Tensori e prodotto tensore
Salve a tutti ragazzi, tra un esame e l'altro per rilassarmi continuo la mia esplorazione delle geometria differenziale. Ho qualche dubbio che provo a esporvi.
Da quel che ho capito finora, una possibile definizione moderna di tensore è la seguente:
Fino a qui, quasi, tutto ok. "Quasi" perché non so come immaginarmi un tensore di tipo $(0,l)$... Ma già qui si entra nel delirio di isomorfismi di tutti i tipi, e mi perdo. Fino a queste relazioni ci arrivo:
\[T^1(V) = V^*,\quad T_1(V) = V^{**} \cong V, \quad T^1_1(V) \cong \mathrm{Hom}(V,V)\]
Ma oltre faccio fatica.
Diciamo che forse non riesco ad accettare il fatto che isomorfi significhi, in qualche misura, uguali.
Finora non si è parlato del prodotto tensore. A cosa può "servire" in quest'ambito?
Provo a rispondermi. Innanzi tutto il prodotto tensore trova un modo per costruire lo spazio \(T^k_l(V)\) come prodotto di altri spazi, ovvero:
\[T^k_l(V) \cong \underbrace{V \otimes \dots \otimes V}_{l \ \text{volte}} \otimes \underbrace{V^* \otimes \dots \otimes V^*}_{k \ \text{volte}} \]
trasformando, in un opportuno senso, le applicazioni multilineari in applicazioni lineari su di un opportuno spazio vettoriale.
La parte invece che non comprendo è l'aspetto pratico del calcolo con questo nuovo prodotto.
In pratica, una scrittura del tipo:
\[g= \phi\otimes \psi \quad \phi, \psi \in V^*\]
la riesco ancora a comprendere, è un applicazione bilineare. Una cosa del genere no:
\[h = u \otimes v \quad u,v \in V\]
Cos'è? Certo un tensore $(0,2)$, ma quindi?
Per non parlare di questo:
\[m = \phi\otimes v \quad \phi \in V^*, \ v \in V\]
Insomma, nella pratica del calcolo come tratto i prodotti tensore? Come posso esplicitarli?
Come se non bastasse leggo la definizione di prodotto tensore data dal testo di meccanica dei continui in $RR^3$ che mi destabilizza ancor di più:
Ci devo ancora ragionare su, ma questo non assomiglia affatto al prodotto tensore astratto definito in precedenza...
Forse c'è di mezzo il fatto che in questo caso specifico vale \((\mathbb{R}^3)^* \cong \mathbb{R}^3\) e quindi non si distingue tra vettori e covettori.
Il prodotto in questo caso è una roba del genere: \(\otimes : \mathbb{R}^3 \times \mathbb{R}^3 \to \mathrm{End}(\mathbb{R}^3)\)
Ho le idee molto confuse.
Vi ringrazio anticipatamente
EDIT: Ho ripulito un po' il post
Da quel che ho capito finora, una possibile definizione moderna di tensore è la seguente:
Definizione Sia $V$ uno spazio vettoriale di dimensione finita sul campo \(\mathbb{K}\). Un tensore di covariante di ordine $k$ e controvariante di ordine $l$, o più sinteticamente di tipo $(k,l)$, è un'applicazione multilineare
\[F: \underbrace{V^* \times \dots \times V^*}_{l \ \text{volte}} \times \underbrace{V \times \dots \times V}_{k \ \text{volte}} \to \mathbb{K}\]
Indichiamo con \(T^k_l(V)\) lo spazio dei tensori di tipo $(k,l)$.
Fino a qui, quasi, tutto ok. "Quasi" perché non so come immaginarmi un tensore di tipo $(0,l)$... Ma già qui si entra nel delirio di isomorfismi di tutti i tipi, e mi perdo. Fino a queste relazioni ci arrivo:
\[T^1(V) = V^*,\quad T_1(V) = V^{**} \cong V, \quad T^1_1(V) \cong \mathrm{Hom}(V,V)\]
Ma oltre faccio fatica.
Diciamo che forse non riesco ad accettare il fatto che isomorfi significhi, in qualche misura, uguali.
Finora non si è parlato del prodotto tensore. A cosa può "servire" in quest'ambito?
Provo a rispondermi. Innanzi tutto il prodotto tensore trova un modo per costruire lo spazio \(T^k_l(V)\) come prodotto di altri spazi, ovvero:
\[T^k_l(V) \cong \underbrace{V \otimes \dots \otimes V}_{l \ \text{volte}} \otimes \underbrace{V^* \otimes \dots \otimes V^*}_{k \ \text{volte}} \]
trasformando, in un opportuno senso, le applicazioni multilineari in applicazioni lineari su di un opportuno spazio vettoriale.
