
Così Marco Belpoliti spiega la poesia come saldatura tra Se questo è un Uomo e La tregua:
« Questa nota ci fa supporre che quel finale sia stato aggiunto in seguito (nel quaderno in possesso di Tesio non sono presenti gli ultimi capitoli del libro) quasi a ribadire, oltre che una radicata filosofia della vita. il legame che unisce questa seconda opera, nonostante le sue movenze picaresche e umoristiche, a Se questo è un Uomo». (Da Opere volume I° pagina 1422).
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba;
«Wastawac»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
il nostro ventre è sazio.
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
« Wstawac». (11 gennaio 1946)
Scritta l’11 gennaio 1946, cioè quando Levi era appena arrivato dalla Russia, dopo il tortuoso viaggio di ritorno, durato dal gennaio 45 all’ottobre 45, il giorno dopo a Voi che vivete sicuri, la poesia che fa da introduzione a Se questo è un uomo, dopo molti anni questa composizione vien scelta da Levi per introdurre il secondo racconto e ciò con l’intenzione di saldare i due racconti facendone un solo libro. Levi aveva già scritto del comando dell’alba in due capitolo di Se questo è un uomo; ora lo stesso tema ha la funzione di aprire e chiudere il secondo libro: La tregua, che costituisce il naturale seguito del primo e chiude per il momento il capitolo della terribile esperienza del lager e del viaggio di ritorno.
Il tema è la Paura che il lager aveva trasmesso nel corpo e nei sogni dei prigionieri ebrei, paura della morte, paura della fame, paura del freddo, paura dei nazisti. Tutti i prigionieri facevano gli stessi sogni come è descritto da Levi nel quarto capitolo di Se questo è un uomo. I prigionieri sognano di mangiare, poiché essi non mangiano quasi niente, sognano di tornare a casa, sognano di raccontare agli altri la loro terrificante e atroce esperienza del lager. Era un modo di esorcizzare la paura del giorno.
Sempre nel IV capitolo Levi parla della campanella del campo che annuncia il comando dell’alba Wastawac! (Alzarsi). Quest'ordine spezzava il cuore dei prigionieri, perché interrompeva il riposo, il ristoro del sonno e dava inizio alla lunga e interminabile giornata fatta di fame, freddo, lavoro, gelo.
Ora mentre la prima strofa ricostruisce e rievoca la vita del lager, nella seconda strofa Levi descrive la ritrovata pace della casa, afferma che il ventre è sazio e che ha finito di raccontare agli altri la sua terribile vita del lager. È tempo di riprendere il lavoro della vita civile, ma sa che ben presto ritornerà la paura del comando Wastawac! che all’alba toglieva la gioia del sonno. Solo quando passerà la paura del comando dell’alba solo allora il cuore di Levi non si spezzerà più.
Nella ultima pagina del libro Levi accenna anche ad un’altra abitudine che lo abbandonerà molto tempo dopo:
«Ma solo dopo molti mesi svanì in me l’abitudine di camminare con lo sguardo fisso al suolo, come per cercarvi qualcosa da mangiare o da intascare presto e vendere per pane; e non ha cessato di visitarmi, ad intervalli ora fitti, ora radi, un sogno pieno di spavento». (La tregua pagina 254).
Per inciso, nel film Letto a tre piazze, Totò ha la mania di appendere il quadro di Stalin sopra il suo letto, abitudine che aveva appreso nella sua prigionia in Russia. Mania di cui non riesce a liberarsi ancora per molti mesi dopo il suo arrivo nella sua casa in Italia.
Il messaggio di questa composizione è certamente quello di denunciare la barbarie che non sarà possibile dimenticare tanto rapidamente. Le fobie acquisite resteranno per molti anni ancora nell’anima e nel corpo di Levi, il quale per qualche tempo avrà l’impressione di udire quel comando che gli spezzava il cuore. La poesia trasmette un messaggio di tensione e di ansia, perché il comando straniero non si ferma con il ritorno a casa, ma continuerà ancora negli anni a venire e si presenterà nei sogni e all’alba perché quella vita di prigioniero non si cancellerà mai.
Il linguaggio è alto, sostenuto, lucido, costruito su una sintassi paratattica semplice e chiara. La composizione ha alcune figure retoriche che vale la pena di mettere in evidenza: l’anafora, l’allitterazione. La lexis della poesia è tipicamente di Levi, personale e razionale.
