Poesia.
Mi servirebbe il commento della poesia " Ora che sei venuta"
Miglior risposta
“Taci, anima stanca di godere
e di soffrire – all’uno, e all’altro vai
rassegnata –
Ascolto e non mi giunge una tua voce.
Non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d’ira o di rivolta
e neppure di tedio […]
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.
Per conoscere da vicino la complessa e multiforme personalità di Camillo Sbarbaro, poeta di origini liguri ingiustamente dimenticato dal grande pubblico, si deve entrare nel mondo delle cose semplici i profumi e la bellezza della natura, lasciandosi trasportare dai suoi versi. A differenza di altri scrittori vociani, che vanno alla ricerca di un linguaggio nuovo, espressivo e ricco di metafore ardite e audaci, espresso in forme stilistiche nuove, la scelta poetica di Sbarbaro premia gli endecasillabi sciolti, (come il Leopardi dei Grandi idilli), e promuove un’espressività scarna e ridotta all’essenziale. Camillo Sbarbaro non amava gli elogi, non aspirava a diventare un grande poeta acclamato, lui che guardava il mondo con gli occhi di un bambino e che per passione faceva collezione di licheni espressione di adattamento estremo della natura alle condizioni più proibitive. La natura e le sue molteplici manifestazioni furono oggetto di studio, infatti la sua natura di botanico scrupoloso lo portava a dedicarsi con lo stesso ardore al mestiere poetico. Anche Eugenio Montale ne rimase così colpito da dedicargli queste parole «La parola ha nello Sbarbaro le stimmate della propria genesi dolorosa e necessaria. E dacché i poeti si riconoscono da quest'ultimo comune carattere, che manca alla quasi universalità degli scrittori, è lo Sbarbaro non pure artista, ma poeta». Notevole inoltre come il grande poeta tracci nel suo capolavoro Ossi di seppia un ritratto poetico quanto mai esaustivo dell’amico, in uno dei suoi Epigrammi.
e di soffrire – all’uno, e all’altro vai
rassegnata –
Ascolto e non mi giunge una tua voce.
Non di rimpianto per la miserabile
giovinezza, non d’ira o di rivolta
e neppure di tedio […]
Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.
Per conoscere da vicino la complessa e multiforme personalità di Camillo Sbarbaro, poeta di origini liguri ingiustamente dimenticato dal grande pubblico, si deve entrare nel mondo delle cose semplici i profumi e la bellezza della natura, lasciandosi trasportare dai suoi versi. A differenza di altri scrittori vociani, che vanno alla ricerca di un linguaggio nuovo, espressivo e ricco di metafore ardite e audaci, espresso in forme stilistiche nuove, la scelta poetica di Sbarbaro premia gli endecasillabi sciolti, (come il Leopardi dei Grandi idilli), e promuove un’espressività scarna e ridotta all’essenziale. Camillo Sbarbaro non amava gli elogi, non aspirava a diventare un grande poeta acclamato, lui che guardava il mondo con gli occhi di un bambino e che per passione faceva collezione di licheni espressione di adattamento estremo della natura alle condizioni più proibitive. La natura e le sue molteplici manifestazioni furono oggetto di studio, infatti la sua natura di botanico scrupoloso lo portava a dedicarsi con lo stesso ardore al mestiere poetico. Anche Eugenio Montale ne rimase così colpito da dedicargli queste parole «La parola ha nello Sbarbaro le stimmate della propria genesi dolorosa e necessaria. E dacché i poeti si riconoscono da quest'ultimo comune carattere, che manca alla quasi universalità degli scrittori, è lo Sbarbaro non pure artista, ma poeta». Notevole inoltre come il grande poeta tracci nel suo capolavoro Ossi di seppia un ritratto poetico quanto mai esaustivo dell’amico, in uno dei suoi Epigrammi.
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