Libri di italiano..aiuto

Ariel 91
Chi ha letto i seguenti libri:
-Antigone di sofocle:mi servirebbe il riassunto
-Casa di bambola di Ibsen:mi servirebbe il riassunto aiutatemi
-Gioventù senza dio:mi servirebbe il riassunto e il commento personale molto ricco
-Il milione: mi servirebbe il riassunto e un esaustivo e lungo coommento personale


Vi prego aiutatemi è urgente.....HELp

Grazie in anticipo

Risposte
SuperGaara
Ok allora chiudo :hi

Mario
Rapper....il problema è già stato risolto...

rapper
Ariel 91 in questo link c'è la trama del libro "Casa di bambola":
http://it.wikipedia.org/wiki/Casa_di_bambola

Qui c'è il riassunto e un commento del libro "Gioventù senza dio":
http://web.tiscalinet.it/appuntiericerche/Relaz.librinoti/gioventu.HTML

Per "Il milione" ho trovato solo questo:
http://www.italialibri.net/opere/milione.html

Spero di esserti stato di grande aiuto...Ciao :hi

Mario
Neanche io...:lol

tidy
mai letto nessuno..

Mario
Ok

IPPLALA
Ah scusa, cancello!

Mario
IPPLALA avevo già postato quella recensione!

Mario
Antigone è una tragedia basata sulla figura “mitologica” di Antigone, figlia di Edipo, re di Tebe, e della madre – moglie Giocasta.
Nell’antefatto Eteocle e Polinice, figli di Edipo e fratelli di Antigone, si combattono e si uccidono per la supremazia: Eteocle difensore della città riceve le onoranze funebre, rifiutate a Polinice dichiarato traditore da Creonte, zio dei due e nuovo re di Tebe.
Antigone infrange il divieto di Creonte seppellendo in segreto il fratello Polinice. Per questo reato viene condannata a morte.
Emone, figlio di Creonte e fidanzato di Antigone, supplica disperato il padre di avere clemenza, ma senza risultato. Antigone, condotta al luogo del supplizio, dichiara di morire fedele alle leggi celesti: Creonte in un primo momento la fa condurre via per essere sepolta viva, poi, dopo l’intervento degli anziani e di Tiresia, decide di farla liberare.
Ma è troppo tardi: la fanciulla è morta, suicidatasi. Emone, stringendo il corpo della ragazza, si getta sul padre per ucciderlo senza risultato: rivolge allora l’arma contro se stesso. Allo stesso modo Euridice – madre di Emone e moglie di Creonte – appresa la notizia della morte del figlio si uccide per il dolore. Creonte rimane così solo “a regnare su un deserto”.

Sin dalle prime battute della commedia, l'impressione che si ha della protagonista femminile è quella di una donna che si comporta come una bambina capricciosa che gioca e si diverte tutto il giorno e si rabbuia per futili motivi come quando il marito le ordina di non mangiare dolci zuccherati.

Il mutamento e la presa di coscienza di Nora avvengono improvvisamente quando finalmente capisce che suo marito non era in realtà quella nobile creatura che lei sperava che fosse. Nora comprende che il suo ruolo in quel matrimonio durato 8 anni, è stato quello di una semplice e bella marionetta costretta a vivere in una casa di bambola, come aveva d'altronde sempre fatto fin dalla nascita. Helmer la chiama incessantemente "lucherino", considerandola alla stessa stregua di un'animale domestico molto rumoroso e vivace.

Nora è ricattata da Krogstad a causa di un prestito illecito che lei aveva contratto, falsificando la firma del padre, per salvare la vita di suo marito. Quando suo marito Helmer scopre il fatto, viene assalito dall'ansia e dal tormento di perdere la propria reputazione. Quest'angoscia annebbia ogni altro pensiero e, in preda alla disperazione, dichiara a Nora che allontanerà quella che ora egli considera una indegna moglie dalla cura dei suoi figli, senza riconoscere che il gesto anche se compromettente, era stato dettato dall'amore per lui.

Grazie all'intervento di un'amica di Nora, che dichiara a Krogstad di volersi sposare con lui, il ricatto che minacciava la famiglia della protagonista viene annullato. Helmer, appena appresa la felice notizia, prorompe esclamando "sono salvo!", e perdona all'istante sua moglie. Per Nora, però, la vita non può ritornare ad essere quella di prima: è troppo tardi. Tutte le sue illusioni sono state tradite e le sue certezze infrante. Ella decide, quindi, di abbandonare suo marito in cerca della sua vera identità e, come dice lei stessa ad Helmer, per "riflettere col mio cervello e rendermi chiaramente conto di tutte le cose".

