Inflazione e oneri finanziari

kinder1
ho sbirciato nel seguente documento http://www.istat.it/salastampa/comunica ... ra2006.pdf per capire se il paniere utilizzato dall'ISTAT per il calcolo dell'indice dei prezzi al consumo rileva gli oneri finanziari (per esempio la quota in conto interessi di una rata di mutuo contratto per l'acquisto della casa), che sappiamo essere una voce non trascurabile dei costi di molte famiglie. Io non l'ho trovato. C'è qualcuno che sa illuminarmi in merito?

Vi spiego l'origine della mia curiosità. Sappiamo come le banche centrali, in particolare la BCE, siano ossessionate dal contenimento dell'inflazione, al punto tale che pur di limitarla sarebbero capaci (così mi sembra, nella mia visione naive dell'economia) di mandare a tappeto le famiglie e le aziende (tanto che mi chiedo chi dovrebbe beneficiarne poi). La leva d'elezione che usano è il tasso di sconto. Poiché a me sembra che un aumento del tasso di sconto ricada direttamente addosso alle famiglie che si sono accollate un mutuo a tasso variabile, e di quelle che stanno per contrarre un nuovo mutuo, m'è venuto il sospetto che l'indice dei prezzi al consumo non rilevi questa importante voce di costo. Sto farneticando, o c'è qualcosa da dire su questo tema?

Risposte
marco vicari
A me è sempre sembrato tanto strano il metodo di calcolo del tasso di inflazione dell'ISTAT, nel periodo di passaggio all'euro (che tutti tristemente ricordiamo) abbiamo visto i prezzi di moltissimi beni di prima necessità crescere del 100%, ma l'ISTAT calcolava il tasso di inflazione tra il 2% e il 3%.
Secondo me non solo il paniere non è rappresentativo della spesa delle famiglie, ma anche il sistema di calcolo con l'uso dei pesi è molto discutibile.
Del resto la statistica non è la scienza che dice che se 1 uomo mangia 10 polli e 9 non hanno cosa mangiare in media tutti sono ben nutriti perchè hanno mangiato 1 pollo a testa?

SnakePlinsky
Ho guardato la composizione dell'indice ma non ho visto i mutui. Sull'inflazione istat ci sarebbe tanto da dirne, nessuno ormai ci crede più.

Di solito gli economisti riguardo all'inflazione guardano più l'indice dei prezzi industriali alla produzione più che il CPI.

Un'occhiata a oro grano e altre cibarie aiuta molto. Sull'argomento non sono tuttavia ferrato.


Vi spiego l'origine della mia curiosità. Sappiamo come le banche centrali, in particolare la BCE, siano ossessionate dal contenimento dell'inflazione, al punto tale che pur di limitarla sarebbero capaci (così mi sembra, nella mia visione naive dell'economia) di mandare a tappeto le famiglie e le aziende (tanto che mi chiedo chi dovrebbe beneficiarne poi).


La BCE ha come scopo statutario primario il contenimento dell'inflazione (<= 2%), come indicato dallo stesso Trattato Costituzionale Euopeo (art. 4), e come scopo secondario, "fatto salvo" il primo, la crescita dell'economia.
In secondo luogo è da considerare che l'euro esiste da poco, e la credibilità per una banca centrale è tutto. Per questo, avendola conquistata a fatica, la BCE ci pensa sempre 2 volte prima di agire.
Benchè faccia arrabbiare molti soggetti, la BCE è assai indipendente e non decide su base democratica. Quindi molto probabilmente le voci che si levano ora da più parti per l'abbassamento non veranno ascoltate.