La bellezza della poesia è notevole, anche se forse non raggiunge la drammaticità di Shemà, come del resto La tregua non raggiunge la drammaticità di Se questo è un uomo. Ma ciò è dovuto semplicemente alla diversità di condizioni di vita: nel lager Levi rischiava ogni momento la vita, mentre dopo la liberazione, salva la vita, ciò che importava era il ritorno a casa, che certamente non evoca i sentimenti di paura vissuti in prigionia. La poesia si divide in due strofe nette: la prima rivive la paura, la seconda descrive la ritrovata pace della casa, la “sazietà del ventre”, che purtroppo non è sufficiente per ristabilire l’equilibrio, restituire la libertà persa, ripagare l’offesa ricevuta.
Presto risentirà il triste comando straniero dell’alba “Wstawac” come per dire che la tregua finiva e iniziava un’altra guerra, perché «Guerra è sempre» come ha affermato in maniera memorabile Mordo Nahum.
**********
L’importanza del racconto sta nella capacità letteraria di Primo Levi, che sa rievocare in maniera del tutto naturale e realistica la situazione materiale, paesaggistica, sociale, culturale, militare, politica, antropologica che egli visse dalla liberazione al rientro in Italia, cioè il periodo bellico e postbellico che ebbe modo di attraversare nel 1945. Soprattutto nei mesi di aprile e maggio Levi ricostruisce l’euforia e l’entusiasmo dei russi nella vittoria contro i tedeschi. Levi non racconta la sua vita di ex-prigioniero in un lager nazista ma la ventata di gioia dei vincitori dei russi e la tiepida gioia dei Polacchi. Vi è anche l’intento di Levi di mettere a nudo l’anima dei russi, cosi come aveva tentato di mettere a nudo l’anima dei Tedeschi. Questa enorme gioia dei russi per la vittoria sui nazisti è resa molto bene nel film omonimo di Francesco Rosi quando il regista ricostruisce lo spettacolo teatrale e i canti patriottici dei russi.
La bellezza del racconto è data dal linguaggio, dalla lexis, dalla descrizione dei personaggi, dalla capacità di descrizione dei suoi sentimenti e della riconquistata libertà e dignità persa nel lager, dalla capacità di Levi di scrivere delle riflessioni sulla via e sulla morte, e dalla consapevolezza di non smarrire mai il senso della vita e di non perdere mai il sentimento della speranza in una vita futura positiva e basata sulla giustizia umana e in una società aperta alla uguaglianza di tutti i popoli della terra senza distinzione di razza di religioni, né colore.
Iinsieme a Se questo è un uomo, La tregua è un romanzo completo, esaustivo, bello, armonico, istruttivo, pedagogico, moralmente alto e i due aspetti della testimonianza e del racconto sono entrambi necessari l’uno all’altro per il successo del romanzo.
La testimonianza è fondamentale per non dimenticare e non ricaderci un’altra volta, sì che Levi ritornerà sull'argomento nell’ultima sua opera saggistica I sommersi e i salvati (1986).
Il racconto è importante perché li libro non è soltanto un saggio analitico sui lager o sulla Russia post-bellica, né la semplice descrizione di un viaggio di ritorno, ma descrive personaggi in un consueto narrativo fatto di improvvisazione sceniche e paesaggistiche nuove e sorprendenti. Il modo di tratteggiare il mondo interiore e i sentimenti di alcuni personaggi è meraviglioso.
Affascina il modo in cui questi compagni di ventura e di sventura di Levi lasciano l’anonimato per entrare a far parte del mondo delle persone conosciute, care e amiche. Apprendiamo così la vicenda degli uomini che subirono le atrocità del nazismo e della guerra. L’esempio tipico di questa trasformazione è il personaggio di Flora, l’ebrea italiana che ha aiutato Levi e Alberto.
Non c'è alunché di picaresco nelle disavventure di Levi, imposte dalla guerra e dalle devastanti condizioni del sistema ferroviario dell'Europa postbellica. Le peripezie del viaggio sono tutte dovute alla contingenza: l'atteggiamento di Primo Levi è di trepidante attesa. Nessuna ansia di arrivare prima, semmai ansia di arrivare sano e salvo.
