Cos'è un numero?
Questa è forse una domanda più filosofica, ma la sezione più adatta è questa, perché vorrei ricevere delle risposte che vadano molto in profondità della matematica piuttosto che della filosofia rispetto alla questione. Quindi:
Cos'è un numero?
Non mi sono mai domandato cosa fosse un numero. Ma mi è stata posta ed effettivamente non ho saputo rispondere in modo soddisfacente a questa domanda. Per soddisfacente intendo in un modo che mi permetta di dire esattamente cosa è un numero e cosa non è un numero! Quest'ultima parte è più difficile. Una definizione insomma! Mi sono reso conto che non ho mai visto una definizione di numero. Anche perché quale sarebbe la sua utilità?! A quale scopo? Wikipedia dice:
Non è una definizione "matematica" di numero, è piuttosto una definizione non-matematica della parola numero. Potremmo dire che un numero è un modo astratto per rappresentare una quantità "matematica" o misurare una certa grandezza matematica. E dico quantità e grandezza matematica perché non deve avere un riscontro nel mondo fisico. Ma di nuovo non è una definizione matematica. Cercando non ho trovato una definizione di numero.
Potremmo iniziare quindi a fare qualche esempio anche se non è una risposta soddisfacente perché non possiamo definirli per elenco, ma facciamoli lo stesso sti esempi. Ovviamente potete prendere le costruzioni che vi fanno più felici perché in fondo non è importante quale costruzione scegliamo fintanto che giungiamo ad oggetti isomorfi, che soddisfano le proprietà fondamentali che li caratterizzano. Una costruzione serve a sapere soltanto che stiamo parlando di "qualcosa". Ma ad esempio l'unica cosa importante dei numeri reali è che costruiamo un campo archimedeo completo, non come.
Numeri naturali:
I numeri naturali sono definiti in modo standard tramite \(0:= \emptyset\), \( n+1 = n \cup \{n \} \).
Numeri interi:
I numeri interi possiamo definirli a partire dai numeri naturali \( -n := \{ (x,y) : (0,n) \sim (x,y) \} \) dove \( (x,y) \sim (x',y') \) se e solo se \(x+y' = x'+y \).
Numeri razionali:
\( \mathbb{Q} = \mathbb{Z} \times \mathbb{Z}^{\ast}/\sim \) dove \( (x,y) \sim (x',y') \) se e solo se \(xy' = x'y\).
Numeri reali:
Possiamo costruire i numeri reali a partire dai numeri razionali e vederli come classi di equivalenza di successioni di Cauchy in \( \mathbb{Q} \).
Numeri p-adici:
Possiamo costruire i numeri p-adici \(\mathbb{Q}_p\), per \(p\) numero primo, esattamente come abbiamo costruito i numeri reali semplicemente cambiando la metrica.
Numeri complessi:
Ad esempio possiamo costruire i numeri complessi come quoziente di \( \mathbb{R}[x] \), \( \mathbb{C} = \mathbb{R}[x] /(x^2+1) \).
Potremmo andare avanti con numeri algebrici, ordinali, cardinali, quaternioni, etc
A questo punto possiamo sbizzarirci
Matrici:
I numeri complessi hanno una rappresentazione matriciale pertanto di sicuro alcune matrici sono numeri. Perché non tutte?
Funzioni:
Ad esempio le rotazioni possono essere viste come numeri complessi, oppure le trasformazioni lineari come matrici, alcune funzioni sono numeri, perché non tutte?
Gli elementi dei gruppi:
Abbiamo che alcuni semigruppi, gruppi, anelli sono numeri. I numeri naturali sono un semigruppo, i numeri interi sono un gruppo. Le matrici sono un anello. Perché allora non prendiamo, diciamo, un gruppo \(G\) e non chiamiamo \(g \in G \) numero?
Gli insiemi:
I numeri, ad esempio, nel contesto di ZFC sono sicuramente degli insiemi. Quindi alcuni insiemi sono numeri, perché non tutti?
Potrei continuare ma mi fermo qui.
C'è bisogno di una certa struttura astratta e una costruzione di un oggetto che rispetti la struttura astratta per poter parlare di numero? Come nel caso dei numeri reali che sono un campo archimedeo completo? E poi abbiamo effettivamente una costruzione esplicita? Va bene qualunque sistema rudimentale? Ci devono essere delle nozioni di operazione fra numeri necessariamente per parlare di numero? Più mi addentro nella domanda di che cosa sia un numero e più penso che fintanto che ci sia un insieme esso rappresenti un numero e che quindi le due cose siano essenzialmente la medesima cosa. Infatti mi è difficile pensare ad un oggetto che non è ragionevolmente un numero. In definitiva la parola numero non penso abbia un significato concreto in matematica e mi viene quindi il dubbio che non si possa parlare di numero in matematica e che la domanda "cos'è un numero?" non abbia una risposta sensata. Credo che il termine sia rimasto semplicemente per ragioni storiche, ma che è improprio parlare di numero. Sbaglio?
Cos'è un numero?
Non mi sono mai domandato cosa fosse un numero. Ma mi è stata posta ed effettivamente non ho saputo rispondere in modo soddisfacente a questa domanda. Per soddisfacente intendo in un modo che mi permetta di dire esattamente cosa è un numero e cosa non è un numero! Quest'ultima parte è più difficile. Una definizione insomma! Mi sono reso conto che non ho mai visto una definizione di numero. Anche perché quale sarebbe la sua utilità?! A quale scopo? Wikipedia dice:
"wikipedia":
Un numero, in matematica, è un modo di esprimere una quantità, oppure la posizione in un elenco di elementi, oppure il rapporto tra grandezze dello stesso tipo. Il concetto di numero nasce per la necessità del conteggio, come astrazione del concetto di quantità, realizzato attraverso una corrispondenza biunivoca tra elementi di due insiemi distinti.
Non è una definizione "matematica" di numero, è piuttosto una definizione non-matematica della parola numero. Potremmo dire che un numero è un modo astratto per rappresentare una quantità "matematica" o misurare una certa grandezza matematica. E dico quantità e grandezza matematica perché non deve avere un riscontro nel mondo fisico. Ma di nuovo non è una definizione matematica. Cercando non ho trovato una definizione di numero.
Potremmo iniziare quindi a fare qualche esempio anche se non è una risposta soddisfacente perché non possiamo definirli per elenco, ma facciamoli lo stesso sti esempi. Ovviamente potete prendere le costruzioni che vi fanno più felici perché in fondo non è importante quale costruzione scegliamo fintanto che giungiamo ad oggetti isomorfi, che soddisfano le proprietà fondamentali che li caratterizzano. Una costruzione serve a sapere soltanto che stiamo parlando di "qualcosa". Ma ad esempio l'unica cosa importante dei numeri reali è che costruiamo un campo archimedeo completo, non come.
