Inflazione e oneri finanziari
ho sbirciato nel seguente documento http://www.istat.it/salastampa/comunica ... ra2006.pdf per capire se il paniere utilizzato dall'ISTAT per il calcolo dell'indice dei prezzi al consumo rileva gli oneri finanziari (per esempio la quota in conto interessi di una rata di mutuo contratto per l'acquisto della casa), che sappiamo essere una voce non trascurabile dei costi di molte famiglie. Io non l'ho trovato. C'è qualcuno che sa illuminarmi in merito?
Vi spiego l'origine della mia curiosità. Sappiamo come le banche centrali, in particolare la BCE, siano ossessionate dal contenimento dell'inflazione, al punto tale che pur di limitarla sarebbero capaci (così mi sembra, nella mia visione naive dell'economia) di mandare a tappeto le famiglie e le aziende (tanto che mi chiedo chi dovrebbe beneficiarne poi). La leva d'elezione che usano è il tasso di sconto. Poiché a me sembra che un aumento del tasso di sconto ricada direttamente addosso alle famiglie che si sono accollate un mutuo a tasso variabile, e di quelle che stanno per contrarre un nuovo mutuo, m'è venuto il sospetto che l'indice dei prezzi al consumo non rilevi questa importante voce di costo. Sto farneticando, o c'è qualcosa da dire su questo tema?
Vi spiego l'origine della mia curiosità. Sappiamo come le banche centrali, in particolare la BCE, siano ossessionate dal contenimento dell'inflazione, al punto tale che pur di limitarla sarebbero capaci (così mi sembra, nella mia visione naive dell'economia) di mandare a tappeto le famiglie e le aziende (tanto che mi chiedo chi dovrebbe beneficiarne poi). La leva d'elezione che usano è il tasso di sconto. Poiché a me sembra che un aumento del tasso di sconto ricada direttamente addosso alle famiglie che si sono accollate un mutuo a tasso variabile, e di quelle che stanno per contrarre un nuovo mutuo, m'è venuto il sospetto che l'indice dei prezzi al consumo non rilevi questa importante voce di costo. Sto farneticando, o c'è qualcosa da dire su questo tema?
Risposte
"Kinder":
A questo punto si possono ricapitolare le acquisizione cui siamo pervenuti grazie ai vostri contributi:
1) il trattato che adotta una costituzione europea stabilisce: (...)
Leggo solo ora questo passaggio, do per scontato che voi sappiate che il trattato sulla costituzione europea non è una fonte di diritto, ciò vuol dire che vi è un accordo su un testo , ma che quest'ultimo non è stato ratificato dai singoli stati (ricordate il referendum in Francia e Olanda?).
"Kinder":
Un trattato del genere dovrebbe puntare maggiormente ad obiettivi di più largo respiro quali il benessere economico, lo sviluppo, l'occupazione e cose simili.
Per questo vedi il trattato CE, ma sopratutto i primi articoli del trattato UE.
Ancora una volta: distinguiamo gli organi tecnici dagli organi politici della UE.
L'organo politico in assoluto è il Consiglio d'Europa. Un ruolo politico rilevante lo ha la Commissione perchè costruisce l'agenda politica dell'Unione.
Un po' complesso da capire perchè il funzionamneto della UE somiglia poco al funzionamento degli stati democratici che la compongono.
La BCE è solo un'organo tecnico, non persegue obbiettivi politici e la sua esistenza e funzioni sono legittimate da un trattato internazionale, quindi per modificarne gli orientamenti ed obbiettivi è necessario un nuovo trattato internazionale oppure una riforma di quelli già esistenti.
Vedo che la mia regressione non riscuote molto successo, poverina...
La risposta definitiva è che la BCE, come altre banche centrali, non tiene conto (direttamente) dei costi dei mutui per motivi tautologici. Ne tiene conto indirettamente, dal momento che questi maggiori costi possono andare ad impattare i consumi, e quindi il livello generale dei prezzi, ma non direttamente.
Grazie al "mio" (prezioso
) contributo, ora sappiamo anche quali sono le variabili a cui la BCE guarda con più attenzioe.
Ora sepete anche voi perchè per gli economisti sono più importanti gli indici di prezzo industriali che al consumo.
Ringrazio infine l'amico Injava per le sue precisazioni sul diritto comunitario.