kinder1
si OK, sulle politiche delle banche centrali non ho nulla da ribattere, perché la situazione è mediamente quella che descrivi. La questione a cui puntavo era più direttamente connessa alla costruzione logica del modello su cui poi si vanno a fare le politiche, che mi sembra discutibile.
Supponendo per ora che i costi dei mutui non siano considerati nel calcolo dell'inflazione, faccio il seguente ragionamento terra-terra, che mi porta a chiedermi se tale costrutto logico sia soddisfacente, oppure no. Faccio un esempio, che mi aiuta ad esprimere il concetto. Supponiamo che una famiglia con reddito netto mensile di 2000 € si sia accolata di recente un mutuo per l'acquisto della casa, di importo pari a 150.000 €, ad un tasso del 4%, per una durata di 20 anni. La rata mensile è di circa 909 €. La quota in conto interessi (della prima rata) è di circa 500 € (1/4 del reddito). Supponiamo che il mese successivo la banca centrale aumenti il tasso ufficiale di sconto dello 0,5%, portandolo al 4,5%, e che questo immediatamente venga ribaltato sul tasso del mutuo, supposto a tasso variabile. La rata salirebbe a circa 949 €, con un aumento della quota in conto interessi pari a 62 €, ovvero del 12,5% rispetto al mese precedente. Ora, io mi chiedo quanto basso dovrebbe essere il peso di una tale voce nel paniere, per essere considerata trascurabile. Se poi si dovesse confermare che il paniere non ne tiene conto per nulla, mi piacerebbe capire se le politiche monetarie delle banche centrali sono davvero orientate al contenimento dell'inflazione reale fronteggiata dalle famiglie, o se non puntino ad altri, a me ignoti, obiettivi. Tra l'altro, l'Italia è uno dei paesi in cui il possesso della casa in cui si abita è maggiormente esteso sulla popolazione, quindi è di impatto sicuramente significativo. Se consideriamo poi che il paniere contiene prodotti come i profilattici che, a parte i rarissimi ed invidiabili casi in cui tale voce di spesa è rilevante sul budget familiare, sono convinto incidano normalmente molto meno degli interessi di un mutuo (mi prenderò la briga di verificare a quanto ammonta il mercato dei preservativi in Italia, e quello dei mutui per l'acquisto della casa), mi viene il sospetto che la questione dell'inflazione e delle politiche monetarie sia qualcosa su cui forse si dovrebbe indagare di più.

kinder1
Nel bollettino statistico della Banca d'Italia di settembre 2007 ho trovato che i soli mutui (che sono solo una parte dei crediti delle banche) ammontavano a 687 miliardi di €. Ho anche trovato che i tassi variabili o misti nello stesso periodo stavano intorno al 6%, cui corrisponde un interesse annuo di circa 41 miliardi di €. Non cercherò più il mercato dei profilattici, giacché per essere di pari valore dovrebbero ammontare a circa 20 miliardi di profilattici/anno, assumendo che costino 2 euro ciascuno; anche considerando l'impeto latino degli italiani, mi sembrano davvero tanti :D

SnakePlinsky
"kinder":
si OK, sulle politiche delle banche centrali non ho nulla da ribattere, perché la situazione è mediamente quella che descrivi.
Io cronacavo solo i fatti, poi non è che sia molto daccordo, anzi, personalmente come soggetto economico sarei favorevole, e molto, ad un abbassamento dei tassi.
La questione a cui puntavo era più direttamente connessa alla costruzione logica del modello su cui poi si vanno a fare le politiche, che mi sembra discutibile.
Supponendo per ora che i costi dei mutui non siano considerati nel calcolo dell'inflazione, faccio il seguente ragionamento terra-terra, che mi porta a chiedermi se tale costrutto logico sia soddisfacente, oppure no. Faccio un esempio, che mi aiuta ad esprimere il concetto. Supponiamo che una famiglia con reddito netto mensile di 2000 € si sia accolata di recente un mutuo per l'acquisto della casa, di importo pari a 150.000 €, ad un tasso del 4%, per una durata di 20 anni. La rata mensile è di circa 909 €. La quota in conto interessi (della prima rata) è di circa 500 € (1/4 del reddito). Supponiamo che il mese successivo la banca centrale aumenti il tasso ufficiale di sconto dello 0,5%, portandolo al 4,5%, e che questo immediatamente venga ribaltato sul tasso del mutuo, supposto a tasso variabile. La rata salirebbe a circa 949 €, con un aumento della quota in conto interessi pari a 62 €, ovvero del 12,5% rispetto al mese precedente. Ora, io mi chiedo quanto basso dovrebbe essere il peso di una tale voce nel paniere, per essere considerata trascurabile. Se poi si dovesse confermare che il paniere non ne tiene conto per nulla, mi piacerebbe capire se le politiche monetarie delle banche centrali sono davvero orientate al contenimento dell'inflazione reale fronteggiata dalle famiglie, o se non puntino ad altri, a me ignoti, obiettivi. Tra l'altro, l'Italia è uno dei paesi in cui il possesso della casa in cui si abita è maggiormente esteso sulla popolazione, quindi è di impatto sicuramente significativo. Se consideriamo poi che il paniere contiene prodotti come i profilattici che, a parte i rarissimi ed invidiabili casi in cui tale voce di spesa è rilevante sul budget familiare, sono convinto incidano normalmente molto meno degli interessi di un mutuo (mi prenderò la briga di verificare a quanto ammonta il mercato dei preservativi in Italia, e quello dei mutui per l'acquisto della casa), mi viene il sospetto che la questione dell'inflazione e delle politiche monetarie sia qualcosa su cui forse si dovrebbe indagare di più.