Numeri naturali:
I numeri naturali sono definiti in modo standard tramite \(0:= \emptyset\), \( n+1 = n \cup \{n \} \).
Numeri interi:
I numeri interi possiamo definirli a partire dai numeri naturali \( -n := \{ (x,y) : (0,n) \sim (x,y) \} \) dove \( (x,y) \sim (x',y') \) se e solo se \(x+y' = x'+y \).
Numeri razionali:
\( \mathbb{Q} = \mathbb{Z} \times \mathbb{Z}^{\ast}/\sim \) dove \( (x,y) \sim (x',y') \) se e solo se \(xy' = x'y\).
Numeri reali:
Possiamo costruire i numeri reali a partire dai numeri razionali e vederli come classi di equivalenza di successioni di Cauchy in \( \mathbb{Q} \).
Numeri p-adici:
Possiamo costruire i numeri p-adici \(\mathbb{Q}_p\), per \(p\) numero primo, esattamente come abbiamo costruito i numeri reali semplicemente cambiando la metrica.
Numeri complessi:
Ad esempio possiamo costruire i numeri complessi come quoziente di \( \mathbb{R}[x] \), \( \mathbb{C} = \mathbb{R}[x] /(x^2+1) \).
Potremmo andare avanti con numeri algebrici, ordinali, cardinali, quaternioni, etc
A questo punto possiamo sbizzarirci
Matrici:
I numeri complessi hanno una rappresentazione matriciale pertanto di sicuro alcune matrici sono numeri. Perché non tutte?
Funzioni:
Ad esempio le rotazioni possono essere viste come numeri complessi, oppure le trasformazioni lineari come matrici, alcune funzioni sono numeri, perché non tutte?
Gli elementi dei gruppi:
Abbiamo che alcuni semigruppi, gruppi, anelli sono numeri. I numeri naturali sono un semigruppo, i numeri interi sono un gruppo. Le matrici sono un anello. Perché allora non prendiamo, diciamo, un gruppo \(G\) e non chiamiamo \(g \in G \) numero?
Gli insiemi:
I numeri, ad esempio, nel contesto di ZFC sono sicuramente degli insiemi. Quindi alcuni insiemi sono numeri, perché non tutti?
Potrei continuare ma mi fermo qui.
C'è bisogno di una certa struttura astratta e una costruzione di un oggetto che rispetti la struttura astratta per poter parlare di numero? Come nel caso dei numeri reali che sono un campo archimedeo completo? E poi abbiamo effettivamente una costruzione esplicita? Va bene qualunque sistema rudimentale? Ci devono essere delle nozioni di operazione fra numeri necessariamente per parlare di numero? Più mi addentro nella domanda di che cosa sia un numero e più penso che fintanto che ci sia un insieme esso rappresenti un numero e che quindi le due cose siano essenzialmente la medesima cosa. Infatti mi è difficile pensare ad un oggetto che non è ragionevolmente un numero. In definitiva la parola numero non penso abbia un significato concreto in matematica e mi viene quindi il dubbio che non si possa parlare di numero in matematica e che la domanda "cos'è un numero?" non abbia una risposta sensata. Credo che il termine sia rimasto semplicemente per ragioni storiche, ma che è improprio parlare di numero. Sbaglio?
Risposte
Mi stupisce tu abbia tralasciato proprio la nozione più importante, cioè quella di (quozienti di) anelli di polinomi: se R è un insieme di numeri, R[x] cos'è, dato che i suoi quozienti per ideali massimali si possono possono interpretare come "insiemi dove ci sono più numeri che in R"?
Dopo lascio alcuni spunti (finalmente una domanda che permette di parlare un po' più a fondo).
Dopo lascio alcuni spunti (finalmente una domanda che permette di parlare un po' più a fondo).
Innanzitutto lasciami dire che sono molto sorpreso tu sia capace di scrivere domande come questa e molte altre (e se non ricordo male chiedevi come si scrive una lettera di motivazione), quindi tu sia matematicamente "adulto" e poi chieda "cosa sono i numeri".
La chiave della questione è fatta di due parti:
1. Definire precisamente cosa sono i numeri naturali;
2. Cosa vorresti che "numero" rappresentasse, cioè in che direzione, da \(\mathbb N\), generalizzi via via verso strutture più espressive.
La risposta a 1 fortunatamente è semplice: i numeri naturali hanno una serie di proprietà di rigidità, come ad esempio dar luogo a una teoria categorica, oppure essere tali che \(\mathbb N\) ammette allo stesso tempo una definizione induttiva (l'algebra iniziale del funtore \(X\mapsto 1+X\) dove + indica l'unione disgiunta e 1 è un singoletto) e una coinduttiva (link e link). Questo rende il mio insieme dei naturali "sostanzialmente uguale" al tuo insieme dei naturali, una volta che ci accordiamo su cosa sia la teoria di cui vogliamo trovare un modello; vedi anche qui, che descrive come i naturali si possano costruire in una categoria cartesiana chiusa qualsiasi, modellati sulla stessa idea (algebra iniziale di 1+_; danno però luogo a oggetti diversi se cambi il posto dove li evochi).
A questo punto puoi andare in due direzioni:
- numeri naturali come misura di cardinalità: qui puoi definire i cardinali come generalizzazioni di numeri, cioè oggetti che misurano la quantità di elementi in un insieme. Uno può costruire da qui la teoria dei cardinali ed entrare nel mondo della "combinatoria della funzione gimel" https://en.wikipedia.org/wiki/Gimel_function
- numeri naturali come semianello libero su un generatore: questa strada ti porta a definire gli interi come gruppo di Grothendieck di \(\mathbb N\), sfruttando la sua proprietà di cancellatività. I razionali si ottengono come campo dei quozienti di \(\mathbb Z\). Poi la scelta non è unica, perché devi scegliere una metrica rispetto a cui far convergere le successioni di Cauchy; hai una successione numerabile di scelte, una delle quali costruisce \(\mathbb R\). Costruito R, via tagli di Dedekind (qui) o successioni di Cauchy (qui), puoi trovare il risultato cui ti riferisci che ti dice che "non importa" quale R hai costruito, ma questo è un fatto profondo, che non dovrebbe farti credere sia semplice risolvere la faccenda; ad esempio, non puoi dimostrare intuizionisticamente che \(\mathbb R_\text{Cauchy}\cong \mathbb R_\text{Dedekind}\), come mostra questo articolo http://www.numdam.org/item/CTGDC_1976__17_3_295_0.pdf nella proposizione 1.5, tutte quelle inclusioni son in generale strette.
