Filosofia domande di approfondimento

indovina
---L'essere è finito o infinito?(Parmenide)
---è finito,
ma perchè è finito?

Risposte
maryanp86
Partendo dal presupposto che per Parmenide la Realtà è l'Essere, il discorso può essere posto partendo da una serie di presupposti:
Secondo Parmenide di fronte all'uomo si aprono tre vie: quella della verità (alétheia) che essendo basata sulla ragione ci porta a conoscere l'essere vero; la via dell'opinione (dóxa), basata sui sensi e che porta a conoscere l'essere apparente; la via dell’opinione plausibile delle cose, in cui la molteplicità e il divenire, attestati dai sensi, sono ammessi non come puro essere o puro non essere, ma solo come apparenza fenomenica. Solo la via della verità è percorribile, quella della ragione. Parmenide, inoltre, asserisce che: l'essere è e non può essere, mentre il non essere non è e non può essere. Con questa il filosofo dichiarare che solo l'essere esiste mentre il non essere non esiste e, conseguentemente non può venir pensato. Difatti, mentre la mente e il linguaggio si attribuiscono all'essere, il non essere risulta impensabile e indicibile. Da questo assunto Parmenide deduce gli attributi essenziali dell'essere vero e autentico, presumendo che bisogna rigettare tutto ciò che implica il non-essere.

per approfondimenti rimando qui:
https://www.skuola.net/filosofia-antica/parmenide.html
http://mondodomani.org/dialegesthai/ap20.htm

alba 70
secondo Parmenide in che modo si può giungere alla realtà?

Francy1982
perchè per gli antichi essere infinito significava ad essere imnperfetto, per questo l'essere è finito questo spiega perchè per Parmenide il mondo dell'essere può essere rappresentato anche co un tono = disegno finito, mentre quello empirico è disegnato con una linea.
Il cerchio calcolabile, finito e in cui tutti i punti sono equidistanti dal centro da l'idea di perfezione!

IPPLALA
E' finito.
Ecco l'essere per Parmenide da qui:
Parmenide intende affermare che niente si crea dal niente, e nulla può essere distrutto nel nulla. Già i primi filosofi greci avevano cercato l'origine (ἀρχή, archè) della mutevolezza dei fenomeni in un principio statico che potesse renderne ragione, non riuscendo a spiegarsi il divenire. Ma i cambiamenti e le trasformazioni a cui è soggetta la natura, tali per cui alcune realtà nascono, altre scompaiono, secondo Parmenide non hanno semplicemente motivo di esistere, essendo pura illusione. La vera natura del mondo, il vero essere della realtà, è statico e immobile. A tali affermazioni Parmenide giunge promuovendo per la prima volta un pensiero basato non più su spiegazioni mitologiche del cosmo, ma su un metodo razionale, servendosi in particolare della logica formale di non-contraddizione, da cui si traggono le seguenti conclusioni:

* L'Essere è immobile perché se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e quindi ora sarebbe, ora non sarebbe.
* L'Essere è Uno perché non possono esserci due Esseri: se uno è l'essere, l'altro non sarebbe il primo, e sarebbe quindi non-essere. Allo stesso modo per cui, se A è l'essere, e B è diverso da A, allora B non è: qualcosa che non sia Essere non può essere, per definizione.
* L'Essere è eterno perché non può esserci un momento in cui non è più, o non è ancora: se l'essere fosse solo per un certo periodo di tempo, a un certo momento non sarebbe, e si avrebbe contraddizione.
* L'Essere è indivisibile, perché se venisse spezzato non sarebbe più.

L'Essere risulta così vincolato dalla necessità (ἀνάγχη, anànche), che è il suo limite ma al contempo il suo fondamento: «la dominatrice Necessità lo tiene nelle strettoie del limite che tutto intorno lo cinge; perché bisogna che l'essere non sia incompiuto».
Rappresentazione di Parmenide da parte di Raffaello Sanzio
Rappresentazione di Parmenide da parte di Raffaello Sanzio

Parmenide paragona l'Essere a una sfera perfetta, sempre uguale a uguale a se stessa nello spazio e nel tempo, chiusa e finita (per gli antichi greci il finito era sinonimo di perfezione). La sfera è infatti l'unico solido geometrico che non ha differenze al suo interno, ed è uguale dovunque la si guardi; l'ipotesi collima suggestivamente con la teoria della relatività di Albert Einstein che nel 1900 dirà: «Se prendessimo un binocolo e lo puntassimo nello spazio, vedremmo una linea curva chiusa all'infinito» in tutte le direzioni dello spazio, ovvero, complessivamente, una sfera (per lo scienziato infatti l'universo è sferico sebbene finito, fatto di uno spazio ripiegato su se stesso).

Fuori dell'Essere non può esistere nulla, perché il non-essere, secondo logica, non è, per sua stessa definizione. Il divenire attestato dai sensi, secondo cui gli enti ora sono e ora non sono, è una mera illusione (che appare ma in realtà non è). La vera conoscenza dunque non deriva dai sensi, ma nasce dalla ragione. «Non c'è nulla di errato nell'intelletto che prima non sia stato negli erranti sensi» è la frase che d’ora in poi sarà attribuita a Parmenide. Il pensiero è dunque la via maestra per cogliere la verità dell'Essere: «ed è lo stesso il pensare e pensare che è. Giacché senza l'essere ... non troverai il pensare», a indicare come l'Essere si trovi nel pensiero. Pensare il nulla è difatti impossibile, il pensiero è necessariamente pensiero dell'essere. Di conseguenza, poiché è sempre l'essere a muovere il pensiero, la pensabilità di qualcosa dimostra l'esistenza dell'oggetto pensato. Tale identità immediata di essere e pensiero, a cui si giunge scartando tutte le impressioni e i falsi concetti derivanti dai sensi, abbandonando ogni dinanismo del pensiero, accomuna Parmenide alla dimensione mistica delle filosofie apofatiche orientali, come il buddismo, il taoismo e l'induismo.

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