Il giardino incantato
per favore potete aiutarmi ? devo fare un riasunto ma non so come poter fare nel miglior modo possibile potete aiutarmi
Risposte
E LE FONTI??????
Aggiunto 52 secondi più tardi:
Almeno non postare a caso dai siti...hai messo il riassunto di 3 diversi racconti di cui solo il primo c'entra con la domanda!
Aggiunto 52 secondi più tardi:
Almeno non postare a caso dai siti...hai messo il riassunto di 3 diversi racconti di cui solo il primo c'entra con la domanda!
SOLUZIONI ESEMPLIFICATIVE
A] Riassunto del racconto Il Giardino incantato di I. Calvino (massimo 700 parole)
In un giorno d’estate due bambini giocano felici sotto il sole.
Può chiamarsi con una parola impegnativa, “amore” l’amicizia che li lega? Loro non lo sanno né se lo
chiedono, appagati della reciproca fiducia che fa pensare a Serenella che con Giovannino può sentirsi sempre
al sicuro e a Giovannino che Serenella è coraggiosa e, a differenza di tutte le altre bambine, non piange mai.
La gioia che li unisce è una magia capace di trasformare ogni gioco in un’avventura meravigliosa: come
prima, quando erano andati a caccia di granchi tra le squame azzurre del mare, come adesso che camminano
in equilibrio sui binari della ferrovia tenendosi per mano e saltano da una traversina all’altra attenti a non
sfiorare con i piedi le pietre sottostanti. Ogni loro momento condiviso è perfetto, quasi fosse il primo della
storia del mondo.
Lo scarto di uno scambio li attira verso l’ingresso nero e misterioso della galleria: arriverà il treno! Ma
Giovannino ha già scovato una fessura lungo la grande siepe di campanule e convolvoli che costeggia i
binari. Dietro, una rete di recinzione slabbrata e arrotolata su se stessa: da lì comincia un altro mondo!
Dopo che Giovannino ha aiutato Serenella a sgusciare al di là del confine, si ritrovano entrambi carponi
nell’aiuola di un immenso giardino. Che scenario da fiaba! Vialetti di ghiaia, eucalipti altissimi che con i loro
rami intrecciati levano verso il cielo arcate di foglie che ricordano le architetture di una cattedrale antica.
Uno sconfinato silenzio tutt’intorno, rotto appena da un volo di passeri. E se il giardino fosse abbandonato?
Giovannino e Serenella si inoltrano tra i viali e le aiuole, guardinghi ma curiosi, sino a che appare
dinnanzi ai loro occhi una grande villa dai vetri scintillanti nel sole. Ma allora i padroni del giardino
potrebbero comparire da un momento all’altro, sgridarli per la loro incursione e cacciarli via!
Per nascondere la paura Giovannino si mette a spingere una carriola e Serenella vi si accomoda come su
una sontuosa carrozza, indicando al suo cavaliere i fiori che più le piacciono perché possa raccoglierli per lei,
formandone un bel mazzetto. È così che giungono ai bordi di una piscina azzurrissima. L’acqua è tanto
invitante che, nonostante il timore di essere scoperti, non sanno resistere e, pur attenti a non attirare
l’attenzione, si regalano un magnifico bagno. Usciti dall’acqua, ancora con circospezione, scambiano
qualche battuta al tavolo da ping-pong che hanno scoperto vicino alla piscina, ma un colpo mal parato da
Giovannino manda la pallina proprio contro un gong sospeso tra i sostegni di una pergola. Ecco, adesso è
finita! Giovannino e Serenella, impauriti, percepiscono che ora saranno cacciati da quel giardino incantato.
Invece, due servitori in livrea escono dalla villa reggendo vassoi che depositano su un tavolo all’ombra. Ai
bambini basta nascondersi un momento per potersi poi servire indisturbati di quella magnifica e imprevista
merenda: latte, tè e dolci a volontà. La sensazione che soltanto per una distrazione del destino sia loro
concesso di stare in quel posto bellissimo li rende, però, sospettosi e altera il gusto dei dolci e delle bevande,
mentre li fa stare seduti sull’orlo delle sedie.
