Costruzioni deboli
Ho una curiosità che mi ronza in testa da tempo, ma che non riesco ad esprimere debitamente. In breve: sto cercando una "spiegazione" del perché le costruzioni deboli tendenzialmente funzionino bene quando c'è da conservare qualche proprietà, mentre le varianti "forti" perdano un sacco di roba per strada.
Esempi vari (nei quali \( \mathfrak{I} \) è un insieme di indici con \({\rm card}(\mathfrak{I})\) finita, numerabile o più che numerabile):
- Data una famiglia di spazi topologici compatti \(\{(X_i, \mathcal{T}_i)\}_{i \in \mathfrak{I}}\) si può rendere \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} X_i\) (dove il prodotto è cartesiano) uno spazio topologico (in particolare) con la box topology o con la product topology. Nel primo caso il se gli \(\{(X_i, \mathcal{T}_i)\}_{i \in \mathfrak{I}}\) sono compatti il loro prodotto non è necessariamente compatto, nel secondo sì.
- Data una famiglia di gruppi abeliani \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\) si definiscono la somma diretta debole \(\sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) ed il prodotto diretto \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) (dove il prodotto è inteso come somma diretta "forte" dei gruppi). Si ha che \(\sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) è generato dagli stessi generatori dei \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\), mentre \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) no, con ciò che ne consegue (impossibilità di determinare univocamente dei morfismi da delle funzioni ecc.)[nota]Una cosa che "stona" con la mia osservazione (non parlo di controesempio perché non riesco a formulare un'ipotesi) è ad esempio il fatto che entrambe le costruzioni precedenti si estendono naturalmente ai complessi di catene ed ecco che la somma diretta commuta con la chain homology (l'omologia di una somma diretta di complessi di catene è isomorfa alla somma diretta delle omologie di ciascun complesso), e lo fa anche il prodotto diretto![/nota]
- Vedo lo stesso fenomeno su polinomi e successioni, ma qui fatico a metterlo a fuoco.
La lista potrebbe andare avanti ancora un po' e immagino ci siano molte altre situazioni simili che non conosco. Spero sia chiaro il senso del mio "perché?". C'è una ragione profonda (leggasi: teorema) dietro a questo "fenomeno matematico", o sto generalizzando indebitamente e caso per caso c'è solo una giustificazione particolare (la dimostrazione dei teoremi che ho citato), ma non c'è uno schema generale dietro a queste costruzioni? (O comunque una ragione logica/matematica che garantisca che costruzioni simili conservano determinate proprietà, o che spieghi perché le versioni non deboli in generale le perdono; o, ancora, che stabilisca quali proprietà si perdono e quali rimangono.)
So che la domanda è vaga, ma non riesco a fare di meglio, ho inserito gli esempi per cercare di compensare la mia incapacità di esporre debitamente la questione. Qualcuno ha una risposta o qualche idea?
Esempi vari (nei quali \( \mathfrak{I} \) è un insieme di indici con \({\rm card}(\mathfrak{I})\) finita, numerabile o più che numerabile):
- Data una famiglia di spazi topologici compatti \(\{(X_i, \mathcal{T}_i)\}_{i \in \mathfrak{I}}\) si può rendere \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} X_i\) (dove il prodotto è cartesiano) uno spazio topologico (in particolare) con la box topology o con la product topology. Nel primo caso il se gli \(\{(X_i, \mathcal{T}_i)\}_{i \in \mathfrak{I}}\) sono compatti il loro prodotto non è necessariamente compatto, nel secondo sì.
- Data una famiglia di gruppi abeliani \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\) si definiscono la somma diretta debole \(\sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) ed il prodotto diretto \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) (dove il prodotto è inteso come somma diretta "forte" dei gruppi). Si ha che \(\sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) è generato dagli stessi generatori dei \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\), mentre \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} G_i\) no, con ciò che ne consegue (impossibilità di determinare univocamente dei morfismi da delle funzioni ecc.)[nota]Una cosa che "stona" con la mia osservazione (non parlo di controesempio perché non riesco a formulare un'ipotesi) è ad esempio il fatto che entrambe le costruzioni precedenti si estendono naturalmente ai complessi di catene ed ecco che la somma diretta commuta con la chain homology (l'omologia di una somma diretta di complessi di catene è isomorfa alla somma diretta delle omologie di ciascun complesso), e lo fa anche il prodotto diretto![/nota]
- Vedo lo stesso fenomeno su polinomi e successioni, ma qui fatico a metterlo a fuoco.
La lista potrebbe andare avanti ancora un po' e immagino ci siano molte altre situazioni simili che non conosco. Spero sia chiaro il senso del mio "perché?". C'è una ragione profonda (leggasi: teorema) dietro a questo "fenomeno matematico", o sto generalizzando indebitamente e caso per caso c'è solo una giustificazione particolare (la dimostrazione dei teoremi che ho citato), ma non c'è uno schema generale dietro a queste costruzioni? (O comunque una ragione logica/matematica che garantisca che costruzioni simili conservano determinate proprietà, o che spieghi perché le versioni non deboli in generale le perdono; o, ancora, che stabilisca quali proprietà si perdono e quali rimangono.)
So che la domanda è vaga, ma non riesco a fare di meglio, ho inserito gli esempi per cercare di compensare la mia incapacità di esporre debitamente la questione. Qualcuno ha una risposta o qualche idea?
Risposte
Per esperienza personale credo che questo sia un tipo di domande che è meglio non fare, nel senso che si tratta di questioni ampiamente soggettive che difficilmente si riescono a condividere completamente. Quando ho di questi dubbi finisco sempre col portarmeli dietro per un po' per poi mettere insieme qualche tassello qua e là, pian piano, mentre sto facendo altro.
Per l'argomento in questione non voglio quindi entrare nel generale, anche perché non ne sono affatto capace. Però voglio lasciare un link ad una discussione sul prodotto topologico con un interessante intervento di Martino:
viewtopic.php?p=471850#p471850
che potrebbe aggiungere qualche tassello al grande puzzle, almeno nel reparto topologia.
Per l'argomento in questione non voglio quindi entrare nel generale, anche perché non ne sono affatto capace. Però voglio lasciare un link ad una discussione sul prodotto topologico con un interessante intervento di Martino:
viewtopic.php?p=471850#p471850
che potrebbe aggiungere qualche tassello al grande puzzle, almeno nel reparto topologia.
Grazie mille, sia per il consiglio che per la segnalazione.
Per risponderti (parzialmente) bisogna usare la teoria delle categorie (TdC); personalmente, come studente, basta solo esporti la prima lezione di TdC della mia vita. 
Partiamo dal caso facile\idiota: dati due insiemi \(\displaystyle X\) e \(\displaystyle Y\) (per semplicità non vuoti): cosa intendiamo per "prodotto di insiemi" \(\displaystyle X\times Y\)?
Volendo fare un parallelo con l'idea "naturale" di prodotto, prendiamo due numeri naturali \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) (pure nulli, se volete); il loro "prodotto"[nota]Attenzione: non intendo il prodotto a cui siamo abituati, ma una entità da definire nel "migliore" dei modi possibile.[/nota] lo indichiamo con \(\displaystyle n\times m\)[nota]Per non confonderci, uso le stesse notazioni dei bambini che sono alle prese con le moltiplicazioni alla scuola primaria (si chiama così?)![/nota], dato che noi non siamo bimbi (cfr. nota 2) possiamo considerare il diagramma (funzionale, giusto per sparare dei paroloni):
[tex]\xymatrix{
n\ar[dr] & & n\\
& n\times m\ar[ur]\ar[dr]\\
m\ar[ur] & & m}[/tex]
concentriamoci sulle "frecce" che "partono" da \(\displaystyle n\times m\): intuitivamente esse "partono" da quel numero naturale ed "arrivano" ai suoi divisori[nota]C'è solo un punto da chiarire: stiamo considerando solo i numeri naturali \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) e basta, degli altri non ne teniamo conto nel ragionamento.[/nota];
concentriamoci sulle "frecce" che "arrivano" ad \(\displaystyle n\times m\): intuitivamente esse "arrivano" a un multiplo del numero "di partenza"[nota]Tecnicamente parlando, gli oggetti sono i numeri naturali, i morfismi o "frecce" tra loro codificano la relazione di divisibilità\molteplicità, la composizione di morfismi è conseguenza della proprietà transitiva della relazione di divisibilità\molteplicità.
Però per correttezza, avrei dovuto esporre due diagrammi dato che i morfismi sono formalmente diversi...[/nota].
Un discorso analogo lo si può fare con la somma dei numeri naturali!
A questo punto bisogna decidere quali "frecce" sono più adatte per definire il prodotto di numeri naturali... Consideriamo un altro numero naturale \(\displaystyle p\), multiplo sia di \(\displaystyle n\) che di \(\displaystyle m\); con la stessa convenzione di prima consideriamo i due possibili diagrammi funzionali:
[tex]\xymatrix{
n\ar[dr]\ar[drr] & & & & & n\\
& n\times m & p & p\ar[urr]\ar[drr]\ar@{.>}[r] & n\times m\ar[ur]\ar[dr]\\
m\ar[ur]\ar[urr] & & & & & m
}[/tex]
solo nel secondo caso possiamo affermare (leggendo i diagrammi di sopra) che \(\displaystyle n\times m\) è un divisore di \(\displaystyle p\), ma non possiamo affermare che \(\displaystyle p\) sia un multiplo di \(\displaystyle n\times m\)[nota]E.g.: \(\displaystyle n=2,m=4,n\times m=8,p=12\)! Inoltre, qui bisogna fare riferimento a cosa noi ci aspettiamo dal prodotto di numeri naturali; altrimenti stiamo solo farneticando su qualcosa che non sarà il prodotto "usuale" di numeri naturali.[/nota].
Siamo obbligati a considerare solo il secondo diagramma; affermiamo allora che \(\displaystyle n\times m\) è il prodotto di \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) se per ogni numero \(\displaystyle p\) divisibile per \(\displaystyle n\) e per \(\displaystyle m\) si ha che \(\displaystyle p\) è divisibile per \(\displaystyle n\times m\)[nota]In breve, è la definizione di minimo comune multiplo di numeri naturali secondo l'ufficio complicazioni affari semplici![/nota].
Torniamo al nostro caro prodotto di insiemi \(\displaystyle X\times Y\), volendo fare il parallelo con quanto discusso sin'ora: ci servono due frecce \(\displaystyle pr_1\) e \(\displaystyle pr_2\) in modo che per ogni insieme \(\displaystyle Z\):
[tex]\xymatrix{
& & X\\
Z\ar@{.>}[r]^{\varphi}\ar[urr]^{\pi_1}\ar[drr]_{\pi_2} & X\times Y\ar[ur]_{pr_1}\ar[dr]^{pr_2}\\
& & Y}[/tex]
il precedente diagramma sia commutativo (\(\displaystyle\forall i\in\{1,2\},\,\pi_i=pr_i\circ\varphi\)) e l'applicazione \(\displaystyle\varphi\) sia unica.
Non è difficile dimostrare che il prodotto di insiemi così richiesto è il solito prodotto cartesiano di insiemi!
Fine I parte!