"rarissimie invidiabili casi" :-D :-D :-D :-D

Per quanto riguarda il fatto dei mutui, ricordo che è proprio questo stesso meccanismo che fa diminuire l'inflazione: le famiglie, come le imprese, oltre a trovare più conveniente l'acquisto di titoli (bot, cct, et.) poichè offrono un rendimento superiore, e meno conveniente indebitarsi, hanno anche meno denaro per il semplice fatto di pagare più interessi. L'effetto combinato di questi fattori determina che ci siano meno soldi "per strada" e quindi meno inflazione.
Quando le famiglie fanno fatica "ad arrivare alla fine del mese", è difficile che l'inflazione possa aumentare a lungo. Da tenere presente che i movimenti nelle dinamiche dei prezzi sono assai lenti (soprattutto in un paese imbalsamato come l'italia). (BCE 12 18 mesi).
In Italia l'inflazione reale, è stata sicuramente più elevata che altrove, ma una parte consistente di questa non è propriamente inflazione, ma trasferimenti di ricchezza da alcune categorie ad altre.
Ho letto da qualche parte che sempre più famiglie italiane fanno la spesa nei discount, questo è un segnale dell'adeguamento dei soggetti economici alle mutate condizioni.

In sostanza, c'è un'enorme massa di denaro che circola nel mondo (a partire dall'epoca dei petrodollari) e che non trova sbocco sufficiente in investimenti reali e produttivi. I "gestori di questa massa di denaro" hanno quindi un problema impellente: far fruttare questo denaro, se possibile, ma almeno mantenerne costante il potere d'acquisto.
Come si fa? Semplice: si crea una banca centrale europea che, vincolata al contenimento dell'inflazione, assicuri il permanere nel tempo del potere d'acquisto di quella massa di denaro.


Non mi trovo daccordo con questa conclusione: la BCE è sostanzialmente la Banca centrale tedesca allargata, così come l'euro è un Marco europeo, gli interessi della germania sono i primi ad essere tutelati.
Poi la valuta di riferimento è ancora il dollaro, o meglio il petrodollaro. La stessa banca centrale cinese ha la stragrande maggioranza delle riserve in titoli usa e dollari. E , imho, questa situazione rimarrà inalterata fino a quando non finirà il petrolio, o quando cesserà l'asse USA-Arabia Saudita (chi ha orecchie per intendere potrà vedere dietro questo asse il 50% della storia contemporanea degli ultimi 20-30 anni) o quando molti e forti paesi decideranno che è ora di comprare euri.
Per ora a nessuno conviene, ne USA, ne petrolieri, ne china.

EDIT: qui : http://it.wikipedia.org/wiki/Paniere c'è un link col paniere istat. Gli oneri finanziari non li ho visti.

dasalv12
Sono in parte d'accordo ed in parte no su quanto detto fino ad ora.
Sul fatto che il contenimento dell'inflazione sia stato portato ad ideologia penso che in parte sia vero, ma come già ricordato, l'obbiettivo del contenimento dell'inflazione è frutto di un trattato internazionale. Quindi sono stati tutti i paesi dell'area euro a decidere che le cose dovessero essere così.
La domanda da porci è allora la seguente: perchè tutto questo interesse nel mantenere bassa l'inflazione?
A questa critica, che di tanto in tanto viene fatta alla BCE da qualche economista e da qualche politico, i dirigenti della BCE rispondono in maniera limpida e chiara: non è compito della BCE e della moneta creare occupazione, risolvere il problema delle famiglie, favorire le esportazioni eccetera, questo è compito dei governi e delle politiche che adottano.
Anche perchè i tassi bassi potrebbero recare vantaggi ad un paese piuttosto che un altro o ad un settore piuttosto che ad un altro e questo fa attrito in tema di mercato unico.
Una fonte interessante per capire quali siano le idee economiche dominanti della UE è dato dal Rapporto Sapir:
http://www.euractiv.com/ndbtext/innovat ... report.pdf

Fioravante Patrone1
Ma l'indice ISTAT di sui si sta parlando riguarda i prezzi al consumo.

Il mutuo casa non (è relativo ad) un investimento?
Questo mi spiega anche perché c'è l'affitto, invece.

Notare che l'auto (l'acquisto) è considerata! Quindi è un bene di consumo (necessario più del pane).


OT
Nota "frivola". Ho guardato il paniere ISTAT, grazie al link indicato da da SnakePlinsky.
Avete notato quale è l'ultima "voce" che compare?

dasalv12
Non d'accordo sul considerare la BCE come portatrice delgi interessi della sola Germania: ribadisco che la BCE e la UE sono frutto di trattati internazionali, i governi si incontrano e firmano un trattato che viene poi retificato secondo le procedure dei singoli paesi.
Ovvio che in fase di negoziazione, la Germania, con la sua economia, la sua moneta e la sua popolazione abbia avuto un potere contrattuale maggiore rispetto ad altri paesi.
La BCE somiglia alla Bundesbank è vero, perchè tutti hanno deciso di adottare quel modello considerato il migliore per glòi obbiettivi della UE.

