Galileo galilei (43983)
ciao a tutti dovrei fare delle domande di questo brano:
Ma tornando al proposito, vegga com'egli di nuovo vuol pure ch'io abbia reputato gran mancamento nel P. Grassi l'aver egli aderito alla dottrina di Ticone, e risentitamente domanda: Chi ei doveva seguitare? forse Tolomeo, la cui dottrina dalle nuove osservazioni in Marte è scoperta per falsa? forse il Copernico, dal quale più presto si deve rivocar ognuno, mercé dell'ipotesi ultimamente dannata? Dove io noto più cose e prima, replico ch'è falsissimo ch'io abbia mai biasimato il seguitar Ticone, ancor che con ragione avessi potuto farlo, come pur finalmente dovrà restar manifesto a i suoi aderenti per l'Antiticone del signor cavalier Chiaramonte; sì che quanto qui scrive il Sarsi, è molto lontano dal proposito; e molto più fuor del caso s'introducono Tolomeo e Copernico, de' quali non si trova che scrivessero mai parola attenente a distanze, grandezze, movimenti e teoriche di comete, delle quali sole, e non d'altro, si è trattato, e con altrettanta occasione vi si potevano accoppiare Sofocle, e Bartolo, o Livio. Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all'opinioni di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d'un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d'un uomo, come l' Iliade e l' Orlando furioso, libri ne' quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Ma posto pur anco, come al Sarsi pare, che l'intelletto nostro debba farsi mancipio dell'intelletto d'un altr'uomo (lascio stare ch'egli, facendo così tutti, e se stesso ancora, copiatori, loderà in sé quello che ha biasimato nel signor Mario), e che nelle contemplazioni de' moti celesti si debba aderire ad alcuno, io non veggo per qual ragione ei s'elegga Ticone, anteponendolo a Tolomeo e a Nicolò Copernico, de' quali due abbiamo i sistemi del mondo interi e con sommo artificio costrutti e condotti al fine; cosa ch'io non veggo che Ticone abbia fatta, se già al Sarsi non basta l'aver negati gli altri due e promessone un altro, se ben poi non esseguito.
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2)sottolinea i passaggi nei quali l'autore si esprime esplicitamente contro l'ipse dixit.
3)che cosa significa che l'iliade e l'orlando furioso sono ''libri ne'quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero''? ti pare che attraverso questa affermazione si possa sostenere che galilei avesse coscienza della necessità di una separazione tra la scienza e le altre espressioni del pensiero umano? perchè, nel caso, questa sua posizione sarebbe nuova?e a quale rischio lo scienziato si espone nel sostenerla?rispondi con uno scritto di due pagine.
4)confronta il contenuto di questo passo del Saggiatore con quanto sostenuto da galilei nel dialogo sopra i due massimi sistemi, in particolare nel brano in cui si oppone al principio di autorità. quali sono i punti di contatto? quali i ragionamenti utilizzati dallo scienziato a sostegno della sua tesi nell'uno e nell'altro caso?argomenta le tue osservazioni all'interno di una saggio breve che non superi le due pagine.
perfavore aiutatemi....;(;(;(
grazie a tutti coloro
sono presenti nel brano alcuni accenni ironici: rintracciali e spiega la loro funzione
Ma tornando al proposito, vegga com'egli di nuovo vuol pure ch'io abbia reputato gran mancamento nel P. Grassi l'aver egli aderito alla dottrina di Ticone, e risentitamente domanda: Chi ei doveva seguitare? forse Tolomeo, la cui dottrina dalle nuove osservazioni in Marte è scoperta per falsa? forse il Copernico, dal quale più presto si deve rivocar ognuno, mercé dell'ipotesi ultimamente dannata? Dove io noto più cose e prima, replico ch'è falsissimo ch'io abbia mai biasimato il seguitar Ticone, ancor che con ragione avessi potuto farlo, come pur finalmente dovrà restar manifesto a i suoi aderenti per l'Antiticone del signor cavalier Chiaramonte; sì che quanto qui scrive il Sarsi, è molto lontano dal proposito; e molto più fuor del caso s'introducono Tolomeo e Copernico, de' quali non si trova che scrivessero mai parola attenente a distanze, grandezze, movimenti e teoriche di comete, delle quali sole, e non d'altro, si è trattato, e con altrettanta occasione vi si potevano accoppiare Sofocle, e Bartolo, o Livio. Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all'opinioni di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d'un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d'un uomo, come l' Iliade e l' Orlando furioso, libri ne' quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Ma posto pur anco, come al Sarsi pare, che l'intelletto nostro debba farsi mancipio dell'intelletto d'un altr'uomo (lascio stare ch'egli, facendo così tutti, e se stesso ancora, copiatori, loderà in sé quello che ha biasimato nel signor Mario), e che nelle contemplazioni de' moti celesti si debba aderire ad alcuno, io non veggo per qual ragione ei s'elegga Ticone, anteponendolo a Tolomeo e a Nicolò Copernico, de' quali due abbiamo i sistemi del mondo interi e con sommo artificio costrutti e condotti al fine; cosa ch'io non veggo che Ticone abbia fatta, se già al Sarsi non basta l'aver negati gli altri due e promessone un altro, se ben poi non esseguito.
