[RISOLTO] Dicesi morfismo tra due varietà...
...$X$ e $Y$, un'applicazione $F:X->Y$ tale che, per ogni carta locale $(U,\phi_U)$ di $X$ e ogni carta locale $(V,\psi_V)$ di $Y$, la composizione
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$
sia differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$.
(Il testo a cui sto facendo riferimento è Geometria 2 di Sernesi.)
Ho questo dubbio: Assegnati due atlanti equivalenti, rispettivamente, ai due atlanti che caratterizzano le due varietà (per i quali la condizione della definizione risulti soddisfatta); si può affermare che anche per tali atlanti equivalenti la proprietà per poter classificare $F$ come morfismo, sia soddisfatta?
(P.S.: mi sono scervellato, ma non sono riuscito a trovare una risposta; d'altra parte, mi sembrerebbe logica una risposta di tipo affermativo, ma il testo non dice nulla in merito...)
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$
sia differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$.
(Il testo a cui sto facendo riferimento è Geometria 2 di Sernesi.)
Ho questo dubbio: Assegnati due atlanti equivalenti, rispettivamente, ai due atlanti che caratterizzano le due varietà (per i quali la condizione della definizione risulti soddisfatta); si può affermare che anche per tali atlanti equivalenti la proprietà per poter classificare $F$ come morfismo, sia soddisfatta?
(P.S.: mi sono scervellato, ma non sono riuscito a trovare una risposta; d'altra parte, mi sembrerebbe logica una risposta di tipo affermativo, ma il testo non dice nulla in merito...)
Risposte
nessuna idea... ?
Cosa significa per te atlanti equivalenti? Io ho sempre trovato la dicitura "compatibili" nel senso che se si mette tutto insieme, la famiglia di tutti gli aperti con tutte le carte e' ancora un atlante. In questo caso la risposta e' si, basta comporre tutto quanto con i cambi di carte da un atlante all'altro.
Bene... grazie per l'interessamento.
Allora, "equivalenti" viene definito come: Se l'unione dei due atlanti è ancora un atlante differenziabile. Equivalentemente, che ogni carta locale di un atlante sia differenziabilmente compatibile con ogni carta dell'altro (differenziabilm. compatibile = se $\phi_U * \phi_{W}^-1 : \phi_W(U \nn W) -> \phi_U(U \nn W)$ è un diffeomorfismo di classe $C^{(k)}$).
Da tale definizione discende che per ogni data struttura di varietà differenziabile su $X$, esiste un atlante differenziabile massimale, dato dall'unione di tutti gli atlanti che definiscono quella struttura (ossia equivalenti).
Io ho interpretato poi la definizione di morfismo (o funzione differenziabile) $F$ in questo modo. Il fatto che
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$ (1)
debba essere differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$ mi ha fatto fare questa
considerazione: la richiesta deve valere per $F(U) \sub V$; nei casi complementari, essendo una composizione di funzioni comunque definita, segue che, non potendo il dominio risultare $\phi_{U}(U)$, la richiesta espressa dalla (1) perde di significato, per cui viene a cadere.
Pertanto, posto che per due dati atlanti la richiesta sia soddisfatta, si dovrebbe poter dimostrare che, assegnata un'altra
coppia di atlanti equivalenti ai primi, la richiesta rimane ancora soddisfatta.
Quello che sinteticamente mi hai detto, credo comunque di non avere ben afferrato. Io avevo pensato a una cosa del genere (non so se è lo stessa cosa che intendi tu). Si deve dimostrare la differenziabilità di ogni analoga composizione per i nuovi due atlanti equivalenti. Per fare questo avevo pensato di sfruttare la compatibilità delle carte dei primi due atlanti, rispettivamente, con quelle della seconda coppia.