L'autore descrive nei suoi appunti la sua decisione dicendo: "Depressa e confusa dalla sua fede nell'autorità, perde la sua fede nella sua correttezza morale e nella sua capacità di crescere i suoi figli. Una madre in una società contemporanea che proprio come certi insetti che fuggono e muoiono quando compiono i loro doveri nella propagazione della loro razza."

BREVE RIASSUNTO
Durante la Germania degli anni trenta, un professore viene messo al bando dai suoi studenti, perché ha affermato che i negri sono degli esseri umani.

Nonostante ciò mantiene il ruolo d’insegnante fin quando durante un campeggio militare uno dei suoi alunni, N, viene assassinato, tutto questo perché Z lo ritiene il lettore del suo diario segreto.

Tutti gli indizi sembrano accusare proprio il ragazzo, ma la strabiliante confessione del maestro capovolgerà la situazione.

Z infatti non voleva che si leggesse il suo diario perché raccontava dell’incontro con Eva una ragazza selvaggia che viveva nel bosco circostante, e di cui era innamorato. A leggere il diario non era stato N, ma bensì il maestro che alcune notti prima aveva visto Z scambiare una lettera con qualcuno.

Anche N aveva però scoperto il segreto della ragazza e aveva seguito il compagno nella foresta. Lì Z sentendosi scoperto aveva iniziato, sopra una rupe, una rissa con N, quest’ultimo però essendo più forte lo aveva fatto cadere giù dalla roccia.

Allora Eva afferrando una pietra aveva rincorso N, senza però ucciderlo. Infatti uno sconosciuto dagli “occhi tondi e chiari, da pesce” era intervenuto atterrando la ragazza, e allontanando N dal luogo, per poi ucciderlo alle spalle. Questo Sconosciuto era T, che messo alle strette dal professore si suiciderà, lasciando un biglietto nel quale confesserà tutto, mentre la ragazza verrà rimessa in libertà.

Il romanzo si conclude con la partenza del professore, che nel frattempo aveva perso il lavoro a causa della confessione, per l’Africa ad insegnare ai “suoi negri”.

Il romanzo parte a Venezia quando Marco Polo e' ancora un ragazzino, e narra della sue vicessitudini con i ragazzi orfani della Venezia povera. Marco Polo e' un ragazzo abbandonato a se stesso, in quanto il padre e lo zio si credono morti perche' sono partiti 10 anni prima per dei commerci a Constantinopoli e da quel momento nessuno aveva avuto piu' nessuna notizia. Marco si mette nei guai per l'infatuazione di una donna piu' grande e finisce in prigione. Con il ritorno del padre e dello zio a Venezia Marco riesce ad uscire di galera ma con il bando a Venezia, quindi parte con il padre e lo zio per ritornare nell'estremo oriente, nel Catai dal Khan Qubilai. Il viaggio per approdare nel Catai (Odierna Cina) dura circa tre anni. Durante il quali la compagnia vive svariate avventure, soprattutto sono descritte quelle di Marco incentrate soprattutto sul sesso e sugli usi e costumi (anche nelle peggiori maniere) di tutti quelli che incontrano. Dopo il loro arrivo nel Catai, la trama diventa molto piu' complicata, tra intrecci amorosi, storie di guerra e di amicizia tra Marco Polo e la gente del posto. Da sottolineare soprattutto la storia d'amore tra arco e Hui Sheng. Dopo la loro decisione di tornare a Venezia la narrazione diventa molto piu' veloce e percorre in poche pagine anche gli ultimi anni di vita di Marco Polo. Questo libro dal punto di vista storico non aggiunge niente a quanto gia' detto ne Il Milione ma e' stato ampliato con molte situazioni verosimili che lo rendono piu' reale del milione, anche se meno "politicamente corretto"

IPPLALA
Ho trovato il riassunto della trama di Antigone di Sofocle:

