Triangolarizzazione con polinomio minimo
Tutte le matrici con polinomio minimo $(x-1)(x+1)^2$ sono triangolarizzabili in $RR$.
Vorrei sapere se questa spiegazione che ho dato è esaustiva:
Noi sappiamo che il polinomio minimo è invariante per estensione di campo, quindi se passo da $RR$ a $CC$ il polinomio minimo rimane uguale. Ora sappiamo che il polinomio minimo ha come radici gli autovalori, quindi $pm1$ sono gli autovalori. Siccome $CC$ è un campo algebricamente chiuso il polinomio caratteristico ha tutte le radici nel campo complesso, da cui non posso avere altri fattori del tipo $(x-λ)$ poiché sennò questi dovrebbero comparire anche nel polinomio minimo con una certa potenza maggiore uguale di $1$. Deduco che gli unici fattori del polinomio caratteristico sono $(x-1)$ e $(x+1)$, ma allora il polinomio caratteristico ha tutte le radici nel campo reale quindi è triangolarizzabile.
Vorrei sapere se questa spiegazione che ho dato è esaustiva:
Noi sappiamo che il polinomio minimo è invariante per estensione di campo, quindi se passo da $RR$ a $CC$ il polinomio minimo rimane uguale. Ora sappiamo che il polinomio minimo ha come radici gli autovalori, quindi $pm1$ sono gli autovalori. Siccome $CC$ è un campo algebricamente chiuso il polinomio caratteristico ha tutte le radici nel campo complesso, da cui non posso avere altri fattori del tipo $(x-λ)$ poiché sennò questi dovrebbero comparire anche nel polinomio minimo con una certa potenza maggiore uguale di $1$. Deduco che gli unici fattori del polinomio caratteristico sono $(x-1)$ e $(x+1)$, ma allora il polinomio caratteristico ha tutte le radici nel campo reale quindi è triangolarizzabile.
Risposte
E' sufficiente osservare che una matrice a coefficienti in $K$ è triangolarizzabile se e solo se il suo polinomio caratteristico ha tutte le radici in $K$, no?
"megas_archon":
E' sufficiente osservare che una matrice a coefficienti in $K$ è triangolarizzabile se e solo se il suo polinomio caratteristico ha tutte le radici in $K$, no?
Infatti è quello che ho usato nella dimostrazione. Io partendo dal polinomio minimo a priori non potevo dire che il polinomio caratteristico aveva tutte le radici nel campo reale, l ho dovuto dimostrare.
"andreadel1988":
Infatti è quello che ho usato nella dimostrazione. Io partendo dal polinomio minimo a priori non potevo dire che il polinomio caratteristico aveva tutte le radici nel campo reale, l ho dovuto dimostrare.
Veramente questa cosa è falsa... il polinomio minimo è un divisore del polinomio caratteristico, con cui condivide le radici.
Dunque, se il polinomio caratteristico è completamente fattorizzabile nel campo, lo deve essere anche il polinomio minimo, essendo un suo divisore.
Ovvero, detti $p(\lambda)$ e $\mu(\lambda)$ rispettivamente il polinomio caratteristico e minimo di una certa matrice quadrata $A$ a coefficienti nel campo $\mathbb(K)$, si ha che:
$p(\lambda)=\mu(\lambda)\cdot f(\lambda) $
dove $f(\lambda)$ è un altro polinomio a coefficienti sempre nel campo $\mathbb(K)$.
Dunque, se il polinomio caratteristico è completamente fattorizzabile nel campo, vuol dire che posso scrivere:
$p(\lambda)=a(\lambda-\alpha_1)\cdots\(\lambda-\alpha_m) $ dove: $a,\alpha_i\in\mathbb(K)$ (in questa scrittura, gli $\alpha_i$ possono ripetersi)
Dunque, uguagliando le due espressioni del polinomio caratteristico, ne segue che anche il polinomio minimo deve essere completamente fattorizzabile nel campo.
Ripeto: tutto è perché il polinomio minimo è un divisore del polinomio caratteristico.