C'è però un problema. Chi garantisce che, date due carte, ($U_\mu,\phi_\mu$) e $(V_\nu,\psi_\nu)$ (compatibili ciascuna, per l'equivalenza, rispettivamente, con ciascuna dell'atlante di partenza per $X$ e con ciascuna dell'atlante di partenza per $Y$), qualora valga la (1), ovvero sia $F(U_\mu) \sub V_nu$; esistano due corrispondenti carte negli atlanti di partenza che soddisfino a loro volta la condizione $F(U) \sub V$? Per dimostrare la differenziabilità, infatti, mi sembrerebbe logico partire dall'aperto $\phi_\mu(U \nn U_\mu)$ di $RR^n$ e, sfruttando la compatibilità di $\phi_U$ e $\phi_\mu$, con la composizione delle due carte, pervenire all'aperto $\phi_U(U \nn U_\mu)$. Da qui poi utilizzare (sempre proseguendo il prodotto delle applicazioni) la composizione di cui in (1), ed infine ripetere il discorso iniziale, solo utilizzando le due carte per $V$ e $V_\nu$, $\psi_V$ e $\psi_\nu$. Il problema, come ho detto, sta nella parte di mezzo: chi dice che esistano carte (negli atlanti di partenza) tali da poter considerare lecito il prodotto di tutte le funzioni?
Allora, "equivalenti" viene definito come: Se l'unione dei due atlanti è ancora un atlante differenziabile. Equivalentemente, che ogni carta locale di un atlante sia differenziabilmente compatibile con ogni carta dell'altro (differenziabilm. compatibile = se $\phi_U * \phi_{W}^-1 : \phi_W(U \nn W) -> \phi_U(U \nn W)$ è un diffeomorfismo di classe $C^{(k)}$).
Da tale definizione discende che per ogni data struttura di varietà differenziabile su $X$, esiste un atlante differenziabile massimale, dato dall'unione di tutti gli atlanti che definiscono quella struttura (ossia equivalenti).
Io ho interpretato poi la definizione di morfismo (o funzione differenziabile) $F$ in questo modo. Il fatto che
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$ (1)
debba essere differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$ mi ha fatto fare questa
considerazione: la richiesta deve valere per $F(U) \sub V$; nei casi complementari, essendo una composizione di funzioni comunque definita, segue che, non potendo il dominio risultare $\phi_{U}(U)$, la richiesta espressa dalla (1) perde di significato, per cui viene a cadere.
Pertanto, posto che per due dati atlanti la richiesta sia soddisfatta, si dovrebbe poter dimostrare che, assegnata un'altra
coppia di atlanti equivalenti ai primi, la richiesta rimane ancora soddisfatta.
Quello che sinteticamente mi hai detto, credo comunque di non avere ben afferrato. Io avevo pensato a una cosa del genere (non so se è lo stessa cosa che intendi tu). Si deve dimostrare la differenziabilità di ogni analoga composizione per i nuovi due atlanti equivalenti. Per fare questo avevo pensato di sfruttare la compatibilità delle carte dei primi due atlanti, rispettivamente, con quelle della seconda coppia.
C'è però un problema. Chi garantisce che, date due carte, ($U_\mu,\phi_\mu$) e $(V_\nu,\psi_\nu)$ (compatibili ciascuna, per l'equivalenza, rispettivamente, con ciascuna dell'atlante di partenza per $X$ e con ciascuna dell'atlante di partenza per $Y$), qualora valga la (1), ovvero sia $F(U_\mu) \sub V_nu$; esistano due corrispondenti carte negli atlanti di partenza che soddisfino a loro volta la condizione $F(U) \sub V$? Per dimostrare la differenziabilità, infatti, mi sembrerebbe logico partire dall'aperto $\phi_\mu(U \nn U_\mu)$ di $RR^n$ e, sfruttando la compatibilità di $\phi_U$ e $\phi_\mu$, con la composizione delle due carte, pervenire all'aperto $\phi_U(U \nn U_\mu)$. Da qui poi utilizzare (sempre proseguendo il prodotto delle applicazioni) la composizione di cui in (1), ed infine ripetere il discorso iniziale, solo utilizzando le due carte per $V$ e $V_\nu$, $\psi_V$ e $\psi_\nu$. Il problema, come ho detto, sta nella parte di mezzo: chi dice che esistano carte (negli atlanti di partenza) tali da poter considerare lecito il prodotto di tutte le funzioni?