La parte invece che non comprendo è l'aspetto pratico del calcolo con questo nuovo prodotto.
In pratica, una scrittura del tipo:
\[g= \phi\otimes \psi \quad \phi, \psi \in V^*\]
la riesco ancora a comprendere, è un applicazione bilineare. Una cosa del genere no:
\[h = u \otimes v \quad u,v \in V\]
Cos'è? Certo un tensore $(0,2)$, ma quindi?
Per non parlare di questo:
\[m = \phi\otimes v \quad \phi \in V^*, \ v \in V\]
Insomma, nella pratica del calcolo come tratto i prodotti tensore? Come posso esplicitarli?
Come se non bastasse leggo la definizione di prodotto tensore data dal testo di meccanica dei continui in $RR^3$ che mi destabilizza ancor di più:
Definizione Dati \(\mathbf{v},\mathbf{w} \in \mathbb{R}^3\) il loro prodotto tensore \(\mathbf{v} \otimes \mathbf{w}\) è l'applicazione lineare:
\[\mathbf{v} \otimes \mathbf{w} : \mathbb{R}^3 \to \mathbb{R}^3, \quad \mathbf{u} \mapsto (\mathbf{w} \cdot \mathbf{u}) \mathbf{v}\]
Ci devo ancora ragionare su, ma questo non assomiglia affatto al prodotto tensore astratto definito in precedenza...
Forse c'è di mezzo il fatto che in questo caso specifico vale \((\mathbb{R}^3)^* \cong \mathbb{R}^3\) e quindi non si distingue tra vettori e covettori.
Il prodotto in questo caso è una roba del genere: \(\otimes : \mathbb{R}^3 \times \mathbb{R}^3 \to \mathrm{End}(\mathbb{R}^3)\)
Ho le idee molto confuse.
Vi ringrazio anticipatamente

EDIT: Ho ripulito un po' il post
Risposte
Incorporato il messaggio nel precedente.
Io e te da questo punto di vista siamo attualmente in condizioni opposte: io ho studiato in maniera piuttosto approfondita i tensori da un punto di vista puramente algebrico, ma ho un'idea invero alquanto vaga di come si applichino in geometria differenziale (oltre che per rappresentare "robe" multilineari). I dubbi che esponi sono di tipo strutturale, quindi credo di poter rispondere, ma a priori non so se riuscirò a interpolare il tutto con l'intuizione che hai di queste cose. Ci provo.
Prima, però (in modo da non annoiarti su cose che magari già sai), mi servirebbe sapere che definizione hai di prodotto tensoriale tra spazi vettoriali (moduli?), se conosci la proprietà universale del prodotto tensoriale, e cosa hai in mente quando sottintendi una definizione "non moderna" di tensore.
Prima, però (in modo da non annoiarti su cose che magari già sai), mi servirebbe sapere che definizione hai di prodotto tensoriale tra spazi vettoriali (moduli?), se conosci la proprietà universale del prodotto tensoriale, e cosa hai in mente quando sottintendi una definizione "non moderna" di tensore.
"Epimenide93":
...ma ho un'idea invero alquanto vaga di come si applichino in geometria differenziale
Una chiara idea non ce l'ho neanche io

"Epimenide93":
Prima, però (in modo da non annoiarti su cose che magari già sai), mi servirebbe sapere che definizione hai di prodotto tensoriale tra spazi vettoriali (moduli?), se conosci la proprietà universale del prodotto tensoriale, e cosa hai in mente quando sottintendi una definizione "non moderna" di tensore.
Ti ringrazio per l'aiuto. Oggi ho già perso troppo tempo purtroppo, devo rimettermi a studiare per gli esami, nel frattempo mi chiarirò un po' le idee e tra qualche giorno tornerò.
In ogni caso ho modificato il mio post iniziale riordinandolo un po'; come puoi vedere da quel poco che ho scritto i problemi sono soprattutto pratici e collegati alle applicazioni fisiche e ingegneristiche (sempre formalizzate per bene ovviamente

Ti ringazio, a presto

Penso di aver capito cosa non ti è chiaro. Visto che ti interessa il risultato più del come sia possibile, sarò sloppy, se qualcosa in quel che dico non ti torna, fammelo sapere.