E così via, dopo le cose diventano ancora più pelose.
Ora, in quale senso gli insiemi di matrici, funzioni ed elementi dei gruppi siano o no insiemi "di numeri", poi, è molto fuorviante: il gruppo ciclico con $n$ elementi è, per definizione, il conucleo dell'omomorfismo "eleva alla $n$", e in quanto tale è univocamente determinato a meno di un unico isomorfismo (cioè è tanto unico quanto è possibile renderlo), ma le sue realizzazioni concrete possono o no essere insiemi "di numeri": la mappa di rivestimento \(z\mapsto z^{12}\) "è" in un senso molto concreto il gruppo ciclico con 12 elementi, così come lo "è" l'orologio analogico su cui guardi che al momento sono le 9.43.
Questo semplice esempio suggerisce che "essere un insieme di numeri" non è una proprietà invariante per isomorfismo (e che la proprietà è anche leggermente ill-defined: si riferisce inevitabilmente a una (rap)presentazione specifica, se la cambi non puoi aspettarti si mantengano le proprietà estrinseche della rappresentazione). Non c'è quindi alcuna contraddizione nel fatto che è facile pensare a \(\mathbb C\) come ad un insieme di numeri, e molto meno facile pensare al sottoanello \(\{\left(\begin{smallmatrix}
a & b \\
-b & a
\end{smallmatrix}\right)
\mid a,b\in\mathbb R\}\le M(2,\mathbb R)\) come a fatto da "numeri", sebbene i due siano perfettamente isomorfi.
Arrivare alla soglia di un dottorato e non avere chiara la distinzione tra una struttura e una sua rappresentazione è... preoccupante.
La chiave della questione è fatta di due parti:
1. Definire precisamente cosa sono i numeri naturali;
2. Cosa vorresti che "numero" rappresentasse, cioè in che direzione, da \(\mathbb N\), generalizzi via via verso strutture più espressive.
La risposta a 1 fortunatamente è semplice: i numeri naturali hanno una serie di proprietà di rigidità, come ad esempio dar luogo a una teoria categorica, oppure essere tali che \(\mathbb N\) ammette allo stesso tempo una definizione induttiva (l'algebra iniziale del funtore \(X\mapsto 1+X\) dove + indica l'unione disgiunta e 1 è un singoletto) e una coinduttiva (link e link). Questo rende il mio insieme dei naturali "sostanzialmente uguale" al tuo insieme dei naturali, una volta che ci accordiamo su cosa sia la teoria di cui vogliamo trovare un modello; vedi anche qui, che descrive come i naturali si possano costruire in una categoria cartesiana chiusa qualsiasi, modellati sulla stessa idea (algebra iniziale di 1+_; danno però luogo a oggetti diversi se cambi il posto dove li evochi).
A questo punto puoi andare in due direzioni:
- numeri naturali come misura di cardinalità: qui puoi definire i cardinali come generalizzazioni di numeri, cioè oggetti che misurano la quantità di elementi in un insieme. Uno può costruire da qui la teoria dei cardinali ed entrare nel mondo della "combinatoria della funzione gimel" https://en.wikipedia.org/wiki/Gimel_function
- numeri naturali come semianello libero su un generatore: questa strada ti porta a definire gli interi come gruppo di Grothendieck di \(\mathbb N\), sfruttando la sua proprietà di cancellatività. I razionali si ottengono come campo dei quozienti di \(\mathbb Z\). Poi la scelta non è unica, perché devi scegliere una metrica rispetto a cui far convergere le successioni di Cauchy; hai una successione numerabile di scelte, una delle quali costruisce \(\mathbb R\). Costruito R, via tagli di Dedekind (qui) o successioni di Cauchy (qui), puoi trovare il risultato cui ti riferisci che ti dice che "non importa" quale R hai costruito, ma questo è un fatto profondo, che non dovrebbe farti credere sia semplice risolvere la faccenda; ad esempio, non puoi dimostrare intuizionisticamente che \(\mathbb R_\text{Cauchy}\cong \mathbb R_\text{Dedekind}\), come mostra questo articolo http://www.numdam.org/item/CTGDC_1976__17_3_295_0.pdf nella proposizione 1.5, tutte quelle inclusioni son in generale strette.
E così via, dopo le cose diventano ancora più pelose.
Ora, in quale senso gli insiemi di matrici, funzioni ed elementi dei gruppi siano o no insiemi "di numeri", poi, è molto fuorviante: il gruppo ciclico con $n$ elementi è, per definizione, il conucleo dell'omomorfismo "eleva alla $n$", e in quanto tale è univocamente determinato a meno di un unico isomorfismo (cioè è tanto unico quanto è possibile renderlo), ma le sue realizzazioni concrete possono o no essere insiemi "di numeri": la mappa di rivestimento \(z\mapsto z^{12}\) "è" in un senso molto concreto il gruppo ciclico con 12 elementi, così come lo "è" l'orologio analogico su cui guardi che al momento sono le 9.43.
Questo semplice esempio suggerisce che "essere un insieme di numeri" non è una proprietà invariante per isomorfismo (e che la proprietà è anche leggermente ill-defined: si riferisce inevitabilmente a una (rap)presentazione specifica, se la cambi non puoi aspettarti si mantengano le proprietà estrinseche della rappresentazione). Non c'è quindi alcuna contraddizione nel fatto che è facile pensare a \(\mathbb C\) come ad un insieme di numeri, e molto meno facile pensare al sottoanello \(\{\left(\begin{smallmatrix}
a & b \\
-b & a
\end{smallmatrix}\right)
\mid a,b\in\mathbb R\}\le M(2,\mathbb R)\) come a fatto da "numeri", sebbene i due siano perfettamente isomorfi.
Arrivare alla soglia di un dottorato e non avere chiara la distinzione tra una struttura e una sua rappresentazione è... preoccupante.
Ah, la cosa che mi sono dimenticato di aggiungere: https://en.wikipedia.org/wiki/Surreal_number questo è il modo per far convergere al punto all'infinito le due prospettive (cardinalità e estensioni di strutture); in un certo senso i surreali sono un oggetto omogeneo ("contiene una copia di tutti gli altri simili", la nozione origina in teoria dei modelli iirc) per le cose che "(n) da lontano sembrano numeri" https://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=395e
Risposta da un "non matematico":
per me un numero (naturale) è il rappresentante (matematico) di un insieme.
Gli altri seguono poi con la costruzione elencata qui sopra.
Sono molto distante da voi?
per me un numero (naturale) è il rappresentante (matematico) di un insieme.
