Strutture individuate dalle funzioni a valori reali
Discutendo con Martino della manifestazione del principio di indeterminazione di Heisenberg nella teoria dei gruppi finiti mi sono imbattuto in questa lezione di Terence Tao il cui primo punto è una riflessione di carattere completamente generale del concetto di dualità in matematica. Ne riporto una brevissima sintesi, anche perché la ritengo molto interessante:
Teorema Sia $M$ un insieme e $ccA_1, ccA_2$ due strutture di varietà differenziabile su di esso. (Ovvero due atlanti differenziabili completi). Se le due famiglie $C_{ccA_1}^{infty}(M), C_{ccA_2}^{infty}(M)$ delle funzioni differenziabili definite su $M$ e a valori reali coincidono allora $ccA_1=ccA_2$.
Ecco quindi che la descrizione esterna (parafrasando il quote di Tao) di una varietà differenziabile è completa una volta che siano state individuate le funzioni a valori reali.
Domanda Quali altre strutture verificano questa proprietà? Possibili candidati:
[list=1][*:21m14qcw]E' vero che, dato un insieme $X$ e due topologie $tau_1, tau_2$ su di esso, se le famiglie $C_{tau_1}(X; RR)$ e $C_{tau_2}(X; RR)$ delle funzioni reali continue coincidono allora $tau_1=tau_2$? Se questo è falso in generale, quali condizioni richiedere su $tau_1, tau_2$ affinché ciò diventi vero?[/*:m:21m14qcw]
[*:21m14qcw]E' vero che, dato un insieme $V$ equipaggiabile con due diverse strutture di spazio vettoriale $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$, se le famiglie $"Hom"_{+. *}(V; RR), "Hom"_{oplus, otimes}(V; RR)$ delle applicazioni lineari a valori reali coincidono allora $+=oplus, *=otimes$? Se questo è falso in generale, quali condizioni richiedere su $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$ affinché ciò diventi vero?[/*:m:21m14qcw]
[*:21m14qcw]eccetera...[/*:m:21m14qcw][/list:o:21m14qcw]
A recurring theme in mathematics is that of duality: a mathematical object $X$ can either be described internally, by describing what $X$ physically consists of (or what kind of maps exist into $X$), or externally, by describing what $X$ globally interacts or resonates with (or what kind of maps exist out of $X$).Direi che una possibile applicazione di questo punto di vista riguarda la geometria differenziale e la vorrei enunciare sotto forma di teorema.
Teorema Sia $M$ un insieme e $ccA_1, ccA_2$ due strutture di varietà differenziabile su di esso. (Ovvero due atlanti differenziabili completi). Se le due famiglie $C_{ccA_1}^{infty}(M), C_{ccA_2}^{infty}(M)$ delle funzioni differenziabili definite su $M$ e a valori reali coincidono allora $ccA_1=ccA_2$.
Ecco quindi che la descrizione esterna (parafrasando il quote di Tao) di una varietà differenziabile è completa una volta che siano state individuate le funzioni a valori reali.
Domanda Quali altre strutture verificano questa proprietà? Possibili candidati:
[list=1][*:21m14qcw]E' vero che, dato un insieme $X$ e due topologie $tau_1, tau_2$ su di esso, se le famiglie $C_{tau_1}(X; RR)$ e $C_{tau_2}(X; RR)$ delle funzioni reali continue coincidono allora $tau_1=tau_2$? Se questo è falso in generale, quali condizioni richiedere su $tau_1, tau_2$ affinché ciò diventi vero?[/*:m:21m14qcw]
[*:21m14qcw]E' vero che, dato un insieme $V$ equipaggiabile con due diverse strutture di spazio vettoriale $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$, se le famiglie $"Hom"_{+. *}(V; RR), "Hom"_{oplus, otimes}(V; RR)$ delle applicazioni lineari a valori reali coincidono allora $+=oplus, *=otimes$? Se questo è falso in generale, quali condizioni richiedere su $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$ affinché ciò diventi vero?[/*:m:21m14qcw]
[*:21m14qcw]eccetera...[/*:m:21m14qcw][/list:o:21m14qcw]
Risposte
Davvero bellissimo!
Fornisco una risposta parziale al punto 1., ossia una condizione sufficiente. Un signor teorema di Whitney assicura che gli spazi metrizzabili soddisfano alla "nozione di completezza" che richiedi tu.