Levi non dimentica mai di infondere nei personaggi un pizzico di umanità. Il messaggio fondamentale del libro è senza dubbio la positività delle vita e l’umanità di molti personaggi minori. Tranne nei nazisti che erano effettivamente criminali legittimati, assassini senza cuore, più bestie che uomini, dominate da una ideologia falsa e barbarica, portatrice di disumanità. La tregua, come già Se questo è un uomo, testimonia la volontà di vivere di Primo Levi.
Quella forza interiore enorme che insieme alla fortuna lo ha portato a sopravvivere là dove molti sono caduti. (tratto da: www.italialibri.net)
Einaudi, 1981
Scritto da Primo Levi tra il 1961 e il 1962, La tregua è un racconto-testimonianza. Alcuni capitoli erano già stati scritti nel 1947-48. La base di questo nuovo racconto, intrapreso nei primi del 1961, è costituita da una traccia stesa all’inizio del 1946: «Avevo, del viaggio di ritorno, un puro appunto come dire, ferroviario. Un sorta di itinerario: un giorno al posto tale, il giorno tale al posto tal’altro. L’ho ritrovato e mi è servito come traccia, quasi quindici anni dopo, per scrivere La tregua». (Volume I° pagina 1418).
Ecco l’elenco delle date di scrittura dei vari capitoli: Il disgelo e Il Campo grande 1947 – 48; Il greco marzo 1961; Katowice dicembre 1961; Cesare febbraio 1962; Vittoria marzo 1962; I sognatori marzo 1962; Verso sud maggio 1962; Vecchie strade giugno 1962; Il bosco e la via luglio 1962; Vacanza agosto 1962; Teatro agosto 1962.
La tregua è composto da 17 capitoli della stessa lunghezza e di media lunghezza ed è introdotto da una composizione poetica che riveste per il libro una grande importanza, per diversi motivi. Innanzi tutto essa è stata scritta l’11gennaio 1946 cioè il giorno dopo di Shemà, la lirica che fa da introduzione a Se questo è un uomo. Vi è quindi un elemento di simmetria e di raccordo con il precedente racconto. Già Se questo è un uomo aveva descritto l’attesa dell’alba e il comando sommerso ma non inatteso. La poesia sintetizza così anche lo spirito del libro che, pur presentando aspetti nuovi, si siallaccia al messaggio finale di Se questo è un Uomo. Infine la poesia viene ripresa nella pagina finale del libro e chiude il cerchio.
Nell’edizione scolastica del 1965 Levi chiarisce il senso finale del libro e, in particolare, si sofferma sull'ultima pagina:
«Questa pagina, che chiude il libro su una nota inaspettatamente grave, chiarisce il senso della poesia posta in epigrafe, e ad un tempo giustifica il titolo. Nel sogno, il Lager si dilata ad un significato universale, è divenuto il simbolo della condizione umana stessa e si identifica con la morte, a cui nessuno si sottrae. Esistono remissioni, “tregue”, come nella vita del campo l’inquieto riposo notturno; e la stessa vita umana è una tregua, una proroga; ma sono intervalli brevi, e presto interrotti dal “comando dell’alba”, temuto ma non inatteso, dalla voce straniera (“Wstawac” significa “Alzarsi”, in polacco) che pure tutti intendono e obbediscono. Questa voce comanda, anzi invita alla morte, ed è sommessa perché la morte è iscritta nella vita, è implicita nel destino umano, inevitabile, irresistibile; allo stesso modo nessuno avrebbe potuto pensare di opporsi al comando del risveglio, nelle gelide albe di Auschwiz.».
Così Marco Belpoliti spiega la poesia come saldatura tra Se questo è un Uomo e La tregua:
« Questa nota ci fa supporre che quel finale sia stato aggiunto in seguito (nel quaderno in possesso di Tesio non sono presenti gli ultimi capitoli del libro) quasi a ribadire, oltre che una radicata filosofia della vita. il legame che unisce questa seconda opera, nonostante le sue movenze picaresche e umoristiche, a Se questo è un Uomo». (Da Opere volume I° pagina 1422).
Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
tornare; mangiare; raccontare.
Finché suonava breve sommesso
Il comando dell’alba;
«Wastawac»;
E si spezzava in petto il cuore.
Ora abbiamo ritrovato la casa,
il nostro ventre è sazio.
Abbiamo finito di raccontare.
È tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
« Wstawac». (11 gennaio 1946)
Scritta l’11 gennaio 1946, cioè quando Levi era appena arrivato dalla Russia, dopo il tortuoso viaggio di ritorno, durato dal gennaio 45 all’ottobre 45, il giorno dopo a Voi che vivete sicuri, la poesia che fa da introduzione a Se questo è un uomo, dopo molti anni questa composizione vien scelta da Levi per introdurre il secondo racconto e ciò con l’intenzione di saldare i due racconti facendone un solo libro. Levi aveva già scritto del comando dell’alba in due capitolo di Se questo è un uomo; ora lo stesso tema ha la funzione di aprire e chiudere il secondo libro: La tregua, che costituisce il naturale seguito del primo e chiude per il momento il capitolo della terribile esperienza del lager e del viaggio di ritorno.
Il tema è la Paura che il lager aveva trasmesso nel corpo e nei sogni dei prigionieri ebrei, paura della morte, paura della fame, paura del freddo, paura dei nazisti. Tutti i prigionieri facevano gli stessi sogni come è descritto da Levi nel quarto capitolo di Se questo è un uomo. I prigionieri sognano di mangiare, poiché essi non mangiano quasi niente, sognano di tornare a casa, sognano di raccontare agli altri la loro terrificante e atroce esperienza del lager. Era un modo di esorcizzare la paura del giorno.
Sempre nel IV capitolo Levi parla della campanella del campo che annuncia il comando dell’alba Wastawac! (Alzarsi). Quest'ordine spezzava il cuore dei prigionieri, perché interrompeva il riposo, il ristoro del sonno e dava inizio alla lunga e interminabile giornata fatta di fame, freddo, lavoro, gelo.
Ora mentre la prima strofa ricostruisce e rievoca la vita del lager, nella seconda strofa Levi descrive la ritrovata pace della casa, afferma che il ventre è sazio e che ha finito di raccontare agli altri la sua terribile vita del lager. È tempo di riprendere il lavoro della vita civile, ma sa che ben presto ritornerà la paura del comando Wastawac! che all’alba toglieva la gioia del sonno. Solo quando passerà la paura del comando dell’alba solo allora il cuore di Levi non si spezzerà più.
Nella ultima pagina del libro Levi accenna anche ad un’altra abitudine che lo abbandonerà molto tempo dopo:
«Ma solo dopo molti mesi svanì in me l’abitudine di camminare con lo sguardo fisso al suolo, come per cercarvi qualcosa da mangiare o da intascare presto e vendere per pane; e non ha cessato di visitarmi, ad intervalli ora fitti, ora radi, un sogno pieno di spavento». (La tregua pagina 254).
Per inciso, nel film Letto a tre piazze, Totò ha la mania di appendere il quadro di Stalin sopra il suo letto, abitudine che aveva appreso nella sua prigionia in Russia. Mania di cui non riesce a liberarsi ancora per molti mesi dopo il suo arrivo nella sua casa in Italia.
Il messaggio di questa composizione è certamente quello di denunciare la barbarie che non sarà possibile dimenticare tanto rapidamente. Le fobie acquisite resteranno per molti anni ancora nell’anima e nel corpo di Levi, il quale per qualche tempo avrà l’impressione di udire quel comando che gli spezzava il cuore. La poesia trasmette un messaggio di tensione e di ansia, perché il comando straniero non si ferma con il ritorno a casa, ma continuerà ancora negli anni a venire e si presenterà nei sogni e all’alba perché quella vita di prigioniero non si cancellerà mai.
Il linguaggio è alto, sostenuto, lucido, costruito su una sintassi paratattica semplice e chiara. La composizione ha alcune figure retoriche che vale la pena di mettere in evidenza: l’anafora, l’allitterazione. La lexis della poesia è tipicamente di Levi, personale e razionale.
La bellezza della poesia è notevole, anche se forse non raggiunge la drammaticità di Shemà, come del resto La tregua non raggiunge la drammaticità di Se questo è un uomo. Ma ciò è dovuto semplicemente alla diversità di condizioni di vita: nel lager Levi rischiava ogni momento la vita, mentre dopo la liberazione, salva la vita, ciò che importava era il ritorno a casa, che certamente non evoca i sentimenti di paura vissuti in prigionia. La poesia si divide in due strofe nette: la prima rivive la paura, la seconda descrive la ritrovata pace della casa, la “sazietà del ventre”, che purtroppo non è sufficiente per ristabilire l’equilibrio, restituire la libertà persa, ripagare l’offesa ricevuta.
