Storia: tutto ciò che sapete su Tarquinio Prisco, Tarquinio il Superbo e Servio Tullio.
mi dite tutto ciò che sapete su Tarquinio Prisco, Tarquinio il Superbo e Servio Tullio?
vi prego venerdì devo essere interrogata!
vi prego venerdì devo essere interrogata!
Risposte
Storia di tutti i re di Roma:
http://www.maat.it/livello2/Roma-01.htm
http://www.maat.it/livello2/Roma-01.htm
Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo: la fase etrusca della monarchia di Roma
Gli ultimi tre re di Roma tramandatici dalla tradizione(Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo) caratterizzano la fase etrusca della monarchia. Durante questo periodo la città registrò un ulteriore espansione con l’affermazione della strada che dall’Etruria, passava per Roma, attraversava la pianura pontina a ovest dei colli Albani per poi scendere verso la Campania. Se si tiene conto dei traffici provenienti dal mare e di quelli dell’entroterra che si rifornivano di sale, appare chiaro come Roma stesse diventando un crocevia di commerci che attirava in città abitanti dai centri vicini e con esso lo svilupparsi dei ceti artigianali e commerciali. A tal proposito la tradizione ci ha lasciato il ricordo di corporazioni di fabbri, carpentieri, muratori, orefici ecc alla cui organizzazione avrebbe provveduto addirittura Numa Pompilio. Questi nuovi gruppi furono all’origine della formazione della plebe che non essendo omogenea con i primi abitanti creavano di conseguenza nuovi problemi di convivenza.
L’archeologia ha rinvenuto numerosi vasi corinzi e attici del tempo che testimoniavano accresciute esigenze di gusto e maggiori disponibilità di mezzi.
Secondo la tradizione il primo re di origine etrusca, Tarquinio Prisco, era originario di Tarquinia, la più importante città etrusca del tempo. Il padre era un greco, fuggiasco da Corinto. Taqruinio Prisco si insediò come re a seguito di una congiura ai danni di Anco Marzio. Questo quadro è assolutamente plausibile: infatti anche Anco Marzio e Tulio Ostilio non erano originari di Roma e la presenza della nobiltà etrusca a Roma testimonia il desiderio di questo popolo di controllare un importante centro di traffici. Le origini greche del padre vanno viste in relazione con le numerose connessioni con il mondo ellenico rivelateci dai ritrovamenti archeologici.
Tarquinio Prisco fu ucciso dai figli di Anco Marzio e gli subentrò al trono Servio Tullio, La tradizione romana ci presenta questo re come figlio di una serva. Secondo la tradizione etrusca ( ripresa dall’imperatore Claudio in un suo discorso tenuto in Senato) questi aveva il nome di Mastarna, un etrusco di Vulsci che, amico dei fratelli Celio e Aulio Vibenna, cacciato dal’Etruria si insediò nel colle del Celio per poi divenire re di Roma. Masterna potrebbe essere una versione del termine romano “magister”. E allora è ipotizzabile che Mastarna-Servio Tullio sia stato un comandante militare agli ordini dei fratelli Vibenna e che a seguito di una serie di vicende che non possono essere ricostruite sia riuscito a conquistare il trono di Roma. E a questa iniziale subordinazione ai Vibenna sarebbe imputabile anche la sua origine servile.
Servio Tullio fu ucciso secondo la tradizione da Lucio Tarquinio, che aveva sposato la figlia Tullia. Divenuto re, Tarquinio il Superbo fu destituito dai una congiura delle famiglie più importanti della città. Successivamente Roma venne espugnata dal re di Chiusi Porsenna che impose un trattato che consentiva l’uso del ferro solo per attrezzature agricole, di fatto imponendo il disarmo della città, ma che si dovette ritirare a seguito di una sconfitta imposta da un esercito di forze collegate latine.
Da un analisi comparata delle fonti della tradizione con quelle archeologici emergono dunque questi dati storici: l’accertata reale esistenza degli ultimi tre re di Roma, il loro insediamento sul trono in forma violenta e il rapido sviluppo della città come uno dei più importanti centri abitati della penisola.
Gli ultimi tre re di Roma tramandatici dalla tradizione(Tarquinio Prisco, Servio Tullio, Tarquinio il Superbo) caratterizzano la fase etrusca della monarchia. Durante questo periodo la città registrò un ulteriore espansione con l’affermazione della strada che dall’Etruria, passava per Roma, attraversava la pianura pontina a ovest dei colli Albani per poi scendere verso la Campania. Se si tiene conto dei traffici provenienti dal mare e di quelli dell’entroterra che si rifornivano di sale, appare chiaro come Roma stesse diventando un crocevia di commerci che attirava in città abitanti dai centri vicini e con esso lo svilupparsi dei ceti artigianali e commerciali. A tal proposito la tradizione ci ha lasciato il ricordo di corporazioni di fabbri, carpentieri, muratori, orefici ecc alla cui organizzazione avrebbe provveduto addirittura Numa Pompilio. Questi nuovi gruppi furono all’origine della formazione della plebe che non essendo omogenea con i primi abitanti creavano di conseguenza nuovi problemi di convivenza.
L’archeologia ha rinvenuto numerosi vasi corinzi e attici del tempo che testimoniavano accresciute esigenze di gusto e maggiori disponibilità di mezzi.
Secondo la tradizione il primo re di origine etrusca, Tarquinio Prisco, era originario di Tarquinia, la più importante città etrusca del tempo. Il padre era un greco, fuggiasco da Corinto. Taqruinio Prisco si insediò come re a seguito di una congiura ai danni di Anco Marzio. Questo quadro è assolutamente plausibile: infatti anche Anco Marzio e Tulio Ostilio non erano originari di Roma e la presenza della nobiltà etrusca a Roma testimonia il desiderio di questo popolo di controllare un importante centro di traffici. Le origini greche del padre vanno viste in relazione con le numerose connessioni con il mondo ellenico rivelateci dai ritrovamenti archeologici.
Tarquinio Prisco fu ucciso dai figli di Anco Marzio e gli subentrò al trono Servio Tullio, La tradizione romana ci presenta questo re come figlio di una serva. Secondo la tradizione etrusca ( ripresa dall’imperatore Claudio in un suo discorso tenuto in Senato) questi aveva il nome di Mastarna, un etrusco di Vulsci che, amico dei fratelli Celio e Aulio Vibenna, cacciato dal’Etruria si insediò nel colle del Celio per poi divenire re di Roma. Masterna potrebbe essere una versione del termine romano “magister”. E allora è ipotizzabile che Mastarna-Servio Tullio sia stato un comandante militare agli ordini dei fratelli Vibenna e che a seguito di una serie di vicende che non possono essere ricostruite sia riuscito a conquistare il trono di Roma. E a questa iniziale subordinazione ai Vibenna sarebbe imputabile anche la sua origine servile.