Teorema. Sia [tex](X,d)[/tex] uno spazio metrico. Allora [tex]C \subset X[/tex] è un chiuso se e solo se esiste una funzione continua [tex]f : X \to \mathbb R[/tex] tale che [tex]C = f^{-1}(\{0\})[/tex].
Ho dato una dimostrazione di un [tex]\epsilon[/tex] più generale qui. Invito gli interessati a leggerla!
Qualora le topologie [tex]\tau_1[/tex] e [tex]\tau_2[/tex] siano entrambe metrizzabili, questo fa al caso nostro: due topologie sono le stesse se e solo se hanno gli stessi chiusi (e quindi, in questo caso, se hanno le stesse funzioni continue, necessariamente hanno gli stessi chiusi).
Tra l'altro non so se questa condizione è solo sufficiente. In qualche modo è collegata alla domanda che mi pongo alla fine del thread che ho linkato prima:
Fornisco una risposta parziale al punto 1., ossia una condizione sufficiente. Un signor teorema di Whitney assicura che gli spazi metrizzabili soddisfano alla "nozione di completezza" che richiedi tu.
Teorema. Sia [tex](X,d)[/tex] uno spazio metrico. Allora [tex]C \subset X[/tex] è un chiuso se e solo se esiste una funzione continua [tex]f : X \to \mathbb R[/tex] tale che [tex]C = f^{-1}(\{0\})[/tex].
Ho dato una dimostrazione di un [tex]\epsilon[/tex] più generale qui. Invito gli interessati a leggerla!
Qualora le topologie [tex]\tau_1[/tex] e [tex]\tau_2[/tex] siano entrambe metrizzabili, questo fa al caso nostro: due topologie sono le stesse se e solo se hanno gli stessi chiusi (e quindi, in questo caso, se hanno le stesse funzioni continue, necessariamente hanno gli stessi chiusi).
Tra l'altro non so se questa condizione è solo sufficiente. In qualche modo è collegata alla domanda che mi pongo alla fine del thread che ho linkato prima:
"maurer":
Question. Si può trovare un chiuso in uno spazio non metrizzabile che non sia l'insieme degli zeri di una qualche funzione continua?
@maurer Alla tua question penso che si possa rispondere parzialmente mediante l'uso del seguente concetto di spazio perfettamente normale o [tex]$\mathrm{T}_5$[/tex]!
"j18eos":
@maurer Alla tua question penso che si possa rispondere parzialmente mediante l'uso del seguente concetto di spazio perfettamente normale o [tex]$\mathrm{T}_5$[/tex]!
Perdona, ma (sarà l'ora tarda) mi sfugge il come. Potresti essere un po' più esplicito al riguardo?
"maurer":Vero? Quella lezione di Tao mi intriga moltissimo. Comprenderla a fondo però è una impresa.
Davvero bellissimo!
Teorema. Sia [tex](X,d)[/tex] uno spazio metrico. Allora [tex]C \subset X[/tex] è un chiuso se e solo se esiste una funzione continua [tex]f : X \to \mathbb R[/tex] tale che [tex]C = f^{-1}(\{0\})[/tex].Senti, ma la dimostrazione non sarebbe più semplice passando dalla funzione distanza? Si definisce $d_C(x)="inf"_{c \in C}d(x, c)$. Questa funzione è $1$-Lipschitziana quindi è continua e inoltre $d_C(x)=0$ se e solo se $x \in bar{C}$. Quindi se $C$ è chiuso esso coincide col luogo degli zeri della funzione $d_C$. Ti convince?
Ho dato una dimostrazione di un [tex]\epsilon[/tex] più generale qui. Invito gli interessati a leggerla!
Qualora le topologie [tex]\tau_1[/tex] e [tex]\tau_2[/tex] siano entrambe metrizzabili, questo fa al caso nostro: due topologie sono le stesse se e solo se hanno gli stessi chiusi (e quindi, in questo caso, se hanno le stesse funzioni continue, necessariamente hanno gli stessi chiusi).Benissimo! Questa è già una prima risposta soddisfacente.
Tra l'altro non so se questa condizione è solo sufficiente. In qualche modo è collegata alla domanda che mi pongo alla fine del thread che ho linkato prima:Sono d'accordo che tutto si riduce a questa domanda. Io credo che la risposta sia "si". Altrimenti la retta reale $RR$ avrebbe un ruolo privilegiato tra tutti gli spazi topologici che non credo abbia. Diverso è se parliamo di spazi metrici.
