Commento poesia...help!!!

lessy
raga ho bisogno di aiuto sul commento di una poesia di eugenio montale: MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO..
ki di voi può aiutarmi???...x favore...(qualke informazione)..sto cercando di scrivere anke io qualkosa...ma verrebbe trp breve...

Risposte
missvale
Ottimo commento grazie

Pebla
Eugenio Montale, uno dei più importanti poeti del Novecento, esprime attraverso le sue opere le tematiche dell’uomo; tra le sue raccolte di poesie più conosciute “Ossi di seppia” nella quale si trova anche “Meriggiare”.
In un assolato pomeriggio estivo, Montale, appassionato poeta ligure, osserva, incantato e assorto, il paesaggio tipico della sua terra che lo circonda: un muretto reso rovente dal sole, qualche albero immobile, aridi sterpi, un profilo di montagne brulle sullo sfondo e, su tutte le cose, un senso di sconsolata solitudine. Solo a tratti il paesaggio si anima di un guizzo fresco, di un ‘palpito’ lontano di mare.
Solitudine e silenzio sono, a poco a poco animati e interrotti da file d’infaticabili formiche, dai cinguettii assonnati di uccelli e dal frinire assordante delle cicale sulle montagne spoglie.
Osservando questa natura immobile, il poeta si accorge, con doloroso stupore, che tutta l’esistenza umana, tutte le nostre lotte sono un cammino senza fine nel sole abbagliante vicino a un muro invalicabile.
Noi vorremmo cambiare il nostro destino, andare oltre questa muraglia, ma non possiamo, perché la sua cima è piena di pezzi taglienti di bottiglia che la rendono insormontabile.
Quella di Montale è una poesia ‘moderna’, molto significativa, da interpretare personalmente, descrittiva e ‘filosofica’: agli scorci di paesaggio si alternano considerazioni pessimistiche sul significato della vita e sul destino dell’uomo.
Mi ha molto colpito la descrizione del paesaggio arido e assolato, animato a tratti da un fuggevole palpito di ‘scaglie di mare’, e il linguaggio usato dal poeta: personale (‘scricchi’, ‘fruschi’, ‘calvi picchi’) e soprattutto per l’uso continuo di verbi all’infinito, con lo scopo di accrescere il senso di solitudine, di disperato vagabondare dell’uomo che non avrà mai la possibilità di cambiare la sua strada, di mutare il suo destino.

oppure questo

"Meriggiare pallido e assorto" è uno dei primi componimenti di Montale (appartenente alla raccolta "Ossi di seppia", 1925), il motivo predominante è quello del paesaggio arido e scarnificato "assolutizzato" da una "fissità" indescrivibile...
Il poeta stesso, assorto in questo spazio chiuso, gravato dal caldo, sembrerebbe quasi svanire in esso diventando un'entità impersonale, indeterminata, senza spazio e senza tempo, quasi (come in de Chirico) "cosa" tra le "cose"... (ciò traspare dal insistente uso dell'infinito: "meriggiare", "ascoltare", "spiar", "osservare" e "sentire").

La natura in questa poesia perde la sua sensuale e dolce musicalità, propria della poesia dannunziana, in favore del "meriggiare"... "meriggiare" in un'esistenza disseccata come quella dell'orto... Sembrerebbe preclusa ogni possibilità di contatto, di comunicazione, di apertura tra l'uomo e il mondo, che non è interiorizzato, ma esteriorizzato e oggettivato nella sua apparenza.

L'orto assume la fisionomia di un paesaggio desertico ("rovente muro", "i pruni e gli sterpi", "crepe del suolo", i "calvi picchi", il "sole che abbaglia") e ostile: una sorta di "terra desolata" eliotiana...

Il poeta è teso ad ascoltarvi i secchi rumori ("schiocchi di merli, frusci di serpi", "tremuli scricchi di cicale"), a spiarne i rapidi, improvvisi movimenti ("frusci di serpi", "le file di rosse formiche ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano", "il palpitare lontano di scaglie di mare")... ma queste ultime sono voci, movimenti quasi irreali, che non turbano il silenzio e l'immobilità in cui sono immersi.

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