Servio Tullio fu ucciso secondo la tradizione da Lucio Tarquinio, che aveva sposato la figlia Tullia. Divenuto re, Tarquinio il Superbo fu destituito dai una congiura delle famiglie più importanti della città. Successivamente Roma venne espugnata dal re di Chiusi Porsenna che impose un trattato che consentiva l’uso del ferro solo per attrezzature agricole, di fatto imponendo il disarmo della città, ma che si dovette ritirare a seguito di una sconfitta imposta da un esercito di forze collegate latine.
Da un analisi comparata delle fonti della tradizione con quelle archeologici emergono dunque questi dati storici: l’accertata reale esistenza degli ultimi tre re di Roma, il loro insediamento sul trono in forma violenta e il rapido sviluppo della città come uno dei più importanti centri abitati della penisola.
Tarquinio il Superbo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai a: Navigazione, cerca
Tarquinio il Superbo
--------------------------------------------------------------------------------
Re di Roma
Regno 535 a.C. - 510 a.C.
Predecessore Servio Tullio
Successore fine regno
Nome completo Lucio Tarquinio
Morte 496 a.C.
Dinastia Tarquini
Padre Tarquinio Prisco
Coniuge Tullia Maggiore
Tullia Minore
Lucio Tarquinio, conosciuto come Tarquinio il Superbo (... – 496 a.C.), è stato il settimo ed ultimo re di Roma della dinastia etrusca dei Tarquini. Regnò dal 535 a.C. al 509 a.C., anno in cui fu messo al bando da Roma.
Matrimonio
Figlio di Tarquinio Prisco, sposò prima Tullia Maggiore, la figlia maggiore di Servio Tullio, poi sposò la sorella di questa, Tullia Minore, con il cui aiuto organizzò la congiura per uccidere il suocero ed ascendere sul trono di Roma.
Congiura [modifica]
Tito Livio ci racconta che Tarquinio un giorno si presentò in Senato e si sedette sul trono del suocero rivendicandolo per se; Tullio, avvertito del fatto, si precipitò nella Curia.
(LA)
« Huic orationi Seruius cum intervenisset trepido nuntio excitatus, extemplo a uestibulo curiae magna voce "Quid hoc" inquit, "Tarquini, rei est? qua tu audacia me uiuo vocare ausus es patres aut in sede considere mea?" » (IT)
« Servio, avvertito da un trafelato messo, sopraggiunse durante il discorso, e improvvisamente dal vestibolo della Curia gridò a gran voce: "Che vuol dire cotesto, o Tarquinio? E con quale audacia osasti, me vivo, adunare i Padri e sederti sul mio seggio?" »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 48)
Ne nacque un'accesa discussione tra i due, che presto degenerò in scontri tra le opposte fazioni; alla fine il più giovane Tarquinio, dopo averlo spintonato fuori dalla Curia, scagliò il re giù dalle scale. Servio, ferito ma non ancora morto, fu finito dalla figlia Tullia Minore che ne fece scempio travolgendolo con il cocchio che guidava.
Regno
A Tarquinio fu attribuito il soprannome di Superbo dopo che negò la sepoltura di Servio Tullio. Tarquinio assunse il comando con la forza, senza che la sua elezione fosse approvata dal Popolo e dal Senato romani, e sempre con la forza mantenne il controllo della città durante il suo regno.
Se le fonti antiche lo criticano per come conquistò e mantenne il potere in città, le stesse gli riconoscono però grandi capacità militari; sotto il suo regno fu presa Suessa Pometia.
Attività militare
(LA)
« Nec ut iniustus in pace rex, ita dux belli prauus fuit; quin ea arte aequasset superiores reges ni degeneratum in aliis huic quoque decori offecisset. Is primus Volscis bellum in ducentos amplius post suam aetatem annos mouit, Suessamque Pometiam ex iis vi cepit. Ubi cum diuendita praeda quadraginta talenta argenti refecisset, concepit animo eam amplitudinem Iovis templi quae digna deum hominumque rege, quae Romano imperio, quae ipsius etiam loci maiestate esset; captiuam pecuniam in aedificationem eius templi seposuit." » (IT)
« Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si trattò di combattere. Anzi, in campo militare avrebbe raggiunto il livello di quanti lo avevano preceduto sul trono, se la sua degenerazione in tutto il resto non avesse offuscato anche questo merito. Fu lui a iniziare coi Volsci una guerra destinata a durare due secoli, e tolse loro con la forza Suessa Pomezia. Ne vendette il bottino e coi quaranta talenti d'argento ricavati concepì la costruzione di un tempio di Giove le cui dimensioni sarebbero state degne del re degli dèi e degli uomini, nonché della potenza romana e della sua stessa posizione maestosa. Il denaro proveniente dalla presa di Suessa fu messo da parte per la costruzione del tempio. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 53)
Sempre in quest'epoca iniziò la centenaria lotta tra romani e i Volsci. A Tarquinio si fa discendere lo stratagemma con cui i romani conquistarono Gabi, dove mandò il proprio figlio Tarquinio Sestio che si fece accogliere in città dicendo di voler sfuggire alla tirannia del padre.
In verità il genitore ed il figlio agivano di comune accordo, dovendo il figlio recare discordia nella città nemica, tanto che questa per i contrasti sorti al suo interno si diede a Roma senza che fosse combattuta battaglia alcuna.
Preoccupato da una visione, un serpente che sbucava da una colonna di legno, il re organizzò una spedizione per Delfi in modo da ottenerne un'interpretazione del famoso oracolo; di questa spedizione fece parte anche Lucio Giunio Bruto, nipote del re, che celava i suoi veri pensieri fingendosi stolto, bruto appunto.
Dopo aver avuto il vaticinio richiesto dal re, la comitiva chiese anche chi sarebbe stato il prossimo re di Roma; il responso dell'oracolo, "Avrà in Roma il sommo imperio chi primo, o giovani, di voi bacerà la madre", fu compreso solo da Bruto, che tornato in patria sbarcando finse di cadere e baciò la madre terra.
In quel tempo Roma stava conducendo una guerra contro i Rutuli asserragliati nella città di Ardea; tutti i cittadini atti alle armi partecipavano all'assedio. In questo quadro si inserisce l'episodio di Lucio Tarquinio Collatino e di sua moglie Lucrezia, di cui si invaghì il figlio del re Tarquinio Sestio. Questi, lasciato il campo, tornò a Roma dove con l'inganno e la forza fece violenza a Lucrezia.
