Personaggi nei primi 3 capitoli dei promessi sposi

fraffi13
Ho bisogno della descrizione dei personaggi dei primi 3 capitoli dei promessi sposi:carattere, indicazioni su aspetto fisico e sapere se sono personaggi tipo o dinamici.É molto urgente, aiuto!!!

Miglior risposta
aurora222
-I capitolo: don Abbondio, i bravi e Perpetua
don Abbondio: È il curato del paesino di Renzo e Lucia, colui che all'inizio della vicenda dovrebbe celebrare il matrimonio dei due promessi: è il primo personaggio del romanzo a entrare in scena, all'inizio del cap. I, e in seguito all'incontro coi bravi l'autore ci fornisce una dettagliata descrizione della sua psicologia e del suo carattere. Manzoni finge che l'anonimo abbia omesso nel manoscritto di dire il suo casato, ma è comunque presentato come un uomo di circa sessant'anni, dai capelli bianchi e con "due folti sopraccigli, due folti baffi, un folto pizzo", che incorniciano una "faccia bruna e rugosa". Non è assolutamente un uomo molto coraggioso e dimostra anzi in numerose occasioni la sua viltà e la sua codardia, che sono all'origine anche della scelta di farsi prete: non dettata da una sincera vocazione, ma dal desiderio di sfuggire i pericoli della vita ed entrare in una classe agiata e dotata di un certo prestigio, che offre una discreta protezione in tempi in cui regna la violenza e la legge non dà alcuna garanzia agli uomini quieti. È accudito da un'attempata domestica, Perpetua, donna decisa ed energica che spesso gli rimprovera la sua debolezza e lo esorta a comportarsi con maggior determinazione, quasi sempre senza successo. Si diletta a leggere libri senza un interesse preciso e si fa prestare da un curato suo vicino dei volumi, che però legge senza capire gran che: celeberrima è la frase "Carneade" Chi era costui?" che apre il cap. VIII e che è passata in proverbio a indicare col nome del filosofo del II sec. a.C. un illustre sconosciuto (ciò indica anche la relativa ignoranza del personaggio). Don Abbondio è comunque una figura fondamentalmente positiva, sinceramente affezionato a Renzo e Lucia, anche se la sua paura e la sua debolezza lo spingono a comportarsi in modo scorretto e a farsi complice delle prepotenze altrui, al di là delle sue stesse intenzioni. Il suo nome rimanda a sant'Abbondio, patrono di Como, e suggerisce il carattere di un uomo che ama il quieto vivere. È indubbiamente uno dei personaggi comici del romanzo, protagonista di molti episodi che mescolano dramma e farsa (l'incontro con i bravi, il colloquio con Renzo, il "matrimonio a sorpresa", il viaggio in compagnia dell'innominato...). (nel capitolo I torna dalla passeggiata serale e incontra i bravi, che lo minacciano affinché non celebri il matrimonio fra Renzo e Lucia e fanno il nome di don Rodrigo. Torna a casa e rivela tutto a Perpetua, pressato dalle sue insistenze. La donna gli consiglia di informare con una lettera il cardinal Borromeo. Il curato rifiuta e va a letto, dopo aver intimato a Perpetua di non dire nulla a nessuno); (nel capitolo II Dopo una notte agitata e trascorsa a pensare al da farsi, al mattino riceve Renzo e lo convince a rimandare le nozze accampando pretesti burocratici. Poco dopo è nuovamente affrontato da Renzo che lo costringe a rivelare il nome di don Rodrigo. Dopo che il giovane è andato via, il curato accusa Perpetua di aver parlato, quindi si mette a letto con la febbre).

i bravi: Erano gli sgherri che nel XVII secolo si mettevano al servizio di qualche signorotto locale, di cui formavano una soldataglia pronta a fargli da guardia del corpo ma anche ad aiutarlo nei suoi soprusi ai danni dei più deboli. Compaiono per la prima volta nel cap. I, nella persona dei due figuri che, su incarico di don Rodrigo, minacciano don Abbondio perché non celebri il matrimonio tra Renzo e Lucia: l'autore li descrive con un abbigliamento particolare che li rende immediatamente riconoscibili, dal momento che portano i capelli raccolti in una reticella verde intorno al capo, hanno lunghi baffi arricciati e un ciuffo che ricade sul volto, sono armati di pistole e di spade. Manzoni cita varie gride dell'epoca in cui i governatori dello Stato di Milano intimavano ai bravi di cessare dalle loro scorrerie, tuttavia queste leggi restavano inapplicate poiché tali individui godevano dell'appoggio di signori potenti, che a loro volta contavano sull'inefficienza della giustizia e sulla connivenza dei pubblici funzionari, per cui i bravi agivano nella totale impunità. Nel cap. III l'autore spiega inoltre che i bravi portavano il ciuffo come segno di riconoscimento e anche per coprire il volto durante le azioni delittuose, ragion per cui varie gride minacciavano pene severe a chi avesse portato i capelli in quella maniera, nonché ai barbieri che li avessero tagliati così ai loro clienti (Renzo dice all'Azzecca-garbugli di non aver mai portato il ciuffo in vita sua, cioè di non essere mai stato un bravo).
I bravi nel romanzo sono anzitutto gli sgherri al servizio di don Rodrigo, capeggiati dal Griso.