Gli altri seguono poi con la costruzione elencata qui sopra.
Sono molto distante da voi?
Sui naturali non c'è problema, il problema è dopo: che insieme rappresenta il numero \(\sum_{n\ge 0}10^{-n!}\)? E le radici dei polinomi ciclotomici?
"megas_archon":
Dopo lascio alcuni spunti (finalmente una domanda che permette di parlare un po' più a fondo).
Per finire, vedo che la domanda ti piace

"megas_archon":
Innanzitutto lasciami dire che sono molto sorpreso tu sia capace di scrivere domande come questa e molte altre (e se non ricordo male chiedevi come si scrive una lettera di motivazione), quindi tu sia matematicamente "adulto" e poi chieda "cosa sono i numeri".
Non mi stupisce che tu ti stupisca. Però sono convinto che la domanda, per come la intendo io, non è per nulla una questione banale. E credo anche che se lo fosse mi avresti risposto in due righe. Cosa, quest'ultima, che io fortemente non desidero, perché in fondo il mio obbiettivo è scoprire cose nuove, per lo meno a me sconosciute, attraverso risposte di qualità come la tua ad esempio. E partire da una domanda in apparenza semplice, e quindi sorprendente, trovo sia un modo interessante per farlo. Perché voglio sorprendermi anche io.
"megas_archon":
Arrivare alla soglia di un dottorato e non avere chiara la distinzione tra una struttura e una sua rappresentazione è... preoccupante.
Infine lasciami aggiungere che ho in chiaro la differenza (credo

Lasciami infine ringraziarti per la risposta e per l'interesse.
Tornando alla questione. Hai detto cose che condivido, ma non hai risposto alla domanda fondamentale che pongo. Cos'è un numero? Qual' è una definizione matematica di numero? Se io ti chiedessi cos'è un gruppo mi risponderesti una cosa come: "Un gruppo è un insieme munito di un operazione binaria interna tale che sia associativa, esiste un neutro e un inverso."
Mi risponderesti cioè con la definizione di gruppo. Tu affermi:
"megas_archon":
Questo semplice esempio suggerisce che "essere un insieme di numeri" non è una proprietà invariante per isomorfismo (e che la proprietà è anche leggermente ill-defined: si riferisce inevitabilmente a una (rap)presentazione specifica, se la cambi non puoi aspettarti si mantengano le proprietà estrinseche della rappresentazione).
Senza una definizione di "essere un insieme di numeri", come facciamo a fare un discorso sulle proprietà che un insieme di numeri possiede? Come facciamo a dimostrare "essere un insieme di numeri" è una proprietà non invariante per isomorfismo? Perché mai dovrebbe esserlo? Il fatto che ci risulta difficile pensare ad un sottoanello di \( M(2,\mathbb{R}) \) come a un insieme di numeri non implica questo fatto.
Ti giro la domanda al contrario: fammi un esempio di qualche oggetto che non è un numero.
Sostanzialmente la mia domanda, e anche la mia conclusione, è che "essere un numero", come essere "un insieme di numeri", sono concetti non definiti in matematica, e quindi il termine "numero" o "insieme di numeri" sono privi di significato matematico (ma potrei sbagliarmi ovviamente). E quindi sono definiti soltanto nel senso di una voca del dizionario, ma non in senso matematico/logico formale. Non è quindi possibile parlare di insieme di numeri e studiarne le loro proprietà. Possiamo definire l'insieme dei numeri naturali o altre strutture etc e studiarle. E il fatto di chiamare un oggetto "numero" piuttosto che una certa struttura "insieme di numeri" è tanto arbitrario quanto inutile. Ma non esiste un concetto matematico preciso e globale di “numeri” di cui tutti gli esempi che abbiamo fatto siano casi speciali o qualcosa del genere. Sbaglio sulla mia conclusione?
"3m0o":
Sostanzialmente la mia domanda, e anche la mia conclusione, è che "essere un numero", come essere "un insieme di numeri", sono concetti non definiti in matematica, e quindi il termine "numero" o "insieme di numeri" sono privi di significato matematico
Io, da persona non esperta in materia e non addetta ai lavori, ma che giusto ha letto qualcosa e fa qualche osservazione, avrei risposto come 3m0o, che in matematica non esiste la definizione di 'numero', ma solo la definizione di 'numero qualchecosa': numero naturale, numero razionale, numero reale, etc.
Diverso è credo un discorso di tipo filosofico-logico-fondazionale.
Cito questo passo che mi sembra descriva la differenza tra l'approccio matematico e l'approccio logico-filosofico:
The attention of the matematician focuses primarily upon mathyematica structure, and his inetllectual delight arises (in part) from seeing that a given theory exhibits such and such a structure, from seeing how one structure is "modelled" in another, or in exhibiting some new structure and showing how it relates to previously studied ones... . But the mathematician is satisfied so long as some "entities" or "objects" (or "sets" or "numbers" or "functions" or "spaces" or "points") to work with, and he does not enquire into their inner carachterv or ontological status.
The philosophical logician, on the other hand, is more sensitive to matters of ontology and will be especially interested in the kind or kinds of entities they are actually... . He will not be satisfied with beeing told merely that such and such entities exhibit such and such a mathematical structure. He will wish to inquire moreb deeply into what these entities are, how they relate to other entities... . Also he will wish to ask whther the entity dealtt with is sui generis or whether it is in some sense reducible to (or constructible in terms of) other. perhaps more fundamental entities. - R. M. Martin, Intension and Decision
Il passo è l'esergo di uno dei più famosi e più dibattuti articoli di filosofia della matematica degli ultimi decenni del secolo scorso: Paul Benacerraf, What Numbers Could not Be, del '65, che ha messo in discussione l'idea che i numeri naturali siano riconducibili agli insiemi.
Articolo che, insieme al grande dibattito che ne è seguito, sarebbe all'origine dell'affermazione dello strutturalismo in filosofia della matematica.
L'ho letto circa venti anni fa quindi non mi ricordo una mazza, però ad esempio questo passo può chiarire le sue conclusioni:
"[...] numbers are not objects at all, because in giving the properties (that is, necessary and sufficients) of numbers, you merely characterize an abstract structure , and the distinction lies in the fact that the 'elements' of the structure have no properties other than those relating to other 'elements' of the same structure.