In sostanza, c'è un'enorme massa di denaro che circola nel mondo (a partire dall'epoca dei petrodollari) e che non trova sbocco sufficiente in investimenti reali e produttivi. I "gestori di questa massa di denaro" hanno quindi un problema impellente: far fruttare questo denaro, se possibile, ma almeno mantenerne costante il potere d'acquisto.
Come si fa? Semplice: si crea una banca centrale europea che, vincolata al contenimento dell'inflazione, assicuri il permanere nel tempo del potere d'acquisto di quella massa di denaro.


In totale disaccordo su questa visione del mondo. Le banche centrali non nascono per questo motivo e se vogliamo il problema della caccia al massimo profitto dei soggetti che hanno grandi liquidità è una stortura del sistama capitalistico.
Guandiamoci alle spalle e guardiamo quali danni sociali abbia fatto l'inflazione o meglio il ricorrere all'inflazione per risolvere problemi strutturali: Repubblica di Weimar, l'Italia degli anni '70, il Brasile degli anni '90 ecc.

kinder1
"Fioravante Patrone":
Ma l'indice ISTAT di sui si sta parlando riguarda i prezzi al consumo.

Il mutuo casa non (è relativo ad) un investimento?
Questo mi spiega anche perché c'è l'affitto, invece.

Notare che l'auto (l'acquisto) è considerata! Quindi è un bene di consumo (necessario più del pane).


OT
Nota "frivola". Ho guardato il paniere ISTAT, grazie al link indicato da da SnakePlinsky.
Avete notato quale è l'ultima "voce" che compare?



Non volendo nulla togliere al contributo di SnakePlinsky, faccio notare che nel mio primo post https://www.matematicamente.it/forum/-vp ... tml#201347 indicavo proprio la fonte ISTAT, a cui si riferisce wikipedia.
Riguardo alla questione che poni, effettivamente mi ero fatto la stessa obiezione. Mi sono riposto che la casa certamente non rientra nella categoria dei beni di consumo, e posso capire che il relativo paniere non tenga conto dell'andamento del mercato immobiliare. Gli oneri finanziari di un mutuo, però, sono una voce di costo diversa, associata all'acquisto di un servizio (il mutuo). Che un mutuo rientri oppore no nella categoria dei beni di consumo posso concordare che sia questione discutibile. Se la conclusione a cui si dovesse giungere, con un giudizio di persona competente, dovesse essere che è giusto non considerarlo, vorrei capire allora perché la programmazione economico-finanziaria del governo, le leggi di bilancio e i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro si ispirano all'inflazione programmata, forse non correttamente rappresentativa dell'andamento del potere d'acquisto delle famiglie.

SnakePlinsky
"kinder":

Non volendo nulla togliere al contributo di SnakePlinsky, faccio notare che nel mio primo post https://www.matematicamente.it/forum/-vp ... tml#201347 indicavo proprio la fonte ISTAT, a cui si riferisce wikipedia.


Chiedo perdono (nei 2 link c'è comunque 1 anno di differenza ;-) ).

Comunque ora ho la risposta: sì, generalmente i costi per interessi su mutui fanno parte dell'indice dei prezzi al consumo. Tuttavia gli indici dei prezzi utilizzati dalle banche centrali non ne tengono conto.

Si veda per la parte teorica sul CPI http://en.wikipedia.org/wiki/Consumer_price_index
e relativamente alla parte degli interessi: http://en.wikipedia.org/wiki/Consumer_P ... ed_Kingdom)

Qui http://www.statistics.gov.uk/instantfigures.asp è possibile vedere come l'indice dei prezzi al consumo "retail" (RPI), in UK a dicembre annualizzato, sia 4,0% e senza il costo dei mutui (RPIX http://en.wikipedia.org/wiki/RPIX ) sia 3,1%.
L'indice dei prezzi al consumo, il CPI, è 2,1%. Vedete come possono esserci delle belle differenze.

Il motivo per cui si preferisce (preferisce l' economista, non la casalinga) un indice senza il costo degli interessi è di natura operativa riguardo alle modalità d'azione delle banche centrali:

"Mortgage interest payments were excluded from the inflation target because otherwise the Bank's behaviour would be distorted. Any rate rise from the Bank, aimed at bringing inflation lower, automatically has the side effect of raising people's mortgage interest payments, therefore causing higher inflation on any broad measure such as RPI. Targeting RPI would thus create a vicious circle of higher rates, something avoided by using RPIX as the target."

Sul perchè l'istat non abbia (a mia conoscenza) panieri differenziati con e senza mutui...lascio a voi le conclusioni.