Antigone rende partecipe sua sorella Ismene dell'intenzione di affrontare l'interdizione emessa dal re Creonte, anche a costo di essere lapidata dal popolo tebano, per portare a compimento i riti funebri sul corpo del fratello Polinice (ucciso dall'altro suo fratello Eteocle). Pur riconoscendo la correttezza morale del gesto, Ismene rifiuta di seguirla in questa impresa.
Quando Antigone sta per compiere quello che ritiene essere un suo dovere religioso, Creonte sviluppa, con una certa magniloquenza, davanti al coro di anziani tebani la sua filosofia politica e si propone spavaldamente alla prova del comandamento e delle leggi. Inserisce una minaccia velata indirizzata a Corifeo, sospettandolo di corruzione. Antigone, però, forte e tenace, e convinta di essere nel giusto dice «Ma per me non fu Zeus a proclamare quell'editto, né la Giustizia che dimora tra gli dèi. [...] Io seguo le leggi sacre e incrollabili degli dèi, leggi non scritte, di quelle io un giorno dovrò subire il giudizio. [...] E non credevo che i tuoi bandi fossero così potenti da sovrastare e sovvertire le leggi morali degli dèi!».
La guardia allora informa il re della violazione del suo decreto. Corifeo suggerisce a questi che la sua interdizione potrebbe essere una pessima decisione. Creonte si adira e gli impone di fare silenzio. Lo guarda, e lo accusa brutalmente di essere l'autore del misfatto, per del denaro. Il re lo minaccia di infliggergli i peggiori supplizi se non gli avesse portato rapidamente un colpevole per discolparsi.
E’ con il cuore carico di reticenze che egli ritorna, accompagnato da Antigone, sorpresa in flagrante delitto di recidiva. Lo scontro è immediato e totale: la giovane donna afferma l'illegittimità dell'editto regale, appellandosi alle leggi divine (e morali), non scritte ed eterne. Di fronte a questa argomentazione, Creonte cede terreno. Dopo che la giovane donna ha giustificato la sua lotta dovuta all'amore fraterno, esponendo così la sua motivazione fondamentale («io non sono fatta per vivere con il tuo odio, ma per stare con colui che amo»), egli finisce per smentire sua nipote: non è una donna che farà la legge.
Quando Ismene riappare, è per sentirsi accusata da suo zio di aver partecipato alla cerimonia funebre e per esprimere il suo desiderio di condividere la sorte di sua sorella. Questa rifiuta, giudicandola interessata (terrorizzata all'idea di ritrovarsi la sola sopravvissuta della sua famiglia). Creonte, esasperato da questo comportamento, le tratta da pazze e le fa mettere in reclusione in una caverna, là dove devono stare le donne.
Sopraggiunge il fidanzato della condannata, Emone. Il giovane principe osa dichiarare a suo padre che si trova in abuso di potere, reclamando «gli onori che si devono agli dèi», commettendo così un «errore contro la giustizia». Ai propositi sfumati e pieni di buon senso del giovane uomo sul giusto modo di governare, il re risponde con delle ingiunzioni all'obbedienza incondizionata che i figli devono ai padri, il popolo al suo capo e con l' accusa di essere divenuto lo schiavo della sua fidanzata («Creatura disgustosa agli ordini di una donna»). Emone abbandona bruscamente i luoghi proferendo una promessa vaga che Creonte prende, a torto, per una minaccia contro la sua vita.
Tiresia sarà l'ultimo protagonista di questo triplo confronto. L'indovino è venuto a dire al re che gli dèi non approvano la sua azione e che ci saranno patimenti per la città se Antigone non verrà liberata e Polinice sepolto. Creonte insulta Tiresia e lo accusa di essersi venduto ai congiurati che minacciano il suo potere, ma, scosso dalle oscure premonizioni dell'indovino, il quale non si è finora mai sbagliato, si ravvede e decide di procedere ai funerali di suo nipote prima di andare a liberare Antigone. È purtroppo, troppo tardi: questa si è, nel frattempo, impiccata nella grotta dove era stata murata. Emone estrae la sua spada, gesto che suo padre interpreta come tentativo di ucciderlo, e ci si getta sopra.
Ritornando al palazzo, Creonte apprende, per finire, che sua moglie Euridice, anche lei si è appena uccisa. È annientato da questa serie di catastrofi («disastri venuti dai miei stessi piani») e non aspira che a una morte rapida («Ripulite questo luogo da un buono a nulla»). Il Corifeo ricava la morale da questo «intestardimento che uccide»: «Non bisogna disonorare la legge che gli dèi ci impongono»

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