La risposta definitiva è che la BCE, come altre banche centrali, non tiene conto (direttamente) dei costi dei mutui per motivi tautologici. Ne tiene conto indirettamente, dal momento che questi maggiori costi possono andare ad impattare i consumi, e quindi il livello generale dei prezzi, ma non direttamente.
Grazie al "mio" (prezioso

Ora sepete anche voi perchè per gli economisti sono più importanti gli indici di prezzo industriali che al consumo.
Ringrazio infine l'amico Injava per le sue precisazioni sul diritto comunitario.
"SnakePlinsky":
Vedo che la mia regressione non riscuote molto successo, poverina...
No, tutt'altro. Anzi, scusami se non ti ho dato subito un feedback. Il risultato è interessante, e meriterebbe qualche ulteriore considerazione. Appena posso ci torno su.
@Injava
mi è ormai chiaro che la BCE agisce coerentemente cogli obiettivi prioritari assegnatigli. Sono questi che mi lasciano dubbioso. L'analisi comparativa colla FED consente anche di dedurre che la scelta operata dall'unione europea non è l'unica possibile; resta da vedere se è quella più consona agli interessi della stessa unione. Sicuramente è una scelta politica, e sarà l'esperienza sul lungo termine a dimostrare se è stata giusta oppure no. E' notizia di oggi che la FED ha ridotto il tasso di un ulteriore 0,5%, dopo il taglio di 0,75% della stettimana scorsa. E' una cura da cavallo, che probabilmente misura anche la percezione che hanno in USA della gravità della situazione economica. Io non credo che gli economisti americani non abbiano comprensione dell'inflazione e delle sue conseguenze. Probabilmente la vedono in maniera diversa, e forse le conseguenze delle insolvenze per i mutui sub-prime hanno raggiunto lì una portata che in Europa è ben lontana dal verificarsi.
@SnakePlinsky
Al punto 6 dici che "Quando la crescita è bassa la BCE dovrebbe aumentare i suoi tassi per favorire le imprese..." forse volevi dire ridurre. Tra l'altro, il coefficiente è positivo. Direi che la regressione mostra che la BCE agisce coerentemente col mandato, interpretandolo come limitato al controllo del prezzo di beni e servizi non includenti il credito. Rimango convinto che tale visione è parziale, soprattutto in una società in cui l'utilizzo del credito si va diffondendo nelle famiglie sempre più, anche nel settore dei beni di consumo e durevoli, diventando un prodotto familiare. Il non considerarlo poteva avere senso in un economia poco "finanziarizzata", nella quale la spesa delle famiglie si limitava all'acquisto di beni. Oggi non è così; i servizi occupano una porzione sempre più importante del budget, e con essi anche quelli finanziari. Facendo quattro conti si verifica facilmente quanto il budget di una famiglia indebitata sia impattato dal tasso di sconto. Ed a ciò si somma l'impatto grave sugli investimenti nelle imprese, inclusi quelli finalizzati all'innovazione tecnologica ed al miglioramento della produttività (richiamati da Injava).
Per concludere, dico che io non sono in grado di affermare come è meglio fare, perché non sono un economista. In questi casi adotto la regola secondo cui è meglio osservare come fanno gli altri che ci capiscono. Gli americani sono la prima potenza economica mondiale, ed infatti privilegiano la crescita. Non sarà mica un caso?
mi è ormai chiaro che la BCE agisce coerentemente cogli obiettivi prioritari assegnatigli. Sono questi che mi lasciano dubbioso. L'analisi comparativa colla FED consente anche di dedurre che la scelta operata dall'unione europea non è l'unica possibile; resta da vedere se è quella più consona agli interessi della stessa unione. Sicuramente è una scelta politica, e sarà l'esperienza sul lungo termine a dimostrare se è stata giusta oppure no. E' notizia di oggi che la FED ha ridotto il tasso di un ulteriore 0,5%, dopo il taglio di 0,75% della stettimana scorsa. E' una cura da cavallo, che probabilmente misura anche la percezione che hanno in USA della gravità della situazione economica. Io non credo che gli economisti americani non abbiano comprensione dell'inflazione e delle sue conseguenze. Probabilmente la vedono in maniera diversa, e forse le conseguenze delle insolvenze per i mutui sub-prime hanno raggiunto lì una portata che in Europa è ben lontana dal verificarsi.