A Sergio e Injava, che sicuramente ho imbarazzato con le mie semplificazioni al limite del luogo comune, volevo dire che l'argomento è così complesso e vasto che per forza di cosa è necessario agire col machete nelle semplificazioni, con tutti gli errori e ingenuità che questo comporta.

E giusto per provocarvi (in senso amichevole) nuovamente: sapete perchè Bernakka ha abbassato i tassi e Trichet no? Gli americani hanno una paura folle della recessione (ancora si sognano la recessione del '29), avendola provata sulla propria pelle. Per loro va bene qualsiasi cosa (invadere nazioni estere, inquinare, etc.) purchè non ci sia recessione. è anche uno dei tanti motivi per cui molto probabilmente il prossimo presidente sarà democratico (puoi fare tutto, ma recessione no)
Al contrario i tedeschi (-> BCE :-D ) hanno una paura folle dell'inflazione (ancora si sognano l'iperinflazione nella rep. di Weimar).

Dal canto mio aggiungo un ulteriore "luogo comune" :-D : gli USA sono avanti di 10-20 anni sull'europa.

Loro starnutiscono, noi ci prenderemo il raffreddore.

kinder1
@SnakePlinsky

grazie per il contributo davvero interessante e, direi, conclusivo, per lo meno riguardo ai miei turbamenti, che hanno trovato risposta. Insomma, non mi stavo facendo seghe mentali, come invece temevo.

A questo punto mi chiedo, però, come si possa giustificare l'attuale politica dei tassi praticata dalla BCE, visto che il costo del danaro è relativamente alto, deprimendo il potere d'acquisto delle famiglie, quindi i consumi, nonché la propensione delle aziende all'investimento. Per chi non lo sa, ricordo che le aziende valutano i progetti di investimento sulla base del NPV, calcolato utilizzando come tasso il WACC, nel quale il tasso ufficiale di sconto impatta sia per la parte del "cost of equity" (ricordo che i tassi risk free fanno da riferimento) sia sugli oneri finanziari generati dalla posizione finanziaria netta, in genere positiva. Ho l'impressione che sull'altare di una distorta valutazione dell'inflazione si sacrifichi un buon potenziale di benessere dell'Europa. Forse è una conclusione affrettata, però non me ne viene una migliore :(

kinder1
"Sergio":
La FED, in forza dell'Humphrey-Hawkins Full Employment Act del 1978, ha tra i propri obiettivi la piena occupazione, l'incremento del reddito reale, un aumento adeguato della produttività nell'ambito di una ragionevole stabilità dei prezzi [1].

La BCE semplicemente non ha obiettivi in termini di sviluppo, ma ha l'obiettivo primario ed esclusivo del contenimento dell'inflazione (cioè di preservare grandi quantità di denaro, non le famiglie alla kinder, dalla perdita di potere d'acquisto) [2].
Quindi, semplicemente, Trichet non può agire come Bernanke, anche se volesse (ma non vuole, altrimenti non starebbe al suo posto).
...


Supponendo che le cose stiano come la tua analisi indica, riportando la politica monetaria nell'ambito della difesa di grossi interessi di alcune parti, mi chiedo perché organizzazioni (sindacati, consumatori etc.) e partiti politici portatori di interessi di altre parti non intervengano su questi fatti. O per lo meno, non mi ricordo di battaglie fatte su questo tema. E' vero che la stessa domanda me la sono fatta molto tempo fa con riferimento al tema dell'evasione fiscale e della fregatura a cui sono soggetti da sempre i lavoratori dipendenti, senza aver mai trovato risposta :cry:

SnakePlinsky
"Sergio":
[quote="SnakePlinsky"]E giusto per provocarvi (in senso amichevole) nuovamente: sapete perchè Bernakka ha abbassato i tassi e Trichet no? Gli americani hanno una paura folle della recessione (ancora si sognano la recessione del '29), avendola provata sulla propria pelle. Per loro va bene qualsiasi cosa (invadere nazioni estere, inquinare, etc.) purchè non ci sia recessione. è anche uno dei tanti motivi per cui molto probabilmente il prossimo presidente sarà democratico (puoi fare tutto, ma recessione no)
Al contrario i tedeschi (-> BCE :-D ) hanno una paura folle dell'inflazione (ancora si sognano l'iperinflazione nella rep. di Weimar).

Ci saranno pure le paure ataviche, ma esiste anche una differenza di finalità maturata ben dopo gli anni '20.

La FED, in forza dell'Humphrey-Hawkins Full Employment Act del 1978, ha tra i propri obiettivi la piena occupazione, l'incremento del reddito reale, un aumento adeguato della produttività nell'ambito di una ragionevole stabilità dei prezzi [1].