[...] Arithmetics is [...] not a science concerned with particular objects - the numbers. The search for which indipendently identifiable particular objects number really are (sets? Julius Caesar') is a miguided one." [grassetto mio]
Quindi i numeri, per Benacerraf, non hanno uno status ontologico, non ha senso chiedersi 'che cosa è un numero' al di fuori di una struttura, non sono nemmeno insiemi. I numeri non fanno parte dell''essere' (qualunque cosa esso sia, realtà o mondo delle idee), e quindi questa sua posizione è vista come un colpo al platonismo,
Va detto comunque che quando Benacerraf parla di numeri parla sempre di numeri naturali. (Ma se, secondo Benacerraf, i naturali non sono oggetti, figuriamoci gli altri numeri!

Tornando alla matematica, gli altri tipi di numeri, una volta definiti i naturali, mi sembra che siano stati dettati da esigenze interne alla matematica, come illustrato dalle belle disamine di 3m0o e megas_archon.
Esigenze in cui non so se si possa riscontrare un carattere comune e sempre presente, che consenta ai matematici di dire cos'è un numero' in generale e se esista una generale, comune, immutabile esigenza, da cui i matematici sono spinti quando introducono nuovi tipi di numeri [nota]"Cosa spingeva i matematici? Spingitori di matematici! "


Non lo so, è una domanda che sposta forse l'accento dalla filosofia della matematica astratta alla 'filosofia della pratica' matematica, cioè dal pensare in termini filosofici speculativi all'esaminare cosa fa in pratica il 'working mathematician'.
C'è qualcosa in comune ad esempio tra l'esigenza che c'è stata di definire i numeri reali (tagli di Dedekind, successioni di Cauchy) etc. e l'esigenza di Cantor di definire i numeri transfiniti? Boh. Non mi sembra di vederla, ma davvero non so.
Le matrici della forma \(\left(\begin{smallmatrix}
a & b \\
-b & a
\end{smallmatrix}\right)\) "sono numeri" perché formano un anello (in effetti, un campo) isomorfo ai complessi. Se, però, non ti avessi detto quest'ultima cosa e ti dicessi che una matrice di quella forma è un numero tu mi guarderesti storto: sono quattro numeri, anzi, sono due disposti in un certo modo artificiale, e poi vengono moltiplicati in quella maniera astrusa...
Che cosa dice, questo? Secondo me che "è un numero" è un concetto malleabile e non definito formalmente, così come "è un mucchio". Dipende se è un mucchio: in relazione a cosa? Fatte alcune scelte, possiamo decidere se sì o no, ma lo statuto ontologico dell'oggetto non è assoluto.
Il polinomio \(p=2x^2+x-6\) definisce un "numero" con la proprietà che \(p^2-3\) è un multiplo di \(x^2-3\), e questo permette di interpretare i polinomi "a meno" di moltiplicazione per gli elementi di un ideale, quello generato da \(x^2-3\), come dei "numeri". Ma ci sono voluti Kummer e Dedekind https://en.wikipedia.org/wiki/Ideal_number per dare la definizione "giusta" cosicché questo fosse possibile, e quelli della teoria degli anelli si chiamano "ideali" proprio perché Kummer e Dedekind li pensavano come estensione della nozione di numero. Era conveniente, o intuitivo, trattare come se fossero numeri cose che non sono numeri. Qualcuno aveva, ai tempi, una definizione precisa di numero? Probabilmente non più di quanto avessero una definizione precisa di "limite", che è di pochissimo anteriore, o successiva.
In generale, secondo me non stai capendo il problema che cerco di sollevare:* prendi ad esempio un toro, la superficie ciambelliforme nota a tutti. I suoi punti sono numeri o no? In un certo senso sì, ma chi ci penserebbe come a numeri?
*La tua domanda me lo fa sospettare: "fammi un esempio di qualche oggetto che non è un numero."
Dare una risposta è semplice: il simbolo di parentesi aperta "{". Del resto, ora tu dici, beh, ma io ti mostro, ora, come si usa "{" per costruire i numeri:
\[\{\quad \{\{ \quad \{\{\{ \quad \{\{\{\{ \quad \{\{\{\{\{ \quad \dots\] Certo, ma tu non stai usando il fatto che "{" è un numero, quanto piuttosto il suo ruolo come segnaposto per contare "quanti" bla ci sono in un "ble". La natura dell'oggetto è totalmente irrilevante, è la tua capacità di separarlo dal resto e usarlo per uno scopo che gli attribuisce questo o quel significato, questa o quella natura di numero. E se è facile ragionare su "{{{", che "è" il numero "3" secondo un automatismo che abbiamo ingranato dalle scuole elementari, è meno immediato capire in che senso "{{}{}{{{}{}}}{{{{}{}{}}}}}{}{}{}}}}}{}{{{{{}{}{{}{}{}{}{}" è a tutti gli effetti un numero, ogni { vale +1, ogni } vale -1, e quella stringa ridotta è la somma. Così si ragiona, ad esempio, quando si implementa un programma che controlla se esistono in una stringa delle parentesi non bilanciate: si tiene conto di una lancetta che vira verso +1 o -1 per ogni occorrenza di parentesi aperta o chiusa, e si somma il risultato.
Il fatto coi numeri naturali è che io posso letteralmente fare la cosa seguente. Scaricare e installare il tafanario che mi permette di compilare del codice scritto in un linguaggio di programmazione strongly typed, aprire un editor di testo e scrivere che esiste un certo tipo (=insieme), per convenienza detto "\(\mathbb N\)", ma questo nome non significa nulla, ed esistono due modi di esibire un suo termine (=elemento). Innanzitutto c'è un elemento, lo chiamo $z$, ma anche qui non vuol dire niente. Poi, se ho un termine, lo chiamo $n$, allora esiste un modo di produrre un termine, lo chiamo $sn$. Ovviamente i termini sono tutti e soli questi:
\[z,sz,s(sz),s(s(sz)),s(s(s(sz))),s(s(s(s(sz))))),\dots\] vedi che sto facendo esattamente la stessa cosa che facevo prima con {,{{,{{{,...?
A questo punto posso definire:
- le operazioni aritmetiche di somma, prodotto, esponenziazione, etc https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... n.Nat.html
- dimostrare le loro proprietà https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... rties.html
- la struttura d'ordine totale \(zhttps://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... .html#1691
- e molte altre cose https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... .Base.html
Per farlo, non ho dovuto partire da nessun luogo particolare; ho deciso un simbolo a caso, l'ho chiamato z, e una maniera di stenografare "ciò che viene dopo $z$", "ciò che viene dopo ciò che viene dopo $z$", etc; e poi ti ho detto: se mi dai due espressioni di quella forma io te ne so dare una terza, che chiamo somma, oppure una che chiamo prodotto, etc. Queste soddisferanno delle proprietà, che guarda caso, riflettono proprio quello che succede quando si cerca di capire quanto è "grande" un insieme finito che risulta dall'unione disgiunta, o dal prodotto cartesiano, o dalla costruzione dell'insieme delle funzioni, tra due insiemi fissati.
a & b \\
-b & a
\end{smallmatrix}\right)\) "sono numeri" perché formano un anello (in effetti, un campo) isomorfo ai complessi. Se, però, non ti avessi detto quest'ultima cosa e ti dicessi che una matrice di quella forma è un numero tu mi guarderesti storto: sono quattro numeri, anzi, sono due disposti in un certo modo artificiale, e poi vengono moltiplicati in quella maniera astrusa...