Mi sono un po' perso con le notazioni. Proviamo così: $X$ e $Y$ sono varietà differenziabili. $\{( U_\mu,\phi_\mu) \}$ e $\{( U_\sigma ' ,\phi_\sigma ') \}$ sono due atlanti equivalenti di $X$ e $\{ (V_\nu,\psi_\nu) \}$ e $\{ (V_\tau ',\psi_\tau') \}$ due atlanti differenziabili di $Y$. Abbiamo una mappa $f : X \to Y$ tale che, per ogni $x\in X$, se $x \in U_\mu$ e $f(x) \in V_\nu$, allora esiste un intorno $A$ di $\phi_\mu(x)$ tale che $A \subset \phi_\mu(U_\mu)$ e $f(\phi_\mu^{-1}(A)) \subset V_\nu$ e la composizione
\[ \psi_\nu \circ f \circ \phi_\mu^{-1} : A \to V_\nu \]
è differenziabile.
Noi ci chiediamo se, data questa condizione, la stessa condizione vale anche se usiamo le altre mappe (quelle con i $'$). Ma allora ci basta scegliere $A$ abbastanza piccolo per cui $A \subset \phi_sigma(U_\sigma' \cap U_\mu)$ e $f(\phi_\sigma(A)) \subseteq V_\tau' \cap V_nu$. In questo modo abbiamo
\[ \psi_\tau' \circ f \circ \phi_\sigma ' = \psi_\tau' \circ \psi_\nu^{-1} \circ \psi_\nu\circ f \circ \phi_\mu^{-1} \circ \phi_\mu \circ \phi_\sigma ' ^{-1}\]
che è differenziabile e ben definita in ogni pezzettino se $A$ è abbastanza piccolo.
edit: mi scrive le $\phi$ diverse sul testo rispetto a quelle dei display. C'è un modo per fargliele scrivere tutte uguali?
\[ \psi_\nu \circ f \circ \phi_\mu^{-1} : A \to V_\nu \]
è differenziabile.
Noi ci chiediamo se, data questa condizione, la stessa condizione vale anche se usiamo le altre mappe (quelle con i $'$). Ma allora ci basta scegliere $A$ abbastanza piccolo per cui $A \subset \phi_sigma(U_\sigma' \cap U_\mu)$ e $f(\phi_\sigma(A)) \subseteq V_\tau' \cap V_nu$. In questo modo abbiamo
\[ \psi_\tau' \circ f \circ \phi_\sigma ' = \psi_\tau' \circ \psi_\nu^{-1} \circ \psi_\nu\circ f \circ \phi_\mu^{-1} \circ \phi_\mu \circ \phi_\sigma ' ^{-1}\]
che è differenziabile e ben definita in ogni pezzettino se $A$ è abbastanza piccolo.
edit: mi scrive le $\phi$ diverse sul testo rispetto a quelle dei display. C'è un modo per fargliele scrivere tutte uguali?
"Pappappero":
edit: mi scrive le $\phi$ diverse sul testo rispetto a quelle dei display. C'è un modo per fargliele scrivere tutte uguali?
Il problema è che usi due sistemi diversi di inserimenti formule:
$phi$$phi$ e
\[\phi\]\[\phi\]
Il secondo è LaTeX che preferisce l'una, mentre l'altro non ricordo come si chiama che preferisce l'altra. Insomma sono due sistemi diversi anche se il primo è convertito nel secondo.
Nota che
\(\phi\)\(\phi\), cioè esiste un metodo LaTeX in linea. Il codice LaTeX per l'altra versione è
\(\varphi\)\(\varphi\)
Prima di tutto voglio correggere un paio di scritture del tuo post:
In secondo luogo, grazie ancora per la possibilità di confronto che mi dai. Il metodo che usi è esattamente quello che avevo usato io. A questo punto, però, devo chiederti un parere.
Con la definizione che tu dai di morfismo, tutto funziona perfettamente. Ma guarda un po' la definizione con cui ho a che fare io:
Morfismo = "un'applicazione $F:X->Y$ tale che, per ogni carta locale $(U,\phi_U)$ di $X$ e ogni carta locale $(V,\psi_V)$ di $Y$, la composizione
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$
sia differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$."
