Italo Svevo (50200)

Liciagia
elaborare i seguenti argomenti :
biografia di italo svevo;
il romanzo una vita;
la conoscienza di zeno;
una spiegazione sintetizzata dell'inetto dell'uomo contemporaneo;
e infine un confronto tra pirandello e svevo.

Risposte
michaeljacksondebest
biografia e una vita (fonti: skuola tiscali)
BIOGRAFIA:
Nasce a Trieste nel 1861 da una famiglia borghese, il padre , un imprenditore che lavora in un'azienda di vetrami, cerca di fornire ai figli un'educazione commerciale consentendogli di studiare lingue e mandandoli in Germania, paese molto più sviluppato dell'Italia a livello scolastico. La Trieste di fine 800 è una realtà molto distaccata dal resto dell'Italia, infatti è una città di porto, molto
orientata verso l'est Europa. Il nome Italo Svevo, in realtà è uno pseudonimo, il suo vero nome è infatti è Ettore Smithz. Terminati gli studi Svevo inizia a lavorare in banca, in una filiale della banca di Vienna, dove resterà per vent'anni (infatti la ditta del padre aveva avuto un crack economico ed era fallita). Tutte le sue conoscenze letterarie sono frutto di studi personali eseguiti da autodidatta nel tempo libero, egli approfondisce i classici italiani, soprattutto Carducci, legge i testi dei naturalisti francesi, e, sapendo il tedesco, analizza molte tragedie di Smiller e dei romantici tedeschi. Inizia a comporre per diletto, non pubblicando però niente fino al 1892, anno in cui da alle stampe “una vita”, romanzo che però fu totale fallimento sia a livello di critica che di pubblico. Nel 1896 si sposa, abbandona la banca, e, nel 1899 inizia a lavorare nella ditta del suocero (una ditta di vernici sottomarine) dove fa tantissima esperienza commerciale. Nel 1898 scrive “Senilità”, che però si rivela un altro flop. Decide per questo di smettere di scrivere e dedicarsi solo al lavoro. In questi anni continua a leggere, approfondisce la sua conoscenza dei romanzieri russi, dei filosofi i quali Schopenhauer e Nietzsche, e nel 1908 si avvicina alla psicoanalisi di Freud, che sperimenta anche su di sé. Questa la porta a considerare la malattia dell'uomo come strettamente legata alla condizione della vita moderna: Svevo pensa che la società si divida in due categorie: i sani e i malati. Nel 1923 decide di tornare a scrivere e pubblica “la coscienza di Zeno”, che però all'inizio,
similmente ai libri precedenti, si rivelerà un fallimento. Dopo tre anni, però, la critica inizia ad elogiarlo, grazie a molti articoli fatti da Montale e Joyce. Svevo inizia quindi ad essere apprezzato non solo in Italia, ma in tutta Europa. Nel 1927 decide di pubblicare, dopo una revisione stilistica, “senilità”, che questa volta gli darà un discreto successo. Nel 1928 muore in un incidente automobilistico.