Che cosa dice, questo? Secondo me che "è un numero" è un concetto malleabile e non definito formalmente, così come "è un mucchio". Dipende se è un mucchio: in relazione a cosa? Fatte alcune scelte, possiamo decidere se sì o no, ma lo statuto ontologico dell'oggetto non è assoluto.
Il polinomio \(p=2x^2+x-6\) definisce un "numero" con la proprietà che \(p^2-3\) è un multiplo di \(x^2-3\), e questo permette di interpretare i polinomi "a meno" di moltiplicazione per gli elementi di un ideale, quello generato da \(x^2-3\), come dei "numeri". Ma ci sono voluti Kummer e Dedekind https://en.wikipedia.org/wiki/Ideal_number per dare la definizione "giusta" cosicché questo fosse possibile, e quelli della teoria degli anelli si chiamano "ideali" proprio perché Kummer e Dedekind li pensavano come estensione della nozione di numero. Era conveniente, o intuitivo, trattare come se fossero numeri cose che non sono numeri. Qualcuno aveva, ai tempi, una definizione precisa di numero? Probabilmente non più di quanto avessero una definizione precisa di "limite", che è di pochissimo anteriore, o successiva.
In generale, secondo me non stai capendo il problema che cerco di sollevare:* prendi ad esempio un toro, la superficie ciambelliforme nota a tutti. I suoi punti sono numeri o no? In un certo senso sì, ma chi ci penserebbe come a numeri?
*La tua domanda me lo fa sospettare: "fammi un esempio di qualche oggetto che non è un numero."
Dare una risposta è semplice: il simbolo di parentesi aperta "{". Del resto, ora tu dici, beh, ma io ti mostro, ora, come si usa "{" per costruire i numeri:
\[\{\quad \{\{ \quad \{\{\{ \quad \{\{\{\{ \quad \{\{\{\{\{ \quad \dots\] Certo, ma tu non stai usando il fatto che "{" è un numero, quanto piuttosto il suo ruolo come segnaposto per contare "quanti" bla ci sono in un "ble". La natura dell'oggetto è totalmente irrilevante, è la tua capacità di separarlo dal resto e usarlo per uno scopo che gli attribuisce questo o quel significato, questa o quella natura di numero. E se è facile ragionare su "{{{", che "è" il numero "3" secondo un automatismo che abbiamo ingranato dalle scuole elementari, è meno immediato capire in che senso "{{}{}{{{}{}}}{{{{}{}{}}}}}{}{}{}}}}}{}{{{{{}{}{{}{}{}{}{}" è a tutti gli effetti un numero, ogni { vale +1, ogni } vale -1, e quella stringa ridotta è la somma. Così si ragiona, ad esempio, quando si implementa un programma che controlla se esistono in una stringa delle parentesi non bilanciate: si tiene conto di una lancetta che vira verso +1 o -1 per ogni occorrenza di parentesi aperta o chiusa, e si somma il risultato.
Il fatto coi numeri naturali è che io posso letteralmente fare la cosa seguente. Scaricare e installare il tafanario che mi permette di compilare del codice scritto in un linguaggio di programmazione strongly typed, aprire un editor di testo e scrivere che esiste un certo tipo (=insieme), per convenienza detto "\(\mathbb N\)", ma questo nome non significa nulla, ed esistono due modi di esibire un suo termine (=elemento). Innanzitutto c'è un elemento, lo chiamo $z$, ma anche qui non vuol dire niente. Poi, se ho un termine, lo chiamo $n$, allora esiste un modo di produrre un termine, lo chiamo $sn$. Ovviamente i termini sono tutti e soli questi:
\[z,sz,s(sz),s(s(sz)),s(s(s(sz))),s(s(s(s(sz))))),\dots\] vedi che sto facendo esattamente la stessa cosa che facevo prima con {,{{,{{{,...?
A questo punto posso definire:
- le operazioni aritmetiche di somma, prodotto, esponenziazione, etc https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... n.Nat.html
- dimostrare le loro proprietà https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... rties.html
- la struttura d'ordine totale \(z
- e molte altre cose https://agda.github.io/agda-stdlib/v2.1 ... .Base.html
Per farlo, non ho dovuto partire da nessun luogo particolare; ho deciso un simbolo a caso, l'ho chiamato z, e una maniera di stenografare "ciò che viene dopo $z$", "ciò che viene dopo ciò che viene dopo $z$", etc; e poi ti ho detto: se mi dai due espressioni di quella forma io te ne so dare una terza, che chiamo somma, oppure una che chiamo prodotto, etc. Queste soddisferanno delle proprietà, che guarda caso, riflettono proprio quello che succede quando si cerca di capire quanto è "grande" un insieme finito che risulta dall'unione disgiunta, o dal prodotto cartesiano, o dalla costruzione dell'insieme delle funzioni, tra due insiemi fissati.
Le mie letture consigliate se vuoi approfondire sono:
- il già citato Benacerraf
- l'introduzione di Tourlakis, "Lectures on logic and set theory"
- il primo capitolo di Taylor, "Practical foundations of Mathematics"
- il gioco dei numeri, in L\(\exists\forall\)N4 https://adam.math.hhu.de/
- il già citato Benacerraf
- l'introduzione di Tourlakis, "Lectures on logic and set theory"
- il primo capitolo di Taylor, "Practical foundations of Mathematics"
- il gioco dei numeri, in L\(\exists\forall\)N4 https://adam.math.hhu.de/
"megas_archon":
Che cosa dice, questo? Secondo me che "è un numero" è un concetto malleabile e non definito formalmente, così come "è un mucchio". Dipende se è un mucchio: in relazione a cosa? Fatte alcune scelte, possiamo decidere se sì o no, ma lo statuto ontologico dell'oggetto non è assoluto.
Qui sembri andare d'accordo con me, che un numero non è un concetto definito formalmente. Vorrei fare una riflessione ulteriore. Gli oggetti che non sono definiti formalmente, sono oggetti matematici? Soltanto gli oggetti che hanno una definizione formale sono considerabili come oggetti matematici? Secondo me no alla prima e sì alla seconda. Questo non vuol dire in modo assoluto che per capirsi tra noi non si possano usare termini a noi "intuitivi".