Il giorno seguente, la donna si recò nel campo militare dove si trovava il marito.
(LA)
« Aduentu suorum lacrimae obortae, quaerentique viro "Satin salue?" "Minime" inquit; "quid enim salui est mulieri amissa pudicitia? Vestigia viri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; ceterum corpus est tantum violatum, animus insons; mors testis erit. Sed date dexteras fidemque haud impune adultero fore. Sex. est Tarquinius qui hostis pro hospite priore nocte vi armatus mihi sibique, si vos viri estis, pestiferum hinc abstulit gaudium." Dant ordine omnes fidem; consolantur aegram animi avertendo noxam ab coacta in auctorem delicti: mentem peccare, non corpus, et unde consilium afuerit culpam abesse. "Vos" inquit "uideritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absoluo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo uiuet." Cultrum, quem sub ueste abditum habebat, eum in corde defigit, prolapsaque in volnus moribunda cecidit. Conclamat vir paterque. » (IT)
« Alla vista dei congiunti, scoppia a piangere. Il marito allora le chiede: "Tutto bene?" Lei gli risponde: "Come fa ad andare tutto bene a una donna che ha perduto l'onore? Nel tuo letto, Collatino, ci son le tracce di un altro uomo: solo il mio corpo è stato violato, il mio cuore è puro e te lo proverò con la mia morte. Ma giuratemi che l'adultero non rimarrà impunito. Si tratta di Sesto Tarquinio: è lui che ieri notte è venuto qui e, restituendo ostilità in cambio di ospitalità, armato e con la forza ha abusato di me. Se siete uomini veri, fate sì che quel rapporto non sia fatale solo a me ma anche a lui." Uno dopo l'altro giurano tutti. Cercano quindi di consolarla con questi argomenti: in primo luogo la colpa ricadeva solo sull'autore di quell'azione abominevole e non su di lei che ne era stata la vittima; poi non è il corpo che pecca ma la mente e quindi, se manca l'intenzione, non si può parlare di colpa. Ma lei replica: "Sta a voi stabilire quel che si merita. Quanto a me, anche se mi assolvo dalla colpa, non significa che non avrò una punizione. E da oggi in poi, più nessuna donna, dopo l'esempio di Lucrezia, vivrà nel disonore!" Afferrato il coltello che teneva nascosto sotto la veste, se lo piantò nel cuore e, piegandosi sulla ferita, cadde a terra esanime tra le urla del marito e del padre. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 58)
Sconvolti dall'accaduto e pieni d'odio per Tarquinio e la sua famiglia, Bruto e Collatino giurarono di non aver pace fino a quando i Tarquini non fossero stati cacciati dalla città.
Raccolto il cadavere della nobile donna, seguiti dai giovani seguaci, i due si diressero a Roma dove Bruto parlò alla folla accorsa nel Foro; il suo eloquio fu così efficace e trascinante, e la nefandezza di Sestio così grande, che riusci a smuovere l'animo dei propri cittadini, stanchi dei soprusi dei Tarquini, che proclamarono il bando dalla città del re e dei suoi figli mentre questi, avvertiti da dei seguaci, stavano tornando in città dal campo militare.
Morte e sepoltura [modifica]
Plastico della Roma dei Tarquini presso il museo della Civiltà Romana all'EUR.Tarquinio, messo al bando dalla città su cui regnava, trovò le porte della città sbarrate e perciò si rifugio a Cere; l'ex re non si diede per vinto, e tentò di restaurare il proprio regno con l'aiuto di Porsenna, a cui si alleò, e delle città latine avversarie di Roma. Nonostante i successi ottenuti dal lucumone etrusco di Chiusi, Tarquinio non riuscì più a rientrare in città e morì in esilio.
In realtà è possibile che i fatti fossero in parte diversi. Sotto i Tarquini Roma aveva stretto alleanze con le città latine formando una lega all’interno della quale era la città egemone; ciò era avvenuto soprattutto grazie alla fondazione del tempio di Diana sull’Aventino. Nello stesso periodo Chiusi, dove regnava Porsenna, era diventata la più potente città etrusca e prendeva la decisione di conquistare Roma. Porsenna riuscì nel suo intento e cacciò Tarquinio il Superbo. Questi si rivolse alle alleanze che aveva a disposizione e in particolare ai latini e ai greci. I primi e i secondi, guidati questi ultimi da Aristodemo di Cuma, affrontarono Porsenna presso Aricia nel 510 a.C. sconfiggendolo. Nonostante questo, Tarquinio il superbo non tornò a Roma, ma trovò rifugio presso Aristodemo. A Roma intanto dopo la cacciata dei tarquini e la sconfitta di Porsenna veniva fondata la Repubblica: si trattava di una rivoluzione aristocratica che si inserisce però in un quadro politico di ridimensionamento della forza etrusca nella penisola. Gli etruschi stavano progressivamente perdendo le loro posizioni in Lazio e Campania a vantaggio di Latini e Greci ed è possibile che in questo contesto Roma abbia approfittato per liberarsi di Tarquinio il Superbo che, cacciato da Porsenna, veniva visto dall’aristocrazia come un dittatore tiranno.
Durante il periodo della dominazione etrusca Roma diventa un'importante stazione commerciale ed acquisisce il controllo su alcune comunità circostanti iniziando la sua espansione, anche con la fondazione di colonie romane, come quelle di Signa e Circei.
Sottò il suo regno fu portata a termine la costruzione della Cloaca Massima e del Tempio di Giove Ottimo Massimo.
Critica storica
Andrea Carandini, fondandosi sul nome indicato nell'affresco alla tomba François di Vulci come quello del rivale di Servio Tullio-Mastarna, ha sostenuto che la discendenza diretta di Tarquinio il superbo da Tarquinio Prisco è frutto di una damnatio memoriae decretata dallo stesso Servio Tullio nei confronti del fratellastro Gneo Tarquinio, che sarebbe il figlio di Tarquinio Prisco ed il padre di Tarquinio il Superbo: già Calpurnio Pisone si sarebbe accorto del falso storico, in ragione dell'età ultracentenaria che Tarquinio il superbo avrebbe dovuto vere nella ricostruzione storica tradizionale al momento della morte.
Con Tarquinio il Superbo termina l'egemonia etrusca, iniziata con il regno di Tarquinio Prisco sulla città di Roma. Perlomeno quella proveniente dalla città di Tarquinia, se nel periodo in cui prevale l'elemento etrusco si considera anche quello immediatamente successivo in cui Roma dovette quantomeno subire l'influenza (se non addirittura la conquista) di Chiusi.