Partiamo dal caso facile\idiota: dati due insiemi \(\displaystyle X\) e \(\displaystyle Y\) (per semplicità non vuoti): cosa intendiamo per "prodotto di insiemi" \(\displaystyle X\times Y\)?
Volendo fare un parallelo con l'idea "naturale" di prodotto, prendiamo due numeri naturali \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) (pure nulli, se volete); il loro "prodotto"[nota]Attenzione: non intendo il prodotto a cui siamo abituati, ma una entità da definire nel "migliore" dei modi possibile.[/nota] lo indichiamo con \(\displaystyle n\times m\)[nota]Per non confonderci, uso le stesse notazioni dei bambini che sono alle prese con le moltiplicazioni alla scuola primaria (si chiama così?)![/nota], dato che noi non siamo bimbi (cfr. nota 2) possiamo considerare il diagramma (funzionale, giusto per sparare dei paroloni):
[tex]\xymatrix{
n\ar[dr] & & n\\
& n\times m\ar[ur]\ar[dr]\\
m\ar[ur] & & m}[/tex]
concentriamoci sulle "frecce" che "partono" da \(\displaystyle n\times m\): intuitivamente esse "partono" da quel numero naturale ed "arrivano" ai suoi divisori[nota]C'è solo un punto da chiarire: stiamo considerando solo i numeri naturali \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) e basta, degli altri non ne teniamo conto nel ragionamento.[/nota];
concentriamoci sulle "frecce" che "arrivano" ad \(\displaystyle n\times m\): intuitivamente esse "arrivano" a un multiplo del numero "di partenza"[nota]Tecnicamente parlando, gli oggetti sono i numeri naturali, i morfismi o "frecce" tra loro codificano la relazione di divisibilità\molteplicità, la composizione di morfismi è conseguenza della proprietà transitiva della relazione di divisibilità\molteplicità.
Però per correttezza, avrei dovuto esporre due diagrammi dato che i morfismi sono formalmente diversi...[/nota].
Un discorso analogo lo si può fare con la somma dei numeri naturali!
A questo punto bisogna decidere quali "frecce" sono più adatte per definire il prodotto di numeri naturali... Consideriamo un altro numero naturale \(\displaystyle p\), multiplo sia di \(\displaystyle n\) che di \(\displaystyle m\); con la stessa convenzione di prima consideriamo i due possibili diagrammi funzionali:
[tex]\xymatrix{
n\ar[dr]\ar[drr] & & & & & n\\
& n\times m & p & p\ar[urr]\ar[drr]\ar@{.>}[r] & n\times m\ar[ur]\ar[dr]\\
m\ar[ur]\ar[urr] & & & & & m
}[/tex]
solo nel secondo caso possiamo affermare (leggendo i diagrammi di sopra) che \(\displaystyle n\times m\) è un divisore di \(\displaystyle p\), ma non possiamo affermare che \(\displaystyle p\) sia un multiplo di \(\displaystyle n\times m\)[nota]E.g.: \(\displaystyle n=2,m=4,n\times m=8,p=12\)! Inoltre, qui bisogna fare riferimento a cosa noi ci aspettiamo dal prodotto di numeri naturali; altrimenti stiamo solo farneticando su qualcosa che non sarà il prodotto "usuale" di numeri naturali.[/nota].
Siamo obbligati a considerare solo il secondo diagramma; affermiamo allora che \(\displaystyle n\times m\) è il prodotto di \(\displaystyle n\) ed \(\displaystyle m\) se per ogni numero \(\displaystyle p\) divisibile per \(\displaystyle n\) e per \(\displaystyle m\) si ha che \(\displaystyle p\) è divisibile per \(\displaystyle n\times m\)[nota]In breve, è la definizione di minimo comune multiplo di numeri naturali secondo l'ufficio complicazioni affari semplici![/nota].
Torniamo al nostro caro prodotto di insiemi \(\displaystyle X\times Y\), volendo fare il parallelo con quanto discusso sin'ora: ci servono due frecce \(\displaystyle pr_1\) e \(\displaystyle pr_2\) in modo che per ogni insieme \(\displaystyle Z\):
[tex]\xymatrix{
& & X\\
Z\ar@{.>}[r]^{\varphi}\ar[urr]^{\pi_1}\ar[drr]_{\pi_2} & X\times Y\ar[ur]_{pr_1}\ar[dr]^{pr_2}\\
& & Y}[/tex]
il precedente diagramma sia commutativo (\(\displaystyle\forall i\in\{1,2\},\,\pi_i=pr_i\circ\varphi\)) e l'applicazione \(\displaystyle\varphi\) sia unica.
Non è difficile dimostrare che il prodotto di insiemi così richiesto è il solito prodotto cartesiano di insiemi!
Fine I parte!
Prima di tutto: grazie!
Non dovrebbe essere (troppo) un problema, dal momento che ho già visto cenni di TdC.
Riconosco negli ultimi due diagrammi che proponi una costruzione simile a quella dei problemi universali; di questi mi è capitato di vederne alcuni (per il campo dei quozienti di un dominio, per il prodotto tensoriale di R-moduli, per i gruppi liberi ecc.), ma non mi era mai capitato di vedere un qualcosa di analogo in cui il diagramma deve funzionare "sia da sopra che da sotto", né comunque con le frecce che mappano l'oggetto della categoria-destinazione nell'oggetto di partenza, sempre visti al contrario. Sbaglio a vedere delle analogie?
In ogni caso il discorso da cui parti mi è del tutto nuovo, mi sembra un'idea estremamente interessante quella di impostare il problema sia "all'andata" che "al ritorno" per poi vedere quale sarebbe effettivamente la soluzione adatta al caso cercato.
Attendo con impazienza la seconda parte e di vedere come ciò si collega alla mia domanda, grazie ancora!
"j18eos":
Per risponderti (parzialmente) bisogna usare la teoria delle categorie (TdC)
Non dovrebbe essere (troppo) un problema, dal momento che ho già visto cenni di TdC.
Riconosco negli ultimi due diagrammi che proponi una costruzione simile a quella dei problemi universali; di questi mi è capitato di vederne alcuni (per il campo dei quozienti di un dominio, per il prodotto tensoriale di R-moduli, per i gruppi liberi ecc.), ma non mi era mai capitato di vedere un qualcosa di analogo in cui il diagramma deve funzionare "sia da sopra che da sotto", né comunque con le frecce che mappano l'oggetto della categoria-destinazione nell'oggetto di partenza, sempre visti al contrario. Sbaglio a vedere delle analogie?
In ogni caso il discorso da cui parti mi è del tutto nuovo, mi sembra un'idea estremamente interessante quella di impostare il problema sia "all'andata" che "al ritorno" per poi vedere quale sarebbe effettivamente la soluzione adatta al caso cercato.
Attendo con impazienza la seconda parte e di vedere come ciò si collega alla mia domanda, grazie ancora!
Per brevità di esposizione, cercherò di farti capire perché il prodotto topologico è quello e non un altro!
Sempre per semplicità di esposizione, consideriamo due spazi topologici \(\displaystyle(X_1,\mathcal{T}_1)\) e \(\displaystyle(X_2,\mathcal{T}_2)\); dalla I parte è chiaro che si deve definire una topologia su \(\displaystyle X_1\times X_2\) che renda continue le proiezioni[nota]Veramente sarebbe tutto da dimostra, ma ci basta l'intuizione per i nostri scopi.[/nota]!
Dal corso di topologia, siamo obbligati a considerare la famiglia di sottoinsiemi:
\[
