Matrice di Vandermonde e polinomio caratteristico

Il mio prof di algebra ha spiegato brevemente una cosa, che mi ha lasciato un po' perplesso, per calcolare il polinomio caratteristico di una matrice. Ha detto appunto che calcolare il determinante con lo sviluppo di Laplace di \( \det ( A-\lambda I_n ) \) con matrici molto grandi diventa sconveniente, perché per una matrice \( A \in K^{n \times n} \) bisogna fare almeno \(n! \) operazioni aritmetiche dentro \( K \), dove \( K \) è il campo su cui è costruito lo spazio vettoriale. E ad esempio con una matrice \( A \in K^{1000 \times 1000} \), il numero di operazioni elementari da svolgere supererebbe il numero di particelle dentro l'universo e un computer se iniziasse oggi non avrebbe ancora finito di calcolarlo alla fine del'universo ( :-D ). Se ho capito bene, dunque ad un certo punto si preferisce fare l''interpolazione polinomiale utilizzando la matrice di Vandermonde nel seguente modo
\[ \begin{pmatrix}
1 & \lambda_0 & \ldots & \lambda_0^n \\
\vdots & \vdots & \vdots & \vdots \\
1 & \lambda_n & \ldots & \lambda_n^n
\end{pmatrix} \begin{pmatrix}
a_0\\
\vdots\\
a_n
\end{pmatrix} = \begin{pmatrix}
\det(A-\lambda_0I_n)\\
\vdots\\
\det(A-\lambda_nI_n)
\end{pmatrix} \]
E valutarlo in \( \lambda_i=i \) per tutti gli \( i=0,\ldots,n\) e diviene
\[ \begin{pmatrix}
1 & 0 & \ldots & 0 \\
\vdots & \vdots & \vdots & \vdots \\
1 & n & \ldots & n^n
\end{pmatrix} \begin{pmatrix}
a_0\\
\vdots\\
a_n
\end{pmatrix} = \begin{pmatrix}
\det(A)\\
\vdots\\
\det(A-nI_n)
\end{pmatrix} \]

Sono d'accordo che in questo modo si trova il polinomio caratteristico, ovvero si trovano i coefficienti del polinomio caratteristico, \( (a_0,\ldots,a_n) \). Però mi chiedo, come mai è più conveniente?? In questo modo dovrei calcolarmi \( n+1 \) determinanti e in più risolvere un sistema di \( n+1 \) equazioni a \( n+1 \) incognite. Invece calcolandosi "semplicemente" \( \det(A-\lambda I_n) \) mi calcolo un solo determinante e trovo direttamente il polinomio caratteristico.

Risposte
dissonance
Risolvere il sistema è una cavolata in confronto a calcolare determinanti, non ti preoccupare di quello. Per il resto, però, secondo me hai ragione. Chiedilo al professore, sono curioso anche io.

dissonance
Credo di avere capito. La differenza sta nel fatto che questo metodo elimina la necessità di calcolare determinanti dipendenti da un parametro. Si possono quindi usare metodi numerici, che producono risultati approssimati.

Adesso che ci penso, però, mi rendo conto che ci sono problemi anche così. La matrice di Vandermonde è proprio il primo esempio di matrice "mal condizionata", cioè tale che piccoli errori nei coefficienti producono grandi errori nel risultato del sistema.

Secondo me, questo è un esempio motivazionale dato dal professore, che probabilmente è un teorico. Nella "vera" algebra lineare numerica si farà diversamente. È comunque un esempio molto interessante.

Bokonon
Sempre interessanti i tuoi quesiti @3m0o.
Dissonanze ha ragione ma il problema non sta nella matrice di Vandermonde in se ma bensì nella base polinomiale scelta.
In generale, tanto più l'angolo fra due vettori che fanno parte di una base è piccolo, tantomeno le stime numeriche saranno accurate.
Pertanto non viene utilizzata la classica base polinomiale (che è pessima) ma i polinomi di Fourier (che sono ortogonali fra di loro rispetto al prodotto interno scelto). Così facendo, i coefficienti $a_i$ non sono tutti "uni" e le stime numeriche sono assai accurate.

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