@SnakePlinsky
Al punto 6 dici che "Quando la crescita è bassa la BCE dovrebbe aumentare i suoi tassi per favorire le imprese..." forse volevi dire ridurre. Tra l'altro, il coefficiente è positivo. Direi che la regressione mostra che la BCE agisce coerentemente col mandato, interpretandolo come limitato al controllo del prezzo di beni e servizi non includenti il credito. Rimango convinto che tale visione è parziale, soprattutto in una società in cui l'utilizzo del credito si va diffondendo nelle famiglie sempre più, anche nel settore dei beni di consumo e durevoli, diventando un prodotto familiare. Il non considerarlo poteva avere senso in un economia poco "finanziarizzata", nella quale la spesa delle famiglie si limitava all'acquisto di beni. Oggi non è così; i servizi occupano una porzione sempre più importante del budget, e con essi anche quelli finanziari. Facendo quattro conti si verifica facilmente quanto il budget di una famiglia indebitata sia impattato dal tasso di sconto. Ed a ciò si somma l'impatto grave sugli investimenti nelle imprese, inclusi quelli finalizzati all'innovazione tecnologica ed al miglioramento della produttività (richiamati da Injava).
Per concludere, dico che io non sono in grado di affermare come è meglio fare, perché non sono un economista. In questi casi adotto la regola secondo cui è meglio osservare come fanno gli altri che ci capiscono. Gli americani sono la prima potenza economica mondiale, ed infatti privilegiano la crescita. Non sarà mica un caso?
Ricordiamo anche che oltre la crisi di liquidità americana si aggiunge ad una situazione strutturale che differisce profondamente dalla situazione europea.
La bilancia dei pagamenti USA è gravemente in negativo e la politica della Fed serve a sostenere le esportazioni e scoraggiare le importazioni.
L'Europa non ha problemi di questo tipo. Ha invece il problema energetico perchè importa gran parte dell'energia consumata: la moneta forte aiuta sicuramente a comprare energia.
Ricordo che lessi una doppia intervista, ad un imprenditore del settore siderurgico ed a un imprenditore del settore tessile.
Ambedue italiani, inutile dire che hanno espresso visioni completamente diverse sulla politica monetaria della BCE.
In conclusione mi sembra sempre sbagliato dire che una politica aiuti o meno le imprese. Questo lo si sente spesso dire per varie misure che adottano i governi.
Ci sono settori che ci guadagnano ed altri che ci perdono, questo è giusto dirlo.
Altra conclusione che mi permetto di fare dal mio piccolo: gli USA non risolveranno i loro problemi strutturali grazie a bassi tassi di interesse.
Il problema principale è che gli americani vivono al di sopra delle proprie possibilità, in sostanza consumano di più di quello che producono e mi sembra che non serva essere economisti per capire che alla lunga questo comportamento sia insostenibile.
Molti storici ed osservatori politici descrivono così il nuovo equilibrio fra USA e Cina: gli Usa sono molto indebitati con la Cina che posiedono ingenti riserve in dollari, la Cina esporta molto in Usa. La Cina ha interesse che gli Usa continuino ad essere una società consumistica allo scopo di sostenere le proprie esportazioni. Gli Usa hanno interesse a continuare ad essere una società consumistica per non indurre la Cina a presentagli il conto, almeno nel breve periodo.
Non so se sono riuscito a spiegare bene la situazione, però questo può essere la base per spiegare il cmportamento della Fed: migliorare la bilancia dei pagamenti, ridurre il peso della riserve in dollari all'estero ed allo stesso tempo favorire i consumi in modo che l'equilibrio Asia-America si mantenga almeno per il momento.
Come ha dichiarato di recente Almunia l'economia europea è più solida i quella americana e che la crisi dei mutui è stato solo un colpo di vento, se qui lo abbiamo visto solo dal punto di vista finanziario lì è un problema reale: è in america che le famiglie non riescono più a pagare i mutui e non qui (...non mi aggredisca chi sta pagando un mutuo!).
La bilancia dei pagamenti USA è gravemente in negativo e la politica della Fed serve a sostenere le esportazioni e scoraggiare le importazioni.
L'Europa non ha problemi di questo tipo. Ha invece il problema energetico perchè importa gran parte dell'energia consumata: la moneta forte aiuta sicuramente a comprare energia.
Ricordo che lessi una doppia intervista, ad un imprenditore del settore siderurgico ed a un imprenditore del settore tessile.