\{X_1\times A_2=pr_2^{-1}(A_2),A_1\times X_2=pr_1^{-1}(A_1)\subseteq X_1\times X_2:\\
\forall i\in\{1,2\},\,A_i\,\text{è un sottoinsieme aperto di}\,X_i\}
\]
tale costituisce un ricoprimento di \(\displaystyle X_1\times X_2\) e per avere la continuità delle proiezioni dev'essere un ricoprimento di insiemi aperti.
Ci sono (almeno) due modi per costruire una topologia sul precedente insieme: assumere il precedente ricoprimento, esclusivamente, come base o sottobase topologica; però il precedente ricoprimento non può essere una base quindi è da assumersi come sottobase topologica, la topologia che esso determina si chiama topologia prodotto \(\displaystyle\mathcal{T}\).
Si dimostra \(\displaystyle(X_1\times X_2,\mathcal{T})\) è lo spazio topologico prodotto ricercato!
A ben vedere, nel caso del prodotto di finiti spazi topologici, la topologia prodotto non è altro che la topologia delle scatole (box topology); passando al caso del prodotto di infiniti spazi topologici troveremmo che \(\displaystyle\mathcal{T}_{box}\supseteq\mathcal{T}\) e quindi troveremmo la funzione \(\displaystyle1_{\displaystyle\prod_{i\in I}X_i}:\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}_{box}\right)\to\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}\right)\) che ci farebbe scartare tale topologia come quella adatta al prodotto topologico!
Ovviamente, sappiamo che la topologia è sempre quella che ha per sottobase il ricoprimento delle anti-immagini degli insiemi aperti degli spazi topologici fattori.
Rifacendomi al teorema di Tychonov, giusto per informazione, per ogni spazio topologico esiste la compattificazione di Stone-Čech che è uno spazio topologico compatto e di Hausdorff.
In tal modo resta definito un funtore dalla categoria \(\displaystyle\mathbf{Top}\) degli spazi topologici alla categoria \(\displaystyle\mathbf{CHaus}\) degli spazi topologici compatti di Hausdorff[nota]In entrambe le categorie, i morfismi sono le funzioni continue, e la composizione dei morfismi è l'usuale di composizione delle funzioni.[/nota]; tale funtore ammette un funtore aggiunto a sinistra, quindi è un funtore aggiunto destro e preserva i limiti categoriali detti limiti proiettivi (quali i prodotti topologici); in breve, resta dimostrato il teorema di Tychonov per gli spazi topologici compatti di Hausdorff.
Il punto è che questa dimostrazione categoriale del teorema di Tychonov per gli spazi topologici compatti di Hausdorff si regge sulla "forza" della topologia prodotto, in quanto soluzione di un "problema universale"[nota]Non allarghiamo il giro...[/nota]; detto in soldoni: meglio non si può, e se trovi qualcosa che fa lo stesso non può essere "più forte"!
Come ho scritto nella nota 3: non volendo allargare il giro, bisognerebbe cercare di dare una certa motivazione terrea ai funtori ed ai funtori aggiunti (destri o sinistri o bilateri) per capire come usare i concetti "forti" o "deboli"[nota]Di cui non ho scritto.[/nota] e dimostrare teoremi...
Se servirà\verrà richiesto: la III parte potrebbe essere su quest'ultime righe.
Buona notte
P.S.: Epimenide per sicurezza leggerò domani il tuo intervento... Già è stato difficile concludere col mio!
Sempre per semplicità di esposizione, consideriamo due spazi topologici \(\displaystyle(X_1,\mathcal{T}_1)\) e \(\displaystyle(X_2,\mathcal{T}_2)\); dalla I parte è chiaro che si deve definire una topologia su \(\displaystyle X_1\times X_2\) che renda continue le proiezioni[nota]Veramente sarebbe tutto da dimostra, ma ci basta l'intuizione per i nostri scopi.[/nota]!
Dal corso di topologia, siamo obbligati a considerare la famiglia di sottoinsiemi:
\[
\{X_1\times A_2=pr_2^{-1}(A_2),A_1\times X_2=pr_1^{-1}(A_1)\subseteq X_1\times X_2:\\
\forall i\in\{1,2\},\,A_i\,\text{è un sottoinsieme aperto di}\,X_i\}
\]
tale costituisce un ricoprimento di \(\displaystyle X_1\times X_2\) e per avere la continuità delle proiezioni dev'essere un ricoprimento di insiemi aperti.
Ci sono (almeno) due modi per costruire una topologia sul precedente insieme: assumere il precedente ricoprimento, esclusivamente, come base o sottobase topologica; però il precedente ricoprimento non può essere una base quindi è da assumersi come sottobase topologica, la topologia che esso determina si chiama topologia prodotto \(\displaystyle\mathcal{T}\).
Si dimostra \(\displaystyle(X_1\times X_2,\mathcal{T})\) è lo spazio topologico prodotto ricercato!
A ben vedere, nel caso del prodotto di finiti spazi topologici, la topologia prodotto non è altro che la topologia delle scatole (box topology); passando al caso del prodotto di infiniti spazi topologici troveremmo che \(\displaystyle\mathcal{T}_{box}\supseteq\mathcal{T}\) e quindi troveremmo la funzione \(\displaystyle1_{\displaystyle\prod_{i\in I}X_i}:\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}_{box}\right)\to\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}\right)\) che ci farebbe scartare tale topologia come quella adatta al prodotto topologico!
Ovviamente, sappiamo che la topologia è sempre quella che ha per sottobase il ricoprimento delle anti-immagini degli insiemi aperti degli spazi topologici fattori.
Rifacendomi al teorema di Tychonov, giusto per informazione, per ogni spazio topologico esiste la compattificazione di Stone-Čech che è uno spazio topologico compatto e di Hausdorff.
In tal modo resta definito un funtore dalla categoria \(\displaystyle\mathbf{Top}\) degli spazi topologici alla categoria \(\displaystyle\mathbf{CHaus}\) degli spazi topologici compatti di Hausdorff[nota]In entrambe le categorie, i morfismi sono le funzioni continue, e la composizione dei morfismi è l'usuale di composizione delle funzioni.[/nota]; tale funtore ammette un funtore aggiunto a sinistra, quindi è un funtore aggiunto destro e preserva i limiti categoriali detti limiti proiettivi (quali i prodotti topologici); in breve, resta dimostrato il teorema di Tychonov per gli spazi topologici compatti di Hausdorff.
Il punto è che questa dimostrazione categoriale del teorema di Tychonov per gli spazi topologici compatti di Hausdorff si regge sulla "forza" della topologia prodotto, in quanto soluzione di un "problema universale"[nota]Non allarghiamo il giro...[/nota]; detto in soldoni: meglio non si può, e se trovi qualcosa che fa lo stesso non può essere "più forte"!
Come ho scritto nella nota 3: non volendo allargare il giro, bisognerebbe cercare di dare una certa motivazione terrea ai funtori ed ai funtori aggiunti (destri o sinistri o bilateri) per capire come usare i concetti "forti" o "deboli"[nota]Di cui non ho scritto.[/nota] e dimostrare teoremi...
Se servirà\verrà richiesto: la III parte potrebbe essere su quest'ultime righe.
Buona notte