La BCE semplicemente non ha obiettivi in termini di sviluppo, ma ha l'obiettivo primario ed esclusivo del contenimento dell'inflazione (cioè di preservare grandi quantità di denaro, non le famiglie alla kinder, dalla perdita di potere d'acquisto) [2].
Quindi, semplicemente, Trichet non può agire come Bernanke, anche se volesse (ma non vuole, altrimenti non starebbe al suo posto).
E questo perché "i tedeschi" hanno paura del fantasma della repubblica di Weimar? Non li vedo così irrazionali. E, soprattutto, non sono solo loro a decidere.
Proviamo a pensare al grande mercato delle eurovalute, poi all'esplosione dei petrodollari, poi alla difficoltà di trovare convenienti investimenti reali e produttivi.
Ci sono state due tappe nella ricerca di impieghi per quella "grande quantità di moneta":
a) i prestiti ai governi, cresciuti a dismisura negli anni '70, messi in crisi da insolvenze causate dalla rivalutazione del dollaro negli anni '80 [3];
b) il tentativo, tuttora in corso, di smantellare i servizi pubblici e farne servizi privati, ovvero opportunità di investimento [4]; nel frattempo.... quel denaro non deve svalutarsi, costi quel che costi (a noi comuni mortali).
[/quote]

Devo farti i complimenti per la risposta (anche per i riferimenti bibliografici dettagliati).

Non convengo tuttavia con la tesi che stai esponendo.

Come dice Injava:
A questa critica, che di tanto in tanto viene fatta alla BCE da qualche economista e da qualche politico, i dirigenti della BCE rispondono in maniera limpida e chiara: non è compito della BCE e della moneta creare occupazione, risolvere il problema delle famiglie, favorire le esportazioni eccetera, questo è compito dei governi e delle politiche che adottano.
Anche perchè i tassi bassi potrebbero recare vantaggi ad un paese piuttosto che un altro o ad un settore piuttosto che ad un altro e questo fa attrito in tema di mercato unico.


Il mio parere, forse ingenuo è che l'unione europea è nata prima politicamente e poi monetariamente: era quindi necessario avere un'istituzione fortemente indipendente che perseguisse uno scopo "neutro" (il richiamo a "neutro" è qui voluto ;-) ).

Tuttavia sapendo molto bene quale sia la forza del Capitale (per es. mi ha impressionato guardare la serie storica della quantità di prodotto in capo all'1% della popolazione più ricca e confrontarlo col momento in cui comincia l'ondata delle liberalizzazzioni), e sapendo quanto siano spesso vere le dietrologie in finanza, sono disposto volentieri a cambiare la mia opinione sulla BCE, se mi si spiegassero i passaggi logici e storici associati.

Probabilmente troveremmo alcune risposte ai quesiti di kinder...

Un saluto

SnakePlinsky
"Sergio":

Non penserai mica che la FED non è altrettanto indipendente, vero? Nel caso, guarda qui.
Ma ha obiettivi diversi....
In altri termini, il semplice paragone con la FED mostra che l'indipendenza non implica necessariamente che si abbia come unico obiettivo il controllo dell'inflazione.
Anche perché quell'obiettivo non è neutro, ma ha un'enorme valenza politica: gli stati europei hanno perso quella che alcuni chiamano la "sovranità monetaria".


Certo, come convengo sull'analisi che fai dopo della situazione italiana e le privatizzazzioni. La "rivoluzione neoliberista" degli anni '80 è stata sicuramente voluta da un certo gruppo di potere.

Quello che mi è dubbio è come, e quando, questo gruppo di interessi (stò semplificando molto anch'io, non si travisi quello che scrivo) abbia influito sulla costituzione della moneta unica e della BCE. è questa la mia curiosità.

kinder1
A questo punto si possono ricapitolare le acquisizione cui siamo pervenuti grazie ai vostri contributi:
1) il trattato che adotta una costituzione europea stabilisce:
"SEZIONE 2
POLITICA MONETARIA
ARTICOLO III-185
1. L'obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali è il mantenimento della stabilità dei
prezzi. Fatto salvo questo obiettivo‚ il Sistema europeo di banche centrali sostiene le politiche
economiche generali nell'Unione per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di
quest'ultima, definiti nell'articolo I-3.
Il Sistema europeo di banche centrali agisce in
conformità del principio di un'economia di mercato aperta e in libera concorrenza‚ favorendo
un'efficace allocazione delle risorse e rispettando i principi di cui all'articolo III-177."
2) Il protocollo sullo statuto del Sistema europeo delle banche centrali e della Banca centrale europea recepisce al Capo II, Art. 2 "Obiettivi" l'obiettivo principale della stabilità dei prezzi;
3) la BCE basa le sue politiche monetarie sulla valutazione di indici dei prezzi che non includono gli interessi passivi.

