Matrice di dimensione infinita

dzcosimo
su wikipedia leggo che una matrice di dimensione infinita puo' essere ottenuta tramite la generalizzazione di concetto di matrice a dimensione finita nel seguente modo

$A : (R , C) \to V$

con
R e C spazio degli indici (quindi presumibilmente $ \mathbb Z$ o $\mathbb N$ )
V spazio degli elementi (banalmente puo' essere $\mathbb R$ )

quello che mi chiedo e': e' possibile utilizzare questa definizione per generalizzare il concetto di applicazione lineare fra due spazi vettoriali anche di dimensione infinita?

Ringrazio per le eventuali risposte

P.S.: non so se e' la sezione giusta... Per un povero ingegnere gia' capire in quale parte della matica si trova e' di per se piuttosto arduo! :D

Risposte
Deckard1
Beh, puoi rappresentare un'applicazione lineare che opera su spazi di dimensione infinita con una matrice infinita come quella (fissate le due basi degli spazi su cui opera l'applicazione).
Questo almeno per gli spazi con dimensione numerabile, non so se si possa utilizzare ancora la rappresentazione matriciale di un'applicazione su spazi di dimensione non numerabile (probabilmente sì, ponendo lo spazio degli indici anch'esso non numerabile, però potrei star dicendo una castroneria).
Sperando di non aver detto bestialità, aspetta comunque un matematico che è meglio.

P.S.: non so se e' la sezione giusta... Per un povero ingegnere gia' capire in quale parte della matica si trova e' di per se piuttosto arduo!

Di solito è l'analisi funzionale che studia le proprietà degli spazi vettoriali di dimensione infinita.

Sk_Anonymous
"Deckard":

...non so se si possa utilizzare ancora la rappresentazione matriciale di un'applicazione su spazi di dimensione non numerabile (probabilmente sì, ponendo lo spazio degli indici anch'esso non numerabile, però potrei star dicendo una castroneria).

In questo caso, il prodotto "riga per colonna" dovrebbe essere sostituito da un integrale.

dzcosimo
in attesa di un matematico chiedo ai moderatori di spostarla nella sezione dell'analsi chiedendo veni :D

Deckard1
"dzcosimo":
in attesa di un matematico chiedo ai moderatori di spostarla nella sezione dell'analsi chiedendo veni :D

Beh ma alla fine anche qui in algebra lineare ci può star bene, d'altronde per un informatico come me (spoiler per non farmi vedere dai matematici):


Comunque usare le matrici infinite mi sembra abbastanza inutile: le matrici si usano nel caso a dimensione finita perché molto spesso permettono di rendere più intuitivi e concreti alcuni concetti (basti pensare alla traccia di un operatore che diventa semplicemente la somma degli elementi sulla diagonale principale... anche se a volte mi sembra che usare le matrici offuschi un po' il significato di definizioni/teoremi e in alcuni casi complichi le dimostrazioni), però nel caso infinito non credo sia così banale il loro utilizzo e difatti è stata sviluppata tutta la teoria dell'analisi funzionale che permette di utilizzare strumenti più adatti. Tutto questo prendilo con le pinze perché detto da un "outsider".

dissonance
A quanto mi risulta si tratta di concetti ora un po' fuori moda, ma un centinaio di anni fa andavano per la maggiore nel contesto della meccanica quantistica: si parlava, se non sbaglio, di matrix mechanics e si usavano in modo non rigoroso costruzioni come le matrici infinite. Questo però portava ad alcuni inghippi formali per cui alla fine la cosa è stata abbandonata in favore di una assiomatizzazione più precisa degli spazi di Hilbert, di cui si è occupato soprattutto John von Neumann. Ne leggevo su History of Functional Analysis di Dieudonné.

Comunque, se si hanno due spazi vettoriali di dimensione numerabilmente infinita \(V\) e \(W\) e \(T\colon V \to W\) è una applicazione lineare, dette \((e_1, e_2, e_3 \ldots), (f_1, f_2, f_3 \ldots)\) basi di \(V\) e \(W\) rispettivamente risulta che (ometto la sommatoria sugli indici ripetuti, spero non vi dia fastidio)

\[T(x^ie_i)=x^iT(e_i)=y^jf_j,\]

perciò definendo \(m^j_if_j=T(e_i)\) si ottiene una matrice con la proprietà che

\[\begin{bmatrix}m^1_1 & m^1_2 & \ldots \\ m^2_1 & m^2_2 & \ldots \\ \vdots & \vdots & \ddots\end{bmatrix}\begin{bmatrix} x^1 \\ x^2\\\vdots\end{bmatrix}=\begin{bmatrix}y^1 \\ y^2 \\ \vdots\end{bmatrix},\]

cioè una matrice rappresentativa di \(T\). Il guaio è che non si può fare il passo inverso: data una matrice infinita, non è detto che ad essa sia associato un operatore tra \(V\) e \(W\). Per esempio, quale operatore associare a

\[\begin{bmatrix} 1 & 0 & 0& \ldots \\ 1 & 0 & 0& \ldots \\ 1&0&0&\ldots \\ \vdots & \vdots & \vdots&\ddots\end{bmatrix}?\]

Non si capisce cosa sia \(T(e_1)\). Secondo la definizione precedente, infatti, essa dovrebbe essere \(f_1+f_2+f_3+f_4+\ldots\) ma una simile somma infinita non ha nessun senso in uno spazio vettoriale generico. Occorre introdurre una struttura di spazio normato e passare al limite, ma anche così non è detto che la somma sia convergente. E anzi, in generale non lo sarà: per esempio se \(f_1, f_2, f_3 \ldots\) è una base ortonormale di uno spazio di Hilbert quella somma certamente non converge. Vediamo dunque che tale matrice non rappresenta nessun operatore.

dzcosimo
interessante

grazie delle risposte!

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