P.S.: Epimenide per sicurezza leggerò domani il tuo intervento... Già è stato difficile concludere col mio!
"Epimenide93":Ma parli della somma e del prodotto di complessi di catene tout court?
...Data una famiglia di gruppi abeliani \( \{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}} \) si definiscono la somma diretta debole \( \sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) ed il prodotto diretto \( \prod_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) (dove il prodotto è inteso come somma diretta "forte" dei gruppi)... Una cosa che "stona" con la mia osservazione... entrambe le costruzioni precedenti si estendono naturalmente ai complessi di catene ed ecco che la somma diretta commuta con la chain homology (l'omologia di una somma diretta di complessi di catene è isomorfa alla somma diretta delle omologie di ciascun complesso), e.. lo fa anche il prodotto diretto!...

"Epimenide93":Puoi spiegarti meglio?
...non mi era mai capitato di vedere un qualcosa di analogo in cui il diagramma deve funzionare "sia da sopra che da sotto", né comunque con le frecce che mappano l'oggetto della categoria-destinazione nell'oggetto di partenza, sempre visti al contrario...

"Epimenide93":Se ho capito bene, sei abituato a ragionare così: questa è la definizione, fine; il teorema dimostra questo punto (non quello esclamativo che segue)!
...In ogni caso il discorso da cui parti mi è del tutto nuovo, mi sembra un'idea estremamente interessante quella di impostare il problema sia "all'andata" che "al ritorno" per poi vedere quale sarebbe effettivamente la soluzione adatta al caso cercato...
Poi un bel giorno (finalmente) arriva il principe azzurro (non quello della saga di Shrek[nota]Che a scanso di equivoci non è un favola!
Ogni riferimento a questo post è (veramente e puramente) casuale.[/nota]), ti bacia, bello e (non?) gayo ti svegli dal tuo sonno e ti poni finalmente quella c***o di domanda: PERCHÉ la matematica (che ho studiata) è così?
E ti accorgi che le idee dietro le definizioni e i teoremi sono di una semplicità disarmante, a tal punto che se io ci penso non mi sento mancare la gambe!
"j18eos":
Ma parli della somma e del prodotto di complessi di catene tout court?
Non credo di capire cosa intendi. Parlo della più naturale estensione dellla somma e del prodotto diretti di gruppi, ea sunt: dati dei complessi di catene indicizzati \( (\bigoplus_{n \in \mathbb{Z}} C^i_n, \partial^i) \ {\rm con} \ i \in \mathfrak{I}\) il complesso di catene\( \sum_{i \in \mathfrak{I}} C^i \) ottenuto prendendo \( (\sum C^i)_p = \sum C^i_p \) e definendo \(\partial (c_i : i \in \mathfrak{I}) = (\partial^i c_i : i \in \mathfrak{I})\); analogamente per il prodotto.
"j18eos":
Puoi spiegarti meglio?
La mia idea di problema universale: \( A \in \mathcal{C} \) con \( A \) oggetto e \( C \) categoria, similmente \( B \in \mathcal{D} \), se esistono un oggetto \( U(A) \in \mathcal{D} \) ed un morfismo \( \pi : A \to U(A) \) tali che \( \forall g:A \to B \, \ \exists ! g_* \in {\rm Mor}(U(A),B) \) tale che il diagramma
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{\pi}\ar[dr]_{g} & U(A)\ar@{.>}[d]^{g_*}\\
& B}[/tex]
commuti, la coppia \((U(A), \pi)\) è la soluzione del problema. Non mi è mai capitato di avere una coppia di morfismi (ovvero di mappare \( A \) in due oggetti diversi della "categoria-destinazione" entrambi a loro volta mappati nella soluzione cercata).
"j18eos":
Se ho capito bene, sei abituato a ragionare così: questa è la definizione, fine; il teorema dimostra questo punto (non quello esclamativo che segue)!
Non era quello che intendevo dire con quella frase (non mi sorprende che tu non abbia capito cosa intendessi, perché mentre la scrivevo stavo attingendo da un trip mentale sterminato che tralascio), ma in ogni caso non sono abituato a ragionare così, ma sono abituato a vedermi presentare le cose così; fortunatamente ho imparato a cercare da solo le motivazioni per le costruzioni che mi vengono presentate, e finché sono relativamente semplici in genere ci arrivo[nota]es. "per dimostrare il teorema X facciamo uso della funzione ausiliaria \( \gamma \) definita così [...]" in genere riesco a capire perché la funzione ausiliaria scelta è quella e se ha un particolare significato geometrico o comunque (con tanto senno di poi) perché è stata definita in quel modo.[/nota], il discorso "robe deboli" invece è un po' fuori dalla mia portata.
"j18eos":
[...]ti accorgi che le idee dietro le definizioni e i teoremi sono di una semplicità disarmante, a tal punto che se io ci penso non mi sento mancare la gambe!
Questa, è una cosa capitata un annetto fa quando vidi la definizione di Ideale e pensai «ma è un "sottogrupponormalemutatismutandis"!», e so che per formalizzare il tutto come si deve bisogna passare per parecchia TdC, ma non sapevo se e quanto il problema del "le cose deboli sono fighe, le cose forti in generale un po' meno" passasse per la stessa teoria. Comunque quanto hai scritto finora è di per sé molto interessante, e ti ringrazio molto per averlo scritto, ma al contempo non capisco come risponda alla mia domanda (sì, sto chiedendo la terza parte

"Epimenide93":Dico, quelli sono complessi di catene composti da gruppi abeliani o da oggetti astratti? Suppongo la prima ipotesi!
...Non credo di capire cosa intendi...
"Epimenide93":Però \(\displaystyle\mathbf{C}\) dev'essere una sottocategoria di \(\displaystyle\mathbf{D}\); altrimenti il morfismo \(\displaystyle g\) non ha senso.
...La mia idea di problema universale: \( A \in \mathcal{C} \) con \( A \) oggetto e \( C \) categoria, similmente \( B \in \mathcal{D} \), se esistono un oggetto \( U(A) \in \mathcal{D} \) ed un morfismo \( \pi : A \to U(A) \) tali che \( \forall g:A \to B \, \ \exists ! g_* \in {\rm Mor}(U(A),B) \) tale che il diagramma
[tex]\xymatrix{ A\ar[r]^{\pi}\ar[dr]_{g} & U(A)\ar@{.>}[d]^{g_*}\\ & B}[/tex]
commuti, la coppia \( (U(A), \pi) \) è la soluzione del problema. Non mi è mai capitato di avere una coppia di morfismi (ovvero di mappare \( A \) in due oggetti diversi della "categoria-destinazione" entrambi a loro volta mappati nella soluzione cercata)...