UNA VITA:
È la storia di un impiegato sognatore non integrato realtà cittadina. Alfonso Nitti ha lasciato il villaggio natio e la mamma Carolina per trovare un impiego in città come corrispondente della banca Maller. I suoi colleghi (Miceli, Sanneo, Ballina, White, Alchieri e Cellani) e la famiglia presso cui vive (i Lanucci, padre, madre e figli, Lucia e Gustavo) rappresentano tutte le sue conoscenze cittadine. Quando il principale lo invita a cenare a casa sua, Alfonso s'introduce in un nuovo circolo d'amicizie piuttosto elevate: oltre ai servitori Santo e Francesca (quest'ultima sua compaesana ed amante di Maller), conosce Annetta (la figlia di Maller, forte ed altezzosa), il cugino Macario (candidato a sposare la cugina), l'anziano Fumigi (malato ed innamorato senza speranze della giovane) e l'antipatico Federico (erede di Maller).Alfonso si trova sperduto nel mondo della banca e della città in generale (passa il tempo leggendo libri); ventiduenne, ha un atteggiamento timido con le ragazze, e si sfoga sognando. La signora Lanucci spera che s'innamori di Lucia, cui tiene lezioni, ma ad Alfonso la ragazza non interessa. Frequentando le serate in casa Maller, Alfonso finisce per innamorarsi di Annetta, ma è sempre solitario ed impacciato. Una sera Annetta gli propone di scrivere un romanzo in due: nonostante Annetta non sia dotata, Alfonso ne è felice perché ha la possibilità di starle vicino. Alfonso non sa prendere un contegno deciso, e rimane sempre sospeso tra l'innamorato ed il collaboratore scrupoloso, ma la sua gelosia ed il suo affetto finiscono col vincere la freddezza di Annetta; dal bacio sul pianerottolo, con la complicità più o meno segreta di Francesca (che può sperare di ricavare un matrimonio con Maller soltanto da un matrimonio d'amore di Annetta), arriva all'amplesso, ma il legame che li unisce non è vero amore: lui è contento di possedere ciò che aveva desiderato, lei preferiva lui a Fumigi e Macario. Ora Annetta deve vedersela con il padre, e chiede ad Alfonso di prendersi due settimane di permesso, ma Francesca lo mette in guardia che, lasciata sola, Annetta l'abbandonerà e cederà al padre; così Alfonso si rende conto di quanto il loro amore sia fittizio e preferisce fuggire. Al villaggio trova la madre moribonda, e la assiste sino alla fine; durante questo tempo non prova alcun desiderio di tornare in città, e, anzi, Annetta gli appare sempre più vana e fredda. Morta la madre, Alfonso si ammala e deve rimanere ancora al villaggio, accudito dagli amici di famiglia. Tornato alla banca, apprende con sollievo che Annetta è promessa a Macario. In casa Fanucci è successa una tragedia: Lucia si è lasciata sedurre, ed ora è incinta, e Alfonso offre una cifra enorme all'uomo perché la sposi; rientra nel meschino ambiente della banca, e s'accorge che Maller lo evita; immeritatamente degradato, ne chiede il motivo a Maller, che, credendo voglia ricattarlo, si rimangia l'ordine, ma Alfonso, ferito da quel sospetto, convoca Annetta per un appuntamento; questa, che ormai lo odia freddamente per la sua aperta rinuncia, gli manda il fratello per sfidarlo a duello. Alfonso, che sa di non avere speranze di vittoria, sogna per l'ultima volta di veder piangere Annetta alla notizia del suo suicidio (estrema prova della sua lealtà verso di lei), ma, rendendosi conto di non comprendere i meccanismi della vita e del continuo dolore che questa provoca in lui, decide di realizzare almeno quest'ultimo sogno.
LA COSCIENZA DI ZENO:
E' suddiviso in vari capitoli, corrispondenti al resoconto di diversi episodi e situazioni della vita del protagonista: Zeno Cosini. Anziano ed agiato borghese, che vive coi proventi di un'azienda commerciale, avuta in eredità dal padre, ma vincolata da questi, per la scarsa stima che aveva del figlio, alla tutela dell’amministratore Olivi. I resoconti riguardano il vizio del fumo, la morte del padre, la storia del suo matrimonio, la moglie e l’amante e la storia di un’associazione commerciale. Vi è poi un capitolo finale intitolato Psico-analisi, che si ricollega strutturalmente alla Prefazione ed al Preambolo. Dal che si deduce che il romanzo non è altro che una serie di sondaggi fatti da Zeno sul proprio passato e scritti per il suo psicanalista, vagamente indicato con la sigla Dottor S. e pubblicati da costui per dispetto, allorché Zeno decide di liberarsi di lui, interrompendo la cura, con in più una specie di ricatto sui diritti d’autore. La natura della malattia di cui soffre Zeno non è chiara; è più una convinzione, del resto nata con lui, com’egli stesso afferma, che un dato oggettivo e reale e se i sintomi sono prevalentemente di ordine psichico e denunciano un vago disagio sociale, anche il fisico tuttavia non ne resta immune, poiché a quei turbamenti risponde sempre con intoppi e faticose articolazioni. Zeno ovviamente ci narra il tutto in prima persona e questa è la seconda novità, dopo quella della frantumazione della trama, di questo terzo romanzo rispetto ai due che l'hanno preceduto. Il senso finale del libro sembra niente affatto essere l'elogio della cura e della salute, quanto proprio quello di un'apologia convinta della malattia come un contenuto capace di illuminarci sulla più vera e profonda nostra realtà di uomini ormai irrimediabilmente vecchi, il cui unico riscatto sembra essere affidato appunto alla consapevolezza ironica di tale condizione, alla coscienza, insomma, che funziona così da mastice fra i vari capitoli, all'interno dei quali poi, presi singolarmente, è possibile individuare, per quanto ancora scheletriche, delle specie di trame.