Perpetua: È la domestica di don Abbondio, ovvero una donna di mezza età che, avendo passati i quarant'anni (età stabilita dai Sinodi come quella minima per vivere in casa di un sacerdote) ed essendo rimasta nubile, accudisce il curato alloggiando nella sua abitazione: il suo nome proprio è poi diventato, per antonomasia, il nome comune che sino agli anni Cinquanta del XX secolo ha designato la domestica del sacerdote. Compare nel cap. I, quando il curato torna a casa in seguito all'incontro coi bravi, ed è descritta come una donna decisa ed energica, alquanto incline al pettegolezzo (è il motivo per cui don Abbondio è inizialmente restio a rivelarle il ricatto subìto) e dalla battuta salace, per cui rimprovera spesso al curato la sua debolezza e viltà. Ha un carattere spigoloso e sfoga di frequente il suo malumore con il padrone, del quale subisce peraltro "il brontolìo e le fantasticaggini" e con cui ha comunque un rapporto basato su una sorta di ruvido affetto ricambiato (sicuramente è il personaggio che meglio conosce il carattere e l'indole di don Abbondio). È un personaggio di secondaria importanza, protagonista soprattutto di duetti comici con il curato, anche se ha un ruolo decisivo nella vicenda in quanto è lei a far capire a Renzo la verità sul matrimonio rimandato (II). (nel capitolo I Accoglie don Abbondio di ritorno dalla passeggiata e reduce dall'incontro coi bravi. Induce il curato a rivelarle tutto e gli consiglia di informare con una lettera il cardinal Borromeo. Promette a don Abbondio di mantenere il segreto); (nel capitolo II Durante un colloquio con Renzo, si lascia sfuggire inavvertitamente che la causa del matrimonio rimandato è un "prepotente". In seguito giura e spergiura con don Abbondio di non aver parlato. Informa la gente del paese che il curato ha la febbre).

-II capitolo: Renzo, don Abbondio, Perpetua, Lucia, Agnese, Bettina.

Renzo: È il protagonista maschile della vicenda, il promesso sposo di Lucia le cui nozze vengono mandate a monte da don Rodrigo: è descritto come un giovane di circa vent'anni, orfano di entrambi i genitori dall'adolescenza e il cui nome completo è Lorenzo. Esercita la professione di filatore di seta ed è un artigiano assai abile, cosicché il lavoro non gli manca nonostante le difficoltà del mercato (ciò anche grazie alla penuria di operai, emigrati in gran numero nel Veneto); possiede un piccolo podere che sfrutta e lavora egli stesso quando il filatoio è inattivo, per cui si trova in una condizione economica agiata pur non essendo ricco. E' un giovane onesto e di buona indole, ma piuttosto facile alla collera e impulsivo, con un'aria "di braverìa, comune allora anche agli uomini più quieti"; infatti porta sempre con sé un pugnale e se ne servirà indirettamente per minacciare don Abbondio e costringerlo a rivelare la verità sul conto di don Rodrigo. Rispetto a Lucia si può considerare un personaggio dinamico, in quanto le vicende del romanzo costituiscono per lui un percorso di "formazione" al termine del quale sarà più saggio e maturo (è lui stesso a trarre questa morale nelle pagine conclusive dell'opera). (nel capitolo II Si reca da don Abbondio la mattina del matrimonio, ma il curato lo convince a rimandare le nozze. Estorce da Perpetua alcune ammissioni, quindi costringe il curato a fare il nome di don Rodrigo. Mentre torna a casa di Lucia progetta di uccidere il signorotto, ma poi rinuncia ai propositi delittuosi. Rivela tutto a Lucia chiedendole spiegazioni sull'accaduto); (nel capitolo III Dopo il racconto di Lucia è colto dall'ira e minaccia di vendicarsi di don Rodrigo. Segue il consiglio di Agnese e si reca a Lecco, per rivolgersi all'avvocato Azzecca-garbugli, ma questi cade in un equivoco e lo scambia per un bravo; dopo lo scioglimento dell'equivoco il giovane viene cacciato in malo modo. Torna a casa di Lucia e riferisce l'esito infelice del colloquio, venendo accusato da Agnese di non essersi saputo spiegare. Torna a casa propria sconsolato).

don Abbondio: far riferimento al capitolo I.
Perpetua: far riferimento al capitolo I.