Lucio Tarquinio Prisco (lat. Lucius Tarquinius Priscus; ... – ...) originario di Tarquinia in Etruria, è stato il quinto re di Roma secondo la cronologia di Tito Livio, che regnò tra il 616 a.C. e il 579 a.C..
Nascita e primi anni
Secondo la tradizione Lucio Tarquinio Prisco era nato a Tarquinia (Corito/Corinto), ma era greco per parte di padre (Demarato era originario della città greca di Corinto/Corito da dove era fuggito per stabilirsi poi a Tarquinia) e a causa di questa ascendenza, e nonostante fosse ricco e noto in città, veniva osteggiato dai suoi concittadini e non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Per questi motivi, e su consiglio di sua moglie Tanaquil, decise quindi di emigrare da Tarquinia a Roma, dove cambiò nome, dall'etrusco Lucumone al più latino Lucio Tarquinio detto poi Prisco per distinguerlo dall'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo.
Al suo arrivo a Roma, nei pressi del Gianicolo, dove arrivò a bordo di un carro, accadde un fatto eccezionale; un'aquila prima gli portò via il berretto, poi tornò indietro e lo fece cadere sulla sua testa. Tanaquil, che in quanto etrusca conosceva l'arte di interpretare i segni del cielo, interpretò questo fatto come il segno di future grandezze per il marito.
In città Tarquinio si fece conoscere per le sue qualità e per la sua generosità, tanto che Anco Marzio decise di conoscerlo e, conosciutolo, prima lo fece entrare tra i suoi consiglieri, poi decise di adottarlo, affidandogli il compito di proteggere i suoi figli, secondo alcuni studiosi come Giuseppe Valditara ricopri anche la carica di magister populi.
Incoronazione e attività
Plastico della Roma dei Tarquini presso il museo della Civiltà Romana all'EUR.Alla morte del re, Tarquinio riuscì a farsi eleggere re dal popolo romano come figlio di Anco Marzio.
La sua abilità militare fu subito messa alla prova da un attacco sferrato dai Sabini; l'attacco fu respinto dopo sanguinosi combattimenti nelle strade della città. Fu in questa occasione che fu raddoppiato il numero di cavalieri, che ognuna delle tre tribù (Ramnensi, Tiziensi e Luceri) doveva fornire all'esercito. Tarquinio poi combatté i Latini (acquistò allo stato romano le città di Cornicolo e Collazia), poi gli etruschi delle città di Chiusi, Arezzo, Volterra, Rosselle e Vetulonia corsi in aiuto dei Latini; sconfitti anche gli etruschi, terminò la guerra contro le altre città latine. Grazie a queste fortunate guerre riuscì a rimpinguare le casse statali con i ricchi bottini depredati alle città sconfitte.
Tarquinio riformò anche lo stato, portando l'Assemblea Centuriata a 1800 componenti ed aggiungendo 100 membri ai senatori, che così vennero ad essere 200.
Si occupò anche dei giochi della città, erigendo il Circo Massimo e destinandolo come sede permanente delle corse dei cavalli; prima di allora gli spettatori assistevano alle gare, che qui si svolgevano, seduti da postazioni di fortuna.
In seguito a forti alluvioni, che interessarono specialmente le zone dove sarebbe sorto il futuro Foro Romano, fece poi iniziare la costruzione della Cloaca Massima. A lui si deve poi l'inizio dei lavori per la costruzione del tempio di Giove Capitolino sul colle del Campidoglio.
Fu Tarquinio che per primo celebrò un trionfo in Roma, vestito con un abito dorato e di porpora su di un carro trainato da quattro cavalli, e sempre a lui si deve l'introduzione in città di usanze tipicamente etrusche, relative alla sua posizione regale, come lo scettro, la toga purpurea, la sella curalis e i fasci littori.
Morte e sepoltura
Nel frattempo, il maggiore dei figli di Anco Marzio, nella speranza di ottenere il trono che riteneva gli fosse stato usurpato da Tarquinio, organizzò un complotto in cui il re etrusco trovò la morte. I suoi piani furono però frustrati dall'abile Tanaquil, che fece in modo che il popolo romano eleggesse suo genero Servio Tullio come sesto re di Roma e successore di Lucio Tarquinio Prisco.
Servio Tullio (... – Roma, 539 a.C.) è stato il sesto re di Roma, secondo la tradizione regnò dal 578 a.C. al 539 a.C.. La tradizione a partire dall'imperatore Claudio lo identifica anche col magister populi etrusco Macstarna.
Nascita
Servio, come attestato anche dal nome, era di umili origini; nacque infatti da una prigioniera di guerra (che si racconta fosse stata nobile nella sua città) ridotta a servire il focolare domestico del re Tarquinio Prisco.
Incoronazione
Deve la sua fortuna a Tanaquil, moglie del re, che ne indovinò la futura grandezza e per questo gli diede in sposa la figlia ed alla morte del marito fece in modo che Servio gli succedesse come re di Roma. Infatti, quando Tarquinio fu ucciso in una congiura, Tanaquil ne informò il popolo romano nascondendo la morte del re, dicendo invece che egli era rimasto ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente. Diede quindi modo a quest'ultimo di presentarsi come il naturale successore quando, solo in seguito al ristabilirsi della calma, venne comunicata la morte del re.
Attività
Fu l'autore della più importante modifica dell'esercito dell'epoca pre-repubblicana. Si rese conto infatti che per assicurare a Roma una forza militare sufficiente a mantenere le proprie conquiste era necessario un esercito più numeroso di quello che possedeva (un'unica legione di circa 3000 uomini, detto esercito romuleo).
Si impegnò quindi a favorire il reclutamento degli strati inferiori della società, fino ad allora esclusi dal servizio militare, segnando così il primo passo verso il riconoscimento politico di quella che solo grazie a questa riforma prenderà a chiamarsi plebe.
L'inclusione della plebe nell'esercito portò ovviamente i re etruschi ad un primo contrasto con lo strato superiore della società romana, i patrizi, che vedevano minacciati i propri privilegi.
Roma continuò comunque la sua politica di espansione territoriale, questa volta a danno delle città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia; dopo alterne vicende i Romani ebbero la meglio su queste città e ingrandirono il loro territorio verso nord.