Capitolo 1: Il fumo
Zeno inizia a fumare per rivaleggiare con il padre, con il quale non ha mai avuto buoni rapporti. Si convince però che il fumo potrebbe seriamente danneggiare la sua salute, e decide di smettere, ma "passerà il resto della sua vita a fumare l'ultima sigaretta". Purtroppo nessuno riesce a guarirlo dal suo vizio, così chiede aiuto ad una clinica specializzata, dalla quale fugge però il giorno dopo. Zeno in questa situazione pone il fumo come causa stessa del suo male congenito, cerca quindi di sbarazzarsene, ma finisce per nascondercisi inconsciamente dietro, con la paura che se avesse smesso di fumare il suo malessere non gli sarebbe passato, si sarebbe quindi dovuto convincere che egli stesso era la causa dei suoi mali; preferì perciò fingere di voler smettere.
L'INETTITUDINE; MALATTIA DELL'UOMO MODERNO
Il romanzo si chiude con alcune pagine di diario: le prime, scritte alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia; altre rievocano il primo incontro di Zeno con la guerra; altre ancora, dove il protagonista annunzia di essere finalmente guarito da tutti i suoi mali, perché s’accorge che in realtà, i suoi non sono che il riflesso del male universale: “La vita attuale è inquinata alle. Radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. Il triste e attivo animale potrebbe scoprire e mettere a proprio servizio delle altre forze. V’è una minaccia di questo genere in aria […].Qualunque sforzo di darci la saluta è vano . Questa non può appartenere alla bestia che conosce un solo progresso, quello del proprio organismo[…]. Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa[…].Ed è l’ordigno che crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice”.Soltanto la fine del mondo potrebbe liberarci dalla malattia che noi, uomini moderni portiamo dentro; l’uomo moderno, vittima della sua alienazione, non può produrre che catastrofi; l’unica possibilità che ha l’uomo di rendersi possibile la vita è quella riaccettare la propria precarietà e il condizionamento cui l’esistere lo costringe; tolleranza, autocoscienza e ironia sono le vie possibili, a portata di mano, della salvezza. Con il personaggio di Zeno Cosini, Svevo approfondisce la sua analisi della crisi dell’uomo contemporaneo: ne emerge la condizione di alienazione dell’uomo. L’inetto di Svevo il rovescio di una società dominata dall’aggressività economica e tecnologica, l’escluso, il disadatto, lo scarto.
CONFRONTO:
Luigi Pirandello
Se si vuole parlare del tema della pazzia in letteratura, non si può fare a meno di citare Luigi Pirandello, che con il suo estremo relativismo offre buoni spunti per riflettere su questo tema. In tutta l’opera pirandelliana, il tema del relativismo sulla pazzia emerge principalmente nel romanzo “uno, nessuno, centomila”, ma possiamo trovare questo tema anche in molte sue novelle, in particolare noi abbiamo analizzato la novella “il treno ha fischiato”.Per quanto riguarda i romanzi pirandelliani, sappiano che sfuggono da quelli che sono i canoni classici del romanzo in particolare per quanto riguarda la concezione del protagonista come singolo e molteplice allo stesso tempo (doppio, maschere) e per la comicità, o meglio, l’assurdità che caratterizzano le sue opere (cosa che gli costò diverse critiche). Se volessimo schematizzare il percorso che bene o male seguono i personaggi di Pirandello, che sarebbe il seguente: presentazione personaggio come singoloàimmagine o circostanza anche banale da cui scaturisce una riflessioneànuova visione della realtà e nuova consapevolezza di sé come “molteplice”ànuovi atteggiamenti che richiamano (seguendo la visione comune) la pazzia.
