Aiuto è urgente mi serve per martedì qualcuno può fare questo riassunto basato sul testo che vi do. vi prego aiutatemi è URGENTEEEEEE
aiutatemi è urgente qualcuno mi può fare questo riassunto. ECCO IL TESTO: Non so se è per farsi perdonare, ma oggi Cantone mi si avvicina nell'intervallo, io sono fermo al mio solito termosifone, e mi dice:
«Se vuoi ti insegno a cammellare un pò. Ti manca, sai?» Cose inaspettate che ti piombano lì gratis e tu non sai perché. Non so assolutamente cosa voglia dire cammellare, ma lui è uno del branco e lo trovo fantastico che uno così voglia insegnarmi una cosa.
Mi porta in cortile in un angolo deserto e, senza che nessuno ci veda, m'insegna a cammellare. Si tratta di camminare curvi, lo sguardo a terra, spostando spalle e testa ritmicamente in avanti e all'indietro, e molleggiando anche con falcate decise.
Una vera impresa. Ci metto un bel po', almeno una settimana, ma ci riesco. Non capisco cosa c'entrino i cammelli, ma arrivo a cammellare benissimo.
Cammello negli intervalli, su e giù per il corridoio. Cammello anche in classe, ad esempio nell'ora di diritto.
Adesso comunque va un po' meglio, ho quattro cose giuste: i jeans stretti, la cintura, la felpa e la cammellata. E a me sembra già molto. Infatti cominciano a prendermi in una certa considerazione. Soprattutto le ragazze. Allora mi faccio coraggio e decido di invitare la Frullari a uscire con me.
Ma uscire dove? Io non me la sento di dirle: senti, vuoi uscire? Perché uno dovrebbe anche saper dire per andare dove, e io invece non lo so, mica posso portarmela nel mio retrobottega. Allora mi viene un’idea che non è un granché, però sempre meglio di niente: invitarla a prendere un pezzo di focaccia quando usciamo di scuola all'una che io ho sempre la pancia lunga dalla fame, e nell'altro isolato c'è proprio una panetteria che fa la focaccia buona. A me questa sembra un'idea passabile, comunque è l'unica che mi viene, e allora le dico:
«Vuoi venire con me in panetteria?» Mi risponde: «Va be'». Tra l'an-dare in panetteria, fare la coda e accompagnarla alla fermata riesco a stare con lei quasi diciotto minuti.
Comunque tra i compagni, come fama, ne sto uscendo benissimo, cioè strabene. E anche tra i compagni delle altre classi, Stretti e Larghi? non importa. Dopo l'evento della focaccia, mi hanno detto:
«Strafigo!» E anche: «Straserio!» È un po' di mesi che si usa questo «stra» davanti a quasi tutte le parole. Si usa tra noi del branco, voglio dire. Però forse non dicono sul serio, cioè ho come il dubbio che mi prendano un po' in giro.
Uno mi prende per la guancia e mi biascica: «Svegliati, ostrica! Le sai almeno cipollare le punze o no?» Capisco che sto entrando nel gruppo: mi rivolgono la parola! L'emozione è così intensa che mi sembra di non riuscire più a respirare. Il problema è solo che io quelle parole lì non le conosco, cipollare ad esempio cosa vorrà mai dire?
Decido che è ora di darmi una mossa e prendere le cose seriamente. Queste parole da branco le devo assolutamente imparare, almeno il maggior numero possibile, e per il resto farò finta di capire anche se non capisco un accidenti.
Mi rivolgo dunque a Masonti per un corso accelerato. Chiedo, e ot-tengo. Masonti, dopo la storia delle fotocopie di latino, mi adora perché anche lui ha fatto molti punti nella classe, non che lui ne avesse bisogno, però non fa mai male fare punti... È stragentile con me, dice che mi dedicherà una settimana buona di intervalli. Ce ne andiamo a spasso per bagni e corridoi, come due fratelli; io pendo dalle sue labbra, letteralmente, visto che lui è alto e grosso il doppio di me. Mi metterei anche volentieri un anellino o anche una saetta nell'orecchio per diventare un Saettato un po' come lui, tanto gli sono grato. Mi insegna parecchie espressioni complesse, tipo: «ci stai dentro una cifra», «mi piaci un pacco», «quanto ci cacci che faccio ciuffo». Quest'ultima veramente si riferisce alla pallacanestro, ma può servire in tantissime occasioni generiche: «far ciuffo»
significa far canestro senza toccare l'orlo metallico della rete, quindi far centro esatto, capito?
