La guerra e' sempre una guerra civile secondo Cesare Pavese, commentate x fav!! (40414)
cosa intende dire Cesare Pavese con "ogni guerra è una guerra civile"?????????? vi prego risp!!!!
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“La casa in collina”, splendido e intenso romanzo di Cesare Pavese, non è un libro di facile lettura, ma è, senza alcun dubbio, un capolavoro della letteratura italiana del Novecento. In generale, tutte le opere di Cesare Pavese, soprattutto tra i giovani, non godono di una buona fama. Spesso accusato di essere portatore di un intellettualismo elitario e poco fruibile, le sue pagine sono spesso considerate, dai lettori di nuova generazione, come sinonimo di letteratura antica e poco attuale. Al contrario, ogni pagina dello scrittore piemontese, pur essendo così diretta e immediata, realista e neorealista, con il suo dialetto, i suoi incisi, la sua verbosità, è incredibilmente profonda e completa, a tratti semplicemente perfetta. Alcuni capitoli sarebbero da estrapolare per intero e da far studiare, alle superiori, come manuale di stile e perfezione letteraria. Splendide le descrizioni del paesaggio piemontese, delle colline, dei tramonti, dei boschi e dei vigneti: Pavese gioca e amalgama le parole con grazia ed eleganza unica e, come un esperto pittore, dipinge un paesaggio insieme desolato e ricco di speranze per il futuro.
Pavese offre una testimonianza a caldo, unica e necessaria, degli orrori della guerra e delle difficoltà, da parte di un intellettuale, di intervenire attivamente e partecipare alla Resistenza. Il riferimento, in maniera implicita, va allo stesso Pavese, spesso incline ad allusioni autobiografiche, che anche qui, come più tardi farà ne “La luna e i falò”, ci racconta, all’interno della vicenda di Corrado, anche la sua storia personale, la storia di un professore timido e insicuro, colto ma disadatto, incapace di comprendere ed agire all’interno di un mondo nel quale è impossibile vivere, dal quale si può scegliere di fuggire, volontariamente, optando per il suicidio.
Pavese offre una testimonianza a caldo, unica e necessaria, degli orrori della guerra e delle difficoltà, da parte di un intellettuale, di intervenire attivamente e partecipare alla Resistenza. Il riferimento, in maniera implicita, va allo stesso Pavese, spesso incline ad allusioni autobiografiche, che anche qui, come più tardi farà ne “La luna e i falò”, ci racconta, all’interno della vicenda di Corrado, anche la sua storia personale, la storia di un professore timido e insicuro, colto ma disadatto, incapace di comprendere ed agire all’interno di un mondo nel quale è impossibile vivere, dal quale si può scegliere di fuggire, volontariamente, optando per il suicidio.
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Risposte
Ti posso dire che volendo rispondere alla tua domanda direi questo che mi sembra una rix completa:
"Nel capitolo conclusivo de La casa in collina, nel quale in modo più evidente che in altre pagine del romanzo è riconoscibile un tema che non solo ispira quest'opera, ma permea di sé tutta la produzione di Pavese. Esso consiste nello scontro drammaticamente sentito e mai risolto tra desiderio di comunicazione e regressione nella propria intimità psicologica, nella ricerca di una propria mitologia dell'infanzia e della terra d'origine, in una parola nella propria solitudine. Corrado, il protagonista, mentre i suoi compagni in seguito alla caduta del fascismo scelgono la strada dell'impegno e della lotta, si rifugia nelle native colline, nelle Langhe. Ma neppure la mitica terra dell'infanzia sfugge alla realtà storica: anche là arrivano la guerra e le lotte degli uomini, anche là i morti sparsi per la campagna costringono il protagonista a meditare sulla sua vita e sulla sua scelta. E allora proprio nelle Langhe vagheggiate come paese d'infanzia, di scappate, di giochi, e che ora lo costringono a guardare in faccia la morte, il protagonista scopre che la sua vita è stata «un solo lungo isolamento, una futile vacanza».
(...)
L'ideologia non basta a giustificare i nemici uccisi, le ragioni storiche per lo scrittore del '47-'48 non sono ancora sufficienti. Forse la charitas cristiana aiuta a trovare ragioni per i nemici uccisi? Ma anche la religione sembra rientrare nella storia disperata dell'uomo. Si disegna allora sul secondo piano un senso ultimo di nichilismo vero e proprio: nella storia (dove non esiste vera pace, vera salvezza per l'uomo), si ripete, nell'orrore e nel sangue, la distruzione che è eterna qualità < selvaggia» dell'essere, la cui essenza, dionisiaca e nietzscheana, sta nell'eterna creazione e distruzione di sé.
E perciò si deve nutrire pietà per tutti i morti, e il fratricidio è di tutte le guerre («ogni guerra è una guerra civile»). Questa maggiore problematicità collega perfettamente e direttamente il romanzo a Il diavolo sulle colline, che riapprofondirà il tema del «selvaggio naturale» della collina come teatro dionisiaco e, soprattutto, a La luna e i falò, di cui La casa in collina costituisce, in un certo senso, una sorta d'introduzione."
"Nel capitolo conclusivo de La casa in collina, nel quale in modo più evidente che in altre pagine del romanzo è riconoscibile un tema che non solo ispira quest'opera, ma permea di sé tutta la produzione di Pavese. Esso consiste nello scontro drammaticamente sentito e mai risolto tra desiderio di comunicazione e regressione nella propria intimità psicologica, nella ricerca di una propria mitologia dell'infanzia e della terra d'origine, in una parola nella propria solitudine. Corrado, il protagonista, mentre i suoi compagni in seguito alla caduta del fascismo scelgono la strada dell'impegno e della lotta, si rifugia nelle native colline, nelle Langhe. Ma neppure la mitica terra dell'infanzia sfugge alla realtà storica: anche là arrivano la guerra e le lotte degli uomini, anche là i morti sparsi per la campagna costringono il protagonista a meditare sulla sua vita e sulla sua scelta. E allora proprio nelle Langhe vagheggiate come paese d'infanzia, di scappate, di giochi, e che ora lo costringono a guardare in faccia la morte, il protagonista scopre che la sua vita è stata «un solo lungo isolamento, una futile vacanza».
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L'ideologia non basta a giustificare i nemici uccisi, le ragioni storiche per lo scrittore del '47-'48 non sono ancora sufficienti. Forse la charitas cristiana aiuta a trovare ragioni per i nemici uccisi? Ma anche la religione sembra rientrare nella storia disperata dell'uomo. Si disegna allora sul secondo piano un senso ultimo di nichilismo vero e proprio: nella storia (dove non esiste vera pace, vera salvezza per l'uomo), si ripete, nell'orrore e nel sangue, la distruzione che è eterna qualità < selvaggia» dell'essere, la cui essenza, dionisiaca e nietzscheana, sta nell'eterna creazione e distruzione di sé.
E perciò si deve nutrire pietà per tutti i morti, e il fratricidio è di tutte le guerre («ogni guerra è una guerra civile»). Questa maggiore problematicità collega perfettamente e direttamente il romanzo a Il diavolo sulle colline, che riapprofondirà il tema del «selvaggio naturale» della collina come teatro dionisiaco e, soprattutto, a La luna e i falò, di cui La casa in collina costituisce, in un certo senso, una sorta d'introduzione."
Per Pavese ogni guerra è una guerra e sottolinea l'impotenza dell'uomo, per Pavese, ogni guerra è civile perchè per Pavese ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione."
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