Sappiamo come sono fatte le applicazioni bilineari tra spazi vettoriali reali \(U \times V \to W\). Il prodotto tensoriale tra spazi vettoriali non è altro che lo spazio vettoriale che rappresenta il prototipo di ogni applicazione bilineare con dominio \(U \times V\). Esempio: da un'applicazione bilineare ci aspettiamo che \( f(u + u', v) = f(u, v) + f(u',v)\), ebbene, nel prodotto tensoriale deve succedere che il vettore rappresentato dalla coppia \((u + u', v)\) (che indicheremo con \((u + u') \otimes v\)) dev'essere esattamente il vettore rappresentato dal risultato dell'operazione \((u,v) + (u',v)\), ovvero dev'essere uguale a \(u \otimes v + u' \otimes v\). In pratica, vogliamo un oggetto \(U \otimes V\) ed una mappa \(\pi: U \times V \to U \otimes V, (u,v) \mapsto u \otimes v\), tale che data una qualsiasi applicazione bilineare \(f : U \times V \to W\) l'applicazione lineare tratteggiata nel seguente diagramma esista e sia unica

Ovvero, un oggetto che descriva talmente bene la relazione di bilinearità, da essere contenuto come immagine in qualsiasi spazio vettoriale \(W\) contenga l'immagine di un'applicazione bilineare da \(U \times V\). Meglio ancora, un oggetto le cui funzioni lineari \(U \otimes V \to W\) siano in bîezione con le funzioni bilineari \(U \times V \to W\). Detto in altre parole, ogni mappa lineare dal prodotto tensoriale in uno spazio \(W\) rappresenterà una ed una sola mappa bilineare dal prodotto cartesiano nello spazio \(W\). Abbiamo trasformato un'applicazione bilineare in una lineare, e iterando la costruzione possiamo costruire ad arbitrio spazi che ci permettono di trattare come applicazioni meramente lineari funzioni che in realtà sono n-lineari.
Si vede facilmente che se un tale spazio (il prodotto tensoriale) esiste è unico a meno di isomorfismi. Per dimostrare che esiste di solito lo si costruisce, e si fa una costruzione che dipende dalle basi, che dimostra l'esistenza ma è completamente inutile al fine di capire come sono fatti i tensori. Ti propongo una versione handwaving della dimostrazione dell'esistenza indipendente dalle basi, perché permette di guadagnare la padronanza sulla manipolazione formale di tensori, in quanto ti dice esattamente come sono fatti.
Un tensore non è altro che l'elemento di un prodotto tensoriale, as easy as it seems, il problema è che per capire come sono fatti dobbiamo capire com'è fatto lo spazio che li contiene. Prima di tutto: dato un insieme (generico) e scelto un campo (prendo quello reale per farla semplice) è possibile tirar fuori il più piccolo spazio vettoriale reale che contenga gli elementi di quell'insieme come vettori. Semplicemente, prendiamo le combinazioni lineari "formali" di quegli elementi. Esempio: dato l'insieme \(S = \{ \text{emar}, \text{epimenide} \}\) il più piccolo spazio vettoriale che contiene \(S\) è \(F(S)\), che sarà l'insieme delle cose fatte così: \[x = \lambda \ \text{emar} + \mu \ \text{epimenide}\]con \(\lambda\) e \(\mu\) reali. Come si vede facilmente, è uno spazio vettoriale, è isomorfo a \(\mathbb{R}^2\) ed \(S\) è una sua base non ordinata. Generalizzando, dato un insieme \(S = \{s_1, \ldots, s_n\}\) si ha \[F(S) = \{\sum_{j=1}^n \lambda_j s_j, \lambda_j \in \mathbb{R}, s_j \in S\}\](detto spazio vettoriale libero su \(S\)). Sorvoliamo su come e perché si possa formalizzare una cosa del genere.