Ancora invasi dal disagio e da quella strana paura, Giovannino e Serenella si avvicinano alla villa per
sbirciare tra le stecche di una persiana. Ed è così che finalmente lo vedono, il padrone di quel giardino e di
quella casa in cui si sentono irrimediabilmente degli intrusi: è un ragazzo pallido e smunto che, in pigiama,
seduto su una sedia a sdraio, sfoglia un grande libro illustrato. Non solo non ha un’espressione felice, anzi
sembra che tra quelle meraviglie si senta come loro un intruso, e come loro provi quell’oscuro senso di colpa
che li riempie di amarezza. Anche lui, dunque, deve a nient’altro che a una svista del destino di poter abitare
quella villa, di godere la bellezza di quel giardino?
Senza accorgersene, è così che Giovannino e Serenella scoprono, d’un tratto, tutta l’infelicità del mondo.
E, ancora senza che ne possano dire il perché, usciti lentamente dal recinto del giardino, li prende
incontenibile la voglia di tornare a divertirsi, al mare. Lentamente, facendo a ritroso il cammino, recuperano
la spiaggia e lì, finalmente liberi e felici, inventano un nuovo gioco: una battaglia con le alghe, che si
scagliano addosso vicendevolmente, fino a che il sole tramonta.
2
B] Riassunto del racconto Coscienza di I. Calvino (massimo 200 parole)
Essendo scoppiata una guerra nel suo paese, Luigi si arruolò volontario. Presentatosi a
ritirare l’equipaggiamento, dichiarò che doveva ammazzare un certo Alberto. Gli spiegarono che in
guerra si ammazzano i nemici, ma Luigi replicò convinto che Alberto era un suo nemico, anzi un
farabutto che lo aveva disonorato e quindi meritava di essere punito, pertanto lo avrebbe cercato e
ucciso. Insistettero che in guerra bisogna ammazzare il nemico, non il primo che capita. Luigi
continuava a sostenere convinto la sua posizione.
Alla fine lo spedirono al fronte e Luigi, seppur a malavoglia, cominciò ad ammazzare
nemici, sperando di colpire anche Alberto o qualche suo parente. Ricevette molte medaglie ma in
cuor suo sentiva rimorso per aver ammazzato molte persone e non il suo vero nemico.
I nemici si arresero e la guerra finì prima che Luigi si fosse imbattuto in Alberto. Con tutti
quei morti sulla coscienza, Luigi si recò nel paese dei suoi nemici e cominciò a distribuire le
medaglie ricevute ai parenti delle sue vittime. Fu così che si imbatté casualmente in Alberto e lo
uccise.
Subito fu arrestato, accusato di omicidio e condannato all’impiccagione. Durante il processo
e fino alla fine, cercò invano di scagionarsi, spiegando le motivazioni del suo gesto, ma non fu
ascoltato.
3
C] Sintesi dell’articolo di JOSÉ SARAMAGO, Quel vecchio uomo che abbracciava gli alberi (circa 350 parole)
«Difendere gli alberi è difendere la vita». Potrebbe essere questo lo slogan che riassume la bella
pagina del Premio Nobel per la letteratura José Saramago in difesa delle foreste primordiali e a
sostegno della campagna promossa da Greenpeace, intitolata “Libri Amici dei Boschi”.