Questa è la caratterizzazione che viene data dal Sernesi. Ora, riferendomi alla notazione che tu hai usato, si verifica l'inconveniente (che ho descritto nel mio post precedente) nella parte centrale del prodotto che hai indicato, precisamente in
$\psi_\nu\circ f \circ \phi_\mu^{-1}$.
Ti chiedo quindi: non ti sembra corretta questa considerazione? Inoltre: a quale testo fai riferimento per la definizione che hai utilizzato (la quale mi sembra precisa e corretta, a differenza di quella data dal Sernesi)?
"Pappappero":
(1) $ \psi_\nu \circ f \circ \phi_\mu^{-1} : A \to \RR^m$
(2) $A$ abbastanza piccolo per cui $A \subset \phi_mu(U_\sigma' \cap U_\mu)$ e $f(\phi_{\mu}^{-1}(A)) \subseteq V_\tau' \cap V_nu$.
In secondo luogo, grazie ancora per la possibilità di confronto che mi dai. Il metodo che usi è esattamente quello che avevo usato io. A questo punto, però, devo chiederti un parere.
Con la definizione che tu dai di morfismo, tutto funziona perfettamente. Ma guarda un po' la definizione con cui ho a che fare io:
Morfismo = "un'applicazione $F:X->Y$ tale che, per ogni carta locale $(U,\phi_U)$ di $X$ e ogni carta locale $(V,\psi_V)$ di $Y$, la composizione
$\psi_V * F * \phi_{U}^-1 : \phi_U(U) -> \RR^m$
sia differenziabile come applicazione dell'aperto $\phi_U(U) \sub \RR^n$ in $\RR^m$."
Questa è la caratterizzazione che viene data dal Sernesi. Ora, riferendomi alla notazione che tu hai usato, si verifica l'inconveniente (che ho descritto nel mio post precedente) nella parte centrale del prodotto che hai indicato, precisamente in
$\psi_\nu\circ f \circ \phi_\mu^{-1}$.
Ti chiedo quindi: non ti sembra corretta questa considerazione? Inoltre: a quale testo fai riferimento per la definizione che hai utilizzato (la quale mi sembra precisa e corretta, a differenza di quella data dal Sernesi)?
Il sernesi non è un gran libro per la geometria differenziale. Penso che, rimanendo sui testi italiani, il libro di geometria differenziale di Abate e Tovena sia più preciso. Immagino comunque che Pappappero non l'abbia materialmente presa da un libro.
vict85, interpreto quello che mi dici come ammissione implicita che i miei dubbi fossero legittimi.
Ho appena trovato il libro che mi hai suggerito e ad una prima occhiata devo dire che sembra molto ma molto più dettagliato e preciso: per esempio la definizione incriminata è trattata tenendo presente la mia considerazione, come in quella di Pappapero. Va bene che il libro di Sernesi non è dedicato all'argomento, ma la precisione deve essere sempre d'obbligo a mio giudizio. Alla luce del fatto che avevo già trovato un altro errore nel paragrafo inerente all'orientabilità, e che il problema attuale poi si ripercuote subito dopo nel paragrafo relativo ai differenziali, penso che metterò il libro nello scaffale e procederò su quello suggerito. Perché stare a penare ulteriormente? Avevo cercato qualcosa già ieri, e avevo trovato (dato che un po' di dubbio sulla qualità del Sernesi mi era venuto) Introduction to differentiable manifolds di Lang, ma non mi sembra che copra un corso di geometria differenziale, infatti nella prefazione rimanda ad un secondo volume; inoltre fa uso della nozione di categoria.
Grazie Pappapero per l'esposizione dettagliata e per aver confermato le imprecisioni, e grazie vict85 per il libro che mi hai indicato.
A questo punto direi che la mia domanda ha trovato una risposta soddisfacente.