Facciamo un esempio: mettiamoci su $\mathbb(R)$ e prendiamo il polinomio caratteristico $p(\lambda)=\lambda^2+1$.
Dato che tale polinomio non è fattorizzabile sui reali, ne segue che la matrice non è triangolabile sui reali.
Chi è un suo possibile polinomio minimo? deve essere un suo divisore e deve avere coefficienti nello stesso campo, dunque reali , per cui l'unica possibilità è $\mu(\lambda)=\lambda^2+1$
Non può essere che il polinomio minimo abbia un fattore del tipo $\lambda-i$, poiché altrimenti non avrebbe coefficienti reali, ma immaginari!
"andreadel1988":
sappiamo che il polinomio minimo è invariante per estensione di campo, dunque se passiamo da $\mathbb(R)$ a $\mathbb(C)$ il polinomio minimo non cambia
Falsissimo!! Il polinomio minimo dipende tantissimo dal campo in cui lavori!
Prendendo l'esempio di prima, una matrice con polinomio minimo $\mu(\lambda)=\lambda^2+1$ non è diagonalizzabile (né triangolabile) sui reali, mentre lo diventa se si passa ai complessi, in quanto il polinomio minimo sui complessi diventa $\mu(\lambda)=(\lambda-i)(\lambda+i)$
Edit: un altro modo velocissimo per risolvere l'esercizio (che sostanzialmente è ciò che hai fatto tu, ma con qualche riga in meno) è il seguente: dato che il polinomio minimo è un divisore del polinomio caratteristico con cui condivide tutte le radici, l'unica possibilità per il polinomio caratteristico è $p(\lambda)=(\lambda-1)^a\cdot(\lambda+1)^b$ con $a+b=n$ taglia della matrice.
Dunque, essendo il polinomio caratteristico completamente fattorizzabile su $\mathbb(R)$, ho la tesi.
"Lebesgue":
Falsissimo!! Il polinomio minimo dipende tantissimo dal campo in cui lavori!
Prendendo l'esempio di prima, una matrice con polinomio minimo $\mu(\lambda)=\lambda^2+1$ non è diagonalizzabile (né triangolabile) sui reali, mentre lo diventa se si passa ai complessi, in quanto il polinomio minimo sui complessi diventa $\mu(\lambda)=(\lambda-i)(\lambda+i)$
Infatti il polinomio minimo in $CC$ è $x^2+1$ e in $RR$ è uguale e solo che in $RR$ non lo puoi ridurre mentre in $CC$ si. Me l'hanno dimostrato i miei professori di geometria, credo sia strano abbiano sbagliato a dimostrare questa cosa...
"andreadel1988":
Infatti il polinomio minimo in $CC$ è $x^2+1$ e in $RR$ è uguale e solo che in $RR$ non lo puoi ridurre mentre in $CC$ si. Me l'hanno dimostrato i miei professori di geometria, credo sia strano abbiano sbagliato a dimostrare questa cosa...
Formalmente il polinomio è lo stesso, questo è vero, ma il punto chiave è che da una parte lo fattorizzi, dall'altra no.
Tutto il problema del determinare le forme di Jordan sta nel poter fattorizzare o meno il polinomio nel campo.
Siamo d'accordo che formalmente $x^2+1=(x-i)(x+i)$, però suppongo tu sia altrettanto d'accordo con me sul fatto che in realtà i due polinomi sono profondamente diversi, già solo per il fatto che hanno coefficienti in campi diversi, oltre al fatto che si fattorizzano in modo diverso.
"Lebesgue":
Formalmente il polinomio è lo stesso, questo è vero, ma il punto chiave è che da una parte lo fattorizzi, dall'altra no.
Tutto il problema del determinare le forme di Jordan sta nel poter fattorizzare o meno il polinomio nel campo.
Siamo d'accordo che formalmente $x^2+1=(x-i)(x+i)$, però suppongo tu sia altrettanto d'accordo con me sul fatto che in realtà i due polinomi sono profondamente diversi, già solo per il fatto che hanno coefficienti in campi diversi, oltre al fatto che si fattorizzano in modo diverso.