Ma lo scrittore portoghese, anziché dilungarsi a spiegare con dotte argomentazioni le ragioni
che lo hanno indotto a partecipare al progetto di Greenpeace, preferisce raccontare ai suoi lettori un
episodio reale, legato alla figura del nonno e che fa parte delle sue memorie familiari. Racconta
infatti che il nonno, Jerónimo, un povero contadino analfabeta, poco acculturato ma con uno spirito
profondamente abitato da un sapere arcaico e da una saggezza antica, sentendo avvicinarsi l’ora
della propria morte, prima di abbandonare questa vita, andò nel suo orto per congedarsi dagli alberi
che egli aveva piantato e curato per tanti anni. E li abbracciò piangendo, come se stesse per
accomiatarsi da esseri umani da lui tanti amati. Lo scrittore definisce «sublime» questa lezione di
vita impartitagli dal nonno e, pur non conoscendo le motivazioni di quel gesto, riflette sulla logica
che poteva averlo guidato. Certo gli alberi sono abbarbicati alla terra, non si muovono, se noi li
sradichiamo muoiono. Non solo: gli alberi hanno bisogno della terra per vivere, perché da lì
ricevono il loro nutrimento e per converso la vita sulla terra non sarebbe possibile senza gli alberi.
Sono essi i primi e veri abitanti del Pianeta Terra.
Nonno Jerónimo con il suo gesto voleva sottolineare questa simbiosi tra l’albero e la terra
ma voleva anche esprimere la sua riconoscenza a quelle forme viventi che avevano collaborato alla
sua sopravvivenza e a cui egli aveva prodigato numerose cure e attenzioni.
Quando gli organizzatori della campagna “Libri Amici degli Alberi” si rivolsero a José
Saramago, chiedendogli il suo appoggio, lo scrittore si ricordò il gesto del nonno e capì che era suo
dovere fare qualcosa di concreto, mandare un segnale positivo e pacifico ai suoi lettori e al mondo.
Decise di aderire alla campagna per un utilizzo sostenibile delle foreste e dei boschi, impegnandosi
a pubblicare i suoi libri, le nuove edizioni, le traduzioni e le ristampe, impiegando solo ed
esclusivamente carta FSC, cioè un tipo di carta riciclata che viene prodotta utilizzando tecniche
poco inquinanti.
4
D] Utilizzando al meglio le informazioni e i giudizi di Giorgio Montefoschi, nella pagina
giornalistica dedicata a Pietro Citati, provate a ricavarne una sintesi [quindici righe, massimo
duecento parole].
Pietro Citati critico e saggista, autore di volumi di elegante gusto critico, nelle pagine del suo
recente saggio La luce della notte, affida al personaggio principale la lettura di alcuni libri che rappresentano
il meglio delle sue letture, quei libri che egli legge e rilegge - con la partecipazione del cuore, la sagacia
dell'intelletto -. Ma il personaggio-lettore non rimane ibernato in una fissità immobile bensì assume
fisionomie cangianti, alla stregua di un viaggiatore nel passato, di un archeologi o addirittura di una mago.
Così come gli incantati ascoltatori delle favole notturne di Shahrazàde, i moderni lettori consumano le pagine
del libro catturati da magistrali spiriti beffardi che li aiutano a comprendere con leggerezza la problematicità
del mondo nel suo continuo divenire.
Il lettore-viaggiatore di Citati ha stipato nella borsa da viaggio le Storie di Erodoto, il primo reporter della
cultura occidentale, l'Iliade e l'Odissea, le Metamorfosi di Apuleio, alcuni dialoghi platonici, il Fedro, san
Paolo e sant'Agostino. Nelle sue peregrinazioni tra quelle pagine apprende che l’Amore è stato e sarà sempre
la linfa vitale che ha nutrito e nutrirà tutte le culture. Nessuno sa come nasce l’Amore. Questo rimane il
grande segreto che neppure Citati può svelare. Eppure questo è il tema che domina incontrastato nelle pagine
de La luce della notte: un libro bellissimo, più avvincente di un romanzo.
