Help me.. please..! promessi sposi..molto urgente
capitolo 23
dovrei ricostruire brevemente il motivo che ha spinto l'innominato, dopo la notte d'angoscia, a muoversi in cerca di quel colloquio con Federigo Borromeo, sviluppando poi anche questi due punti:
- i due grandi protagonisti dell'episodio vengono colti,all'inizio, sospesi nel silenzio: come esso è diversamente animato?
- in che modo Federigo sorprende con il suo primo intervento il meravigliato signore?
qualcuno sa aiutarmi?? grazie
dovrei ricostruire brevemente il motivo che ha spinto l'innominato, dopo la notte d'angoscia, a muoversi in cerca di quel colloquio con Federigo Borromeo, sviluppando poi anche questi due punti:
- i due grandi protagonisti dell'episodio vengono colti,all'inizio, sospesi nel silenzio: come esso è diversamente animato?
- in che modo Federigo sorprende con il suo primo intervento il meravigliato signore?
qualcuno sa aiutarmi?? grazie
Risposte
1. il cardinale studiava quando vede il cardinale gli sorride e lo fa entrare. durante il silenzio L’Innominato era come straziato da due passioni opposte,voleva liberarsi dal suo tormento e si vergognava a chiedere pietà. il silenzio èinterrotto dal pianto in cui scoppia l'innominato. il cardinale rompe il pianto chiedendogli cosa avesse e dicendogli che Dio aveva toccato il suo cuore. Innominato piange ancora più a dirotto e poi il cardinale lo abbraccia e l'Innominato in quell'abbraccio ringrazia Dio per la grazia che gli aveva fatto
Federigo,appena lo vide gli sorrise elo fece entrare e gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, con le braccia aperte come se avesse desiderato quell'incontro e come se l'innominato fosse per lui una presenza gradita
Federigo,appena lo vide gli sorrise elo fece entrare e gli andò incontro, con un volto premuroso e sereno, con le braccia aperte come se avesse desiderato quell'incontro e come se l'innominato fosse per lui una presenza gradita
mi servirebbero sopratutto le risposte alle domande.. cmq grazie lo stesso
Il cappellano crocifero avverte il cardinale Federigo della visita dell'Innominato, e, nel contempo, lo invita a non riceverlo perché si tratta di un uomo pericoloso. Il vescovo invece insiste per vederlo immediatamente. Borbottando tra sé, il cappellano introduce l’Innominato e il vescovo lo accoglie a braccia aperte. Con un fare cortese e con parole amichevoli, Federigo mette l'Innominato a proprio agio e lo induce a rivelare i suoi turbamenti. Gli parla poi del perdono divino e a quelle parole, l'Innominato scoppia in pianto: la sua conversione è avvenuta e i due possono abbracciarsi. Il nobile racconta poi al vescovo del rapimento di Lucia e dichiara di volerla liberare al più presto. Federigo manda a chiamare il cappellano, il parroco del paese e don Abbondio, affinché si possa organizzare la liberazione di Lucia. Il cappellano annuncia la conversione dell'Innominato ai sacerdoti riuniti, poi chiama il parroco e don Abbondio. Quest'ultimo si fa avanti svogliatamente e dopo alcuni tentennamenti. Al parroco del paese, il cardinale ordina di trovare una donna che faccia coraggio a Lucia durante la sua liberazione. A don Abbondio chiede invece di accompagnare l'Innominato fino al castello per prendersi poi cura della fanciulla: il curato accampa scuse per evitare di viaggiare con quell'uomo che lo spaventa, ma alla fine è costretto ad eseguire gli ordini. L'Innominato e don Abbondio si apprestano ad iniziare il viaggio assieme al lettighiero del vescovo e a una donna incaricata dal parroco. Nell'attraversare la piazza gremita di gente, l'Innominato è guardato con ammirazione dalla folla che ha già saputo della sua conversione. Usciti dall'abitato, don Abbondio, ancora dubbioso circa il reale pentimento di quell'uomo, comincia un lungo soliloquio nel quale se la prende con coloro che hanno minacciato il suo quieto vivere. Accusa don Rodrigo di cercare sempre guai e di coinvolgervi anche gli altri. All'Innominato rimprovera il troppo clamore suscitato dalla sua conversione e al cardinale, la precipitazione nel fidarsi del nobile e, soprattutto, nell'affidargli il destino di un sacerdote. L'Innominato intanto, appare turbato dai rimorsi e dalle preoccupazioni per la nuova vita. Il gruppo oltrepassa la Malanotte e giunge nei pressi del castello, dove i bravi guardano il loro signore con perplessità e rispetto. Una volta arrivati sulla spianata antistante il castello, il nobile prega la donna di far subito coraggio a Lucia; poi l'accompagna, assieme a don Abbondio, nella stanza dov'è rinchiusa la ragazza.