Ho appena trovato il libro che mi hai suggerito e ad una prima occhiata devo dire che sembra molto ma molto più dettagliato e preciso: per esempio la definizione incriminata è trattata tenendo presente la mia considerazione, come in quella di Pappapero. Va bene che il libro di Sernesi non è dedicato all'argomento, ma la precisione deve essere sempre d'obbligo a mio giudizio. Alla luce del fatto che avevo già trovato un altro errore nel paragrafo inerente all'orientabilità, e che il problema attuale poi si ripercuote subito dopo nel paragrafo relativo ai differenziali, penso che metterò il libro nello scaffale e procederò su quello suggerito. Perché stare a penare ulteriormente? Avevo cercato qualcosa già ieri, e avevo trovato (dato che un po' di dubbio sulla qualità del Sernesi mi era venuto) Introduction to differentiable manifolds di Lang, ma non mi sembra che copra un corso di geometria differenziale, infatti nella prefazione rimanda ad un secondo volume; inoltre fa uso della nozione di categoria.
Grazie Pappapero per l'esposizione dettagliata e per aver confermato le imprecisioni, e grazie vict85 per il libro che mi hai indicato.
A questo punto direi che la mia domanda ha trovato una risposta soddisfacente.
Pensavo ne volessi un in italiano. Abbastanza usati, in inglese, ci sono Introduction to smooth manifolds di Lee (forse un po' troppo prolisso per alcuni) e Foundations of differentiable manifolds and Lie groups di Warner. Sono un po' più avanzati del Sernesi. Il libro di Lang comunque è abbastanza bello, anche se non proprio standard nell'impostazione.
Personalmente ho studiato geometria differenziale solo su "Lezioni di Geometria Differenziale" di Gentili, Vesentini, Podesta', e mi ci sono trovato abbastanza bene.
Per quanto riguarda il sopra, in generale non ha senso dire parlare della composizione $\psi_\nu \circ f \circ \psi_\mu^{-1}$ se non si sta attenti che le carte rispettino gli aperti di $X,Y$ che si prendono in considerazione. Ad esempio, se ho una carta sola su $X$ (chiamiamo la mappa $\phi$) e due carte su $Y$ (che chiamiamo $\psi_1,\psi_2$, e la mia $f$ mi atterra un po' su una carta e un po' su un'altra, la funzione $\psi_1 \circ f \circ \phi^{-1}$ non e' definita su tutto $\phi(X)$. Siccome la differenziabilita' e' una proprieta' locale, ci possiamo quindi andare a prendere pallettine piccole a piacere in cui le cose funzionano. E se vogliamo fare le composizioni, le prendiamo ancora piu' piccole.
Questa attenzione nelle notazioni e' utile all'inizio, quando e' bene capire la differenza tra carta e varieta'. Ma quando poi si va avanti, bisogna fare un compromesso tra la pesantezza della notazione e la possibilita' di fare i conti. Quindi piu' avanti sara' utile fare quanta piu' confusione possibile tra le carte e le varieta' e anzi, si arrivera' a un certo punto in cui le funzioni delle carte non verranno neanche scritte, e si lavorera' sulle coordinate delle carte facendo finta che siano coordinate sulla varieta'.
(non sapevo che il forum avesse due diversi protocolli di codifica. io uso i dollari sul rigo anche quando scrivo in latex e solo da poco ho imparato che e' meglio usare le quadre aperte e chiuse invece che i doppi dollari)
Per quanto riguarda il sopra, in generale non ha senso dire parlare della composizione $\psi_\nu \circ f \circ \psi_\mu^{-1}$ se non si sta attenti che le carte rispettino gli aperti di $X,Y$ che si prendono in considerazione. Ad esempio, se ho una carta sola su $X$ (chiamiamo la mappa $\phi$) e due carte su $Y$ (che chiamiamo $\psi_1,\psi_2$, e la mia $f$ mi atterra un po' su una carta e un po' su un'altra, la funzione $\psi_1 \circ f \circ \phi^{-1}$ non e' definita su tutto $\phi(X)$. Siccome la differenziabilita' e' una proprieta' locale, ci possiamo quindi andare a prendere pallettine piccole a piacere in cui le cose funzionano. E se vogliamo fare le composizioni, le prendiamo ancora piu' piccole.