E] Riassunto del racconto di Elsa Morante
Innocenza
Il piccolo Camillo, lasciato a casa in compagnia della nonna, un’esile donna di
novantaquattro anni consumata dall’età, passa il suo tempo contando le pietre del
pavimento. All’improvviso sente bussare alla porta e a nulla serve avvertire l’anziana
che, a causa della sua sordità, fraintende le parole del nipote, corso nel frattempo ad
aprire. Gli si presenta una signora di grande fascino, nonostante l’eccentricità del suo
abbigliamento e la bizzarria delle movenze: il corpo è avvolto in una pelliccia viola, i
capelli sono disordinati, mentre il viso e le mani trasmettono una sensazione di glaciale
tristezza. Fattala accomodare all’ingresso, Camillo la intrattiene parlando dei problemi
senili della nonna e dei doni che vorrebbe farle, una volta cresciuto, per renderle più
facile la vita. Dopo aver ascoltato e sorriso dell’innocenza del bambino, la misteriosa
donna decide di andarsene e, uscendo, porta con sé un oggetto sottratto alla casa che il
bambino identifica con una strana «bambolina di legno»: in quel momento la nonna si
addormenta, per sempre. Il nipote, una volta adulto, comprende che quella donna era la
Morte, giunta a prendere l’anima dell’anziana.
F] Riassunto del passo di A. Moravia
Viaggiare in India
In questo articolo, tratto da Un’idea dell’India, Alberto Moravia cerca di spiegare al
lettore cosa significhi davvero viaggiare in India: il fascino per l’esotismo si scontra
subito con l’aspetto reale di città molto simili tra loro, segnate dalla povertà; non
trovandosi davanti all’indiscutibile bellezza di un paese come l’Italia, l’attenzione deve
rivolgersi altrove, alla diversità umana, in cui ritrovare le radici della nostra società,
seppur tanto lontana.
Percorrendo in automobile la penisola indiana, affrontando un qualsiasi itinerario, è
subito chiaro come alcuni aspetti siano indimenticabili, anche da un punto di vista
paesaggistico. Lo sguardo è subito attratto dalla maestosità degli alberi – tra i quali il
banjan, quasi un simbolo come i cedri del Libano – che, costeggiando le strade o
rompendo la monotonia della selvaggia e arida jungla (habitat naturale per grossi felini
come leopardi, pantere e tigri), offrono riparo ai contadini o ad un santone impegnato
nella meditazione, mentre sulle loro chiome vivono scoiattoli e pappagalli.
Non si possono scordare i passaggi a livello: ogni volta che si abbassa la sbarra,
vengono animati con spettacoli improvvisati da incantatori di serpenti e domatori d’orsi,
pronti a scomparire non appena il treno sia transitato. Il Nord del paese è ricco di fiumi,
ma povero di ponti, cosicché è frequente la possibilità di servirsi di traghetti per
raggiungere la sponda opposta a quella in cui ci si trova: l’umanità più diversa si
accalca, con i propri bagagli, nell’attesa della fatiscente chiatta.
In tutto il paese ci sono mezzo milione di villaggi, distinguibili in due tipologie: quelli
di sola abitazione e i villaggi-bazar. I primi, lontani dal transito dei mezzi e per questo
visibili in lontananza, sorgono spesso nelle vicinanze di una pozza d’acqua, hanno un
luogo dedicato al culto e la bellezza degli abitanti traspare anche attraverso la profonda
dignità che li caratterizza nello svolgimento delle umili azioni quotidiane; i secondi, si
snodano lungo la strada principale, i cui lati sono affollati di botteghe dove è possibile
trovare gli oggetti più disparati. Ma l’aspetto più interessante di questo tipo di vita, è la
naturalezza con cui l’intimità famigliare è condivisa naturalmente con gli altri abitanti.