Mi insegna anche moltissime parolette isolate, da usare qua e là nella vita: stragaggio, troppo secco, paiùra (che sta, non so perché, per paura), sgavettato, scafare, scalo... Mi sembrano tutte molto utili, ma devo prima imparare a usarle nel modo giusto. Soprattutto m'insegna la parola «sclerare». Dice che sclerato lo ficchi dove vuoi e fai sempre un figurone. Tipo un tuo amico dice che è stanco e non vuole uscire e tu gli fai: ma sei sclerato?! Oppure parli di tua madre che ti controlla sempre i compiti e dici: mia madre mi sclera!! Oppure vai a letto alle tre e ti alzi alle sette tutto pesto di sonno e quindi: se non sclero oggi, non so!
Ma a me quella che piace di più è «una cifra». Mi sta venendo di mettercela ovunque, quella parola. Tipo: mi piaci una cifra, mi sbatto una cifra, di pasta ne mangio una cifra, ci state una cifra... A volte la uso anche sbagliata, ma non importa. Come l'altro giorno prima del compito in classe, mi sono girato dietro e ho chiesto alla Bindi:
«Sballami quel foglio una cifra!» Non è stato un capolavoro, lo ammetto. Cioè ho voluto strafare. Volevo solo chiederle se mi dava un foglio protocollo. Però quando faccio così mi sento un dio.
In genere mi alleno in bagno davanti allo specchio: provo a fare certi discorsi tutto difilato con il linguaggio branchesco infarcito qua e là di rutti, parole in inglese, onomatopee cretine.
Una cosa tipo: Fanta, che sballo! Gaggio se vai speedy... nooooo...
caccia il piatto... vruuum-vruuum... Bashd!
In capo a una quindicina di giorni sono già in grado di sostenere un dialogo con il branco dai cinquantadue ai settantacinque secondi circa.
Solo con le parolacce va ancora piuttosto male, non faccio uno straccio di progresso e questo fa proprio arrabbiare il mio amico Masonti.
Per quanto mi alleni, rimango inceppato. Un giorno mi esce un patetico «Cappio!», che fa ridere tutta la classe.
Aggiunto 11 minuti più tardi:
vi do il testo migliore.
«Se vuoi ti insegno a cammellare un pò. Ti manca, sai?» Cose inaspettate che ti piombano lì gratis e tu non sai perché. Non so assolutamente cosa voglia dire cammellare, ma lui è uno del branco e lo trovo fantastico che uno così voglia insegnarmi una cosa.
Mi porta in cortile in un angolo deserto e, senza che nessuno ci veda, m'insegna a cammellare. Si tratta di camminare curvi, lo sguardo a terra, spostando spalle e testa ritmicamente in avanti e all'indietro, e molleggiando anche con falcate decise.
Una vera impresa. Ci metto un bel po', almeno una settimana, ma ci riesco. Non capisco cosa c'entrino i cammelli, ma arrivo a cammellare benissimo.
Cammello negli intervalli, su e giù per il corridoio. Cammello anche in classe, ad esempio nell'ora di diritto.
Adesso comunque va un po' meglio, ho quattro cose giuste: i jeans stretti, la cintura, la felpa e la cammellata. E a me sembra già molto. Infatti cominciano a prendermi in una certa considerazione. Soprattutto le ragazze. Allora mi faccio coraggio e decido di invitare la Frullari a uscire con me.
Ma uscire dove? Io non me la sento di dirle: senti, vuoi uscire? Perché uno dovrebbe anche saper dire per andare dove, e io invece non lo so, mica posso portarmela nel mio retrobottega. Allora mi viene un’idea che non è un granché, però sempre meglio di niente: invitarla a prendere un pezzo di focaccia quando usciamo di scuola all'una che io ho sempre la pancia lunga dalla fame, e nell'altro isolato c'è proprio una panetteria che fa la focaccia buona. A me questa sembra un'idea passabile, comunque è l'unica che mi viene, e allora le dico:
«Vuoi venire con me in panetteria?» Mi risponde: «Va be'». Tra l'an-dare in panetteria, fare la coda e accompagnarla alla fermata riesco a stare con lei quasi diciotto minuti.
Comunque tra i compagni, come fama, ne sto uscendo benissimo, cioè strabene. E anche tra i compagni delle altre classi, Stretti e Larghi? non importa. Dopo l'evento della focaccia, mi hanno detto:
«Strafigo!» E anche: «Straserio!» È un po' di mesi che si usa questo «stra» davanti a quasi tutte le parole. Si usa tra noi del branco, voglio dire. Però forse non dicono sul serio, cioè ho come il dubbio che mi prendano un po' in giro.
Uno mi prende per la guancia e mi biascica: «Svegliati, ostrica! Le sai almeno cipollare le punze o no?» Capisco che sto entrando nel gruppo: mi rivolgono la parola! L'emozione è così intensa che mi sembra di non riuscire più a respirare. Il problema è solo che io quelle parole lì non le conosco, cipollare ad esempio cosa vorrà mai dire?