"maurer":
Question. Si può trovare un chiuso in uno spazio non metrizzabile che non sia l'insieme degli zeri di una qualche funzione continua?
"dissonance":
Quella lezione di Tao mi intriga moltissimo. Comprenderla a fondo però è una impresa.
Concordo.
"dissonance":
Senti, ma la dimostrazione non sarebbe più semplice passando dalla funzione distanza? Si definisce $d_C(x)="inf"_{c \in C}d(x, c)$. Questa funzione è $1$-Lipschitziana quindi è continua e inoltre $d_C(x)=0$ se e solo se $x \in bar{C}$. Quindi se $C$ è chiuso esso coincide col luogo degli zeri della funzione $d_C$. Ti convince?
Hai ragione, funziona anche così. Ma ci sono almeno due motivi per cui preferisco l'altra:
- 1. quel teorema è un lemma fondamentale con cui si dimostra il teorema di Nagata - Smirnov (e in questo contesto la metrizzabilità è la tesi!)
2. se ci mettiamo in ambito differenziale (cioè su una varietà differenziabile), la stessa tecnica può essere utilizzata per dimostrare che un insieme è un chiuso se e solo se è il luogo degli zeri d una funzione [tex]C^\infty[/tex] (e qui invece la distanza non andrebbe bene).[/list:u:2jakz52d]
"dissonance":
Sono d'accordo che tutto si riduce a questa domanda. Io credo che la risposta sia "si". Altrimenti la retta reale $RR$ avrebbe un ruolo privilegiato tra tutti gli spazi topologici che non credo abbia. Diverso è se parliamo di spazi metrici.
Anch'io ho la stessa tua convinzione.
"dissonance":
[*:2jakz52d]E' vero che, dato un insieme $V$ equipaggiabile con due diverse strutture di spazio vettoriale $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$, se le famiglie $"Hom"_{+. *}(V; RR), "Hom"_{oplus, otimes}(V; RR)$ delle applicazioni lineari a valori reali coincidono allora $+=oplus, *=otimes$? Se questo è falso in generale, quali condizioni richiedere su $(V, +, *_{RR}), (V, oplus, otimes_{RR})$ affinché ciò diventi vero?[/*:m:2jakz52d][/list:u:2jakz52d]
Non ho la risposta, ma vorrei comunque fare qualche considerazione. Innanzi tutto, proverei anche solo a chiedermi se il duale (opportunamente inteso) determina la classe di isomorfismo degli oggetti di cui è il duale. Ad esempio, nell'ambito degli spazi vettoriali, mi chiedo se [tex]V' \simeq W'[/tex] implica [tex]V \simeq W[/tex]? Sappiamo bene che in dimensione finita è vero per via dell'identificazione canonica di uno spazio vettoriale con il suo duale ([tex]V' \simeq W' \Rightarrow V'' \simeq W'' \Rightarrow V \simeq W[/tex]).
Poi, inviterei qualcuno un po' più esperto di me in teoria delle categorie ad illustrarci per bene la situazione dal punto di vista del giusto livello di astrazione.
Faccio un esempio che dovrebbe aiutare a comprendere quello che sto dicendo.
Mettiamoci in un contesto di algebra commutativa, consideriamo un anello [tex]A[/tex]. Consideriamo la categoria degli [tex]A[/tex] moduli. Allora prendere il duale consiste nell'effettuare le seguenti trasformazioni: per ogni oggetto [tex]M[/tex] in questa categoria associamo l'oggetto [tex]\text{Hom}_A(M,A)[/tex]. Per ogni freccia [tex]f: M \to N[/tex] associamo la freccia [tex]\text{Hom}_A(f,A)[/tex] definita da [tex]\text{Hom}_A(f,A) : \text{Hom}_A(N,A) \to \text{Hom}_A(M,A)[/tex], [tex]\text{Hom}_A(f,A)(\psi) = \psi \circ f[/tex]. Questo, tra l'altro, ci dice che [tex]\text{Hom}_A(-,A)[/tex] è un funtore controvariante. In quest'ottica dovrebbe essere più naturale studiare la dualità, perché si ha la terminologia adatta per analizzarla con precisione.
Io sfortunatamente, dovrò convivere ancora per qualche mese con la più totale ignoranza in questo settore, quindi invito caldamente chiunque sia più esperto e abbia voglia ad insegnarmi(-ci) qualcosa!