Ambedue italiani, inutile dire che hanno espresso visioni completamente diverse sulla politica monetaria della BCE.
In conclusione mi sembra sempre sbagliato dire che una politica aiuti o meno le imprese. Questo lo si sente spesso dire per varie misure che adottano i governi.
Ci sono settori che ci guadagnano ed altri che ci perdono, questo è giusto dirlo.
Altra conclusione che mi permetto di fare dal mio piccolo: gli USA non risolveranno i loro problemi strutturali grazie a bassi tassi di interesse.
Il problema principale è che gli americani vivono al di sopra delle proprie possibilità, in sostanza consumano di più di quello che producono e mi sembra che non serva essere economisti per capire che alla lunga questo comportamento sia insostenibile.
Molti storici ed osservatori politici descrivono così il nuovo equilibrio fra USA e Cina: gli Usa sono molto indebitati con la Cina che posiedono ingenti riserve in dollari, la Cina esporta molto in Usa. La Cina ha interesse che gli Usa continuino ad essere una società consumistica allo scopo di sostenere le proprie esportazioni. Gli Usa hanno interesse a continuare ad essere una società consumistica per non indurre la Cina a presentagli il conto, almeno nel breve periodo.
Non so se sono riuscito a spiegare bene la situazione, però questo può essere la base per spiegare il cmportamento della Fed: migliorare la bilancia dei pagamenti, ridurre il peso della riserve in dollari all'estero ed allo stesso tempo favorire i consumi in modo che l'equilibrio Asia-America si mantenga almeno per il momento.
Come ha dichiarato di recente Almunia l'economia europea è più solida i quella americana e che la crisi dei mutui è stato solo un colpo di vento, se qui lo abbiamo visto solo dal punto di vista finanziario lì è un problema reale: è in america che le famiglie non riescono più a pagare i mutui e non qui (...non mi aggredisca chi sta pagando un mutuo!).
"Kinder":
Al punto 6 dici che "Quando la crescita è bassa la BCE dovrebbe aumentare i suoi tassi per favorire le imprese..." forse volevi dire ridurre.
Si esattamente quello che voleva dire il mio Prof (io ho fatto solo un copia incolla

Per concludere, dico che io non sono in grado di affermare come è meglio fare, perché non sono un economista. In questi casi adotto la regola secondo cui è meglio osservare come fanno gli altri che ci capiscono. Gli americani sono la prima potenza economica mondiale, ed infatti privilegiano la crescita. Non sarà mica un caso?
Parole sante. Io lo ripeto sempre: gli USA sono avanti '20 anni sul resto del mondo. Negli USA il primo criterio è la resa. A tutti i livelli.
"Injava":
Molti storici ed osservatori politici descrivono così il nuovo equilibrio fra USA e Cina: gli Usa sono molto indebitati con la Cina che posiedono ingenti riserve in dollari, la Cina esporta molto in Usa. La Cina ha interesse che gli Usa continuino ad essere una società consumistica allo scopo di sostenere le proprie esportazioni. Gli Usa hanno interesse a continuare ad essere una società consumistica per non indurre la Cina a presentagli il conto, almeno nel breve periodo.
Non so se sono riuscito a spiegare bene la situazione, però questo può essere la base per spiegare il cmportamento della Fed: migliorare la bilancia dei pagamenti, ridurre il peso della riserve in dollari all'estero ed allo stesso tempo favorire i consumi in modo che l'equilibrio Asia-America si mantenga almeno per il momento.
La prima parte è vera e si conosce da tempo (rapporto USA Cina), la seconda è un interpretazione errata.
2 cose:
1) Agli Usa non importa più di tanto la bilancia commerciale, a loro interessa la crescita. Per loro la crescita è un idolo, a cui sacrificano tutto: Kioto, 125 basis point (1,25%) di tassi di interesse in meno di un mese, etc.
1) Gli USA non vogliono affatto che gli altri paesi riducano le riserve in dollari, anzi.
Se sei(siete) interessato(i) a temi illuminanti, fai(fate) una piccola ricerca sul "signoraggio mondiale" e il tema del petrodollaro. Vi si aprirà il mondo davanti. In poche parole posso riassumerlo io.