Può accadere che un viaggiatore si trovi a pernottare nelle rest-houses, residenze statali
a basso costo, la cui architettura porta i segni della dominazione inglese. Nonostante
l’aspetto non propriamente indiano, qui è ancora possibile assaporare i tipici piatti del
paese, impossibili invece da trovare negli alberghi di stampo occidentale. L’esperienza
colonialista è molto evidente in alcune città: arrivare a Calcutta non è diverso che
giungere in una qualche metropoli inglese e solo la vegetazione o qualche tempio di
Visnù ci fanno capire di non essere a Glasgow o Liverpool.
A] Riassunto del racconto Il Giardino incantato di I. Calvino (massimo 700 parole)
In un giorno d’estate due bambini giocano felici sotto il sole.
Può chiamarsi con una parola impegnativa, “amore” l’amicizia che li lega? Loro non lo sanno né se lo
chiedono, appagati della reciproca fiducia che fa pensare a Serenella che con Giovannino può sentirsi sempre
al sicuro e a Giovannino che Serenella è coraggiosa e, a differenza di tutte le altre bambine, non piange mai.
La gioia che li unisce è una magia capace di trasformare ogni gioco in un’avventura meravigliosa: come
prima, quando erano andati a caccia di granchi tra le squame azzurre del mare, come adesso che camminano
in equilibrio sui binari della ferrovia tenendosi per mano e saltano da una traversina all’altra attenti a non
sfiorare con i piedi le pietre sottostanti. Ogni loro momento condiviso è perfetto, quasi fosse il primo della
storia del mondo.
Lo scarto di uno scambio li attira verso l’ingresso nero e misterioso della galleria: arriverà il treno! Ma
Giovannino ha già scovato una fessura lungo la grande siepe di campanule e convolvoli che costeggia i
binari. Dietro, una rete di recinzione slabbrata e arrotolata su se stessa: da lì comincia un altro mondo!
Dopo che Giovannino ha aiutato Serenella a sgusciare al di là del confine, si ritrovano entrambi carponi
nell’aiuola di un immenso giardino. Che scenario da fiaba! Vialetti di ghiaia, eucalipti altissimi che con i loro
rami intrecciati levano verso il cielo arcate di foglie che ricordano le architetture di una cattedrale antica.
Uno sconfinato silenzio tutt’intorno, rotto appena da un volo di passeri. E se il giardino fosse abbandonato?
Giovannino e Serenella si inoltrano tra i viali e le aiuole, guardinghi ma curiosi, sino a che appare
dinnanzi ai loro occhi una grande villa dai vetri scintillanti nel sole. Ma allora i padroni del giardino
potrebbero comparire da un momento all’altro, sgridarli per la loro incursione e cacciarli via!
Per nascondere la paura Giovannino si mette a spingere una carriola e Serenella vi si accomoda come su
una sontuosa carrozza, indicando al suo cavaliere i fiori che più le piacciono perché possa raccoglierli per lei,
formandone un bel mazzetto. È così che giungono ai bordi di una piscina azzurrissima. L’acqua è tanto
invitante che, nonostante il timore di essere scoperti, non sanno resistere e, pur attenti a non attirare
l’attenzione, si regalano un magnifico bagno. Usciti dall’acqua, ancora con circospezione, scambiano
qualche battuta al tavolo da ping-pong che hanno scoperto vicino alla piscina, ma un colpo mal parato da
Giovannino manda la pallina proprio contro un gong sospeso tra i sostegni di una pergola. Ecco, adesso è
finita! Giovannino e Serenella, impauriti, percepiscono che ora saranno cacciati da quel giardino incantato.
Invece, due servitori in livrea escono dalla villa reggendo vassoi che depositano su un tavolo all’ombra. Ai
bambini basta nascondersi un momento per potersi poi servire indisturbati di quella magnifica e imprevista
merenda: latte, tè e dolci a volontà. La sensazione che soltanto per una distrazione del destino sia loro
concesso di stare in quel posto bellissimo li rende, però, sospettosi e altera il gusto dei dolci e delle bevande,
mentre li fa stare seduti sull’orlo delle sedie.