"Epimenide93":La III parte posso scrivertela per piacere reciproco, ma da quanto ho letto nell'op: forse ti confondi tra "debole" e "forte"?
...Comunque quanto hai scritto finora è di per sé molto interessante, e ti ringrazio molto per averlo scritto, ma al contempo non capisco come risponda alla mia domanda (sì, sto chiedendo la terza parte).
Rileggendo più attentamente, non capisco perché concludi:
Ah! Certo, certo. Mai visti per ora complessi di catene astratti (vengo a sapere ora della loro esistenza
)
Ecco, qui tocchi un tasto dolente. Voglio dire, naturalmente mi rendo conto di quello che hai scritto, ma allora deve esistere anche una versione funtoriale del problema universale (che non mi è mai capitato di vedere scritta esplicitamente), perché ad esempio Massey presenta così i gruppi (abeliani) liberi:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{\phi}\ar[dr]_{\psi} & F(A)\ar@{.>}[d]^{f}\\
& G}[/tex]
Con \(A\) insieme, \(F(A)\) gruppo (abeliano) libero generato da \(A\), \(G\) gruppo qualunque, \(\phi, \ \psi \) mappe e \(f \) omomorfismo. Perché abbia senso a livello categoriale devo interpretare \(F( - ) \) come un funtore e scrivere:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{F} & F(A)\ar@{.>}[d]^{F(\psi)}\\
& G}[/tex]
Ma a quel punto non capisco come \(\psi\) possa avere senso per completare il diagramma così:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{F}\ar[dr]_{\psi} & F(A)\ar@{.>}[d]^{F(\psi)}\\
& G}[/tex]
Al massimo \( \psi \) potrebbe lavorare sull'immagine attraverso il funtore dimenticante applicato su \( G \), ma per quel che mi risulta il funtore dimenticante è covariante, quindi non avrebbe senso. Insomma, se passiamo da una categoria ad una sottocategoria con gli universali fila liscio come l'olio, quando si lavora tra categorie diverse non ho ben chiaro come inquadrare il problema da questo punto di vista.
Non mi pare... Scrivo un po' più esplicitamente cosa intendevo negli esempi riportati nell'op, ché a rileggerlo mi rendo conto di essere stato ambiguo.
- La box topology è definita come la topologia che ha come base i prodotti degli aperti degli spazi che la compongono. In particolare, un prodotto arbitrario \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} A_i\) dove \( A_i \) è aperto per ciascun \( i \), è aperto nella box topology. Essa contiene strettamente la product topology, definita come la topologia iniziale rispetto alle proiezioni sulle componenti. In particolare gli aperti della product topology sono i \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} B_i\) con i \( B_i \) aperti e \( B_i \ne X_i\) per un numero finito di \( i \). Quest'ultima è una costruzione più debole della prima, in quanto oltre ad essere propriamente contenuta nella prima è "limitata" ad avere come aperti solo il prodotto di un numero finito di aperti non banali, mentre la prima ne può avere anche infiniti. Il teorema di Tychonoff dimostra che quest'ultima conserva la proprietà di compattezza, se presente su tutti gli spazi che compaiono nel prodotto. Esistono dei controesempi che dimostrano che la box topology in generale non conserva la compattezza. La "costruzione debole" conserva un mucchio di roba che la variante forte della stessa non conserva.
- Data una famiglia di gruppi abeliani \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\), ci sono essenzialmente due modi "naturali" per indurre su la struttura di gruppo sul loro "prodotto. Metto in spoiler la parte formale, che conta poco ai fini di quello che voglio fare osservare.
Ora abbiamo in maniera estremamente funzionante due "prodotti cartesiani" di sostegni di gruppi indicizzati che conservano la struttura di gruppo per componenti, con una enorme differenza tra le due. La variante forte è quello che ci si aspetterebbe "ingenuamente" nel definire il prodotto di gruppi per componenti: ho infinite componenti eventualmente tutte diverse per ciascun elemento del gruppo prodotto, prendo due elementi e li moltiplico componente per componente, fine. La variante debole è ben più limitata: ho infinite componenti, ma solo un numero finito di esse non è banale. Anche qui moltiplico elementi diversi componente per componente. In questo secondo caso la proprietà universale della variante forte è senza dubbio interessante, ma la variante debole ha una proprietà caratteristica che conserva molte più informazioni sui gruppi che l'hanno generata. Infatti \( \sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) è generato dall'unione di copie isomorfe dei \( G_i \), il che implica, tra l'altro, che date le iniezioni \( \varphi_j : G_j \to \sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) ed una famiglia di morfismi \( h_j : G_j \to H \) esiste ed è unico il morfismo \( h_* \) tale che \( \forall j, h_j = \ h_* \varphi_j \) (proprietà universale della somma diretta). Distinguo tra forte e debole oltre che per il discorso del finito-infinito anche per il fatto che la somma diretta è un sottogruppo del prodotto diretto.
- I polinomi sono successioni definitivamente nulle. Sui polinomi ci si può fare un casino di roba in più che sulle successioni (questa me la si conceda così, altrimenti facciamo mattina
).
Come ho detto, poi, ci sono altre situazioni in cui intuisco qualcosa di simile, ho solo riportato tre esempi che trovo particolarmente esplicativi di come le "robe deboli" tendenzialmente "perdono meno informazioni", assieme ad un mezzo controesempio (il discorso che l'omologia commuta sia con somme e prodotti diretti e se ne frega allegramente delle "forze" in gioco
