Una teoria della giustizia

roberto52
rawls

Risposte
coltina
http://www.swif.uniba.it/lei/filosofi/schedeopere/rawls.htm

Una teoria della giustizia è un testo essenziale sia da un punto di vista storico che da un punto di vista teorico.

Lo è da un punto di vista storico perché, con la sua pubblicazione nel 1971, non solo ha richiamato l'attenzione su una disciplina come la filosofia politica che aveva avuto un ruolo marginale e esiti poco interessanti nella riflessione filosofica di stampo anglosassone fino ad allora, ma anche perché ha ridato il via ad un'intensa e vivace produzione in tale disciplina, ispirata a tale opera o mossa da intenti critici nei riguardi di essa. Come ha affermato Nozick "i filosofi politici ora devono lavorare all'interno del paradigma rawlsiano, o spiegare perché non lo fanno"; se ciò non è forse più unanimamente condivisibile oggi, lo è indubbiamente stato per molti anni.

Tale opera è inoltre essenziale da un punto di vista teorico perché segna importanti distinzioni concettuali che sono divenute in gran parte il vocabolario della teoria politica normativa contemporanea.

"La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero" (Una teoria della giustizia); con questa affermazione iniziale Rawls indica al tempo stesso due distinzioni essenziali che caratterizzano la sua impostazione. La prima distinzione consiste nell'individuare il problema fondamentale della filosofia politica nella questione della giustizia, e non nella questione del bene comune; la domanda centrale che i filosofi politici devono porsi non è "qual è il bene della comunità?", bensì "come deve essere strutturata una società per essere giusta nei confronti dei propri cittadini?". La seconda distinzione è significativa in quanto indica come unità di analisi le istituzioni, non le persone: ciò che interessa non è quali virtù politiche gli individui devono avere ed esercitare per poter formare una società giusta, ma secondo quali criteri dobbiamo concepire le istituzioni perché esse possano garantire i requisiti essenziali della giustizia. E' importante che i cittadini abbiano un senso di giustizia, ma è essenziale che le istituzioni siano giuste. L'oggetto principale della giustizia è pertanto la struttura fondamentale della società.

Una teoria della giustizia si presenta fin dall'inizio come un testo che intende fornire una rielaborazione della teoria classica del contratto sociale, e il motivo principale di questa rivisitazione è l'intenzione di sviluppare un approccio alternativo all'utilitarismo. Rawls classifica l'utilitarismo come una teoria di tipo teleologico, vale a dire una teoria in cui il bene è definito in modo indipendente dal giusto, e che quindi non può che definire il giusto in senso teleologico, cioè come ciò che permette di realizzare il bene nella forma migliore e più efficace. Le diverse varianti dell'utilitarismo, cioè le diverse varianti di teorie teleologiche, possono differenziarsi per il modo in cui specificano la concezione del bene, ma hanno sempre e comunque in comune il fatto di definire la giustizia secondo il criterio della soddisfazione e della realizzazione di ciò che è stato preventivamente definito come bene. Ciò comporta conseguenze che il nostro senso di giustizia non può accettare: che, ad esempio, in alcuni casi sia necessario incrementare le ineguaglianze invece che ridurle; oppure, che, per la felicità dei più, le libertà fondamentali di alcuni possano essere legittimamente violate.

La giustizia come equità, che è il concetto chiave di Una teoria della giustizia, è invece il tentativo di proporre una teoria di tipo deontologico, in base alla quale le concezioni del bene devono essere definite entro i limiti di ciò che è giusto (cioè equo), e non viceversa; in cui, vale a dire, viene attribuita priorità alla giustizia rispetto al bene. Ebbene, i principi di giustizia della struttura fondamentale della società, per essere principi equi, devono essere concepiti come oggetto di un accordo originario, e per questo Una teoria della giustizia può essere vista come una riproposizione della tradizione contrattualista.

Che cosa può garantire che tale scelta, frutto dell'accordo originario, conduca all'elezione di principi equi? Affinché l'accordo originario dia luogo a principi equi è necessario che eque siano anche le condizioni in cui tale accordo ha luogo, e per determinare tali condizioni Rawls postula una posizione originaria di eguaglianza; nella posizione originaria gli individui devono stabilire le regole principali della società in cui vivranno senza sapere quale sarà il posto che occuperanno in tale società, i propri talenti, le proprie caratteristiche psicologiche e i propri valori. Tali individui sono quindi in una posizione originaria e sotto un velo d'ignoranza. In condizioni simili, sostiene Rawls, anche se fossero totalmente disinteressati gli uni rispetto alla sorte degli altri, sarebbero costretti dalla situazione a scegliere principi equi. Il contratto rawlsiano è quindi una situazione puramente ipotetica, un esperimento mentale. I criteri che le parti individuerebbero nella posizione originaria univocamente definita coincidono con i due seguenti principi, principi ordinati secondo un criterio di priorità:

1. ogni persona ha un uguale diritto alla più estesa libertà fondamentale compatibilmente con una simile libertà per gli altri;

2. Le ineguaglianze economiche e sociali devono essere:

*

Per il più grande beneficio dei meno avvantaggiati, compatibilmente con il principio di giusto risparmio;
*

Collegate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa eguaglianza di opportunità;

L'ultimo principio afferma dunque che grandi ineguaglianze in termini relativi tra i membri della società sono giustificate se comportano un beneficio, in termini assoluti, per i meno avvantaggiati. La posizione filosofica di Rawls può dunque essere vista come una forma di liberalismo egalitario; un liberalismo attento alla questione dell'eguaglianza e delle pari opportunità è per Rawls il tratto distintivo e immancabile di un'idea di giustizia concepita come equità. Tuttavia, i due principi rawlsiani sono ordinati lessicalmente: vale a dire, il primo ha priorità sul secondo. Nessuna limitazione delle libertà fondamentali può essere legittimata da un'esigenza di riduzione delle disuguaglianze. Inoltre, un egalitarismo assoluto non è desiderabile perché priverebbe gli individui di incentivi, essenziali per stimolare la produttività e il progresso.

Un altro elemento determinante di Una teoria della giustizia è che tale testo presenta, oltre a importanti tesi nell'ambito della teoria politica normativa, un proposta metodologica su come affrontare i problemi essenziali della teoria etica, che Rawls dichiara di riprendere da Goodin per applicarla alla filosofia morale; tale metodo viene denominato equilibrio riflessivo. Secondo tale approccio, le questioni etiche, o quantomeno le questioni relative alla giustizia, devono essere risolte attraverso la ricerca di un equilibrio tra i nostri giudizi ponderati su ciò che è giusto e i principi regolativi che li informano. Dire questo significa dichiarare che "la filosofia morale è socratica": spesso ci dichiariamo impegnati nei confronti di alcuni principi regolativi ma formuliamo giudizi in contraddizione con essi; parlare di equilibrio riflessivo significa dunque che "possiamo avere la volontà di cambiare i nostri attuali giudizi ponderati una volta che i loro principi regolativi sono stati messi in chiaro". Tale approccio si distingue quindi sia dall'intuizionismo, che privilegia le intuizioni più chiare e attraenti del nostro senso di giustizia a scapito della ricerca di principi; sia dall'utilitarismo (e più in generale dal consequenzialismo), che si dedica esclusivamente alla ricerca di principi chiari e teoricamente coerenti, rischiando però di giungere ad esiti altamente controintuitivi.

lino17
non ho capito qual'è la tua richiesta

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.