Servio Tullio modificò la tradizionale ripartizione in tribù del popolo romano, che non tenne più conto dell'origine delle genti, ma che considerava come criterio di appartenenza il luogo di residenza. Vennero così create quattro tribù urbane (Suburana, Palatina, Esquilina, Collina); in questo modo, oltre a omogenizzare i cittadini romani, si poteva anche valutare il patrimonio dei singoli cittadini e quindi fissarne il tributo che questi dovevano versare alle casse dello stato, oltre che il censo, che ne determinava i diritti ed i doveri.
Servio Tullio fece costruire sull'Aventino il tempio di Diana, che corrisponde alla dea greca Artemide, il cui tempio si trovava ad Efeso, trasferendo da Ariccia il culto latino di Diana Nemorensis. Come per i Greci, per i quali il tempio di Artemide rappresentava una federazione di città, con il tempio di Diana, costruito intorno al 540 a.C., i Romani miravano a porsi come centro politico e religioso delle popolazioni del Lazio e forse anche dell'Etruria meridionale.
A Servio si ascrive anche la decisione di costruire il Tempio di Mater Matuta ed il Tempio della Dea Fortuna, entrambi al Foro Boario.
Morte e sepoltura
Servio Tullio fu ucciso da Tarquinio il Superbo che ebbe come complice la seconda moglie Tullia Minore, figlia minore di Servio; si tramanda infatti che Tarquinio, dopo aver provocato il re, gettasse questo giù dalle scale della Curia; il sovrano, ferito ma non ancora morto, fu quindi finito dalla figlia che gli passò sopra con un carro trainato da cavalli, mentre cercava di scappare dal foro.
Tradizione
Secondo un'antica tradizione, di cui veniamo a conoscenza grazie a un discorso tenuto dall'imperatore Claudio in senato, la figura di Servio Tullio si identifica con quella di Mastarna (o anche Macstarna), alleato di Celio Vibenna (o Vivenna), entrambi condottieri etruschi impegnati in spedizioni di conquista in Etruria e nei territori circostanti, e rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il proprio nome etrusco, assumendo quello latino di Servio Tullio. Questa versione dei fatti fu oggetto anche di un famoso discorso al Senato dell'imperatore etruscologo Claudio (riportato nelle tavole di bronzo di Lione).
Affresco dalla Tomba François di Vulci raffigurante la liberazione di Celio Vibenna; il personaggio a sinistra è Macstarna, poi re di Roma col nome di Servio Tullio.Gli storici, al di là degli aspetti leggendari del racconto, non escludono che possa avere qualche fondamento di verità, e portano a sostegno di questa ipotesi anche i famosi affreschi della Tomba François di Vulci che rappresentano in modo sorprendentemente realistico questo ciclo di racconti epici.
Si può tuttavia giungere anche alla conclusione che il nome Mastarna (Macstrna) fosse soltanto il titolo con il quale Servio Tullio veniva chiamato in battaglia: non sarebbe impossibile infatti intravedere nella parola mastarna la radice di magister ("maestro"), cioè, in questo caso, magister maximus della legione romana. Secondo Massimo Pallottino (Origini e storia primitiva di Roma) Mastarna sarebbe il "servitore" di Celio Vibenna (Caile Vipinas), perché il suffisso -na indica appartenenza; quindi Macstrna sarebbe "appartenente al magister" (macstr = magister). Dopo la conquista di Roma e la morte di Celio Vibenna, Mastarna entrò in contrasto con Aulo Vibenna, fratello di Celio, e infine lo uccise, restando unico padrone della città.
SPERO DI ESSSERTI STATO DI AIUTO...
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai a: Navigazione, cerca
Tarquinio il Superbo
--------------------------------------------------------------------------------
Re di Roma
Regno 535 a.C. - 510 a.C.
Predecessore Servio Tullio
Successore fine regno
Nome completo Lucio Tarquinio
Morte 496 a.C.
Dinastia Tarquini
Padre Tarquinio Prisco
Coniuge Tullia Maggiore
Tullia Minore
Lucio Tarquinio, conosciuto come Tarquinio il Superbo (... – 496 a.C.), è stato il settimo ed ultimo re di Roma della dinastia etrusca dei Tarquini. Regnò dal 535 a.C. al 509 a.C., anno in cui fu messo al bando da Roma.
Matrimonio
Figlio di Tarquinio Prisco, sposò prima Tullia Maggiore, la figlia maggiore di Servio Tullio, poi sposò la sorella di questa, Tullia Minore, con il cui aiuto organizzò la congiura per uccidere il suocero ed ascendere sul trono di Roma.
Congiura [modifica]
Tito Livio ci racconta che Tarquinio un giorno si presentò in Senato e si sedette sul trono del suocero rivendicandolo per se; Tullio, avvertito del fatto, si precipitò nella Curia.
(LA)
« Huic orationi Seruius cum intervenisset trepido nuntio excitatus, extemplo a uestibulo curiae magna voce "Quid hoc" inquit, "Tarquini, rei est? qua tu audacia me uiuo vocare ausus es patres aut in sede considere mea?" » (IT)
« Servio, avvertito da un trafelato messo, sopraggiunse durante il discorso, e improvvisamente dal vestibolo della Curia gridò a gran voce: "Che vuol dire cotesto, o Tarquinio? E con quale audacia osasti, me vivo, adunare i Padri e sederti sul mio seggio?" »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 48)
Ne nacque un'accesa discussione tra i due, che presto degenerò in scontri tra le opposte fazioni; alla fine il più giovane Tarquinio, dopo averlo spintonato fuori dalla Curia, scagliò il re giù dalle scale. Servio, ferito ma non ancora morto, fu finito dalla figlia Tullia Minore che ne fece scempio travolgendolo con il cocchio che guidava.
Regno
A Tarquinio fu attribuito il soprannome di Superbo dopo che negò la sepoltura di Servio Tullio. Tarquinio assunse il comando con la forza, senza che la sua elezione fosse approvata dal Popolo e dal Senato romani, e sempre con la forza mantenne il controllo della città durante il suo regno.
Se le fonti antiche lo criticano per come conquistò e mantenne il potere in città, le stesse gli riconoscono però grandi capacità militari; sotto il suo regno fu presa Suessa Pometia.