Ora, presi due spazi vettoriali \(U\) e \(V\) dimentichiamo per un attimo che sono spazi e consideriamo l'insieme \(U \times V\). Prendiamo \(F(U \times V)\). Questo è uno spazio vettoriale (enorme) i cui elementi sono combinazioni lineari finite \[\sum_{j=1}^n \lambda_j \ (u,v)_j , \lambda_j \in \mathbb{R}, (u,v)_j \in U \times V\] Uno spazio fatto così non serve quasi a niente, i vettori sono combinazioni lineari di elementi dell'insieme \(U \times V\), ma non abbiamo modo di far "interagire" vettori che non siano multipli della stessa coppia ordinata. Consideriamo le relazioni di bilinearità: \[\begin{split}
(u + u', v) = (u,v)+(u',v)\\
(u, v + v') = (u,v)+(u,v')\\
(\lambda u, v) = (u, \lambda v)
\end {split}\]con ovvio significato dei simboli. Vogliamo imporre che questo valga sul nostro prodotto tensoriale. Allora prendiamo \(F(U \times V)\) e identifichiamo in maniera forzata le coppie di sinistra con le scritture a destra. Sorvoliamo su come e perché questo si possa fare formalmente. Lo spazio che otteniamo al termine della nostra identificazione è il prodotto tensoriale, che indichiamo con \(U \otimes V\), e "fa quel che deve fare" perché glielo abbiamo imposto.
Finalmente, possiamo vedere come sono fatti i tensori, ovvero un tensore è un rappresentante di una classe di equivalenza di coppie ordinate identificate dalle relazioni di bilinearità. Più difficile a dirsi che a farsi. Esempio pratico in \(\mathbb{R}^2 \otimes \mathbb{R}^2\):
\[
\begin{split}
{6 \choose 9} \otimes {1 \choose 1} = 3 \left[ {2 \choose 3} \otimes {1 \choose 1} \right] = {2 \choose 3} \otimes {3 \choose 3} \\
= \left[ {1 \choose 3} + {1 \choose 0} \right] \otimes \left[ 3 {1 \choose 0} + 3 {0 \choose 1} \right] = \\
= \left[ {1 \choose 3} \otimes {3 \choose 0} \right] + \left[ {1 \choose 3} \otimes {0 \choose 3} \right] + \left[ {1 \choose 0} \otimes {3 \choose 0} \right] + \left[ {1 \choose 0} \otimes {0 \choose 3} \right] \\
\end{split}
\]
Per la manipolazione formale dovrebbe essere tutto, degli isomorfismi che saltano fuori quando uno degli spazi in questione è uno spazio duale magari ne parliamo la prossima volta. Fammi sapere se ti è stato utile, altrimenti "la prossima volta" me la risparmio
Sappiamo come sono fatte le applicazioni bilineari tra spazi vettoriali reali \(U \times V \to W\). Il prodotto tensoriale tra spazi vettoriali non è altro che lo spazio vettoriale che rappresenta il prototipo di ogni applicazione bilineare con dominio \(U \times V\). Esempio: da un'applicazione bilineare ci aspettiamo che \( f(u + u', v) = f(u, v) + f(u',v)\), ebbene, nel prodotto tensoriale deve succedere che il vettore rappresentato dalla coppia \((u + u', v)\) (che indicheremo con \((u + u') \otimes v\)) dev'essere esattamente il vettore rappresentato dal risultato dell'operazione \((u,v) + (u',v)\), ovvero dev'essere uguale a \(u \otimes v + u' \otimes v\). In pratica, vogliamo un oggetto \(U \otimes V\) ed una mappa \(\pi: U \times V \to U \otimes V, (u,v) \mapsto u \otimes v\), tale che data una qualsiasi applicazione bilineare \(f : U \times V \to W\) l'applicazione lineare tratteggiata nel seguente diagramma esista e sia unica

Ovvero, un oggetto che descriva talmente bene la relazione di bilinearità, da essere contenuto come immagine in qualsiasi spazio vettoriale \(W\) contenga l'immagine di un'applicazione bilineare da \(U \times V\). Meglio ancora, un oggetto le cui funzioni lineari \(U \otimes V \to W\) siano in bîezione con le funzioni bilineari \(U \times V \to W\). Detto in altre parole, ogni mappa lineare dal prodotto tensoriale in uno spazio \(W\) rappresenterà una ed una sola mappa bilineare dal prodotto cartesiano nello spazio \(W\). Abbiamo trasformato un'applicazione bilineare in una lineare, e iterando la costruzione possiamo costruire ad arbitrio spazi che ci permettono di trattare come applicazioni meramente lineari funzioni che in realtà sono n-lineari.
Si vede facilmente che se un tale spazio (il prodotto tensoriale) esiste è unico a meno di isomorfismi. Per dimostrare che esiste di solito lo si costruisce, e si fa una costruzione che dipende dalle basi, che dimostra l'esistenza ma è completamente inutile al fine di capire come sono fatti i tensori. Ti propongo una versione handwaving della dimostrazione dell'esistenza indipendente dalle basi, perché permette di guadagnare la padronanza sulla manipolazione formale di tensori, in quanto ti dice esattamente come sono fatti.