Ancora invasi dal disagio e da quella strana paura, Giovannino e Serenella si avvicinano alla villa per
sbirciare tra le stecche di una persiana. Ed è così che finalmente lo vedono, il padrone di quel giardino e di
quella casa in cui si sentono irrimediabilmente degli intrusi: è un ragazzo pallido e smunto che, in pigiama,
seduto su una sedia a sdraio, sfoglia un grande libro illustrato. Non solo non ha un’espressione felice, anzi
sembra che tra quelle meraviglie si senta come loro un intruso, e come loro provi quell’oscuro senso di colpa
che li riempie di amarezza. Anche lui, dunque, deve a nient’altro che a una svista del destino di poter abitare
quella villa, di godere la bellezza di quel giardino?
Senza accorgersene, è così che Giovannino e Serenella scoprono, d’un tratto, tutta l’infelicità del mondo.
E, ancora senza che ne possano dire il perché, usciti lentamente dal recinto del giardino, li prende
incontenibile la voglia di tornare a divertirsi, al mare. Lentamente, facendo a ritroso il cammino, recuperano
la spiaggia e lì, finalmente liberi e felici, inventano un nuovo gioco: una battaglia con le alghe, che si
scagliano addosso vicendevolmente, fino a che il sole tramonta.
2
B] Riassunto del racconto Coscienza di I. Calvino (massimo 200 parole)
Essendo scoppiata una guerra nel suo paese, Luigi si arruolò volontario. Presentatosi a
ritirare l’equipaggiamento, dichiarò che doveva ammazzare un certo Alberto. Gli spiegarono che in
guerra si ammazzano i nemici, ma Luigi replicò convinto che Alberto era un suo nemico, anzi un
farabutto che lo aveva disonorato e quindi meritava di essere punito, pertanto lo avrebbe cercato e
ucciso. Insistettero che in guerra bisogna ammazzare il nemico, non il primo che capita. Luigi
continuava a sostenere convinto la sua posizione.
Alla fine lo spedirono al fronte e Luigi, seppur a malavoglia, cominciò ad ammazzare
nemici, sperando di colpire anche Alberto o qualche suo parente. Ricevette molte medaglie ma in
cuor suo sentiva rimorso per aver ammazzato molte persone e non il suo vero nemico.
I nemici si arresero e la guerra finì prima che Luigi si fosse imbattuto in Alberto. Con tutti
quei morti sulla coscienza, Luigi si recò nel paese dei suoi nemici e cominciò a distribuire le
medaglie ricevute ai parenti delle sue vittime. Fu così che si imbatté casualmente in Alberto e lo
uccise.
Subito fu arrestato, accusato di omicidio e condannato all’impiccagione. Durante il processo
e fino alla fine, cercò invano di scagionarsi, spiegando le motivazioni del suo gesto, ma non fu
ascoltato.
3
C] Sintesi dell’articolo di JOSÉ SARAMAGO, Quel vecchio uomo che abbracciava gli alberi (circa 350 parole)
«Difendere gli alberi è difendere la vita». Potrebbe essere questo lo slogan che riassume la bella
pagina del Premio Nobel per la letteratura José Saramago in difesa delle foreste primordiali e a
sostegno della campagna promossa da Greenpeace, intitolata “Libri Amici dei Boschi”.
Ma lo scrittore portoghese, anziché dilungarsi a spiegare con dotte argomentazioni le ragioni
che lo hanno indotto a partecipare al progetto di Greenpeace, preferisce raccontare ai suoi lettori un
episodio reale, legato alla figura del nonno e che fa parte delle sue memorie familiari. Racconta
infatti che il nonno, Jerónimo, un povero contadino analfabeta, poco acculturato ma con uno spirito
profondamente abitato da un sapere arcaico e da una saggezza antica, sentendo avvicinarsi l’ora
della propria morte, prima di abbandonare questa vita, andò nel suo orto per congedarsi dagli alberi
che egli aveva piantato e curato per tanti anni. E li abbracciò piangendo, come se stesse per
accomiatarsi da esseri umani da lui tanti amati. Lo scrittore definisce «sublime» questa lezione di
vita impartitagli dal nonno e, pur non conoscendo le motivazioni di quel gesto, riflette sulla logica
che poteva averlo guidato. Certo gli alberi sono abbarbicati alla terra, non si muovono, se noi li
sradichiamo muoiono. Non solo: gli alberi hanno bisogno della terra per vivere, perché da lì
ricevono il loro nutrimento e per converso la vita sulla terra non sarebbe possibile senza gli alberi.