Nel caso di Vitangelo Moscarda (protagonista di “uno, nessuno, centomila”), il fatto da cui scaturisce una profonda riflessione è un commento sul suo naso da parte di sua moglie (Dida), da qui Vitangelo, comprende che ogni persona si crea un’immagine personale di lui, quindi inizia a cercare di distruggere queste sue immagini agendo contrariamente a ciò che aveva fatto sin ora, finendo inevitabilmente nell’essere considerato pazzo. (relativismo sulla pazzia).(es: Marco di Dio, poveraccio sfrattato da Vitangelo, che però gli regala subito una casa).Come già detto, lo schema seguito dai personaggi non varia nel passaggio tra romanzo e novella, anzi a volte risulta essere più marcato. Nella novella da noi analizzata: “il treno ha fischiato” (da le “Novelle per un anno”), il protagonista della vicenda, Belluca, capovolge improvvisamente il suo carattere mite e docile in seguito al fischio di un treno. Belluca è un impiegato contabile che conduce una vita misera e piena di problemi, sia a casa che sul lavoro dove viene sfruttato e umiliato dal suo capo; in seguito al fischio del treno, Belluca si ribella improvvisamente al suo capo e inizia a fare discorsi mai fatti (pesci, natura, arte ecc…) finendo inevitabilmente al manicomio. Il fischio del treno non ha reso pazzo il protagonista, ma consapevole della sua condizione, sia per quanto riguarda la sua via sia per quanto riguarda il tema delle maschere. Da ciò dobbiamo dedurre che il termine pazzia, a volte comprende molti aspetti che nulla hanno a che vedere con disturbi psichici, anzi, tutto l’opposto.

Italo Svevo
Se Luigi Pirandello propone un forte relativismo per quanto riguarda atteggiamenti Ritenuti “folli”, Italo Svevo porta all’estremo questo relativismo mettendo in dubbio il folle in sé, ovvero, il rapporto sano-malato. Italo Svevo è un autore che ha avuto molte influenze da Freud e Joyce, parliamo quindi di tematiche riguardanti la parte irrazionale di noi stessi: l’inconscio. La parte su cui ci interessa riflettere si trova nel romanzo che ha consacrato Svevo alla letteratura, “La coscienza di Zeno”: diviso in capitoli, questo romanzo viene scritto in netta contrapposizione e come critica alla psicoanalisi freudiana; Bruno Veneziani, il cognato di Svevo, si era rivolto direttamente a Freud per una cura, Freud giudica il caso di Bruno “incurabile”, e questo fatto fa scaturire in Svevo la convinzione dell’inutilità della psicoanalisi come cura, e dell’estrema utilità che questa pratica può avere in letteratura.
La coscienza di Zeno infatti è scritta in forma di autoanalisi, il personaggio presentato è Zeno Cosini, ma l’intera opera deriva naturalmente da un’autoanalisi di Svevo stesso.
Servendosi della psicoanalisi, Svevo riesce a tirare fuori, passo dopo passo, i segreti di Zeno (particolare importanza ha il capitolo “La morte del padre). Nell’ultimo capitolo dell’opera intitolato “Psicoanalisi”, Zeno guarisce grazie alla pratica del commercio che gli fa acquisire consapevolezza delle sue qualità. La riflessione sul sano e sul malato che Svevo propone esprime un nuovo relativismo, la salute e la malattia come convinzioni. “La malattia è una convinzione ed io nacqui con quella convinzione”, così Zeno parla nei primi capitoli, ma non si ferma qui, Zeno dice anche che “La salute nasce da un paragone”, non esistono persone sane e malate, esistono persone “convinte” di essere malate e persone “persuase” dalla massa e dalla società a considerarsi sane. In particolare possiamo dire che forse, per Svevo, è meglio essere convinti di essere malati che illudersi di essere sani.

Perez
- BIOGRAFIA: http://www.italialibri.net/autori/svevoi.html
- UNA VITA: http://www.my-libraryblog.com/2007/06/17/una-vita-italo-svevo/
- LA COSCIENZA DI ZENO: http://www.italialibri.net/opere/coscienzadizeno.html
- Confronto (TRA LE OPERE CHIARAMENTE) DI SVEVO E PIRANDELLO: http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20080613012802AAvqFeE

=)

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