Un tensore non è altro che l'elemento di un prodotto tensoriale, as easy as it seems, il problema è che per capire come sono fatti dobbiamo capire com'è fatto lo spazio che li contiene. Prima di tutto: dato un insieme (generico) e scelto un campo (prendo quello reale per farla semplice) è possibile tirar fuori il più piccolo spazio vettoriale reale che contenga gli elementi di quell'insieme come vettori. Semplicemente, prendiamo le combinazioni lineari "formali" di quegli elementi. Esempio: dato l'insieme \(S = \{ \text{emar}, \text{epimenide} \}\) il più piccolo spazio vettoriale che contiene \(S\) è \(F(S)\), che sarà l'insieme delle cose fatte così: \[x = \lambda \ \text{emar} + \mu \ \text{epimenide}\]con \(\lambda\) e \(\mu\) reali. Come si vede facilmente, è uno spazio vettoriale, è isomorfo a \(\mathbb{R}^2\) ed \(S\) è una sua base non ordinata. Generalizzando, dato un insieme \(S = \{s_1, \ldots, s_n\}\) si ha \[F(S) = \{\sum_{j=1}^n \lambda_j s_j, \lambda_j \in \mathbb{R}, s_j \in S\}\](detto spazio vettoriale libero su \(S\)). Sorvoliamo su come e perché si possa formalizzare una cosa del genere.
Ora, presi due spazi vettoriali \(U\) e \(V\) dimentichiamo per un attimo che sono spazi e consideriamo l'insieme \(U \times V\). Prendiamo \(F(U \times V)\). Questo è uno spazio vettoriale (enorme) i cui elementi sono combinazioni lineari finite \[\sum_{j=1}^n \lambda_j \ (u,v)_j , \lambda_j \in \mathbb{R}, (u,v)_j \in U \times V\] Uno spazio fatto così non serve quasi a niente, i vettori sono combinazioni lineari di elementi dell'insieme \(U \times V\), ma non abbiamo modo di far "interagire" vettori che non siano multipli della stessa coppia ordinata. Consideriamo le relazioni di bilinearità: \[\begin{split}
(u + u', v) = (u,v)+(u',v)\\
(u, v + v') = (u,v)+(u,v')\\
(\lambda u, v) = (u, \lambda v)
\end {split}\]con ovvio significato dei simboli. Vogliamo imporre che questo valga sul nostro prodotto tensoriale. Allora prendiamo \(F(U \times V)\) e identifichiamo in maniera forzata le coppie di sinistra con le scritture a destra. Sorvoliamo su come e perché questo si possa fare formalmente. Lo spazio che otteniamo al termine della nostra identificazione è il prodotto tensoriale, che indichiamo con \(U \otimes V\), e "fa quel che deve fare" perché glielo abbiamo imposto.
Finalmente, possiamo vedere come sono fatti i tensori, ovvero un tensore è un rappresentante di una classe di equivalenza di coppie ordinate identificate dalle relazioni di bilinearità. Più difficile a dirsi che a farsi. Esempio pratico in \(\mathbb{R}^2 \otimes \mathbb{R}^2\):
\[
\begin{split}
{6 \choose 9} \otimes {1 \choose 1} = 3 \left[ {2 \choose 3} \otimes {1 \choose 1} \right] = {2 \choose 3} \otimes {3 \choose 3} \\
= \left[ {1 \choose 3} + {1 \choose 0} \right] \otimes \left[ 3 {1 \choose 0} + 3 {0 \choose 1} \right] = \\
= \left[ {1 \choose 3} \otimes {3 \choose 0} \right] + \left[ {1 \choose 3} \otimes {0 \choose 3} \right] + \left[ {1 \choose 0} \otimes {3 \choose 0} \right] + \left[ {1 \choose 0} \otimes {0 \choose 3} \right] \\
\end{split}
\]
Per la manipolazione formale dovrebbe essere tutto, degli isomorfismi che saltano fuori quando uno degli spazi in questione è uno spazio duale magari ne parliamo la prossima volta. Fammi sapere se ti è stato utile, altrimenti "la prossima volta" me la risparmio

Fare questi esercizi http://issc.uj.ac.za/downloads/problems ... necker.pdf fa la differenza tra "sapere" cos'e' un tensore e sapere cos'e' un tensore. Auguri.

Questi giorni sono un po' preso, mi faccio risentire appena ho il tempo di ragionarci un po' su. In ogni caso penso di essere riuscito a capirmi.
A presto
A presto