"megas_archon":
In generale, secondo me non stai capendo il problema che cerco di sollevare:* prendi ad esempio un toro, la superficie ciambelliforme nota a tutti. I suoi punti sono numeri o no? In un certo senso sì, ma chi ci penserebbe come a numeri?
Mah... non sono sicuro di capire cosa intendi. Sono d'accordo che non si penserebbe ai punti su un toro come a dei numeri. Se questo è il problema che cerchi di sollevare. Non sto dicendo il contrario, così come non sto dicendo che penso alle matrici come dei numeri. Il punto che cerco di sollevare io è invece che "numero" è una parola priva di significato matematico. Quindi cosa vorrebbe dire pensare ai punti su un toro come a dei numeri? Non mi è chiaro! Intendi pensarli a come dei naturali? Come dei razionali? Come dei punti di \( \mathbb{R}\)? Come dei punti di un quadrato di \( \mathbb{R}^2\) identificandone opportunamente alcuni?! Insomma... quando penso ai naturali penso ai naturali. Cose che gli assomigliano le penso come loro delle volte. Alle matrici penso come alle matrici, altre volte come a dei complessi. I reali come a dei reali, etc. Non so se mi spiego. Cioè il problema che cerco di sollevare io è che non ha alcun senso (matematico) dire che un certo oggetto è un "numero" oppure un "non-numero".
"megas_archon":
Dare una risposta è semplice: il simbolo di parentesi aperta "{". Del resto, ora tu dici, beh, ma io ti mostro, ora, come si usa "{" per costruire i numeri:
\[\{\quad \{\{ \quad \{\{\{ \quad \{\{\{\{ \quad \{\{\{\{\{ \quad \dots\] Certo, ma tu non stai usando il fatto che "{" è un numero, quanto piuttosto il suo ruolo come segnaposto per contare "quanti" bla ci sono in un "ble". La natura dell'oggetto è totalmente irrilevante, è la tua capacità di separarlo dal resto e usarlo per uno scopo che gli attribuisce questo o quel significato, questa o quella natura di numero. [...]
Per farlo, non ho dovuto partire da nessun luogo particolare; ho deciso un simbolo a caso, l'ho chiamato z, e una maniera di stenografare "ciò che viene dopo $z$", "ciò che viene dopo ciò che viene dopo $z$", etc; e poi ti ho detto: se mi dai due espressioni di quella forma io te ne so dare una terza, che chiamo somma, oppure una che chiamo prodotto, etc. Queste soddisferanno delle proprietà, che guarda caso, riflettono proprio quello che succede quando si cerca di capire quanto è "grande" un insieme finito che risulta dall'unione disgiunta, o dal prodotto cartesiano, o dalla costruzione dell'insieme delle funzioni, tra due insiemi fissati.
In quest'ultima parte credo di capire cosa stai cercando di dire, e se non è così ti prego correggimi. Quello che sottolinei in un certo senso è la differenza tra sintassi e semantica, tra linguaggio e una sua realizzazione. Ad esempio se ho un linguaggio (del primo ordine) \(L=\{ c_i, f_j^{(n_j)}, R_k^{(n_k)} \} \) allora una \(L\)-realizzazione è \(\mathcal{M} = \left< M, c_i^{\mathcal{M}}, \left( (f_j)^{(n_j)} \right)^{\mathcal{M}}, \left( (R_k)^{(n_k)} \right)^{\mathcal{M}} \right> \). Dove \(M=\left| \mathcal{M} \right| \) è un insieme non vuoto detto dominio di base, \(c_i^{\mathcal{M}} \) è un elemento del dominio di base per ogni simbolo costante \(c_i \) del linguaggio \( L \). \( \left( (f_j)^{(n_j)} \right)^{\mathcal{M}} \) è una funzione \( M^{n_j} \to M \) per tutti i simboli di funzione di \(L\) e \( \left( (R_k)^{(n_k)} \right)^{\mathcal{M}} \) è una relazione in \(M^{n_k} \) per ogni simbolo di relazione in \(L\). E quindi ad esempio il linguaggio \(L=\{ c, f^{(2)}, R^{(2)} \} \) è privo di significato. Sono soltanto simboli che rispettano una certa sintassi (regole). Mentre in \( \mathcal{M} = \left< \mathbb{N}, 0, +_{\mathbb{N}}, \leq_{\mathbb{N}} \right> \), che è una \(L\)-realizzazione (non l'unica ovviamente), possiamo attribuire un significato ai simboli.
Se dici questo o una cosa analoga, sono d'accordo che \( \{ \) non è un numero. E' un simbolo privo di significato. Ed è semmai interpretandolo, "realizzando la sintassi", che possiamo attribuirgli un significato di numero naturale. Quindi il simbolo \( c\) è solo un simbolo, ed è interpretandolo come \(0\) che assume un significato. Sono d'accordo con questo.
"gabriella127":
Il passo è l'esergo di uno dei più famosi e più dibattuti articoli di filosofia della matematica degli ultimi decenni del secolo scorso: Paul Benacerraf, What Numbers Could not Be, del '65.
Grazie non lo conoscevo, lo leggerò con grande curiosità.
"gabriella127":
"[...] numbers are not objects at all, because in giving the properties (that is, necessary and sufficients) of numbers, you merely characterize an abstract structure , and the distinction lies in the fact that the 'elements' of the structure have no properties other than those relating to other 'elements' of the same structure.
[...]
Quindi i numeri, per Benacerraf, non hanno uno status ontologico, non ha senso chiedersi 'che cosa è un numero' al di fuori di una struttura, non sono nemmeno insiemi. I numeri non fanno parte dell''essere' (qualunque cosa esso sia, realtà o mondo delle idee), e quindi questa sua posizione è vista come un colpo al platonismo,
Sono molto d'accordo con questo passaggio. E' un po' quello che voglio dire qui:
"3m0o":
Il punto che cerco di sollevare io è invece che "numero" è una parola priva di significato matematico. Quindi cosa vorrebbe dire pensare ai punti su un toro come a dei numeri? Non mi è chiaro! Intendi pensarli a come dei naturali? Come dei razionali? Come dei punti di \( \mathbb{R}\)? Come dei punti di un quadrato di \( \mathbb{R}^2\) identificandone opportunamente alcuni?! Insomma... quando penso ai naturali penso ai naturali. Cose che gli assomigliano le penso come loro delle volte. Alle matrici penso come alle matrici, altre volte come a dei complessi. I reali come a dei reali, etc. Non so se mi spiego. Cioè il problema che cerco di sollevare io è che non ha alcun senso (matematico) dire che un certo oggetto è un "numero" oppure un "non-numero".