Il capitolo rappresenta sia la continuazione del precedente, sia l'inizio e la fine del processo di conversione dell'Innominato. Idea della conversione che nasce dall'angosciosa notte seguita al rapimento di Lucia. Assistiamo in questo capitolo ad un lungo colloquio, che occupa tutta la parte centrale, tra il potente signore e il cardinale Borromeo. Quindi l'Innominato, accompagnato da don Abbondio, torna al castello per liberare Lucia.
Si può notare in questo 23° capitolo un fatto assai importante: chi si pensava fosse il vincitore della vicenda, vale a dire don Rodrigo, si trova in difficoltà (a causa della conversione dell'Innominato). I suoi terribili piani si incrinano e la storia inizia a prendere una nuova piega, in cui, finalmente, i "giusti" riescono ad "avere la meglio" sui malvagi, dopo un lasso di tempo (durato 22 capitoli) in cui i ruoli erano ribaltati.
I personaggi di questo capitolo sono essenzialmente tre: il cardinale, l'Innominato e don Abbondio. Tra i primi due uomini, emergono, dal dialogo che hanno, due personalità fortissime ed eccezionali. Si instaura anche un rapporto totalmente positivo. Si assiste ad un momento fortemente commovente che rischierebbe di cadere nel patetico. Rischio scongiurato dalla bravura del narratore che riprende il filo narrativo tornando al dramma di Lucia, ancora prigioniera nel castello. Inoltre torna un personaggio che dalla notte degli imbrogli era scomparso, vale a dire don Abbondio. Egli viene presentato attraverso un soliloquio, che è il modo tipico di presentazione dei pensieri del personaggio; esso costituisce una sorta di ricapitolazione di tutte le sue caratteristiche psicologiche, l'esposizione della "filosofia del quieto vivere". Questa tecnica narrativa mette in luce inoltre la personalità egocentrica del curato che colloca la sua persona al centro di tutto. Come lo studente ricorderà, don Abbondio era alla ricerca della propria tranquillità e della difesa dei propri interessi, ricordiamo infatti la sua frase "a un galantuomo, il quale badi a sé, e stia ne' suoi panni, non accadono mai brutti incontri". E' simpatico vedere come questo "motto" si trasformi nella causa di tutti i problemi dell'uomo di fede, in quanto proprio il suo modo di agire, così passivo, lo ha condotto nei guai. Emblematica la frase: "gli avessi maritati! non mi poteva accader di peggio". Il capitolo si chiude quindi con una nuova crisi dopo quella dell'Innominato, ovvero quella di don Abbondio, vittima dell'eccessivo amore verso se stesso.
spero di esserti stata utile
Il capitolo rappresenta sia la continuazione del precedente, sia l'inizio e la fine del processo di conversione dell'Innominato. Idea della conversione che nasce dall'angosciosa notte seguita al rapimento di Lucia. Assistiamo in questo capitolo ad un lungo colloquio, che occupa tutta la parte centrale, tra il potente signore e il cardinale Borromeo. Quindi l'Innominato, accompagnato da don Abbondio, torna al castello per liberare Lucia.
Si può notare in questo 23° capitolo un fatto assai importante: chi si pensava fosse il vincitore della vicenda, vale a dire don Rodrigo, si trova in difficoltà (a causa della conversione dell'Innominato). I suoi terribili piani si incrinano e la storia inizia a prendere una nuova piega, in cui, finalmente, i "giusti" riescono ad "avere la meglio" sui malvagi, dopo un lasso di tempo (durato 22 capitoli) in cui i ruoli erano ribaltati.
I personaggi di questo capitolo sono essenzialmente tre: il cardinale, l'Innominato e don Abbondio. Tra i primi due uomini, emergono, dal dialogo che hanno, due personalità fortissime ed eccezionali. Si instaura anche un rapporto totalmente positivo. Si assiste ad un momento fortemente commovente che rischierebbe di cadere nel patetico. Rischio scongiurato dalla bravura del narratore che riprende il filo narrativo tornando al dramma di Lucia, ancora prigioniera nel castello. Inoltre torna un personaggio che dalla notte degli imbrogli era scomparso, vale a dire don Abbondio. Egli viene presentato attraverso un soliloquio, che è il modo tipico di presentazione dei pensieri del personaggio; esso costituisce una sorta di ricapitolazione di tutte le sue caratteristiche psicologiche, l'esposizione della "filosofia del quieto vivere". Questa tecnica narrativa mette in luce inoltre la personalità egocentrica del curato che colloca la sua persona al centro di tutto. Come lo studente ricorderà, don Abbondio era alla ricerca della propria tranquillità e della difesa dei propri interessi, ricordiamo infatti la sua frase "a un galantuomo, il quale badi a sé, e stia ne' suoi panni, non accadono mai brutti incontri". E' simpatico vedere come questo "motto" si trasformi nella causa di tutti i problemi dell'uomo di fede, in quanto proprio il suo modo di agire, così passivo, lo ha condotto nei guai. Emblematica la frase: "gli avessi maritati! non mi poteva accader di peggio". Il capitolo si chiude quindi con una nuova crisi dopo quella dell'Innominato, ovvero quella di don Abbondio, vittima dell'eccessivo amore verso se stesso.
spero di esserti stata utile