Lucia: È la protagonista femminile della vicenda, la promessa sposa di Renzo che subisce le molestie di don Rodrigo e le cui nozze vengono impedite dal signorotto: compare per la prima volta alla fine del cap. II, quando Renzo la raggiunge e la informa del mancato matrimonio, dopo aver costretto don Abbondio a parlare circa le minacce ricevute dai bravi. È una giovane di circa vent'anni, unica figlia di una vedova (Agnese) con la quale vive in una casa posta in fondo al paese: ha lunghi capelli bruni ed è dotata di una bellezza modesta, che non giustifica una passione morbosa da parte di don Rodrigo (il quale infatti ha deciso di sedurla per una sciocca scommessa col cugino Attilio) e che spiegherà la delusione dei nuovi compaesani quando i due sposi si trasferiranno nel Bergamasco, alla fine del romanzo. Viene descritta come una ragazza molto pia e devota, ma anche assai timida e pudica sino all'eccesso, tanto che si imbarazza e arrossisce nelle più diverse occasioni: passiva e alquanto priva di spirito di iniziativa, viene trascinata nel tentativo di "matrimonio a sorpresa" dalle minacce di Renzo, che promette in caso contrario di fare una pazzia; in seguito, quando si trova prigioniera nel castello dell'innominato, pronuncia il voto di castità che costituirà un grave ostacolo al ricongiungimento dei due promessi e che verrà sciolto alla fine del romanzo da padre Cristoforo. Lucia è il personaggio che forse più di ogni altro ha fede nella Provvidenza divina e anche per questo sembra incapace di serbare ogni minimo rancore, persino nei confronti del suo odioso persecutore (è dunque un personaggio statico, a differenza di Renzo che compie un percorso di maturazione all'interno della vicenda). È anche il personaggio che interagisce con figure di potenti, quali Gertrude, l'innominato, il cardinal Borromeo, don Ferrante e donna Prassede. Il suo nome allude al candore della persona, nonché alla martire siracusana che preferì farsi accecare piuttosto che darsi alla prostituzione, così come il cognome (Mondella) rimanda alla sua purezza e castità. (nel capitolo II Mentre si prepara per le nozze, a casa sua, viene avvertita dalla fanciulla Bettina che Renzo è tornato e le vuole parlare. Il giovane le rivela che don Rodrigo ha mandato a monte le nozze e la cosa la sconvolge. Rifiuta di dare subito spiegazioni a Renzo e manda via le donne, adducendo come scusa una malattia del curato); (nel capitolo III Racconta a Renzo e Agnese delle molestie subìte da don Rodrigo e della scommessa tra lui e il conte Attilio. Dà a fra Galdino una gran quantità di noci per la questua, quindi gli chiede di far venire da loro padre Cristoforo prima possibile. Esorta Renzo a non nutrire propositi vendicativi verso Don Rodrigo).