Sono essi i primi e veri abitanti del Pianeta Terra.
Nonno Jerónimo con il suo gesto voleva sottolineare questa simbiosi tra l’albero e la terra
ma voleva anche esprimere la sua riconoscenza a quelle forme viventi che avevano collaborato alla
sua sopravvivenza e a cui egli aveva prodigato numerose cure e attenzioni.
Quando gli organizzatori della campagna “Libri Amici degli Alberi” si rivolsero a José
Saramago, chiedendogli il suo appoggio, lo scrittore si ricordò il gesto del nonno e capì che era suo
dovere fare qualcosa di concreto, mandare un segnale positivo e pacifico ai suoi lettori e al mondo.
Decise di aderire alla campagna per un utilizzo sostenibile delle foreste e dei boschi, impegnandosi
a pubblicare i suoi libri, le nuove edizioni, le traduzioni e le ristampe, impiegando solo ed
esclusivamente carta FSC, cioè un tipo di carta riciclata che viene prodotta utilizzando tecniche
poco inquinanti.
4
D] Utilizzando al meglio le informazioni e i giudizi di Giorgio Montefoschi, nella pagina
giornalistica dedicata a Pietro Citati, provate a ricavarne una sintesi [quindici righe, massimo
duecento parole].
Pietro Citati critico e saggista, autore di volumi di elegante gusto critico, nelle pagine del suo
recente saggio La luce della notte, affida al personaggio principale la lettura di alcuni libri che rappresentano
il meglio delle sue letture, quei libri che egli legge e rilegge - con la partecipazione del cuore, la sagacia
dell'intelletto -. Ma il personaggio-lettore non rimane ibernato in una fissità immobile bensì assume
fisionomie cangianti, alla stregua di un viaggiatore nel passato, di un archeologi o addirittura di una mago.
Così come gli incantati ascoltatori delle favole notturne di Shahrazàde, i moderni lettori consumano le pagine
del libro catturati da magistrali spiriti beffardi che li aiutano a comprendere con leggerezza la problematicità
del mondo nel suo continuo divenire.
Il lettore-viaggiatore di Citati ha stipato nella borsa da viaggio le Storie di Erodoto, il primo reporter della
cultura occidentale, l'Iliade e l'Odissea, le Metamorfosi di Apuleio, alcuni dialoghi platonici, il Fedro, san
Paolo e sant'Agostino. Nelle sue peregrinazioni tra quelle pagine apprende che l’Amore è stato e sarà sempre
la linfa vitale che ha nutrito e nutrirà tutte le culture. Nessuno sa come nasce l’Amore. Questo rimane il
grande segreto che neppure Citati può svelare. Eppure questo è il tema che domina incontrastato nelle pagine
de La luce della notte: un libro bellissimo, più avvincente di un romanzo.