Il fatto è questo: se tutti (maggiori banche centrali) hanno la maggior parte delle riserve in dollari, come accade ora, il dollaro è una specie di "unità di conto mondiale": questo permette a chi ha in mano la stampante dei dollari, di poter comprare qualsiasi cosa semplicemente premendo "invio". Per questo gli Usa hanno un disavanzo commerciale spaventoso. Dirai: "gli altri sono tutti fessi?" No, perchè il dollaro è la valuta di riferimenti mica per caso, ma perchè il petrolio in ogni parte del mondo (tranne iraq prima dell'invasione e forse iran tra breve) è quotato e pagato in dollari.
Qui si inserisce il patto di ferro con l'Arabia Saudita. Ma nel mondo arabo mica a tutti piace fare i sudditi di una dittatura monarchica, o esserne schiavi. Ecco che Israele serve come caprio espiatorio per le piazze arabe. Ma dall'altro lato, con le sue bombe atomiche e il suo patto d'acciaio con gli USA, serve anche da minaccia continua a chi in quella regione potrebbe aver voglia di "fare il furbo": un esempio la missione Opera su Saddam prima della 1a guerra del golfo e le continue minaccie di un raid sull'Iran oggi.
Ma come ha detto Sergio in un messaggio precedente, "chi è gli USA?". Al subprimer pignorato o al barbone cacciato dall'ospedale poco importa del petrolio. No, gli USA nel mio discorso sono il grande capitale di quel complesso militare industriale, cui Eisenhower mise in guardia tempo addietro, gruppo di potere oggi fortemente colluso con la lobby petrolifera (guardate di che si occupa la famiglia Bush e chi sono i sauditi con partecipazioni rilevanti nelle società di famiglia).
Ho semplificato e esagerato un pò, ma il succo è questo. E a me non piacciono le dietrologie, ma nemmeno ieri sono nato.
Un saluto
"Sergio":
"Lobby petrolifera" mi pare corretto ma insufficiente. Corretto perché non solo Bush, ma anche altri importanti esponenti dei suoi governi vengono dal petrolio (ad esempio, Condoleeza Rice viene dalla Chevron).
Insufficiente perché... andiamo per gradi.
"Petrolio", negli States, aveva un solo nome fino al 1911: Standard Oil.
Spezzettata a seguito dello Sherman Antitrust Act del 1890, si è ramificata in Exxon e Mobil (diventate ExxonMobil nel 1998), Chevron (che ha incorporato la Texaco nel 2001 e la Unocal nel 2005), Conoco, ecc. Tra gli "ecc." Amoco e Sohio, poi confluite nella BP (British Petroleum; sarà un caso che USA e UK hanno posizioni molto simili in politica estera?).
Standard Oil vuol dire David Rockefeller, ma David Rockefeller non vuol dire solo petrolio. Vuol dire anche JPMorgan Chase, nata dalla Chase National Bank (di cui D.R. fu dirigente mentre il presidente era lo zio Winthrop Aldrich), dalla Chase Manhattan (guidata da D.R. negli anni '70 e '80) e dalla J.P. Morgan (incorporata nel 2000). Chi è il principale "concorrente"? Citibank, guidata da James Stillman Rockefeller (cugino di David) negli anni 1952-67.
Quindi a "petrolifera" va aggiunto "-finanziaria" (i detentori di quella "grande quantità di denaro" di cui parla Paolo Palazzi).
Ma Rockefeller non vuol dire solo petrolio e finanza, perché non serve a molto avere interessi che non si traducano in decisioni politiche.
E così Rockefeller vuol dire anche Council on Foreign Relations; l'elenco dei suoi membri mostra ottimi rapporti con il petrolio (Chevron, ExxonMobil, Shell, Total), con la finanza (JPMorgan Chase e Citicorp, Bank of America e Deutsche Bank, Goldman Sachs e Merrill Lynch) e con la politica (Michael Bloomberg, Zbigniew Brzezinski, Dick Cheney, Bill Clinton, Robert Gates, Henry Kissinger, John Negroponte, Colin Powell, Condoleezza Rice, ecc.). Aggiungiamo pure Paul Volcker e Alan Greenspan? Magari anche James Wolfensohn e Paul Wolfowitz?
Il CFR era controllato prima dalla JPMorgan, poi e ora dai Rockefeller (e intanto JPMorgan e Chase sono diventate una cosa sola).
Attenzione però. Sarebbe sbagliato dire "questi sono gli USA". "Questi", in realtà, sono un gruppo di potere transnazionale (il petrolio, e ancor più la finanza, non amano i confini).
Ho già ricordato la connessione Amoco & Sohio - BP e i soci non-USA del CFR.