Presto risentirà il triste comando straniero dell’alba “Wstawac” come per dire che la tregua finiva e iniziava un’altra guerra, perché «Guerra è sempre» come ha affermato in maniera memorabile Mordo Nahum.
**********
L’importanza del racconto sta nella capacità letteraria di Primo Levi, che sa rievocare in maniera del tutto naturale e realistica la situazione materiale, paesaggistica, sociale, culturale, militare, politica, antropologica che egli visse dalla liberazione al rientro in Italia, cioè il periodo bellico e postbellico che ebbe modo di attraversare nel 1945. Soprattutto nei mesi di aprile e maggio Levi ricostruisce l’euforia e l’entusiasmo dei russi nella vittoria contro i tedeschi. Levi non racconta la sua vita di ex-prigioniero in un lager nazista ma la ventata di gioia dei vincitori dei russi e la tiepida gioia dei Polacchi. Vi è anche l’intento di Levi di mettere a nudo l’anima dei russi, cosi come aveva tentato di mettere a nudo l’anima dei Tedeschi. Questa enorme gioia dei russi per la vittoria sui nazisti è resa molto bene nel film omonimo di Francesco Rosi quando il regista ricostruisce lo spettacolo teatrale e i canti patriottici dei russi.
La bellezza del racconto è data dal linguaggio, dalla lexis, dalla descrizione dei personaggi, dalla capacità di descrizione dei suoi sentimenti e della riconquistata libertà e dignità persa nel lager, dalla capacità di Levi di scrivere delle riflessioni sulla via e sulla morte, e dalla consapevolezza di non smarrire mai il senso della vita e di non perdere mai il sentimento della speranza in una vita futura positiva e basata sulla giustizia umana e in una società aperta alla uguaglianza di tutti i popoli della terra senza distinzione di razza di religioni, né colore.
Iinsieme a Se questo è un uomo, La tregua è un romanzo completo, esaustivo, bello, armonico, istruttivo, pedagogico, moralmente alto e i due aspetti della testimonianza e del racconto sono entrambi necessari l’uno all’altro per il successo del romanzo.
La testimonianza è fondamentale per non dimenticare e non ricaderci un’altra volta, sì che Levi ritornerà sull'argomento nell’ultima sua opera saggistica I sommersi e i salvati (1986).
Il racconto è importante perché li libro non è soltanto un saggio analitico sui lager o sulla Russia post-bellica, né la semplice descrizione di un viaggio di ritorno, ma descrive personaggi in un consueto narrativo fatto di improvvisazione sceniche e paesaggistiche nuove e sorprendenti. Il modo di tratteggiare il mondo interiore e i sentimenti di alcuni personaggi è meraviglioso.
Affascina il modo in cui questi compagni di ventura e di sventura di Levi lasciano l’anonimato per entrare a far parte del mondo delle persone conosciute, care e amiche. Apprendiamo così la vicenda degli uomini che subirono le atrocità del nazismo e della guerra. L’esempio tipico di questa trasformazione è il personaggio di Flora, l’ebrea italiana che ha aiutato Levi e Alberto.
Non c'è alunché di picaresco nelle disavventure di Levi, imposte dalla guerra e dalle devastanti condizioni del sistema ferroviario dell'Europa postbellica. Le peripezie del viaggio sono tutte dovute alla contingenza: l'atteggiamento di Primo Levi è di trepidante attesa. Nessuna ansia di arrivare prima, semmai ansia di arrivare sano e salvo.
Levi non dimentica mai di infondere nei personaggi un pizzico di umanità. Il messaggio fondamentale del libro è senza dubbio la positività delle vita e l’umanità di molti personaggi minori. Tranne nei nazisti che erano effettivamente criminali legittimati, assassini senza cuore, più bestie che uomini, dominate da una ideologia falsa e barbarica, portatrice di disumanità. La tregua, come già Se questo è un uomo, testimonia la volontà di vivere di Primo Levi.
Quella forza interiore enorme che insieme alla fortuna lo ha portato a sopravvivere là dove molti sono caduti. (tratto da: www.italialibri.net)
http://www.atuttascuola.it/relazioni/la_tregua.htm