Si ma io nella dimostrazione sfrutto l'uguaglianza non il fatto che sia riducibile o meno, infatti in questo caso lo è sia in $RR$ che in $CC$, non mi sembra di aver violato qualcosa.
"Lebesgue":
Edit: un altro modo velocissimo per risolvere l'esercizio (che sostanzialmente è ciò che hai fatto tu, ma con qualche riga in meno) è il seguente: dato che il polinomio minimo è un divisore del polinomio caratteristico con cui condivide tutte le radici, l'unica possibilità per il polinomio caratteristico è $p(\lambda)=(\lambda-1)^a\cdot(\lambda+1)^b$
Come fai a dire con certezza che non ci sono altri fattori nel polinomio caratteristico che non stanno nel polinomio minimo? ad esempio potrebbero essere $ p=(x+1)(x^2+2)$ e $ q=(x+1)$ in campo reale? (p è il polinomio caratteristico e q è il polinomio minimo).
Io l'ho dimostrato come spiegato nel ragionamento mio, poi non so se c'è un altra dimostrazione alternativa.
"andreadel1988":
Come fai a dire con certezza che non ci sono altri fattori nel polinomio caratteristico che non stanno nel polinomio minimo? ad esempio potrebbero essere $ p=(x+1)(x^2+2)$ e $ q=(x+1)$ in campo reale? (p è il polinomio caratteristico e q è il polinomio minimo).
Io l'ho dimostrato come spiegato nel ragionamento mio, poi non so se c'è un altra dimostrazione alternativa.
Okay, credo di aver capito il tuo dubbio. Non so se hai studiato un po' di algebra (gruppi, anelli e campi), il punto chiave è che il polinomio minimo è il generatore di un ideale di polinomi, del quale fa parte anche il polinomio caratteristico, ed in particolare il polinomio minimo condivide con il polinomio caratteristico tutti i fattori irriducibili.
Detto in parole povere, se siamo su $\mathbb(R)$, il polinomio minimo deve contenere tutte le radici reali e anche complesse del polinomio caratteristico. Dunque devono apparire tutte le radici reali del polinomio caratteristico e tutti i fattori di grado 2 irriducibili.
Mi rendo conto però che se non sai questa cosa, effettivamente va dimostrata, hai ragione.
Errore mio nel darla per scontata (in quanto a mio tempo me la spiegarono in questi termini), chiedo venia.
"Lebesgue":Non so bene cosa vuoi dire, nell'ideale generato dal polinomio minimo ci sono polinomi che hanno fattori irriducibili anche molto diversi. Per esempio se $x^2+1$ è il polinomio minimo, nell'ideale che genera ci sta anche $(x^2+1)(x-1)$, che ha una radice in più.
Il polinomio minimo è il generatore di un ideale di polinomi, del quale fa parte anche il polinomio caratteristico, ed in particolare il polinomio minimo condivide con il polinomio caratteristico tutti i fattori irriducibili.
Il fatto che ogni autovalore di $A$ sia radice del polinomio minimo $P(x)$ è un fatto elementare, segue dalla definizione di polinomio minimo: siccome $P(A)=0$, se $Av=lambda v$ con $v ne 0$ possiamo dedurre che $0=P(A)v=P(lambda)v$ e quindi $P(lambda)=0$.
Poi siccome $P(x)$ divide il polinomio caratteristico, ogni sua radice è un autovalore di $A$. Quindi le radici di $P(x)$ sono esattamente gli autovalori di $A$.
"Lebesgue":
Okay, credo di aver capito il tuo dubbio. Non so se hai studiato un po' di algebra (gruppi, anelli e campi), il punto chiave è che il polinomio minimo è il generatore di un ideale di polinomi, del quale fa parte anche il polinomio caratteristico, ed in particolare il polinomio minimo condivide con il polinomio caratteristico tutti i fattori irriducibili.