Agnese: È la madre di Lucia, un'anziana vedova che vive con l'unica figlia in una casa posta in fondo al paese: di lei non c'è una descrizione fisica, ma è presentata come una donna avanti negli anni, molto attaccata a Lucia per quale "si sarebbe... buttata nel fuoco", così come è sinceramente affezionata a Renzo che considera quasi come un secondo figlio. Viene introdotta alla fine del cap. II, quando Renzo informa Lucia del fatto che le nozze sono andate a monte, e in seguito viene descritta come una donna alquanto energica, dalla pronta risposta salace e alquanto incline al pettegolezzo (in questo non molto diversa da Perpetua). Rispetto a Lucia dimostra più spirito d'iniziativa, poiché è lei a consigliare a Renzo di rivolgersi all'Azzecca-garbugli (III), poi propone lo stratagemma del "matrimonio a sorpresa" (VI) e in seguito invita don Abbondio e Perpetua a rifugiarsi nel castello dell'innominato per sfuggire ai lanzichenecchi (XXIX). È piuttosto economa e alquanto attaccata al denaro, se non proprio avara, come si vede quando rimprovera Lucia di aver dato troppe noci a fra Galdino (III) e nella cura che dimostra nel custodire il denaro avuto in dono dall'innominato. A differenza dei due promessi sposi non si ammala di peste (ci viene detto nel cap. XXXVII) e, dopo il matrimonio, si trasferisce con Renzo e Lucia nel Bergamasco, dove vive con loro ancora vari anni. Del defunto marito e padre di Lucia non viene mai fatta parola e, curiosamente, il fatto che Agnese sia vedova viene menzionato solo nel cap. XXXVII, quando la donna torna al paese e trova la casa quasi intatta dopo il periodo della peste (il narratore osserva che "questa volta, trattandosi d’una povera vedova e d’una povera fanciulla, avevan fatto la guardia gli angioli"). (nel capitolo II È con Lucia la mattina delle nozze, quando Renzo viene a informare la fidanzata del fatto che il matrimonio è andato a monte); (nel capitolo III Ascolta con Renzo il racconto di Lucia circa le molestie subìte da parte di don Rodrigo. Consiglia a Renzo di recarsi dall'Azzecca-garbugli, poi riceve la visita di fra Galdino che le racconta il "miracolo delle noci". Rimprovera Lucia dell'elemosina troppo generosa fatta al cercatore. Tornato Renzo, lo accusa di non essersi spiegato con l'avvocato).

Bettina: È una bambina presente in casa di Lucia e Agnese la mattina del previsto matrimonio (cap. II), che all'arrivo di Renzo lo accoglie gridando: "Lo sposo! Lo sposo!": il giovane la invita a stare zitta e la incarica di salire al piano di sopra e di dire all'orecchio di Lucia una parola, per indurre la giovane a scendere di sotto e parlare col suo promesso senza dare troppo nell'occhio. La bambina esegue l'ordine e si sente fiera di svolgere quell'incarico che le sembra di responsabilità.

III capitolo: Renzo, Lucia, Agnese, don Rodrigo, il conte Attilio, l'Azzecca-garbugli, la sua serva, fra Galdino.

Renzo: fare riferimento al capitolo II.
Lucia: fare riferimento al capitolo II.
Agnese: fare riferimento al capitolo II.

don Rodrigo: È il signorotto del paese di Renzo e Lucia, un aristocratico che vive di rendita e abita in un palazzotto situato a metà strada tra il paese stesso e Pescarenico: personaggio malvagio del romanzo, si incapriccia di Lucia e decide di sedurla in seguito a una scommessa fatta col cugino Attilio, per poi intestardirsi in questo infame proposito al fine di non sfigurare di fronte agli amici nobili e, quindi, per ragioni di puntiglio cavalleresco. Viene presentato come un uomo relativamente giovane, con meno di quarant'anni (ci viene detto nel cap. VI, quando è presentato il servitore che informerà padre Cristoforo del progettato rapimento di Lucia) e di lui non c'è una vera e propria descrizione fisica; appartiene a una famiglia di antico blasone, come dimostra l'appartenenza ad essa del conte zio, membro del Consiglio Segreto e politico influente, anche se il nome del casato non viene mai fatto. Non sappiamo molto del suo passato, salvo il fatto che il padre era uomo di tempra ben diversa e Rodrigo, rimasto erede del suo patrimonio, si è dimostrato figlio degenere. Alla fine della vicenda verrà introdotto il suo erede, un marchese che entra in possesso di tutti i suoi beni e che, su suggerimento di don Abbondio, acquisterà le terre di Renzo e Agnese a un prezzo molto alto, per risarcirli dei danni subìti e consentir loro di trasferirsi nel Bergamasco; in seguito fa anche in modo che la cattura che pesa su Renzo venga annullata, dimostrando quindi di essere un galantuomo ben diverso dal suo defunto parente.
Don Rodrigo è ovviamente un malvagio, ma mediocre e di mezza tacca, come più volte è evidenziato nel romanzo: la sua persecuzione ai danni di Lucia non nasce da un'ossessione amorosa, ma è più un atto di prepotenza sessuale di un nobile su una povera contadina, oltretutto a causa di una sciocca scommessa fatta col cugino; egli è il rappresentante di quella aristocrazia oziosa e improduttiva che Manzoni critica spesso e che esercita soprusi sui deboli più per passatempo che per crudeltà gratuita. La piccolezza morale del personaggio è sottolineata nella scena del cap. XI, quando il signorotto attende con impazienza il ritorno dei bravi inviati a rapire Lucia e pensa tra sé alle possibili conseguenze di quell'atto scellerato (soprattutto, pensa alla protezione che l'amico podestà e il nome della famiglia potranno assicurargli) e la sua grettezza emergerà poi nel confronto con l'innominato, personaggio che dimostra una notevole statura morale tanto nella malvagità quanto nel successivo ravvedimento. Nel Fermo e Lucia la fine del personaggio era decisamente diversa, poiché Rodrigo (moribondo per la peste e in preda al delirio) balzava su un cavallo dopo aver visto Lucia e lo spronava al galoppo, cadendo rovinosamente e morendo così sicuramente in disgrazia (nei Promessi Sposi, invece, la notizia della sua morte giunge al paese solo nel cap. XXXVIII). (nel capitolo III Lucia racconta di averlo incontrato per strada, in compagnia del conte Attilio, e del fatto che il nobile l'ha molestata con chiacchiere volgari. Riferisce di averlo sentito parlare di una "scommessa" con l'altro signore).