Questa attenzione nelle notazioni e' utile all'inizio, quando e' bene capire la differenza tra carta e varieta'. Ma quando poi si va avanti, bisogna fare un compromesso tra la pesantezza della notazione e la possibilita' di fare i conti. Quindi piu' avanti sara' utile fare quanta piu' confusione possibile tra le carte e le varieta' e anzi, si arrivera' a un certo punto in cui le funzioni delle carte non verranno neanche scritte, e si lavorera' sulle coordinate delle carte facendo finta che siano coordinate sulla varieta'.
(non sapevo che il forum avesse due diversi protocolli di codifica. io uso i dollari sul rigo anche quando scrivo in latex e solo da poco ho imparato che e' meglio usare le quadre aperte e chiuse invece che i doppi dollari)
sì sì vict85: quello che mi hai suggerito nel tuo primo post va benissimo. Uso quello. (Il Lang lo avevo trovato per conto mio, prima delle vostre risposte, per avere altri punti di riferimento circa la definizione ambigua..)
"Pappappero":
Per quanto riguarda il sopra, in generale non ha senso dire parlare della composizione $\psi_\nu \circ f \circ \psi_\mu^{-1}$ se non si sta attenti che le carte rispettino gli aperti di $X,Y$ che si prendono in considerazione. Ad esempio, se ho una carta sola su $X$ (chiamiamo la mappa $\phi$) e due carte su $Y$ (che chiamiamo $\psi_1,\psi_2$, e la mia $f$ mi atterra un po' su una carta e un po' su un'altra, la funzione $\psi_1 \circ f \circ \phi^{-1}$ non e' definita su tutto $\phi(X)$. Siccome la differenziabilita' e' una proprieta' locale, ci possiamo quindi andare a prendere pallettine piccole a piacere in cui le cose funzionano. E se vogliamo fare le composizioni, le prendiamo ancora piu' piccole.
Grazie mille per questa ulteriore specificazione: è esattamente quello che intendevo. Infatti, quello che interessa è estendere o generalizzare la nozione di differenziabilità, che è una proprietà locale. Ma con quella notazione, almeno per i miei gusti, c'era da fondersi le meningi. Il fatto è che, per come la vedo io, è proprio sbagliata in quanto parecchio ambigua: ti mette una composta, che formalmente è qualcosa di comunque definito (al limite sarà l'insieme zero), ma te la vincola al dominio che ho indicato, come a dire che nei casi che non soddisfino tale vincolo (per es. la tua illustrazione), si debba, per via della comunque definibilità della composta, lasciar cadere la richiesta di differenziabilità (andando così contro la logica attesa di trovare una nozione di differenziabilità paritetica a quella degli ordinari spazi euclidei, cioè sul dominio della funzione). In sostanza, non precisa il contenimento nell'aperto di arrivo come invece viene precisato nel libro suggeritomi o nella tua impostazione (che specifica un eventuale opportuno restringimento del dominio della carta).
Adesso però pongo questa considerazione: guardando la tua impostazione e quella del libro Abate-Tovena, mi sembra che tra le due definizioni sussista una lieve differenza: la tua sembra ancor più generale (quindi migliore) nella specificazione delle condizioni, per via della precisazione dell'ammissione della possibilità di poter trovare un intorno che conduca ad un risultato analogo a quello indicato nell'Abate-Tovena, pur senza che questo risultato (precisamente la condizione di contenimento usando il dato atlante) risulti verificata; in pratica, la nozione, così come l'hai esposta, ammette la possibilità di effettuare un ricoprimento più fine espandendo opportunamente (il numero di carte del)l'atlante in relazione alla possibilità ammessa: i casi ammissibili quindi saranno in numero maggiore di quelli della definizione del libro, mi sembra. Forse nell'Abate-Tovena questo fatto è sottinteso, ma è sempre meglio precisare. Di sicuro, però, non mi sento di affermare che la richiesta dell'Abate-Tovena possa ritenersi sottintesa nel Sernesi.
Per la considerazione che poni dico questo: sono d'accordo con quello che dici, visto che la materia è intricata, tuttavia, quantomeno nella parte iniziale definitoria, a mio parere, deve sempre sussistere una perfezione assoluta, altrimenti si va avanti con incertezza o, peggio, credendo di aver capito senza invece aver afferrato un bel niente, la qual cosa è davvero pessima.