Decido che è ora di darmi una mossa e prendere le cose seriamente. Queste parole da branco le devo assolutamente imparare, almeno il maggior numero possibile, e per il resto farò finta di capire anche se non capisco un accidenti.
Mi rivolgo dunque a Masonti per un corso accelerato. Chiedo, e ot-tengo. Masonti, dopo la storia delle fotocopie di latino, mi adora perché anche lui ha fatto molti punti nella classe, non che lui ne avesse bisogno, però non fa mai male fare punti... È stragentile con me, dice che mi dedicherà una settimana buona di intervalli. Ce ne andiamo a spasso per bagni e corridoi, come due fratelli; io pendo dalle sue labbra, letteralmente, visto che lui è alto e grosso il doppio di me. Mi metterei anche volentieri un anellino o anche una saetta nell'orecchio per diventare un Saettato un po' come lui, tanto gli sono grato. Mi insegna parecchie espressioni complesse, tipo: «ci stai dentro una cifra», «mi piaci un pacco», «quanto ci cacci che faccio ciuffo». Quest'ultima veramente si riferisce alla pallacanestro, ma può servire in tantissime occasioni generiche: «far ciuffo»
significa far canestro senza toccare l'orlo metallico della rete, quindi far centro esatto, capito?
Mi insegna anche moltissime parolette isolate, da usare qua e là nella vita: stragaggio, troppo secco, paiùra (che sta, non so perché, per paura), sgavettato, scafare, scalo... Mi sembrano tutte molto utili, ma devo prima imparare a usarle nel modo giusto. Soprattutto m'insegna la parola «sclerare». Dice che sclerato lo ficchi dove vuoi e fai sempre un figurone. Tipo un tuo amico dice che è stanco e non vuole uscire e tu gli fai: ma sei sclerato?! Oppure parli di tua madre che ti controlla sempre i compiti e dici: mia madre mi sclera!! Oppure vai a letto alle tre e ti alzi alle sette tutto pesto di sonno e quindi: se non sclero oggi, non so!
Ma a me quella che piace di più è «una cifra». Mi sta venendo di mettercela ovunque, quella parola. Tipo: mi piaci una cifra, mi sbatto una cifra, di pasta ne mangio una cifra, ci state una cifra... A volte la uso anche sbagliata, ma non importa. Come l'altro giorno prima del compito in classe, mi sono girato dietro e ho chiesto alla Bindi:
«Sballami quel foglio una cifra!» Non è stato un capolavoro, lo ammetto. Cioè ho voluto strafare. Volevo solo chiederle se mi dava un foglio protocollo. Però quando faccio così mi sento un dio.
In genere mi alleno in bagno davanti allo specchio: provo a fare certi discorsi tutto difilato con il linguaggio branchesco infarcito qua e là di rutti, parole in inglese, onomatopee cretine.
Una cosa tipo: Fanta, che sballo! Gaggio se vai speedy... nooooo...
caccia il piatto... vruuum-vruuum... Bashd!
In capo a una quindicina di giorni sono già in grado di sostenere un dialogo con il branco dai cinquantadue ai settantacinque secondi circa.
Solo con le parolacce va ancora piuttosto male, non faccio uno straccio di progresso e questo fa proprio arrabbiare il mio amico Masonti.
Per quanto mi alleni, rimango inceppato. Un giorno mi esce un patetico «Cappio!», che fa ridere tutta la classe.
Aggiunto 11 minuti più tardi:
vi do il testo migliore.
Miglior risposta
Ciao,
il riassunto si ottiene cominciando a sottolineare tutte le informazioni che ritieni importanti per il significato del racconto: elimina quindi tutto ciò che , una volta cancellato, non inficia la comprensione dei fatti narrati. Poi prova a scrivere le informazioni principali che hai sottolineato in parole semplici e frasi brevi, purificandolo per esempio da troppi aggettivi o incisi. Rileggi infine il riassunto che hai ottenuto: il nocciolo della questione è chiaramente comprensibile?
Spero di esserti stata utile.
il riassunto si ottiene cominciando a sottolineare tutte le informazioni che ritieni importanti per il significato del racconto: elimina quindi tutto ciò che , una volta cancellato, non inficia la comprensione dei fatti narrati. Poi prova a scrivere le informazioni principali che hai sottolineato in parole semplici e frasi brevi, purificandolo per esempio da troppi aggettivi o incisi. Rileggi infine il riassunto che hai ottenuto: il nocciolo della questione è chiaramente comprensibile?
Spero di esserti stata utile.
Miglior risposta