Attività militare
(LA)
« Nec ut iniustus in pace rex, ita dux belli prauus fuit; quin ea arte aequasset superiores reges ni degeneratum in aliis huic quoque decori offecisset. Is primus Volscis bellum in ducentos amplius post suam aetatem annos mouit, Suessamque Pometiam ex iis vi cepit. Ubi cum diuendita praeda quadraginta talenta argenti refecisset, concepit animo eam amplitudinem Iovis templi quae digna deum hominumque rege, quae Romano imperio, quae ipsius etiam loci maiestate esset; captiuam pecuniam in aedificationem eius templi seposuit." » (IT)
« Tarquinio fu un re ingiusto coi suoi sudditi, ma abbastanza un buon generale quando si trattò di combattere. Anzi, in campo militare avrebbe raggiunto il livello di quanti lo avevano preceduto sul trono, se la sua degenerazione in tutto il resto non avesse offuscato anche questo merito. Fu lui a iniziare coi Volsci una guerra destinata a durare due secoli, e tolse loro con la forza Suessa Pomezia. Ne vendette il bottino e coi quaranta talenti d'argento ricavati concepì la costruzione di un tempio di Giove le cui dimensioni sarebbero state degne del re degli dèi e degli uomini, nonché della potenza romana e della sua stessa posizione maestosa. Il denaro proveniente dalla presa di Suessa fu messo da parte per la costruzione del tempio. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 53)
Sempre in quest'epoca iniziò la centenaria lotta tra romani e i Volsci. A Tarquinio si fa discendere lo stratagemma con cui i romani conquistarono Gabi, dove mandò il proprio figlio Tarquinio Sestio che si fece accogliere in città dicendo di voler sfuggire alla tirannia del padre.
In verità il genitore ed il figlio agivano di comune accordo, dovendo il figlio recare discordia nella città nemica, tanto che questa per i contrasti sorti al suo interno si diede a Roma senza che fosse combattuta battaglia alcuna.
Preoccupato da una visione, un serpente che sbucava da una colonna di legno, il re organizzò una spedizione per Delfi in modo da ottenerne un'interpretazione del famoso oracolo; di questa spedizione fece parte anche Lucio Giunio Bruto, nipote del re, che celava i suoi veri pensieri fingendosi stolto, bruto appunto.
Dopo aver avuto il vaticinio richiesto dal re, la comitiva chiese anche chi sarebbe stato il prossimo re di Roma; il responso dell'oracolo, "Avrà in Roma il sommo imperio chi primo, o giovani, di voi bacerà la madre", fu compreso solo da Bruto, che tornato in patria sbarcando finse di cadere e baciò la madre terra.
In quel tempo Roma stava conducendo una guerra contro i Rutuli asserragliati nella città di Ardea; tutti i cittadini atti alle armi partecipavano all'assedio. In questo quadro si inserisce l'episodio di Lucio Tarquinio Collatino e di sua moglie Lucrezia, di cui si invaghì il figlio del re Tarquinio Sestio. Questi, lasciato il campo, tornò a Roma dove con l'inganno e la forza fece violenza a Lucrezia.
Il giorno seguente, la donna si recò nel campo militare dove si trovava il marito.
(LA)
« Aduentu suorum lacrimae obortae, quaerentique viro "Satin salue?" "Minime" inquit; "quid enim salui est mulieri amissa pudicitia? Vestigia viri alieni, Collatine, in lecto sunt tuo; ceterum corpus est tantum violatum, animus insons; mors testis erit. Sed date dexteras fidemque haud impune adultero fore. Sex. est Tarquinius qui hostis pro hospite priore nocte vi armatus mihi sibique, si vos viri estis, pestiferum hinc abstulit gaudium." Dant ordine omnes fidem; consolantur aegram animi avertendo noxam ab coacta in auctorem delicti: mentem peccare, non corpus, et unde consilium afuerit culpam abesse. "Vos" inquit "uideritis quid illi debeatur: ego me etsi peccato absoluo, supplicio non libero; nec ulla deinde impudica Lucretiae exemplo uiuet." Cultrum, quem sub ueste abditum habebat, eum in corde defigit, prolapsaque in volnus moribunda cecidit. Conclamat vir paterque. » (IT)
« Alla vista dei congiunti, scoppia a piangere. Il marito allora le chiede: "Tutto bene?" Lei gli risponde: "Come fa ad andare tutto bene a una donna che ha perduto l'onore? Nel tuo letto, Collatino, ci son le tracce di un altro uomo: solo il mio corpo è stato violato, il mio cuore è puro e te lo proverò con la mia morte. Ma giuratemi che l'adultero non rimarrà impunito. Si tratta di Sesto Tarquinio: è lui che ieri notte è venuto qui e, restituendo ostilità in cambio di ospitalità, armato e con la forza ha abusato di me. Se siete uomini veri, fate sì che quel rapporto non sia fatale solo a me ma anche a lui." Uno dopo l'altro giurano tutti. Cercano quindi di consolarla con questi argomenti: in primo luogo la colpa ricadeva solo sull'autore di quell'azione abominevole e non su di lei che ne era stata la vittima; poi non è il corpo che pecca ma la mente e quindi, se manca l'intenzione, non si può parlare di colpa. Ma lei replica: "Sta a voi stabilire quel che si merita. Quanto a me, anche se mi assolvo dalla colpa, non significa che non avrò una punizione. E da oggi in poi, più nessuna donna, dopo l'esempio di Lucrezia, vivrà nel disonore!" Afferrato il coltello che teneva nascosto sotto la veste, se lo piantò nel cuore e, piegandosi sulla ferita, cadde a terra esanime tra le urla del marito e del padre. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri , lib. I, capoverso 58)
Sconvolti dall'accaduto e pieni d'odio per Tarquinio e la sua famiglia, Bruto e Collatino giurarono di non aver pace fino a quando i Tarquini non fossero stati cacciati dalla città.
Raccolto il cadavere della nobile donna, seguiti dai giovani seguaci, i due si diressero a Roma dove Bruto parlò alla folla accorsa nel Foro; il suo eloquio fu così efficace e trascinante, e la nefandezza di Sestio così grande, che riusci a smuovere l'animo dei propri cittadini, stanchi dei soprusi dei Tarquini, che proclamarono il bando dalla città del re e dei suoi figli mentre questi, avvertiti da dei seguaci, stavano tornando in città dal campo militare.
Morte e sepoltura [modifica]
Plastico della Roma dei Tarquini presso il museo della Civiltà Romana all'EUR.Tarquinio, messo al bando dalla città su cui regnava, trovò le porte della città sbarrate e perciò si rifugio a Cere; l'ex re non si diede per vinto, e tentò di restaurare il proprio regno con l'aiuto di Porsenna, a cui si alleò, e delle città latine avversarie di Roma. Nonostante i successi ottenuti dal lucumone etrusco di Chiusi, Tarquinio non riuscì più a rientrare in città e morì in esilio.