). Spero di essere stato più chiaro ora. Comunque sì, se ti va di scrivere la terza parte, sarei più che lieto di leggerla, ormai mi hai incuriosito
"j18eos":
passando al caso del prodotto di infiniti spazi topologici troveremmo che \(\displaystyle\mathcal{T}_{box}\supseteq\mathcal{T}\) e quindi troveremmo la funzione \(\displaystyle1_{\displaystyle\prod_{i\in I}X_i}:\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}_{box}\right)\to\left(\prod_{i\in I}X_i,\mathcal{T}\right)\) che ci farebbe scartare tale topologia come quella adatta al prodotto topologico!
"j18eos":
Dico, quelli sono complessi di catene composti da gruppi abeliani o da oggetti astratti? Suppongo la prima ipotesi!
Ah! Certo, certo. Mai visti per ora complessi di catene astratti (vengo a sapere ora della loro esistenza

"j18eos":
Però \(\displaystyle\mathbf{C}\) dev'essere una sottocategoria di \(\displaystyle\mathbf{D}\); altrimenti il morfismo \(\displaystyle g\) non ha senso.
Ecco, qui tocchi un tasto dolente. Voglio dire, naturalmente mi rendo conto di quello che hai scritto, ma allora deve esistere anche una versione funtoriale del problema universale (che non mi è mai capitato di vedere scritta esplicitamente), perché ad esempio Massey presenta così i gruppi (abeliani) liberi:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{\phi}\ar[dr]_{\psi} & F(A)\ar@{.>}[d]^{f}\\
& G}[/tex]
Con \(A\) insieme, \(F(A)\) gruppo (abeliano) libero generato da \(A\), \(G\) gruppo qualunque, \(\phi, \ \psi \) mappe e \(f \) omomorfismo. Perché abbia senso a livello categoriale devo interpretare \(F( - ) \) come un funtore e scrivere:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{F} & F(A)\ar@{.>}[d]^{F(\psi)}\\
& G}[/tex]
Ma a quel punto non capisco come \(\psi\) possa avere senso per completare il diagramma così:
[tex]\xymatrix{
A\ar[r]^{F}\ar[dr]_{\psi} & F(A)\ar@{.>}[d]^{F(\psi)}\\
& G}[/tex]
Al massimo \( \psi \) potrebbe lavorare sull'immagine attraverso il funtore dimenticante applicato su \( G \), ma per quel che mi risulta il funtore dimenticante è covariante, quindi non avrebbe senso. Insomma, se passiamo da una categoria ad una sottocategoria con gli universali fila liscio come l'olio, quando si lavora tra categorie diverse non ho ben chiaro come inquadrare il problema da questo punto di vista.
"j18eos":
La III parte posso scrivertela per piacere reciproco, ma da quanto ho letto nell'op: forse ti confondi tra "debole" e "forte"?
Non mi pare... Scrivo un po' più esplicitamente cosa intendevo negli esempi riportati nell'op, ché a rileggerlo mi rendo conto di essere stato ambiguo.
- La box topology è definita come la topologia che ha come base i prodotti degli aperti degli spazi che la compongono. In particolare, un prodotto arbitrario \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} A_i\) dove \( A_i \) è aperto per ciascun \( i \), è aperto nella box topology. Essa contiene strettamente la product topology, definita come la topologia iniziale rispetto alle proiezioni sulle componenti. In particolare gli aperti della product topology sono i \(\prod_{i \in \mathfrak{I}} B_i\) con i \( B_i \) aperti e \( B_i \ne X_i\) per un numero finito di \( i \). Quest'ultima è una costruzione più debole della prima, in quanto oltre ad essere propriamente contenuta nella prima è "limitata" ad avere come aperti solo il prodotto di un numero finito di aperti non banali, mentre la prima ne può avere anche infiniti. Il teorema di Tychonoff dimostra che quest'ultima conserva la proprietà di compattezza, se presente su tutti gli spazi che compaiono nel prodotto. Esistono dei controesempi che dimostrano che la box topology in generale non conserva la compattezza. La "costruzione debole" conserva un mucchio di roba che la variante forte della stessa non conserva.
- Data una famiglia di gruppi abeliani \(\{G_i\}_{i \in \mathfrak{I}}\), ci sono essenzialmente due modi "naturali" per indurre su la struttura di gruppo sul loro "prodotto. Metto in spoiler la parte formale, che conta poco ai fini di quello che voglio fare osservare.
Ora abbiamo in maniera estremamente funzionante due "prodotti cartesiani" di sostegni di gruppi indicizzati che conservano la struttura di gruppo per componenti, con una enorme differenza tra le due. La variante forte è quello che ci si aspetterebbe "ingenuamente" nel definire il prodotto di gruppi per componenti: ho infinite componenti eventualmente tutte diverse per ciascun elemento del gruppo prodotto, prendo due elementi e li moltiplico componente per componente, fine. La variante debole è ben più limitata: ho infinite componenti, ma solo un numero finito di esse non è banale. Anche qui moltiplico elementi diversi componente per componente. In questo secondo caso la proprietà universale della variante forte è senza dubbio interessante, ma la variante debole ha una proprietà caratteristica che conserva molte più informazioni sui gruppi che l'hanno generata. Infatti \( \sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) è generato dall'unione di copie isomorfe dei \( G_i \), il che implica, tra l'altro, che date le iniezioni \( \varphi_j : G_j \to \sum_{i \in \mathfrak{I}} G_i \) ed una famiglia di morfismi \( h_j : G_j \to H \) esiste ed è unico il morfismo \( h_* \) tale che \( \forall j, h_j = \ h_* \varphi_j \) (proprietà universale della somma diretta). Distinguo tra forte e debole oltre che per il discorso del finito-infinito anche per il fatto che la somma diretta è un sottogruppo del prodotto diretto.
- I polinomi sono successioni definitivamente nulle. Sui polinomi ci si può fare un casino di roba in più che sulle successioni (questa me la si conceda così, altrimenti facciamo mattina