E] Riassunto del racconto di Elsa Morante
Innocenza
Il piccolo Camillo, lasciato a casa in compagnia della nonna, un’esile donna di
novantaquattro anni consumata dall’età, passa il suo tempo contando le pietre del
pavimento. All’improvviso sente bussare alla porta e a nulla serve avvertire l’anziana
che, a causa della sua sordità, fraintende le parole del nipote, corso nel frattempo ad
aprire. Gli si presenta una signora di grande fascino, nonostante l’eccentricità del suo
abbigliamento e la bizzarria delle movenze: il corpo è avvolto in una pelliccia viola, i
capelli sono disordinati, mentre il viso e le mani trasmettono una sensazione di glaciale
tristezza. Fattala accomodare all’ingresso, Camillo la intrattiene parlando dei problemi
senili della nonna e dei doni che vorrebbe farle, una volta cresciuto, per renderle più
facile la vita. Dopo aver ascoltato e sorriso dell’innocenza del bambino, la misteriosa
donna decide di andarsene e, uscendo, porta con sé un oggetto sottratto alla casa che il
bambino identifica con una strana «bambolina di legno»: in quel momento la nonna si
addormenta, per sempre. Il nipote, una volta adulto, comprende che quella donna era la
Morte, giunta a prendere l’anima dell’anziana.
F] Riassunto del passo di A. Moravia
Viaggiare in India
In questo articolo, tratto da Un’idea dell’India, Alberto Moravia cerca di spiegare al
lettore cosa significhi davvero viaggiare in India: il fascino per l’esotismo si scontra
subito con l’aspetto reale di città molto simili tra loro, segnate dalla povertà; non
trovandosi davanti all’indiscutibile bellezza di un paese come l’Italia, l’attenzione deve
rivolgersi altrove, alla diversità umana, in cui ritrovare le radici della nostra società,
seppur tanto lontana.
Percorrendo in automobile la penisola indiana, affrontando un qualsiasi itinerario, è
subito chiaro come alcuni aspetti siano indimenticabili, anche da un punto di vista
paesaggistico. Lo sguardo è subito attratto dalla maestosità degli alberi – tra i quali il
banjan, quasi un simbolo come i cedri del Libano – che, costeggiando le strade o
rompendo la monotonia della selvaggia e arida jungla (habitat naturale per grossi felini
come leopardi, pantere e tigri), offrono riparo ai contadini o ad un santone impegnato
nella meditazione, mentre sulle loro chiome vivono scoiattoli e pappagalli.
Non si possono scordare i passaggi a livello: ogni volta che si abbassa la sbarra,
vengono animati con spettacoli improvvisati da incantatori di serpenti e domatori d’orsi,
pronti a scomparire non appena il treno sia transitato. Il Nord del paese è ricco di fiumi,
ma povero di ponti, cosicché è frequente la possibilità di servirsi di traghetti per
raggiungere la sponda opposta a quella in cui ci si trova: l’umanità più diversa si
accalca, con i propri bagagli, nell’attesa della fatiscente chiatta.
In tutto il paese ci sono mezzo milione di villaggi, distinguibili in due tipologie: quelli
di sola abitazione e i villaggi-bazar. I primi, lontani dal transito dei mezzi e per questo
visibili in lontananza, sorgono spesso nelle vicinanze di una pozza d’acqua, hanno un
luogo dedicato al culto e la bellezza degli abitanti traspare anche attraverso la profonda
dignità che li caratterizza nello svolgimento delle umili azioni quotidiane; i secondi, si
snodano lungo la strada principale, i cui lati sono affollati di botteghe dove è possibile
trovare gli oggetti più disparati. Ma l’aspetto più interessante di questo tipo di vita, è la
naturalezza con cui l’intimità famigliare è condivisa naturalmente con gli altri abitanti.
Può accadere che un viaggiatore si trovi a pernottare nelle rest-houses, residenze statali
a basso costo, la cui architettura porta i segni della dominazione inglese. Nonostante
l’aspetto non propriamente indiano, qui è ancora possibile assaporare i tipici piatti del
paese, impossibili invece da trovare negli alberghi di stampo occidentale. L’esperienza
colonialista è molto evidente in alcune città: arrivare a Calcutta non è diverso che
giungere in una qualche metropoli inglese e solo la vegetazione o qualche tempio di
Visnù ci fanno capire di non essere a Glasgow o Liverpool.