Mi pare, però, che nessuno dei due documenti citati specifichi, tanto meno restringa, l'insieme dei prezzi di cui garantire la stabilità. Mi manca ancora l'evidenza del fatto che la pratica corrente della BCE sia attuata in accordo agli indirizzi politici stabiliti nell'ambito dell'unione europea.
Supponendo che ciò sia dovuto alla mancanza di ulteriori documenti che ne dimostrerebbero la coerenza, rimarrebbe la conclusione che nulla è ascrivibile alla BCE, ma si dovrebbe cercare le responsabilità delle sue politiche negli indirizzi politici (in senso stretto) dati dagli stati membri. Ho capito bene?
Supponiamo per ora di si. Mi incuriosice a questo punto il fatto che il trattato, un genere di documento che si può permettere il lusso di stabilire principi ed obiettivi di alto livello, rimandando ad altre norme attuative la definizione di procedure, metodi e strumenti, sia stato così specifico nell'indicare un obiettivo preciso e, direi, tecnico, come la stabilità dei prezzi. Un trattato del genere dovrebbe puntare maggiormente ad obiettivi di più largo respiro quali il benessere economico, lo sviluppo, l'occupazione e cose simili. E' vero che sono obiettivi affidati alla banca centrale, che non potrebbe farsene carico. Però si possono immaginare altri obiettivi da banca centrale, quali il controllo della massa monetaria, il costo del danaro, il livello di rischio del sistema bancario, sorveglianza di movimenti finanziari di vario genere, cambio con altre valute rilevanti etc. a prima vista tutti altrettanto importanti quanto i prezzi, per lo meno agli acchi di un ignorante come me. Lo stabilire che "fatto salvo questo obiettivo..." equivale a dire che, costi quel che costi, si devono mantenere i prezzi. Se poi mancano i soldi per comprare i prodotti a quei prezzi, è un fatto secondario.
Non avrà mica ragione Sergio?

kinder1
"Sergio":
[quote="kinder"]Mi manca ancora l'evidenza del fatto che la pratica corrente della BCE sia attuata in accordo agli indirizzi politici stabiliti nell'ambito dell'unione europea.

Ti manca perché quanto dici è espressamente e tassativamente vietato: "né la BCE, né una banca centrale nazionale, né un membro dei rispettivi organi decisionali possono sollecitare o accettare istruzioni dalle istituzioni o dagli organi comunitari, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni e gli organi comunitari nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare questo principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della BCE o delle banche centrali nazionali nell'assolvimento dei loro compiti" (Statuto del SEBC e della BCE, art. 7).[/quote]

Evidentemente mi sono espresso male, perché non volevo riferirmi all'eventualità che la BCE venga imbeccata dai politici ogni volta che debba prendere decisioni. Mi riferivo invece ad eventuali ulteriori norme che potrevano tradurre in indirizzi operativi gli abiettivi generali assegnati alla stessa BCE. Per esempio, rimanendo in tema di stabilità dei prezzi quale obiettivo prioritario, mi sarei aspettato che la scelta della metrica da utilizzare per la misura dell'andamento dei prezzi non venisse lasciata all'arbitrio della BCE, ma venisse definita tramite strumenti normativi. Lasciando ovviamente libera la BCE di agire nel perseguimento della responsabilità assegnatale.
Comunque, giacché è venuto fuori l'argomento varie volte circa l'indipendenza delle banche centrali, preferisco adottare anche in questo caso il pensiero di Andreotti, secondo il quale a pensar male si fà peccato, però si indovina. In effetti, le nomine di certe figure istituzionali sono sempre riconducibili direttamente o indirettamente a scelte politiche, quindi di allineamento, fedeltà etc. Che eventuali manovre sui tassi non siano precedute da telefonate ed incontri mi sembra una cosa del tutto improbabile.

SnakePlinsky
"kinder":

Evidentemente mi sono espresso male, perché non volevo riferirmi all'eventualità che la BCE venga imbeccata dai politici ogni volta che debba prendere decisioni. Mi riferivo invece ad eventuali ulteriori norme che potrevano tradurre in indirizzi operativi gli abiettivi generali assegnati alla stessa BCE. Per esempio, rimanendo in tema di stabilità dei prezzi quale obiettivo prioritario, mi sarei aspettato che la scelta della metrica da utilizzare per la misura dell'andamento dei prezzi non venisse lasciata all'arbitrio della BCE, ma venisse definita tramite strumenti normativi. Lasciando ovviamente libera la BCE di agire nel perseguimento della responsabilità assegnatale.


Per la BCE stabilità dei prezzi equivale ad un livello di inflazione $=<2$.
Su altri aspetti più tecnici, ovvero quali variabili guarda per prendere le decisioni, la BCE non indica con precisione quale peso assegna alle variabili per decidere. Facendo tuttavia una regresione su dati storici tra tassi e alcune variabili economiche è possibile vedere quali variabili (e con quale peso) tiene conto la BCE. Se interessa posso postare i risultati di una regressione che avevo fatto al corso di econometria.