il conte Attilio: È un aristocratico cugino di don Rodrigo, che risiede abitualmente a Milano e che, nei cap. iniziali del romanzo, trascorre un periodo di villeggiatura ospite nel palazzo del signorotto: viene descritto come un nobile ozioso, che vive di rendita come il cugino e che si diverte a passare il tempo tra scherzi, sciocche dispute cavalleresche e comportamenti frivoli. La sua morte per la peste viene menzionata all'inizio del cap. XXXIII, quando si dice che don Rodrigo ha pronunciato un bizzarro elogio funebre in onore del cugino durante una cena con amici a Milano. (nel capitolo III È insieme a don Rodrigo per strada, quando il cugino importuna Lucia, e in seguito scommette con lui che non riuscirà a sedurla).

l'Azzecca-garbugli: È un avvocato che vive a Lecco ed è intimo amico di don Rodrigo, nonché suo compagno di bagordi e complice delle sue prepotenze a cui trova spesso delle scappatoie legali: è un personaggio secondario ed è descritto come un uomo alto, magro, con la testa pelata, il naso rosso (ciò è dovuto probabilmente al vizio del bere) e una voglia di lampone sulla guancia. La sua morte viene menzionata nel cap. XXXVIII, col dire che la sua spoglia "era ed è tuttavia a Canterelli", ovvero un cimitero vicino Lecco dove erano sepolte molte vittime della peste. L'avvocato è presentato come un personaggio buffo e sgraziato, quasi un carattere da commedia (e infatti il suo colloquio con Renzo nel cap. III è una sorta di "commedia degli equivoci"), che rappresenta il decadimento e il degrado della giustizia nel XVII secolo; è anche l'esempio di un vile cortigiano e di un parassita che sfrutta don Rodrigo, mettendosi al servizio dei suoi propositi delittuosi.

la serva di Azzecca-garbugli: Compare nel cap. III, quando Renzo va dal dottor Azzecca-garbugli per chiedere un parere legale circa la vicenda del matrimonio: è lei ad accogliere il giovane e a chiedergli con decisione di darle i capponi, che lui vorrebbe consegnare direttamente all'avvocato (lo tratta con una certa durezza, come un contadino poco avvezzo ad aver a che fare coi "signori" di città). Alla fine del colloquio è chiamata dal suo padrone che le ordina di restituire a Renzo i capponi, al che la donna esegue e guarda il giovane come dicesse: "bisogna che tu l’abbia fatta bella", dal momento che non ha mai ricevuto un ordine simile prima d'ora.

fra Galdino: È un cercatore laico dei cappuccini, che vive al convento di Pescarenico dove risiede anche il padre Cristoforo: uomo semplice e dotato di fede candida e ingenua, è un personaggio secondario che compare in due importanti episodi del romanzo, in entrambi i quali protagonista è Agnese.

nonostante mi sia dilungata perché ho voluto fare una descrizione accurata, spero di esserti stata d'aiuto :) ciao
Miglior risposta
Risposte
fraffi13
Grazie,è perfetto!!! :)

Paperella:D
Don abbondio StaticoPerpetua dinamico

I bravi statico

Renzo Dinamico
Lucia Statico

Fra Galdino statico

Agnese statico

Dottor Azzeccagarbugli statico

Per la descrizione
http://it-it.abctribe.com/promessi_sposi/analisi_personaggi/_gui_293 (vai fondo pagina)
http://promessisposi.weebly.com/personaggi.html
https://www.skuola.net/manzoni/personaggi-promessi-sposi/

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.