In realtà è possibile che i fatti fossero in parte diversi. Sotto i Tarquini Roma aveva stretto alleanze con le città latine formando una lega all’interno della quale era la città egemone; ciò era avvenuto soprattutto grazie alla fondazione del tempio di Diana sull’Aventino. Nello stesso periodo Chiusi, dove regnava Porsenna, era diventata la più potente città etrusca e prendeva la decisione di conquistare Roma. Porsenna riuscì nel suo intento e cacciò Tarquinio il Superbo. Questi si rivolse alle alleanze che aveva a disposizione e in particolare ai latini e ai greci. I primi e i secondi, guidati questi ultimi da Aristodemo di Cuma, affrontarono Porsenna presso Aricia nel 510 a.C. sconfiggendolo. Nonostante questo, Tarquinio il superbo non tornò a Roma, ma trovò rifugio presso Aristodemo. A Roma intanto dopo la cacciata dei tarquini e la sconfitta di Porsenna veniva fondata la Repubblica: si trattava di una rivoluzione aristocratica che si inserisce però in un quadro politico di ridimensionamento della forza etrusca nella penisola. Gli etruschi stavano progressivamente perdendo le loro posizioni in Lazio e Campania a vantaggio di Latini e Greci ed è possibile che in questo contesto Roma abbia approfittato per liberarsi di Tarquinio il Superbo che, cacciato da Porsenna, veniva visto dall’aristocrazia come un dittatore tiranno.
Durante il periodo della dominazione etrusca Roma diventa un'importante stazione commerciale ed acquisisce il controllo su alcune comunità circostanti iniziando la sua espansione, anche con la fondazione di colonie romane, come quelle di Signa e Circei.
Sottò il suo regno fu portata a termine la costruzione della Cloaca Massima e del Tempio di Giove Ottimo Massimo.
Critica storica
Andrea Carandini, fondandosi sul nome indicato nell'affresco alla tomba François di Vulci come quello del rivale di Servio Tullio-Mastarna, ha sostenuto che la discendenza diretta di Tarquinio il superbo da Tarquinio Prisco è frutto di una damnatio memoriae decretata dallo stesso Servio Tullio nei confronti del fratellastro Gneo Tarquinio, che sarebbe il figlio di Tarquinio Prisco ed il padre di Tarquinio il Superbo: già Calpurnio Pisone si sarebbe accorto del falso storico, in ragione dell'età ultracentenaria che Tarquinio il superbo avrebbe dovuto vere nella ricostruzione storica tradizionale al momento della morte.
Con Tarquinio il Superbo termina l'egemonia etrusca, iniziata con il regno di Tarquinio Prisco sulla città di Roma. Perlomeno quella proveniente dalla città di Tarquinia, se nel periodo in cui prevale l'elemento etrusco si considera anche quello immediatamente successivo in cui Roma dovette quantomeno subire l'influenza (se non addirittura la conquista) di Chiusi.
Lucio Tarquinio Prisco (lat. Lucius Tarquinius Priscus; ... – ...) originario di Tarquinia in Etruria, è stato il quinto re di Roma secondo la cronologia di Tito Livio, che regnò tra il 616 a.C. e il 579 a.C..
Nascita e primi anni
Secondo la tradizione Lucio Tarquinio Prisco era nato a Tarquinia (Corito/Corinto), ma era greco per parte di padre (Demarato era originario della città greca di Corinto/Corito da dove era fuggito per stabilirsi poi a Tarquinia) e a causa di questa ascendenza, e nonostante fosse ricco e noto in città, veniva osteggiato dai suoi concittadini e non riusciva ad accedere alle cariche pubbliche. Per questi motivi, e su consiglio di sua moglie Tanaquil, decise quindi di emigrare da Tarquinia a Roma, dove cambiò nome, dall'etrusco Lucumone al più latino Lucio Tarquinio detto poi Prisco per distinguerlo dall'ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo.
Al suo arrivo a Roma, nei pressi del Gianicolo, dove arrivò a bordo di un carro, accadde un fatto eccezionale; un'aquila prima gli portò via il berretto, poi tornò indietro e lo fece cadere sulla sua testa. Tanaquil, che in quanto etrusca conosceva l'arte di interpretare i segni del cielo, interpretò questo fatto come il segno di future grandezze per il marito.
In città Tarquinio si fece conoscere per le sue qualità e per la sua generosità, tanto che Anco Marzio decise di conoscerlo e, conosciutolo, prima lo fece entrare tra i suoi consiglieri, poi decise di adottarlo, affidandogli il compito di proteggere i suoi figli, secondo alcuni studiosi come Giuseppe Valditara ricopri anche la carica di magister populi.
Incoronazione e attività
Plastico della Roma dei Tarquini presso il museo della Civiltà Romana all'EUR.Alla morte del re, Tarquinio riuscì a farsi eleggere re dal popolo romano come figlio di Anco Marzio.
La sua abilità militare fu subito messa alla prova da un attacco sferrato dai Sabini; l'attacco fu respinto dopo sanguinosi combattimenti nelle strade della città. Fu in questa occasione che fu raddoppiato il numero di cavalieri, che ognuna delle tre tribù (Ramnensi, Tiziensi e Luceri) doveva fornire all'esercito. Tarquinio poi combatté i Latini (acquistò allo stato romano le città di Cornicolo e Collazia), poi gli etruschi delle città di Chiusi, Arezzo, Volterra, Rosselle e Vetulonia corsi in aiuto dei Latini; sconfitti anche gli etruschi, terminò la guerra contro le altre città latine. Grazie a queste fortunate guerre riuscì a rimpinguare le casse statali con i ricchi bottini depredati alle città sconfitte.
Tarquinio riformò anche lo stato, portando l'Assemblea Centuriata a 1800 componenti ed aggiungendo 100 membri ai senatori, che così vennero ad essere 200.
Si occupò anche dei giochi della città, erigendo il Circo Massimo e destinandolo come sede permanente delle corse dei cavalli; prima di allora gli spettatori assistevano alle gare, che qui si svolgevano, seduti da postazioni di fortuna.
In seguito a forti alluvioni, che interessarono specialmente le zone dove sarebbe sorto il futuro Foro Romano, fece poi iniziare la costruzione della Cloaca Massima. A lui si deve poi l'inizio dei lavori per la costruzione del tempio di Giove Capitolino sul colle del Campidoglio.
Fu Tarquinio che per primo celebrò un trionfo in Roma, vestito con un abito dorato e di porpora su di un carro trainato da quattro cavalli, e sempre a lui si deve l'introduzione in città di usanze tipicamente etrusche, relative alla sua posizione regale, come lo scettro, la toga purpurea, la sella curalis e i fasci littori.