Si, sapevo il fatto dell'ideale e tutto, ma in teoria un elemento dell'ideale può contenere anche un fattore che non appartiene al generatore, no? Dato che esso è un multiplo del generatore.
"Martino":
Non so bene cosa vuoi dire, nell'ideale generato dal polinomio minimo ci sono polinomi che hanno fattori irriducibili anche molto diversi. Per esempio se $x^2+1$ è il polinomio minimo, nell'ideale che genera ci sta anche $(x^2+1)(x-1)$, che ha una radice in più.
Il fatto che ogni autovalore di $A$ sia radice del polinomio minimo $P(x)$ è un fatto elementare, segue dalla definizione di polinomio minimo: siccome $P(A)=0$, se $Av=lambda v$ con $v ne 0$ possiamo dedurre che $0=P(A)v=P(lambda)v$ e quindi $P(lambda)=0$.
Poi siccome $P(x)$ divide il polinomio caratteristico, ogni sua radice è un autovalore di $A$. Quindi le radici di $P(x)$ sono esattamente gli autovalori di $A$.
Si, infatti io ho ragionato diciamo per i fattori del polinomio caratteristico che non stanno nel campo reale. Non so se hai visto quello che ho scritto se hai qualche cosa da corregermi.
"andreadel1988":E' giusto quello che hai detto, d'altra parte se sai che
Si, infatti io ho ragionato diciamo per i fattori del polinomio caratteristico che non stanno nel campo reale. Non so se hai visto quello che ho scritto se hai qualche cosa da corregermi.
1. le radici del polinomio minimo sono esattamente gli autovalori,
2. una matrice con tutti gli autovalori in un campo $K$ è triangolarizzabile su $K$,
allora l'esercizio diventa essenzialmente banale.
"Martino":
1. le radici del polinomio minimo sono esattamente gli autovalori,
2. una matrice con tutti gli autovalori in un campo $K$ è triangolarizzabile su $K$,
allora l'esercizio diventa essenzialmente banale.
Perché io sapevo che se il polinomio caratteristico ha tutte le radici in $K$ allora è triangolarizzabile, ma effettivamente pensandoci le radici del polinomio caratteristico sono gli autovalori.
Potresti provare a contare le matrici $n xx n$ con polinomio minimo $(x-1)(x+1)^2$ a meno di similitudine. Se il caso generale è troppo difficile puoi fare i casi $n=4,5,6,7$.
"Martino":
Potresti provare a contare le matrici $n xx n$ con polinomio minimo $(x-1)(x+1)^2$ a meno di similitudine. Se il caso generale è troppo difficile puoi fare i casi $n=4,5,6,7$.
Prendiamo una matrice di ordine $n$ il cui polinomio minimo è $(x-1)(x+1)^2$. Chiamata $n_1$ e $n_2$ la molteplicità algebrica rispettivamente dell'autovalore $-1$ e $1$ si ha che il polinomio caratteristico è $(x+1)^(n_1)(x-1)^(n_2)$. La forma di Jordan corrispondente sarà quindi del tipo:

Si deduce subito che $n_1>=2$, quindi abbiamo in totale $n-2$ coppie $(n_1,n_2)$ e quindi $n-2$ matrici $n xx n$ con polinomio minimo $(x-1)(x+1)^2$ a meno di similitudine.
Beh però potresti avere più di un blocco di Jordan $2 xx 2$.
"Martino":
Beh però potresti avere più di un blocco di Jordan $2 xx 2$.
Ah si giusto allora chiamato $k$ il numero di blocchi di Jordan $2 xx 2$ in totale abbiamo $n-2k$ matrici.
Ah si giusto allora chiamato $k$ il numero di blocchi di Jordan $2 xx 2$ in totale abbiamo $n-2k$ matrici.No.
"Martino":
No.
A tu dici in totale? ovvero sommando tutti $n-2k$ con $k
"Martino":La risposta deve ovviamente dipendere solo da $n$.
Potresti provare a contare le matrici $n xx n$ con polinomio minimo $(x-1)(x+1)^2$ a meno di similitudine.
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