Come ho detto, poi, ci sono altre situazioni in cui intuisco qualcosa di simile, ho solo riportato tre esempi che trovo particolarmente esplicativi di come le "robe deboli" tendenzialmente "perdono meno informazioni", assieme ad un mezzo controesempio (il discorso che l'omologia commuta sia con somme e prodotti diretti e se ne frega allegramente delle "forze" in gioco

"Epimenide93":
...[quote="j18eos"]Dico, quelli sono complessi di catene composti da gruppi abeliani o da oggetti astratti? Suppongo la prima ipotesi!
Ah! Certo, certo. Mai visti per ora complessi di catene astratti (vengo a sapere ora della loro esistenza

E non apriamo il discorso delle categorie per cui è possibile parlare di \(\displaystyle n\)-esimo oggetto[nota]Sì oggetto, avete letto bene ed io ho scritto bene![/nota] di (co)omologia... lì sì che andremmo oltre i confini della realtà!
Per quanto riguarda: ho capito come rispondere al tuo dubbio, la nota 5 indubbiamente l'avrei letto su un testo in cui si fa TdC (almeno di base); la terza parte (giusto per il piacere di scriverla, perché non c'entra nulla col tuo dubbio originale: prossimamente, massimo per domenica 18/V/2014) sarà sui funtori aggiunti, in particolare sugli oggetti liberi; e sul dubbio che hai sollevato: ma devo proprio farti l'esercizietto di topologia.

"j18eos":Non ho molto tempo per risponderti quindi ragioniamo assieme (a la Yoneda): dato uno spazio topologico \(\displaystyle(X,\mathcal{T})\), sono più interessanti da studiare gli aperti di tale spazio e lo funzioni continue su tale spazio? Un topologo "finito" mi risponderebbe le seconde; concordi?
...ho capito come rispondere al tuo dubbio...
Se sì, a partire da questa considerazione: come definiresti la topologia prodotto su un prodotto cartesiano di sostegni di spazi topologici?
Come la topologia [strike]più fine[/strike] meno fine[nota]
[/nota]che mi rende continue le proiezioni sulle componenti, ovvio.
M'ero perso in un bicchiere d'acqua

M'ero perso in un bicchiere d'acqua

"Epimenide93":
Come la topologia più fine che mi rende continue le proiezioni sulle componenti, ovvio.

[Premetto che non ho ben chiara la domanda a cui stai rispondendo perché ho ben capito l'inizio del topic, ma non riesco a seguirne e comprenderne l'evoluzione... Mi sembra che si è andati un po' fuori tema.]
Comunque, se la domanda è "Come è definita la topologia prodotto?" allora direi che la topologia prodotto è la meno fine tra quelle che rendono continue le proiezioni sulle componenti. La più fine è ovviamente quella discreta...
@Paolo90 Io, invece, la domanda l'ho capita "in corsa"... E comunque, sì: sono andato fuori argomento, ma si può recuperare il materiale esposto! : )
@Epimenide Ok per la minor finezza della topologia prodotto; riesci a leggere questa richiesta nella II parte del mio intervento principale?
@Epimenide Ok per la minor finezza della topologia prodotto; riesci a leggere questa richiesta nella II parte del mio intervento principale?
"Paolo90":
![]()

Ieri è stata una giornata dura

Coerentemente col fatto che non mi sono messo a contraddire j18eos, mentre scrivevo avevo in mente la meno fine come concetto, ma ho rovesciato i nomi attribuiti alle definizioni.
Correggo.
"j18eos":
@Epimenide Ok per la minor finezza della topologia prodotto; riesci a leggere questa richiesta nella II parte del mio intervento principale?
[*:1rpc4e9z]Ci serve la topologia meno fine che rende continue le proiezioni sulle componenti.[/*:m:1rpc4e9z]
[*:1rpc4e9z]Coi prodotto infiniti la box topology le rende continue, ma lo fa anche la product topology.[/*:m:1rpc4e9z]
[*:1rpc4e9z]La product topology è strettamente contenuta nella box topology (e dunque meno fine di quest'ultima), quindi al momento è il nostro miglior candidato.[/*:m:1rpc4e9z]
[*:1rpc4e9z]Si dimostra che la product topology è precisamente la topologia più fine a rendere continue le proiezioni.[/*:m:1rpc4e9z][/list:u:1rpc4e9z]
Comunque al di là di tutto ora stiamo sfruttando proprietà particolari del contesto (topologia generale) del singolo problema, o sbaglio? In ogni caso attendo curioso la terza parte.
Buongiorno,ragazzi!
La butto lì a mò di battuta,che magari semplicemente non ho capito lo spirito di fondo della domanda:
non è che la scelta tra le due possibili candidate alla definizione di topologia prodotto è stata fatta in modo da rendere il discorso sulla topologia quoziente
(con tutte le sue importanti conseguenze sugli omeomorfismi costruibili a partire da quest'ultimo concetto..)
"il più possibile inverso" rispetto ad esso?
Nel caso non lapidatemi
:
saluti dal web.
La butto lì a mò di battuta,che magari semplicemente non ho capito lo spirito di fondo della domanda:
non è che la scelta tra le due possibili candidate alla definizione di topologia prodotto è stata fatta in modo da rendere il discorso sulla topologia quoziente
(con tutte le sue importanti conseguenze sugli omeomorfismi costruibili a partire da quest'ultimo concetto..)
"il più possibile inverso" rispetto ad esso?
Nel caso non lapidatemi

saluti dal web.
"Epimenide93":Sì e no!
...Comunque al di là di tutto ora stiamo sfruttando proprietà particolari del contesto (topologia generale) del singolo problema, o sbaglio? In ogni caso attendo curioso la terza parte.
Se provi a ripetere la costruzione categoriale coi gruppi, coi moduli su un anello (commutativo unitario), cogli insiemi: cosa ti ritrovi?
Nel caso degli spazi topologici ti trovi precisamente quell'oggetto lì! Con altro (dove possibile) trovi tutt'altro.
@theras Quale topologia quoziente?