Morte e sepoltura
Nel frattempo, il maggiore dei figli di Anco Marzio, nella speranza di ottenere il trono che riteneva gli fosse stato usurpato da Tarquinio, organizzò un complotto in cui il re etrusco trovò la morte. I suoi piani furono però frustrati dall'abile Tanaquil, che fece in modo che il popolo romano eleggesse suo genero Servio Tullio come sesto re di Roma e successore di Lucio Tarquinio Prisco.
Servio Tullio (... – Roma, 539 a.C.) è stato il sesto re di Roma, secondo la tradizione regnò dal 578 a.C. al 539 a.C.. La tradizione a partire dall'imperatore Claudio lo identifica anche col magister populi etrusco Macstarna.
Nascita
Servio, come attestato anche dal nome, era di umili origini; nacque infatti da una prigioniera di guerra (che si racconta fosse stata nobile nella sua città) ridotta a servire il focolare domestico del re Tarquinio Prisco.
Incoronazione
Deve la sua fortuna a Tanaquil, moglie del re, che ne indovinò la futura grandezza e per questo gli diede in sposa la figlia ed alla morte del marito fece in modo che Servio gli succedesse come re di Roma. Infatti, quando Tarquinio fu ucciso in una congiura, Tanaquil ne informò il popolo romano nascondendo la morte del re, dicendo invece che egli era rimasto ferito e che nel frattempo Servio Tullio ne sarebbe stato il reggente. Diede quindi modo a quest'ultimo di presentarsi come il naturale successore quando, solo in seguito al ristabilirsi della calma, venne comunicata la morte del re.
Attività
Fu l'autore della più importante modifica dell'esercito dell'epoca pre-repubblicana. Si rese conto infatti che per assicurare a Roma una forza militare sufficiente a mantenere le proprie conquiste era necessario un esercito più numeroso di quello che possedeva (un'unica legione di circa 3000 uomini, detto esercito romuleo).
Si impegnò quindi a favorire il reclutamento degli strati inferiori della società, fino ad allora esclusi dal servizio militare, segnando così il primo passo verso il riconoscimento politico di quella che solo grazie a questa riforma prenderà a chiamarsi plebe.
L'inclusione della plebe nell'esercito portò ovviamente i re etruschi ad un primo contrasto con lo strato superiore della società romana, i patrizi, che vedevano minacciati i propri privilegi.
Roma continuò comunque la sua politica di espansione territoriale, questa volta a danno delle città etrusche di Veio, Cere e Tarquinia; dopo alterne vicende i Romani ebbero la meglio su queste città e ingrandirono il loro territorio verso nord.
Servio Tullio modificò la tradizionale ripartizione in tribù del popolo romano, che non tenne più conto dell'origine delle genti, ma che considerava come criterio di appartenenza il luogo di residenza. Vennero così create quattro tribù urbane (Suburana, Palatina, Esquilina, Collina); in questo modo, oltre a omogenizzare i cittadini romani, si poteva anche valutare il patrimonio dei singoli cittadini e quindi fissarne il tributo che questi dovevano versare alle casse dello stato, oltre che il censo, che ne determinava i diritti ed i doveri.
Servio Tullio fece costruire sull'Aventino il tempio di Diana, che corrisponde alla dea greca Artemide, il cui tempio si trovava ad Efeso, trasferendo da Ariccia il culto latino di Diana Nemorensis. Come per i Greci, per i quali il tempio di Artemide rappresentava una federazione di città, con il tempio di Diana, costruito intorno al 540 a.C., i Romani miravano a porsi come centro politico e religioso delle popolazioni del Lazio e forse anche dell'Etruria meridionale.
A Servio si ascrive anche la decisione di costruire il Tempio di Mater Matuta ed il Tempio della Dea Fortuna, entrambi al Foro Boario.
Morte e sepoltura
Servio Tullio fu ucciso da Tarquinio il Superbo che ebbe come complice la seconda moglie Tullia Minore, figlia minore di Servio; si tramanda infatti che Tarquinio, dopo aver provocato il re, gettasse questo giù dalle scale della Curia; il sovrano, ferito ma non ancora morto, fu quindi finito dalla figlia che gli passò sopra con un carro trainato da cavalli, mentre cercava di scappare dal foro.
Tradizione
Secondo un'antica tradizione, di cui veniamo a conoscenza grazie a un discorso tenuto dall'imperatore Claudio in senato, la figura di Servio Tullio si identifica con quella di Mastarna (o anche Macstarna), alleato di Celio Vibenna (o Vivenna), entrambi condottieri etruschi impegnati in spedizioni di conquista in Etruria e nei territori circostanti, e rifugiatisi, al termine di alterne vicende belliche, sul Monte Celio a Roma. Mastarna avrebbe poi ottenuto il regno e cambiato il proprio nome etrusco, assumendo quello latino di Servio Tullio. Questa versione dei fatti fu oggetto anche di un famoso discorso al Senato dell'imperatore etruscologo Claudio (riportato nelle tavole di bronzo di Lione).
Affresco dalla Tomba François di Vulci raffigurante la liberazione di Celio Vibenna; il personaggio a sinistra è Macstarna, poi re di Roma col nome di Servio Tullio.Gli storici, al di là degli aspetti leggendari del racconto, non escludono che possa avere qualche fondamento di verità, e portano a sostegno di questa ipotesi anche i famosi affreschi della Tomba François di Vulci che rappresentano in modo sorprendentemente realistico questo ciclo di racconti epici.
Si può tuttavia giungere anche alla conclusione che il nome Mastarna (Macstrna) fosse soltanto il titolo con il quale Servio Tullio veniva chiamato in battaglia: non sarebbe impossibile infatti intravedere nella parola mastarna la radice di magister ("maestro"), cioè, in questo caso, magister maximus della legione romana. Secondo Massimo Pallottino (Origini e storia primitiva di Roma) Mastarna sarebbe il "servitore" di Celio Vibenna (Caile Vipinas), perché il suffisso -na indica appartenenza; quindi Macstrna sarebbe "appartenente al magister" (macstr = magister). Dopo la conquista di Roma e la morte di Celio Vibenna, Mastarna entrò in contrasto con Aulo Vibenna, fratello di Celio, e infine lo uccise, restando unico padrone della città.
SPERO DI ESSSERTI STATO DI AIUTO...
http://it.wikipedia.org/wiki/Tarquinio_Prisco prisco
http://it.wikipedia.org/wiki/Tarquinio_il_Superbo superbo
http://it.wikipedia.org/wiki/Servio_Tullio servio tullio
http://it.wikipedia.org/wiki/Tarquinio_il_Superbo superbo
http://it.wikipedia.org/wiki/Servio_Tullio servio tullio