Ho una struttura, e gli elementi di questa struttura sono caratterizzati dalle proprietà della struttura stessa. Essere numero non caratterizza nulla e non è caratterizzato da nulla. Ma cosa intendi per colpo al platonismo?
"gabriella127":
Esigenze in cui non so se si possa riscontrare un carattere comune e sempre presente, che consenta ai matematici di dire cos'è un numero' in generale e se esista una generale, comune, immutabile esigenza, da cui i matematici sono spinti quando introducono nuovi tipi di numeri quando definiscono una nuova struttura di numeri. [...]
C'è qualcosa in comune ad esempio tra l'esigenza che c'è stata di definire i numeri reali (tagli di Dedekind, successioni di Cauchy) etc. e l'esigenza di Cantor di definire i numeri transfiniti? Boh. Non mi sembra di vederla, ma davvero non so.
Non so, ma anche se ci fosse non credo che permetterebbe di caratterizzare l'essere numero. Perché possiamo pensare ad una proprietà che possiedono degli oggetti che noi chiamiamo numeri e trovare un altro oggetto che chiamiamo numero (o che si possa chiamare numero) che questa proprietà non la possiede. Pertanto dire "è un numero" secondo me è, come dice anche megas_archon, come dire "è un mucchio". Ovvero una parola del dizionario che i matematici utilizzano per riferirsi a qualcosa in modo colloquiale a meno che non si dia un contesto precisio, come ad esempio i numeri naturali, e allora essere numero è e vuol dire soltanto in quel contesto essere un numero naturale. Ma cambiando il contesto cambia il suo significato. E per ragioni (credo) storiche ma non solo, alcuni li chiamiamo numeri, altri no.
In quest'ultima parte credo di capire cosa stai cercando di dire, e se non è così ti prego correggimi. Quello che sottolinei in un certo senso è la differenza tra sintassi e semantica, tra linguaggio e una sua realizzazione.La differenza tra oggetto e rappresentazione è esattamente la differenza tra sintassi e semantica: entrambe le cose sono la differenza tra un funtore (la rappresentazione) e il dominio dello stesso.
Mah... non sono sicuro di capire cosa intendi. Sono d'accordo che non si penserebbe ai punti su un toro come a dei numeri. Se questo è il problema che cerchi di sollevare.Grothendieck (o qualcuno di contiguo) apprezzava questo esempio per motivare la teoria dei topos: dirti "un toro" non significa designare un oggetto preciso, perché un "toro" $T$ si può definire allo stesso tempo, e più o meno convenientemente a seconda dell'uso che devi fare dell'oggetto, in qualità diverse:
- uno spazio topologico
- il gruppo che risulta dal prodotto di due copie di \(U(1) = \{z\in\mathbb C\mid |z|=1\}\)
- un gruppo di Lie
- una varietà \(C^\infty\) (quindi inerentemente "di dimensione 2")
- una superficie di Riemann (quindi inerentemente "di dimensione 1")
- una varietà simplettica
- ...
C'è un posto dove è possibile mette tutte (e altre) queste rappresentazioni dello "stesso oggetto" (ma è, appunto, fuorviante chiamarlo "lo stesso oggetto"): si chiama il "topos dei fasci" sul toro $T$.
Alla luce di queste cose, data la natura delle tue domande, mi sento di consigliarti di studiare un po' di CT: il suo ruolo nella matematica del XX secolo è stato esattamente di rendere precise queste filosofie, e metterle in forma di teoremi.
Un ottimo testo per iniziare è "Sheaves in Geometry and Logic", leggi l'introduzione, e salta al capitolo 2 sui fasci topologici; quando serve vai indietro.
Un ottimo testo per iniziare è "Sheaves in Geometry and Logic", leggi l'introduzione, e salta al capitolo 2 sui fasci topologici; quando serve vai indietro.
"3m0o":
Ho una struttura, e gli elementi di questa struttura sono caratterizzati dalle proprietà della struttura stessa. Essere numero non caratterizza nulla e non è caratterizzato da nulla. Ma cosa intendi per colpo al platonismo?
Dicevo che la posizione di Benacerraf è considerata un colpo al platonismo perché dice che i numeri non sono oggetti, non hanno uno status ontologico a sé stante.
Il platonismo, nelle sue varie manifestazioni pensa, in filosofia della matematica, che gli oggetti matematici abbiamo una esistenza indipendente dal nostro pensiero, e noi li 'scopriamo'.
Per Platone oltre alla nostra realtà sensibile esiste il 'mondo delle idee', una sorta di copia del nostro mondo, dove ci sono appunto questi oggetti astratti, le idee: nel mondo abbiamo i cavalli, nel mondo delle idee c'è 'l'idea del cavallo'.
Per quanto riguarda la matematica, riteneva che la matematica è conoscenza di oggetti che esistono eternamente, e non qualcosa che nasce o cambia o finisce di esistere.
Il platonismo moderno non ha caso mai questa visione più ingenua dell'esistenza di un vero e proprio mondo delle idee, ma pensa comunque che gli oggetti astratti esistano indipendentemente da noi. Quindi, il problema serio che il platonismo pone, e gli tocca risolvere, è il cosiddetto 'problema del'accesso': come accediamo a questi oggetti astratti?
Il platonismo ha preso varie mazzate, ad esempio dal formalismo, o comunque dalle posizioni che pensano che gli oggettio matematici sono creati da noi, non scoperti.
Il platonismo può sembrare ingenuo, ma non lo è affatto, i più famosi platonisti moderni sono Hardy e Gödel, delle cui posizioni platoniche so poco o niente, andrebbe studiato.
Esiste anche un platonismo attuale, ad esempio c'è un filosofo della matematica che si chiama Joseph R. Brown, che è un platonista 'moderno', e mi ha colpito una cosa che dice.
Che il platonismo è una filosofia della matematica più 'flessibile'. Consente spazio a tipi di conoscenze e di dimostrazioni che non sono solo quelle formali, ad esempio consente uno spazio all'aspetto tanto vituperato in passato della visualizzazione (questo tema del pensiero visivo in matematica è un tema al momento 'alla moda'): se gli oggetti matematici esistono da qualche parte indipendentemente da noi, certo c'è il problema dell'accesso, ma poi l'accesso può essere possibile in più modi, e quindi non vi è necessariamente un'unica via per giungere alla 'verità' matematica.
Insomma, questo pippone sul platonismo, per dire che è tutto molto interessante ma è un casino. Con questa domanda hai sollevato i massimi sistemi...