Saluti

kinder1
"SnakePlinsky":
Se interessa posso postare i risultati di una regressione che avevo fatto al corso di econometria.
Saluti


Yes, please :D

SnakePlinsky
Yes, please Very Happy


BCE: tassi e variabili economiche.

"...
Le variabili sono:

1) Il livello attuale del tasso ufficiale REPOB (più è alto e più è difficile che sia ancora alzato);
2) L’inflazione (ovvero la crescita dell’indice dei prezzi al consumo) GPCONS (più alta è l’inflazione corrente e più è probabile che nel futuro ci sia pericolo per la stabilità dei prezzi; inoltre, a parità di tasso d’interesse, più alta è l’inflazione e più è basso il tasso d’interesse reale, con effetto espansivo sul sistema economico.
3) La crescita dei prezzi interni dei prodotti industriali al netto degli energetici GPINDN; questa variabile misura la componente principale dell’inflazione perché riguarda la principale componente della produzione interna europea,
4) La crescita del cambio dollaro/euro GDOLLAROM (o GDOLLAROF: il primo è la media mensile, il secondo è il dato di fine mese): più l’euro si rafforza e meno costano per noi le materie prime, inoltre aumenta la concorrenza estera alle nostre imprese che così non possono aumentare i loro prezzi
5) La crescita del prezzo del petrolio GPOIL: l’effetto di questa variabile è però ambiguo. Se il prezzo del petrolio sale aumenta l’inflazione e quindi la BCE dovrebbe aumentare i suoi tassi; d’altra parte, se aumenta il prezzo del petrolio aumentano i costi per le imprese con effetto negativo sulla crescita economica, e quindi la BCE dovrebbe ridurre i suoi tassi per aiutare le imprese.
6) Un indice “anticipatore” della crescita economica SETTORE_REALE. Quando la crescita è bassa la BCE dovrebbe aumentare i suoi tassi per favorire le imprese, quando è alta dovrebbe aumentarli per raffreddare l’economia ed evitare che le imprese aumentino i loro prezzi

LA relazione è del tipo:

REPOB(1)-REPOB =F(REPOB, GPCONS, GPINDN, GDOLLAROF, GPOIL, SETTORE_REALE)
- + + - ? +
..."

(Repo(1) è il tasso in t+1, REPOB è il tasso in t.)

Per brevità salto alcune regressioni e molti passaggi, in cui si screma e raffina la regressione, per arrivare a:

"...
La regressione finale è quindi:

REPOB(1)-REPOB = c + (REPOB-GPINDN) + GDOLLAROF + SETTORE_REALE

che dà:



...."

Coefficient è il valore del coefficente che moltiplica il valore delle variabili indicate nella relazione:
REPOB(1)-REPOB = c + (REPOB-GPINDN) + GDOLLAROF + SETTORE_REALE

Notare che (REPOB-GPINDN)è assimilabile ad un tasso di interesse reale (il tasso nominale - la crescita dei prezzi industriali), e C è una costante.

La regressione mostra quindi le variabili che hanno influito significativamente sulle variazioni di tasso: livello attuale del tasso e dei prezzi, del tasso di cambio e della crescita economica, coi coefficenti che vedete. La regressione si basa su 81 osservazioni mensili.
Non significa che la BCe trascuri le altre variabili, esse probabilmente si ripercuotono su quelle della regressione finale.

Spero la regrssione vi sia piaciuta ;-)

dasalv12
"Sergio":
Mi colpì molto l'intervento di Massimo Florio, professore di economia presso la Statale di Milano, e in particolare le sue considerazioni circa uno scambio tra il consenso offerto dai mercati finanziari e l'adesione alle sue ambizioni. In parole povere, chi detiene "grandi quantità di denaro" è in grado di esercitare un grande potere...


Conosco Florio e sono stato al convegno sulle privatizzazioni che hai citato, condivido quella visione della storia: "I soldi devono avere sempre qualcosa a cui aggrapparsi".
Ma le privatizzazioni chi le fa? Non di certo la BCE, sono i governi, gli enti che decidono, in base ad un'ideologia mai dimostrata secondo cui privato è meglio.
Quindi sarei prudente nell'affermare che la BCE fa gli interessi del capitalismo finanziario (per usare un termini obsoleto).
Secondo il Rapporto Sapir, che è il documento più inmportante, dopo i trattati per capire le idee della UE, la crescita si deve basare sull'aumento della produttività e quindi all'innovazione (tecnologica, organizzativa ecc).

Aggiungo anche che dovremmo rallegrarci se la BCE non segue la FED...

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.