Il CFR ha avuto un ruolo non marginale nella definizione del Piano Marshall e nella costituzione della NATO.
Nel '65 Rockefeller ha fondato con altri il "Council of the Americas", che ha contribuito al NAFTA, nel 1992 ha proposto quella che poi è diventata la FTAA (influente il ragazzo...) ed ha partecipato al "Russian-American Bankers Forum" che doveva guidare la modernizzazione del sistema bancario russo. Jimmy Carter gli propose la presidenza della FED, ma rifiutò suggerendo Volcker (consiglio accettato).
È stato a lungo presidente del Gruppo Bilderberg (quello contro cui punta il dito la Padania) e ha fondato nel 1973, mentre era presidente del CFR, la Trilaterale. Organizzazioni "strane", soprattutto la prima [1], ma chiaramente ispirate ad una visione transnazionale.
Non sono riuscito a finire la lettura di Impero, di Hardt e Tronti (troppo filosofico per i miei gusti), ma su una cosa mi pare abbiano ragione: se oggi c'è un "impero", non coincide più col vecchio "imperialismo" (che aveva basi nazionali), ma è "un apparato di potere decentrato e deterritorializzante".
__________________________
[1] L'aura di segreto che la circonda (e di cui Rockefeller ha espressamente ringraziato la stampa nel '91) ha fatto nascere interpretazioni cabalistiche tanto divertenti quanto poco credibili (interessante, al riguardo, la citazione dall'autobiografia di Rockefeller che si legge qui). Eppure ci sono strane coincidenze. Cominciamo, ad esempio, dalla costituzione, avvenuta per iniziativa, tra gli altri, di Bernardo d'Olanda, che è stato presidente del Gruppo fino al 1976, quando venne travolto dallo scandalo Lockheed.
Che c'entra l'Olanda? Be', se guardiamo le supermajor, le sei regine dell'energia, troviamo anche la Royal Dutch Shell.
Se si accettano le liste dei partecipanti alle riunioni (raramente ufficiali), troviamo tra questi presidenti, vice-presidenti e segretari di stato americani, presidenti e primi ministri francesi, primi ministri inglesi, anche i nostri Prodi (indicato come membro dello Steering Committee del Gruppo negli anni '80), Cossiga, Veltroni, De Michelis, Tremonti, Siniscalco, Padoa-Schioppa, Mario Draghi. Lungo anche l'elenco dei commissari europei: Almunia, Emma Bonino, Mario Monti (indicato come membro dello Steering Comittee), Prodi, Barroso e altri, perfino Delors. Anche quel Renato Ruggiero che è stato Direttore Generale del WTO e che Gianni Agnelli propose a Berlusconi come ministro degli esteri. Nonché Wolfensohn (Banca Mondiale), Volcker e Greenspan (FED), Trichet (BCE), King (Banca d'Inghilterra). Come dice la Padania, sembra quasi che si debba "passare dal Bilderberg" per fare carriera.
Se si accettano solo le date delle riunioni, si nota che dal 1977 ad oggi il Gruppo si riunisce, in media, poco meno di un mese prima del G7/G8 (la media è 26 giorni prima). Una coincidenza?





L'unica cosa che posso aggiungere al lettore impressionabile che per caso capitasse qui è di non trarre la conclusione semplicistica della "lobby nascosta internazionale che comanda tutto", perchè il discorso non è così semplice.
Un saluto e grazie a Sergio del prezioso contributo.
"Snake":
La prima parte è vera e si conosce da tempo (rapporto USA Cina), la seconda è un interpretazione errata.
2 cose:
1) Agli Usa non importa più di tanto la bilancia commerciale, a loro interessa la crescita. Per loro la crescita è un idolo, a cui sacrificano tutto: Kioto, 125 basis point (1,25%) di tassi di interesse in meno di un mese, etc.
2) Gli USA non vogliono affatto che gli altri paesi riducano le riserve in dollari, anzi.
Per il secondo punto mi riferivo al potere di acquisto di queste riserve che inevitabilmente si riducono, poi è un dato di fatto che nella quota di riserve mondiali l'euro abbia guadagnato terreno a discapito del dollaro anche se la differenza resta comunque alta.
Inoltre essere moneta di riserva è un rischio: se la Cina dovesse decidere di modificare il prorpio paniere di riserva provocherebbe un terremoto nell'economia statunitense, però, per quanto detto sopra non farà fallire il suo miglior cliente.