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2)sottolinea i passaggi nei quali l'autore si esprime esplicitamente contro l'ipse dixit.
3)che cosa significa che l'iliade e l'orlando furioso sono ''libri ne'quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero''? ti pare che attraverso questa affermazione si possa sostenere che galilei avesse coscienza della necessità di una separazione tra la scienza e le altre espressioni del pensiero umano? perchè, nel caso, questa sua posizione sarebbe nuova?e a quale rischio lo scienziato si espone nel sostenerla?rispondi con uno scritto di due pagine.
4)confronta il contenuto di questo passo del Saggiatore con quanto sostenuto da galilei nel dialogo sopra i due massimi sistemi, in particolare nel brano in cui si oppone al principio di autorità. quali sono i punti di contatto? quali i ragionamenti utilizzati dallo scienziato a sostegno della sua tesi nell'uno e nell'altro caso?argomenta le tue osservazioni all'interno di una saggio breve che non superi le due pagine.
perfavore aiutatemi....;(;(;(
grazie a tutti coloro
sono presenti nel brano alcuni accenni ironici: rintracciali e spiega la loro funzione
Miglior risposta
Ma tornando al proposito, vegga com'egli di nuovo vuol pure ch'io abbia reputato gran mancamento nel P. Grassi l'aver egli aderito alla dottrina di Ticone, e risentitamente domanda: Chi ei doveva seguitare? forse Tolomeo, la cui dottrina dalle nuove osservazioni in Marte è scoperta per falsa? forse il Copernico, dal quale più presto si deve rivocar ognuno, mercé dell'ipotesi ultimamente dannata? Dove io noto più cose e prima, replico ch'è falsissimo ch'io abbia mai biasimato il seguitar Ticone, ancor che con ragione avessi potuto farlo, come pur finalmente dovrà restar manifesto a i suoi aderenti per l'Antiticone del signor cavalier Chiaramonte; sì che quanto qui scrive il Sarsi, è molto lontano dal proposito; e molto più fuor del caso s'introducono Tolomeo e Copernico, de' quali non si trova che scrivessero mai parola attenente a distanze, grandezze, movimenti e teoriche di comete, delle quali sole, e non d'altro, si è trattato, e con altrettanta occasione vi si potevano accoppiare Sofocle, e Bartolo, o Livio. Parmi, oltre a ciò, di scorgere nel Sarsi ferma credenza, che nel filosofare sia necessario appoggiarsi all'opinioni di qualche celebre autore, sì che la mente nostra, quando non si maritasse col discorso d'un altro, ne dovesse in tutto rimanere sterile ed infeconda; e forse stima che la filosofia sia un libro e una fantasia d'un uomo, come l' Iliade e l' Orlando furioso, libri ne' quali la meno importante cosa è che quello che vi è scritto sia vero. Signor Sarsi, la cosa non istà così. La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. Ma posto pur anco, come al Sarsi pare, che l'intelletto nostro debba farsi mancipio dell'intelletto d'un altr'uomo (lascio stare ch'egli, facendo così tutti, e se stesso ancora, copiatori, loderà in sé quello che ha biasimato nel signor Mario), e che nelle contemplazioni de' moti celesti si debba aderire ad alcuno, io non veggo per qual ragione ei s'elegga Ticone, anteponendolo a Tolomeo e a Nicolò Copernico, de' quali due abbiamo i sistemi del mondo interi e con sommo artificio costrutti e condotti al fine; cosa ch'io non veggo che Ticone abbia fatta, se già al Sarsi non basta l'aver negati gli altri due e promessone un altro, se ben poi non esseguito.
Ho sottolineato l'ipse dixit e messo in grassetto l'ironia
3. i libri citati non sono opere scientifiche, quindi non uano lo stesso linguaggio matematico dell'opera scientifica fatta di triangoli cerchi etc....la loro finalità non è quella di essere vere ma di essere coinvolgenti e ben scritte.
Galileo pone la separazione fra letteratura d'evasione e letteratura scientifica, dando alla prima il primato della fantasia e sdoganando la composizione letteraria dalla necessità di rispondere al vero religioso o scientifico che sia.Questo sottintende che nelle opere d'evasione non bisogna per forza rispettare le sacre scritture, le conoscenze matematiche e scientifiche, i saperi astronomici etc. La sua è una posizione innovativa perchè riconosce all'autore la libeertà di creare e di non sottostare alle leggi di altre discipline.
amplia tu lo spunto
prego!
Ho sottolineato l'ipse dixit e messo in grassetto l'ironia
3. i libri citati non sono opere scientifiche, quindi non uano lo stesso linguaggio matematico dell'opera scientifica fatta di triangoli cerchi etc....la loro finalità non è quella di essere vere ma di essere coinvolgenti e ben scritte.
Galileo pone la separazione fra letteratura d'evasione e letteratura scientifica, dando alla prima il primato della fantasia e sdoganando la composizione letteraria dalla necessità di rispondere al vero religioso o scientifico che sia.Questo sottintende che nelle opere d'evasione non bisogna per forza rispettare le sacre scritture, le conoscenze matematiche e scientifiche, i saperi astronomici etc. La sua è una posizione innovativa perchè riconosce all'autore la libeertà di creare e di non sottostare alle leggi di altre discipline.
amplia tu lo spunto
prego!
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