@theras immagino tu ti riferisca al fatto che la situazione è simmetrica al caso della topologia quoziente nel senso che per la topologia prodotto si usa l'initial topology rispetto alle proiezioni sulle componenti, per la topologia quoziente si usa la final topology[nota]non è per esterofilia che uso i termini inglesi, ma perché per quel che mi risulta in italiano non c'è un nome universalmente riconosciuto per queste topologie.[/nota] per la proiezione canonica sul quoziente. Su questo sono d'accordo. Tutti gli esempi che ho (e non ho) riportato hanno una giustificazione strettamente relativa al problema in cui saltano fuori che basta per non chiedere ulteriori spiegazioni (un teorema bello e buono, fatto e finito). La mia domanda nasce dall'osservazione che: abbiamo il problema 1 in un contesto infinito e soluzione 1 ha la caratteristica di essere (in qualche senso) debole. Poi guardiamo al problema 2 in un altro contesto matematico ed anche qui soluzione 2 è una costruzione debole, ecc. Mi son chiesto se c'è una ragione di fondo, chiaramente per ogni problema la ragione è il teorema che illustra la soluzione, la mia domanda era (nell'intenzione) in un certo senso più filosofica[nota]ma cerco una risposta solo se è possibile darla in termini matematici, se le possibili risposte sono tanto filosofiche quanto la domanda non sono troppo interessato a discuterne[/nota], perché in contesti tanto diversi le soluzioni che funzionano sembrano essere "idealmente" sempre le stesse?
@j18eos se ho capito bene nel caso di gruppi e moduli quando mi trovo a scegliere tra i due grafici devo prendere il primo, mentre per gli insiemi devo prendere il secondo (come per gli spazi topologici), dico bene? Comunque sì, in ogni caso vengono fuori somme deboli, tranne per gli insiemi, dove mi pare che la distinzione non esista (e credo ciò sia dovuto al fatto che in \( \mathbf{Set} \) non esistono gli zero object (oggetti-zero?), ma è solo un sospetto). Penso che questo mi stia facendo avvicinare ad una risposta
Grazie per la pazienza
@j18eos se ho capito bene nel caso di gruppi e moduli quando mi trovo a scegliere tra i due grafici devo prendere il primo, mentre per gli insiemi devo prendere il secondo (come per gli spazi topologici), dico bene? Comunque sì, in ogni caso vengono fuori somme deboli, tranne per gli insiemi, dove mi pare che la distinzione non esista (e credo ciò sia dovuto al fatto che in \( \mathbf{Set} \) non esistono gli zero object (oggetti-zero?), ma è solo un sospetto). Penso che questo mi stia facendo avvicinare ad una risposta

Grazie per la pazienza

"Epimenide93":Puoi esprimerti in maniera più chiara? Utilizza pure il linguaggio categoriale!
....@j18eos se ho capito bene nel caso di gruppi e moduli quando mi trovo a scegliere tra i due grafici devo prendere il primo, mentre per gli insiemi devo prendere il secondo (come per gli spazi topologici), dico bene?...
Mi riferisco al tuo intervento iniziale, quando, nell'esempio da te riportato per introdurre il prodotto cartesiano arrivi a dire:
In seguito mi hai proposto di ripetere queste costruzioni con gruppi, R-moduli ed insiemi. La "scelta più appropriata" nel caso di gruppi e moduli mi era sembrata quella del primo grafico, mentre per insiemi (come per gli spazi topologici) il secondo. A pensarci meglio mi rendo conto che per prodotti finiti non cambi nulla con gruppi ed R-moduli, mentre per prodotti infiniti non ho sono certo di cosa venga fuori nei due casi, ma inizio ad avere dei sospetti. Con gli insiemi, invece, ho l'impressione che la con entrambi i grafici venga la stessa cosa sia nel caso finito che infinito, sbaglio?
Al momento la mia conoscenza di Teoria delle Categorie è paragonabile alla conoscenza di Teoria dei Gruppi che si può avere dopo aver studiato Algebra Lineare, non la padroneggio ancora al punto di usarla con proprietà; appena gli esami mi lasceranno un po' di spazio voglio approfondirla adeguatamente.
"j18eos":
A questo punto bisogna decidere quali "frecce" sono più adatte per definire il prodotto di numeri naturali... Consideriamo un altro numero naturale \(\displaystyle p\), multiplo sia di \(\displaystyle n\) che di \(\displaystyle m\); con la stessa convenzione di prima consideriamo i due possibili diagrammi funzionali:
[tex]\xymatrix{
n\ar[dr]\ar[drr] & & & & & n\\
& n\times m & p & p\ar[urr]\ar[drr]\ar@{.>}[r] & n\times m\ar[ur]\ar[dr]\\
m\ar[ur]\ar[urr] & & & & & m
}[/tex]
solo nel secondo caso possiamo affermare (leggendo i diagrammi di sopra) che \(\displaystyle n\times m\) è un divisore di \(\displaystyle p\), ma non possiamo affermare che \(\displaystyle p\) sia un multiplo di \(\displaystyle n\times m\).
In seguito mi hai proposto di ripetere queste costruzioni con gruppi, R-moduli ed insiemi. La "scelta più appropriata" nel caso di gruppi e moduli mi era sembrata quella del primo grafico, mentre per insiemi (come per gli spazi topologici) il secondo. A pensarci meglio mi rendo conto che per prodotti finiti non cambi nulla con gruppi ed R-moduli, mentre per prodotti infiniti non ho sono certo di cosa venga fuori nei due casi, ma inizio ad avere dei sospetti. Con gli insiemi, invece, ho l'impressione che la con entrambi i grafici venga la stessa cosa sia nel caso finito che infinito, sbaglio?
Al momento la mia conoscenza di Teoria delle Categorie è paragonabile alla conoscenza di Teoria dei Gruppi che si può avere dopo aver studiato Algebra Lineare, non la padroneggio ancora al punto di usarla con proprietà; appena gli esami mi lasceranno un po' di spazio voglio approfondirla adeguatamente.