Ma cosa succederà quando in Cina i consumi interni saranno sufficientemente alti da potersi permettere di scaricare gli Usa?
Sul primo punto non sono d'accordo per nulla, a parte che crescita e bilancia commerciale sono strettamente correlate.
Il debito estero si sostiene sulle aspettative reali di un economia. Quindi quello che conta è quanto gli Usa riescano a produrre in futuro perchè i paesi creditori vogliono in cambio merci, non dollari.
Poi distinguiamo la funzione di riserva dalla funzione di moneta di scambio. Non è affatto obbligatorio scambiare materie prime in dollari, questa è una consuetudine, ma nessuno ci guadagna niente scaambiando in dollari piuttosto che in euro (a parte la Fed). Quindi non è scitto da nessuna parte che le cose non possano cambiare, daltronde è già successo con la sterlina all'alba della prima guerra mondiale.
Qualcuno obbietterà che il dollaro ha avuto crisi ben peggiori di questa e che le ha sempre risolte, ma a rischio di essere ripetitivo, la differenza col passato è che questa volta ci sono deii problemi strutturali seri: quanto sarà in grado di crescere ancora l'Amerca? Asia, Europa e America sono ormai tre competitori alla pari.
"Injava":
Ma cosa succederà quando in Cina i consumi interni saranno sufficientemente alti da potersi permettere di scaricare gli Usa?
Sul primo punto non sono d'accordo per nulla, a parte che crescita e bilancia commerciale sono strettamente correlate.
Il debito estero si sostiene sulle aspettative reali di un economia. Quindi quello che conta è quanto gli Usa riescano a produrre in futuro perchè i paesi creditori vogliono in cambio merci, non dollari.
Poi distinguiamo la funzione di riserva dalla funzione di moneta di scambio. Non è affatto obbligatorio scambiare materie prime in dollari, questa è una consuetudine, ma nessuno ci guadagna niente scaambiando in dollari piuttosto che in euro (a parte la Fed). Quindi non è scitto da nessuna parte che le cose non possano cambiare, daltronde è già successo con la sterlina all'alba della prima guerra mondiale.
1) Vero quell che dici, ma previsioni sil lungo termine non è mestiere dell'economista serio. LA situazione della cina tra 10-20 è fuori dal campo delle previsioni quantitative.
2) La credibilità di un debito si sostiene sulla capacità di ripagare: che il debitore ripaghi tramite duro lavoro o rapina, al creditore teoricamente nulla importa.
Certo che i debitori vogliono beni e non carta (dollari), distinguiamo se vogliamo la funzione di riserva [di valore] e di moneta di scambio. A questo punto ti chiedo: l'euro, il dollaro, la sterlina hanno un valor reale? sono convertibili in oro? No, hanno valore all'interno dello stato in quanto a corso forzoso, sono cioè monete garantite dall'imperio statale (monopolio della forza di coercizione, ma penso che Weber lo conosca tu meglio di me).
Similmente avviene questo a livello planetario: il dominio militare degli USA garantisce la forza del dollaro (l'ho buttata in modo semplicistico ovviamente).
"Non è affatto obbligatorio scambiare materie prime in dollari" purtroppo è vero l'esatto contrario: la regina delle materie prime, il petrolio, è scambiata in dollari. Il famoso "petrodollaro". Se vuoi petrolio (chi è che vive senza?) devi avere dollari. Gli arabi vendono in dollari e con quei dollari investono negli usa, creando così commistioni di potere "dubbie". "Cui prodest" l'11 settembre?
Leggi in quest'ottica:
Fai il furbo? Ecco la punizione: Mattei, Iraq, Iran...
Hai altri problemi a cui pensare per cui ti adatti aspettando il momento opportuno per fare le scarpe al Boss? Cina (la cui quasi totalità di riserve valutarie è in dollari)
Ti lamenti ma sotto sotto conviene anche a te? Russia (->Cecenia)
Vorresti presentarti come alternativa, senza troppo impegno

E altri casi in corso di svolgimento (un simpatico sudamericano che chiama Bush "el diablo", Africa...).
La metafora banale è questa: quando comandi una nazione imponi la tua moneta, quando comandi il mondo fai lo stesso.
Mi scuso come al solito per la messa a prosa delle mie opinioni in versione "for kids"
